Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8821 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8821 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 03/04/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20711/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , quale socio della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese, e RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , società liquidata e cancellata dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME che le rappresenta e difende unitamente al AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed al AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. ;
-intimata –
avverso la sentenza n. 124/14/18, depositata in data 11 gennaio 2018, della Commissione tributaria regionale del Lazio; Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 20 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO; uditi l’AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte accolga il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 124/14/18, depositata in data 11 gennaio 2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dietro riqualificazione – in termini di cessione di azienda (piuttosto che di cessioni di beni quale operazione imponibile IVA) dell’oggetto del contratto concluso in data 28 aprile 2011 (registrato in via telematica il 6 maggio 2011, al n. NUMERO_DOCUMENTO, e) intercorso tra la cedente RAGIONE_SOCIALE e la cessionaria RAGIONE_SOCIALE
1.1 -Il giudice del gravame ha ritenuto che:
-doveva rilevarsi l’inammissibilità dell’atto di riassunzione del processo -dichiarato interrotto con ordinanza del 6 giugno 2017 -in quanto difettava di specifici motivi di impugnazione della sentenza, motivi che si risolvevano nella riproposizione di «circostanze e ragioni già dedotte ed argomentate in primo grado, senza tener conto RAGIONE_SOCIALE ragioni su cui si basa la sentenza impugnata, da sottoporre a nuova valutazione da parte del giudice di appello»;
andava condivisa, peraltro, la conclusione cui la Commissione tributaria provinciale era pervenuta in punto di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio in quanto, per il divieto del ne bis in idem , non avrebbe potuto giudicarsi «su una lite già definita» e doveva escludersi «in radice la riproposizione di una seconda domanda identica alla prima, in quanto la situazione soggettiva si è definitivamente ‘consumata’ nell’impugnativa originariamente proposta» .
– RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, ed hanno depositato memoria.
L’ RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 43, 51 e 53, e dell’art. 125, d.a. cod. proc. civ. assumendo le ricorrenti che illegittimamente il giudice del gravame aveva rilevato l’inammissibilità di un atto di riassunzione del processo interrotto per omessa specificità dei motivi, venendo, così, in considerazione, per un verso, un requisito che -al più riferi bile all’atto principale (l’appello) non poteva di certo predicarsi in sede di (mera) riassunzione del processo e, per il restante, una sanzione (l’inammissibilità della riassunzione) nemmeno espressamente prevista, a fronte, per di più, di atto che, nei fatti, aveva raggiunto il suo scopo (ricostituzione del contraddittorio tra le parti);
1.2 -col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., le ricorrenti ripropongono, sotto il diverso parametro del sindacato di legittimità (così) indicato in rubrica (violazione e falsa applicazione di legge processuale), le medesime censure (già) nel primo motivo articolate in termini di nullità della gravata sentenza;
1.3 -il terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53;
si assume, in sintesi, che -se il difetto di specificità rilevato dal giudice del gravame da ascriversi all’atto di appello e, così, (impropriamente) riferito in sentenza all’atto di riassunzione anche sotto tale AVV_NOTAIOilo non sussisteva la statuita inammissibilità atteso che, avendo il giudice del primo grado statuito (solo) sulla questione assorbente che involgeva la (rilevata) inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem , detta statuizione era stata specificamente contestata a riguardo della concreta vicenda endoprocedimentale -che, per un verso, aveva portato l’RAGIONE_SOCIALE a notificare un avviso di liquidazione che già aveva formato oggetto di impugnazione in giudizio e che, per il restante, si era concretata, nello specifico giudizio, nell’impugnazione di un avviso di liquidazione «notificato al notaio e non alla società» – e dei suoi specifici presupposti (implicanti il passaggio in giudicato della pronuncia resa sul primo giudizio introdotto), con conseguente specifica riproposizione dei due motivi di ricorso il cui esame -involgendo il difetto tanto di fondamento qualificatorio dell’atto impositivo quanto del suo percorso giustificativo (motivazione) -era rimasto assorbito nella decisione di prime cure (per la rilevata questione assorbente dell’inammissibilità del ricorso );
1.4 -il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ripropone, sotto il diverso parametro del sindacato di legittimità (così) indicato in rubrica (violazione e falsa applicazione di legge processuale) le medesime censure (già) nel terzo motivo articolate in termini di nullità della gravata sentenza;
1.5 -anche il quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di nullità per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, e dell’art.
132 cod. proc. civ., sotto il AVV_NOTAIOilo (questa volta) della motivazione della gravata sentenza in punto di statuita inammissibilità dell’atto di riassunzione, motivazione, questa, apparente e perplessa, ad ogni modo connotata da impropri riferimenti normativi (inammissibilità versus d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 51, comma 1) e da un contenuto «del tutto incomprensibile, manifestamente e irriducibilmente contraddittorio».
2. -Il ricorso è inammissibile.
3 -Come anticipato, il giudice del gravame ha definito la lite sottoposta al suo esame sulla base di una duplice ratio decidendi che ha inciso sull’ammissibilità del ricorso, essendosi rilevato , da un lato, che detta inammissibilità (riferita al «ricorso per riassunzione») conseguiva dal difetto «di motivi specifici di impugnazione» e, dall’altro, che andava confermato il decisum di prime cure, in punto di inammissibilità (questa volta) del ricorso introduttivo del giudizio, per il divieto del ne bis in idem (che non consentiva di pronunciare «su una lite già definita», così che doveva escludersi «in radice la riproposizione di una seconda domanda identica alla prima, in quanto la situazione soggettiva si è definitivamente ‘consumata’ nell’impugnativa originariamente proposta»).
Premesso che, sotto questo secondo AVV_NOTAIOilo, la ratio decidendi emerge come chiara, ed inequivoca, vengono (così) in rilievo due distinti AVV_NOTAIOili che involgevano questioni pregiudiziali di rito, non anche il merito della pretesa impositiva (v. Cass. Sez. U., 20 febbraio 2007, n. 3840), considerato (anche) che la Corte ha già avuto modo di rilevare che -salva la diversità di petitum e di causa petendi dei due giudizi separatamente pendenti (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27581) – il principio del ne bis in idem preclude l’esercizio di una nuova azione sul medesimo oggetto tra le stesse parti, allorquando l’azione prima proposta sia stata definita con una decisione di merito; detto principio,
posto dall’art. 39 cod. proc. civ., e rispondente a irrinunciabili esigenze di ordine pubblico processuale, non consente che il medesimo giudice o giudici diversi statuiscano due volte su di una identica domanda, e determina l’improcedibilità del processo che nasce dall’indebita reiterazione di controversia già in corso, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa che risulti posteriormente iscritta (così Cass. Sez. U., 5 aprile 2007, n. 8527; v., altresì, Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 3 aprile 2014, n. 7813; Cass., 21 luglio 2005, n. 15341; Cass., 10 marzo 1999, n. 2064).
3.1 -Come reso, quindi, esplicito dal tenore dei motivi di ricorso proposti davanti alla Corte, le ricorrenti censurano specificamente (solo) la prima RAGIONE_SOCIALE due ratio decidendi e non articolano alcuna censura quanto alla rilevata inammissibilità per violazione del ne bis in idem .
Per dir meglio -ed in disparte che, nell’esposizione dei fatti di causa (v. il ricorso, fol. 6), si assume il passaggio in giudicato della sentenza di appello recante annullamento dell’avviso di liquidazione oggetto della prima impugnazione (e che ha dato titolo alla rilevata violazione del ne bis in idem ) -la questione relativa alla insussistenza della violazione del divieto di ne bis in idem viene specificamente dedotta a fondamento del terzo e del quarto motivo di ricorso, esclusivamente, pertanto, sotto le censure (di nullità ovvero di violazione di legge processuale) che involgono il difetto di specificità dei motivi di appello (qual rilevato dal giudice del gravame sotto il primo AVV_NOTAIOilo di inammissibilità di cui sopra s’è detto).
Non v’è, pertanto, alcuna censura dell’autonoma ratio decidendi che la gravata pronuncia ha fondato (confermando la decisione di primo grado) sulla violazione del ne bis idem ; e, del resto, la Corte ha ripetutamente statuito che la specificità del motivo di ricorso per cassazione non è assolta dal mero richiamo dei motivi di appello (qui,
peraltro, con riferimento a distinto AVV_NOTAIOilo della rilevata inammissibilità) in quanto una tale modalità di formulazione del motivo rende impossibile individuare la critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza impugnata (v. Cass., 22 gennaio 2018, n. 1479; Cass., 18 maggio 2005, n. 10420).
3.2 E’, allora, inammissibile il ricorso che , nel censurare, sotto diversi AVV_NOTAIOili, la ratio decidendi incentrata sull’inammissibilità del «ricorso per riassunzione» per difetto «di motivi specifici di impugnazione» non si fa carico di quell’autonoma ragione di decisione che ex se pur è idonea a reggere il decisum con riferimento alla inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per il divieto del ne bis in idem .
Come, difatti, la Corte ha statuito, con risalente e consolidato orientamento interpretativo, «il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti», così che qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività RAGIONE_SOCIALE altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (v., per tutte, Cass. Sez. U., 29 marzo 2013, n. 7931 cui adde Cass., 11 agosto 2023, n. 24570; Cass., 14 agosto 2020, n. 17182; Cass., 18 giugno 2019, n. 16314; Cass., 4 marzo 2016, n. 4293).
4. -Le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte resistente, mentre nei confronti RAGIONE_SOCIALE ricorrenti sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.