Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4581 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4581 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
Oggetto: cartella pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOMEcon indirizzo PEC: EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAIL);
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 4288/20/2022 depositata in data 23/05/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
–COGNOME NOME impugnava la cartella di pagamento notificatagli dal concessionario della riscossione a seguito di ordinanza ingiunzione emessa dall’Agenzia delle Dogane per sanzioni amministrative in conseguenza della violazione dell’art. 19 d. Lgs. n. 374 del 1990;
la CTP rigettava il ricorso; appellava il contribuente;
la CTR confermava la decisione di primo grado; tale pronuncia era oggetto di ricorso per Cassazione da parte del contribuente, ricorso accolto da questa Corte con ordinanza n. 539/2021;
riassunto il giudizio, la CTR della Campania – con la sentenza impugnata in questa sede – ha rigettato l’appello del COGNOME e compensato le spese;
ricorre a questa Corte nuovamente Corte COGNOME NOME con atto affidato a due motivi di doglianza;
l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso;
Ragioni della decisione
-il primo motivo si duole della illegittimità e nullità dell’impugnata sentenza poiché la stessa nell’affermare che la competenza giurisdizionale non è delle commissioni tributarie bensì del giudice ordinario avrebbe -secondo il ricorrente – omesso di considerare che il giudizio di primo grado ebbe inizio nel 2007 quando la competenza giurisdizionale era radicata davanti alle commissioni tributarie;
-il secondo motivo di gravame si incentra sulla omessa valutazione da parte del giudice di appello – in violazione dell’art. 58 c. 2 del d. Lgs. n. 546 del 1992 – del nuovo documento, prodotto nel giudizio di appello, di cui il ricorrente è venuto a conoscenza solo in data 9 febbraio 2011, ritenuto decisivo;
entrambe le censure sono inammissibili;
invero, le stesse non colpiscono in alcun modo l’ulteriore ratio decidendi espressa dal giudice di appello, secondo la quale il contribuente ‘… non impugna la cartella esattoriale per vizi propri ma censura l’atto prodromico non tributario di irrogazione di una sanzione
amministrativa in merito al quale non sussiste la giurisdizione tributaria ‘ ;
la doglianza presentata con i motivi risulta così nel suo complesso inammissibile poiché si appunta su questioni del tutto estranee all’ ordito motivazionale fornito dalla CTR senza muovere invece alcuna critica alla ratio decidendi posta a base della decisione impugnata (“in tema di ricorso per cassazione è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata”: così Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361);
ancora più precisamente secondo la giurisprudenza di questa Corte il motivo d’ impugnazione è rappresentato dal!’ enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’ esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’ esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata;
queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (Sez. 3, Sentenza 14/3/2017 n. 6496, Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015, Rv. 636872, Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564, tutte riprese in motivazione da Cass. n. 8755/2018);
pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 2.400,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024.