Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16797 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16797 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/06/2025
Tributi altri
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7356/2018 R.G. proposto da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate-RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; avvEMAIL;
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
Agenzia delle Entrate-Riscossione, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
403 , presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; avvEMAIL;
-ricorrente in via incidentale –
contro
COGNOME NOME (BRTDVD71D27E715W);
-intimato -avverso la sentenza n. 1834, depositata il 24 luglio 2017, della Commissione tributaria regionale della Toscana; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16 maggio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso, con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata il 27 maggio 2004, con rigetto del ricorso incidentale condizionato.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1834, depositata il 24 luglio 2017, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un’intimazione di pagamento ( n. NUMERO_CARTA.
1.1 -Il giudice del gravame ha considerato che:
andava «disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art.11 comma 2 d.lgs. 546/92, in quanto l’art.11
riguarda la capacità di stare in giudizio e non la difesa tecnica, che è regolata dall’art.12, che prevede al comma 3 lettera a) la difesa da parte degli avvocati.»;
diversamente da quanto ritenuto dal giudice del primo grado di giudizio, doveva ritenersi ammissibile la costituzione in giudizio dell’agente della riscossione, sia perché la costituzione della parte poteva avvenire (oltrechè con materiale deposito dell’atto presso la segretaria) anche dietro trasmissione dell’atto stesso con plico raccomandato sia in quanto la spedizione dell’atto a mezzo posta in busta chiusa (piuttosto che in plico senza busta) costituiva una mera irregolarità laddove, così come nella fattispecie, il contenuto della busta e la sua riferibilità alla parte non risultassero contestati;
in ragione di tanto, doveva tenersi conto degli atti di notifica prodotti (già) nel primo grado di giudizio dall’agente della riscossione, «dai quali risulta che delle cartelle di pagamento è stata comunque eseguita notifica, della quale è tuttalpiù riscontrabile l’invalidità sanabile con il raggiungimento dello scopo (conoscenza delle cartelle da parte del destinatario) che è testimoniato dalle istanze di rateazione presentate dal contribuente, la presentazione delle quali, se non comporta l’acquiescenza del contribuente sulla debenza delle somme di cui alle cartelle, vale comunque anche come interruzione della prescrizione, che non può quindi considerarsi nella specie verificata.».
– COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di otto motivi; l’ Agenzia delle Entrate-Riscossione resiste con controricorso che espone l’articolazione di un motivo di ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n n. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 11 e 12, assumendo il ricorrente che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità della costituzione in giudizio dell’agente di riscossione a mezzo di difensore del libero foro, tenuto conto (anche) delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015 alle disposizioni di cui agli artt. 11, comma 2, ed all’art. 12, comma 1.
1.1 -Il motivo è manifestamente destituito di fondamento.
In disparte che l’àmbito di riferimento delle due disposizioni appena citate è diverso, involgendo l’uno la cd. legitimatio ad processum (la capacità di stare in giudizio dell’ufficio che ha emesso l’atto impugnato ), l’altro la difesa tecnica nel processo, v’è che ( nonostante) la modifica introdotta (a decorrere dal 1° gennaio 2016) dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lettera e ), il testo dell’art. 12, cit. (integralmente sostituito), continua a rendere evidente che se «Le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446» devono «essere assistite in giudizio da un difensore abilitato » (così il nuovo primo comma dell’art. 12, cit., il cui precedente testo diversamente prevedeva che «Le parti, diverse dall’ufficio del Ministero delle finanze o dall’ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato») nulla esclude che le diverse parti (identificate ora negli enti impositori, agenti della riscossione e soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) « possano» essere assistite (anche) da un difensore tecnico.
Come, difatti, in più occasioni rimarcato dalla Corte, le disposizioni di cui all’art. 12, cit., non precludono né agli enti impositori né allo stesso agente della riscossione di farsi assistere in giudizio da difensori
abilitati, anche perché una siffatta preclusione «mal si concilierebbe con l’art. 24, comma 2^, Cost.» (così Cass., 6 settembre 2004, n. 17936 cui adde , ex plurimis, Cass., 15 ottobre 2018, n. 25625; Cass., 23 ottobre 2006, n. 22804); e tanto che, ancora di recente con riferimento alla posizione dell’ Agenzia delle Entrate-Riscossione, le stesse Sezioni Unite della Corte hanno rilevato la generale facoltà dell’Agenzia di avvalersi degli avvocati del libero foro nei giudizi davanti alle Commissioni tributarie (al di fuori, pertanto, dei casi riservati all’Avvocatura erariale su base convenzionale), facoltà che costituisce «una conferma della ricostruzione del sistema della rappresentanza e difesa in giudizio del nuovo Ente … che esige il rafforzamento e la razionalizzazione e non già alcuna limitazione delle facoltà di avvalimento di una rappresentanza tecnica pure non istituzionale, già in precedenza riconosciute anche solo in via ermeneutica» (così Cass. Sez. U., 19 novembre 2019, n. 30008 cui adde Cass., 19 luglio 2023, n. 21370; Cass., 28 febbraio 2023, n. 6058; Cass., 10 giugno 2021, n. 16314).
-Col settimo motivo -il cui esame va anteposto in ragione della sua pregiudizialità logico-giuridica -il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. oltrechè per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 , dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. , e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., deducendo, in sintesi, che la gravata sentenza:
aveva omesso di pronunciare in ordine alle eccezioni di nullità delle notifiche eseguite in difetto di invio di una raccomandata informativa, a fronte della consegna dell’atto a persona diversa dal suo destinatario ovvero di
ricezione di quella stessa raccomandata (nei casi di notifica eseguita con omessa consegna dell’atto per irreperibilità relativa ; l. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 2; art. 140 cod. proc. civ.);
ad ogni modo, aveva pronunciato sulla base di una motivazione apparente, omettendo ogni riferimento a dette eccezioni così rendendo incomprensibile se la pronuncia di accoglimento dell’appello potesse riferirsi, o meno, allo stesso esame di dette eccezioni.
2.1 -Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
2.2 – Come si è anticipato, la gravata sentenza -sulla base degli atti di notifica versati al giudizio -ha rilevato che veniva in considerazione una invalidità «sanabile con il raggiungimento dello scopo (conoscenza delle cartelle da parte del destinatario)» in ragione della presentazione di istanze di rateazione alle quali pur si correlava l’ interruzione della prescrizione.
Detta sintesi decisoria, pertanto, pianamente esclude la fondatezza di entrambe le censure proposte, in quanto:
la decisione è obiettivamente incompatibile con la persistente rilevanza di una invalidità («sanabile») degli atti di notifica, il che equivale a dire che il giudice del merito ha fondato il suo decisum su di una soluzione giuridica che (corretta o meno) è (del tutto) incompatibile con le deduzioni involgenti il rilievo ex se delle nullità di notifica (per il rilievo che il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile allorché manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda o con l’eccezione di parte, nel qual caso può parlarsi di statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, v., ex plurimis , Cass., 11 gennaio 2022, n. 531; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n.
452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756);
la ratio decidendi ne risulta piana, e di agevole comprensione, così che nemmeno può prospettarsi quel vizio decisorio che attinge la nullità per anomalia della motivazione nei casi di mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
3. – Il ricorso principale espone, poi, le seguenti ulteriori censure.
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’ art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6 ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21.
Premesso che con memoria depositata (il 14 ottobre 2016) nel corso del giudizio di primo grado, si era presa specifica posizione in ordine alla documentazione (concernente gli atti di notifica) prodotti da controparte -così deducendosi la nullità della notifica di undici cartelle di pagamento (a presunte date di notifica comprese tra il 27 maggio 2004, quanto alla prima cartella, ed il 12 febbraio 2014, quanto alla undicesima cartella) siccome invariabilmente eseguita in difetto di invio di una raccomandat a informativa, a fronte della consegna dell’atto a persona diversa dal suo destinatario , – illegittimamente il giudice del gravame aveva rilevato che le nullità di notifica delle cartelle dovevano ritenersi sanate «con il raggiungimento dello scopo (conoscenza delle cartelle da parte del destinatario) che è testimoniato dalle istanze di rateazione presentate
dal contribuente», atteso che le istanze di rateizzazione erano state presentate «ben dopo la data di presunta notifica delle 11 cartelle suindicate», così che «le domande di dilazione non dimostravano l’effettiva e tempestiva conoscenza da parte del contribuente delle cartelle di pagamento sottese» né potevano comportare sanatoria dei vizi di notifica, sanatoria (al più) prospettabile per le «sole cartelle asseritamente ricevute dal contribuente nei 60 giorni anteriori alla presentazione di tali istanze» di rateizzazione.
Col terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, ed al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, assumendo che -venendo in considerazione notifiche eseguite a mezzo di messo speciale -illegittimamente la consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario non era stata accompagnata dal (successivo invio) di una raccomandata informativa.
Il quarto motivo reca la riproposizione della denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, ed al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 ( ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. ) nonché di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti ( ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), assumendo il ricorrente -nel ribadire che vengono in considerazione notifiche eseguite a mezzo di messo speciale -che, ad ogni modo, le modalità di notifica diretta delle cartelle di pagamento -così come rilevato nella giurisprudenza di legittimità a riguardo della disposizione di cui all’art. 26, cit., – in quanto di minor garanzia per il contribuente (quanto, in specie, al difetto di invio di una raccomandata
informativa), si porrebbero in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., atteso che le esigenze di semplificazione dei procedimenti notificatori potrebbero al più rilevare al momento dell’invio dell’atto in notifica, e non anche a quello della ricezione dell’a tto stesso, così che si porrebbe un’esigenza di equiparare, in punto di prescritti adempimenti, i diversi procedimenti di notifica.
Col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6 ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21.
Premesso che con la citata memoria (del 14 ottobre 2016), depositata nel corso del giudizio di primo grado, si era presa specifica posizione in ordine alla documentazione (concernente gli atti di notifica) prodotti da controparte -così deducendosi la nullità della notifica di cinque cartelle di pagamento (a presunte date di notifica comprese tra il 16 aprile 2009, quanto alla prima cartella di detta sequenza, ed il 19 novembre 2009, quanto alla quinta cartella) siccome invariabilmente eseguita in difetto di invio di una raccomandata informativa, a fronte della omessa consegna dell’atto in notifica per irreperibilità relativa (l. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 2; art. 140 cod. proc. civ.), – illegittimamente il giudice del gravame aveva rilevato che le nullità di notifica delle cartelle in questione dovevano ritenersi sanate «con il raggiungimento dello scopo (conoscenza delle cartelle da parte del destinatario) che è testimoniato dalle istanze di rateazione presentate dal contribuente», atteso che le istanze di rateizzazione erano state presentate «ben dopo la data di presunta notifica delle 5 cartelle suindicate», così che «le domande di dilazione non dimostravano l’effettiva e tempestiva conoscenza da parte del contribuente delle cartelle di pagamento sottese» né potevano
comportare sanatoria dei vizi di notifica, sanatoria (al più) prospettabile per le «sole cartelle asseritamente ricevute dal contribuente nei 60 giorni anteriori alla presentazione di tali istanze» di rateizzazione.
Il sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 140 cod. proc. civ., ed alla l. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 2 , sull’assunto che così come emergente ex actis e dalle stesse difese da controparte articolate -le (cinque) cartelle di pagamento non consegnate ad esso esponente e, dunque, da ricondurre alla fattispecie della irreperibilità cd. relativa (per temporanea assenza del destinatario della notifica), erano state illegittimamente notificate senz’alcun riscontro della ricezione della raccomandata cd. informativa della quale la stessa controparte aveva allegato la mera spedizione.
4. -Col ricorso incidentale, l’ Agenzia delle Entrate-Riscossione denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame dell’eccepita violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 24 e 32, e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., denuncia violazione e falsa applicazione delle stesse sopra citate disposizioni, assumendo, in sintesi, innanzitutto che il giudice del gravame aveva omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilità da essa esponente articolata con riferimento alle eccezioni di nullità degli atti di notifica che controparte aveva articolato in una memoria depositata, con ciò senza proporre motivi aggiunti (ai sensi dell’art. 24, cit.); ed ancora che, ad ogni modo, dette eccezioni non erano state introdotte, per l’appunto, dietro la formale proposizione di motivi aggiunti così che -se ritenuta sussistente una pronuncia implicita del giudice del gravame -detta pronuncia doveva ritenersi illegittima quanto ai motivi di impugnazione dell’avvi so di intimazione che non era stato tempestivamente devoluti al giudizio con motivi aggiunti.
-Va dichiarata l’inammissibilità dei motivi di ricorso principale, e sotto un duplice profilo.
5.1 – Sotto un primo profilo, e per come assume lo stesso ricorrente, le questioni poste con detti motivi corrispondevano ad eccezioni di nullità (degli atti di notifica delle cartelle di pagamento) articolate (solo) in una memoria depositata (il 14 ottobre 2016) nel corso del giudizio di primo grado.
La disciplina processuale del rito tributario rende evidente che il relativo contenzioso ha un oggetto delimitato dai motivi di impugnazione proposti avverso l’atto impositivo, o di riscossione, motivi che, dedotti col ricorso introduttivo, costituiscono la causa petendi della domanda di annullamento (quali eccezioni di invalidità ritualmente dedotte in giudizio; v., ex plurimis , Cass., 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22662; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759; Cass., 24 giugno 2011, n. 13934; Cass., 18 giugno 2003, n. 9754); e che lo stesso oggetto del gravame è connotato dal divieto di nova in appello (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57), divieto da correlare alle allegazioni delle parti che determinando una modifica della causa petendi qual circoscritta dai presupposti e dall’oggetto della pretesa impositiva (individuati nell’atto impugnato), ovvero da quelli posti a fondamento dei motivi di impugnazione dell’atto (qual i eccezioni) – comportano un nuovo tema di indagine e, così, integrano una (non consentita) nuova domanda o eccezione (non rilevabile di ufficio; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27562; Cass., 3 luglio 2015, n. 13742; Cass., 3 ottobre 2014, n. 20928; Cass., 30 luglio 2007, n. 16829; Cass., 3 aprile 2006, n. 7766; Cass., 23 maggio 2005, n. 10864; Cass., 26 marzo 2002, n. 4335).
5.1.1 -In termini generali, poi, la Corte ha ripetutamente statuito che -tenuto conto (anche) della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile
di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, si riferiscono ad annullabilità, ciò in quanto l’atto nullo produce effetti nel mondo giuridico fiscale come se fosse valido, tanto che costituisce titolo per la riscossione ed è suscettibile di divenire definitivo, rendendo irrilevanti gli ev entuali vizi, se l’interessato non propone ricorso al giudice tributario (v., ex plurimis , Cass., 18 maggio 2018, n. 12313; Cass., 18 settembre 2015, n. 18448).
E, con specifico riferimento alle questioni (di nullità) poste davanti al giudice tributario, si è rimarcato che la deduzione dell’omessa notifica dell’atto impugnato non può far ritenere acquisito al thema decidendum l’esame di qualsiasi vizio di invalidità del procedimento notificatorio, non ponendosi una relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità di tale procedimento, e altrimenti derivandone un’inammissibile scissione tra il tipo di invalidità denunciato con la formulata eccezione di merito e la specifica deduzione dei fatti sui quali essa si fonda, il cui onere di allegazione ricade esclusivamente sulla parte qualora si facciano valere eccezioni in senso stretto (così Cass., 2 marzo 2017, n. 5369; Cass., 5 aprile 2013, n. 8398; v., altresì, Cass., 26 agosto 2024, n. 23070).
Quanto, poi, alle forme processuali di introduzione in giudizio dei fatti posti a fondamento di eccezioni, si è rimarcato che costituisce eccezione nuova, non consentita (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 18 e art. 24), quella con la quale il contribuente introduce una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate con il ricorso introduttivo, così che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti – ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esclusivamente in caso di deposito di
documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione (Cass., 13 aprile 2017, n. 9637; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 15 ottobre 2013, n. 23326; Cass., 22 settembre 2011, n. 19337) – e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, cit. (secondo il cui disposto «L’integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito»; v. Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22662; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759; Cass., 24 giugno 2011, n. 13934; Cass., 18 giugno 2003, n. 9754).
5.1.2 -Nella fattispecie, le nuove ragioni di contestazione della validità della notifica delle cartelle di pagamento -a fronte dell’originaria deduzione dell’omessa notifica dell e stesse cartelle -introducevano, nel giudizio, eccezioni fondate su situazioni giuridiche non prospettate con il ricorso introduttivo, eccezioni che, per come assume la stessa parte ricorrente, venivano formulate col deposito di memoria, ed in violazione, pertanto, dell’art. 24, cit., con conseguente formazione della corrispondente preclusione processuale.
Né la relativa riproposizione in appello avrebbe potuto (diversamente) connotarne la natura giuridica che rimaneva quella di eccezioni nuove, mai ritualmente dedotte davanti al giudice del primo grado, ed una volta che l’eccezione di omessa notifica della cartella di pagamento, come s’è detto, non poteva ritenersi in relazione di continenza con qualsiasi (ed altro) vizio di nullità del procedimento notificatorio.
5.1.3 -Va, da ultimo, rilevato -in disparte la stessa proposizione di un motivo di ricorso incidentale – che la preclusione processuale nella
fattispecie determinatasi -per difetto di proposizione di motivi aggiunti nel prescritto termine perentorio di legge -involge materia sottratta alla disponibilità delle parti in quanto rispondente ad esigenze di ordine pubblico, sicchè non può essere sanata dall’accettazione del contraddittorio ad opera della controparte (Cass., 30 ottobre 2009, n. 23123; v., altresì, Cass., 24 maggio 2006, n. 12338; Cass., 30 luglio 2002, n. 11222) ed è rilevabile di ufficio, anche nel giudizio di legittimità, non essendo sufficiente a impedire la rilevabilità il giudicato implicito (Cass., 12 dicembre 2019, n. 32637).
5.2 -Come anticipato, dallo stesso esame dei motivi di ricorso principale -cui si correla la decisione oggetto di gravame, la cui motivazione sul punto va, però, corretta -emerge un secondo profilo di inammissibilità che trova fondamento nella rilevata rateizzazione del debito tributario.
5.2.1 -In termini generali, e con riferimento alla causa interruttiva della prescrizione disciplinata dall’art. 2944 cod. civ. (interruzione per effetto di riconoscimento), la Corte, in più occasioni, e con risalente orientamento interpretativo, ha rilevato che il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non ha natura negoziale e va inquadrato nella categoria degli atti giuridici in senso stretto (Cass. 16 aprile 1992 n. 4666) sicché, da un lato, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale (cioè in una dichiarazione di volontà con specifica intenzione riconoscitiva) e, dall’altro, può consistere (anche) di un comportamento volontario che, quale manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito, risulti obiettivamente incompatibile col disconoscimento della pretesa del creditore (cfr., ex plurimis , Cass., 20 agosto 2024, n. 22948; Cass., 8 aprile 2024, n. 9221; Cass. 2 dicembre 2010 n. 24555, Cass. 23 febbraio 2010 n. 4324, Cass. 7 settembre 2007 n. 18904; Cass. 27 giugno 1996 n. 5939).
Si è, altresì, rilevato che (anche) gli adempimenti parziali ben possono «costituire atto di riconoscimento del diritto della controparte, interruttivo della prescrizione ex art. 2944 cod. civ.» (così Cass. 16 aprile 1992 n. 4666; v., altresì, Cass. Sez. U., 25 luglio 2002, n. 10955) e si è quindi rilevato che -dovendo gli stessi comportare riconoscimento del diritto (art. 2944 cod. civ.) e risultare, perciò, incompatibili con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore -rilevano i soli pagamenti effettuati ‘in acconto’ anche se l’effetto interruttivo in discorso (conseguente al riconoscimento del diritto) non postula «inderogabilmente l’espressa precisazione da parte del debitore che il pagamento è effettuato in acconto, potendo assumere rilievo altre circostanze anche in relazione al contesto in cui avviene il pagamento e al tipo di ‘parzialità’ riscontrabile» (cfr., in specie, Cass. 3 marzo 2003 n. 3115 cui adde Cass. 23 febbraio 2010 n. 4324).
5.2.2 A riguardo, poi, dell’obbligazione tributaria, si è rimarcato che se la richiesta di rateizzazione non integra ex se acquiescenza alla pretesa riscossiva -e, con ciò, non preclude al contribuente di contestare lo stesso an debeatur dell’obbligazione ( Cass., 8 febbraio 2017, n. 3347) -ciò non di meno costituisce atto avente natura di riconoscimento del debito (il cui versamento con modalità rateali forma, per l’appunto, oggetto dell’istanza) e preclude, di regola, al contribuente la possibilità di utilmente eccepire la mancata conoscenza degli atti presupposti (qui delle cartelle di pagamento) cui si correla lo stesso titolo di riscossione (cfr., tra le tante, Cass., 6 febbraio 2024, n. 3414; Cass., 8 aprile 2024, n. 9221; Cass., 3 dicembre 2020, n. 27672).
5.2.3 – Costituendo, allora, la rateizzazione del debito istituto tipico del diritto tributario, oggetto in quanto tale di specifica regolamentazione (v., ad es., in tema di tributi erariali il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 19 e, in tema di tributi locali, la l. 27
dicembre 2019, n. 160, art. 1, commi 796 ss.), deve ritenersi evidente, innanzitutto, che sintanto che la richiesta di rateizzazione abbia avuto seguito (con versamenti eseguiti alle previste scadenza) la stessa prescrizione -già interrotta dalla richiesta del contribuente -subirà uno spostamento in avanti del suo decorso in ragione di ciascun adempimento parziale -esso stesso costituendo (a sua volta) ulteriore riconoscimento del debito – e rimanendo precluso allo stesso agente della riscossione di procedere ad atti interruttivi della prescrizione che riprenderà il suo decorso (art. 2935 cod. civ.) al momento in cui, secondo la specifica disciplina dell’istituto, avrebbe potuto farsi valere l’inadempimento del contribuente (v., con riferimento all’obblig o contributo previdenziale, Cass., 26 aprile 2017, n. 10327; Cass., 26 luglio 2010, n. 17518; Cass., 29 settembre 2008, n. 24280).
E, peraltro, la stessa tipicità dell’istituto in esame dà, a sua volta, conto delle conclusioni cui la Corte è pervenuta in punto di sequenza procedimentale preordinata alla riscossione, essendosi, difatti, rimarcato che intanto la contestazione in ordine all’ an della pretesa tributaria posta in riscossione è possibile -pur dopo la richiesta di rateizzazione – in quanto non siano scaduti i termini di impugnazione degli atti presupposti, così che deve ritenersi preclusa l’impugnazione di detti atti (nella vicenda in esame le cartelle di pagamento) laddove -implicando la richiesta del contribuente la conoscenza del proprio debito e, con ciò, degli atti di riscossione che ne sono stati posti a fondamento -dalla presentazione della richiesta di rateizzazione sia decorso il termine di legge concesso per impugnare lo stesso atto presupposto (v. Cass., 2 maggio 2023, n. 11338; Cass., 3 dicembre 2020, n. 27672, cit.; Cass., 18 giugno 2018, n. 16098).
Conclusione, questa, che, a ben vedere, salda la conoscenza legale dell’atto di riscossione col ricorso allo strumento tipico del versamento rateale il cui stesso oggetto è determinato in funzione dei contenuti del
ruolo, e costituendo la cartella di pagamento null’altro che l’atto di precetto (per le somme iscritte a ruolo) con contestuale notificazione del titolo esecutivo ( per l’appunto il ruolo; per tutte v. Cass. Sez. U., 2 ottobre 2015, n. 19704).
E a detta conclusione la Corte è pervenuta (anche) nell’ambiente interpretativo che ha accompagnato la ricostruzione della cd. impugnazione dell’estratto di ruolo ( recte delle cartelle di pagamento presupposte, non notificate, e della cui esistenza si sia venuti a conoscenza al momento del rilascio dell’estratto di ruolo), anche in quell’occasione essendosi rilevato che i l ricorso contro l’estratto di ruolo deve essere proposto nel rispetto del termine generale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, decorrente dalla conoscenza di tale atto (v. Cass., 17 settembre 2019, n. 23076; Cass., 9 settembre 2019, n. 22507; Cass., 31 ottobre 2018, n. 27799).
5.2.4 -In conclusione il rapporto diacronico che parte ricorrente pone tra notifica dell’atto presupposto ed istanza di rateizzazione del debito va (esattamente) invertito nel senso che il termine di legge concesso al contribuente per impugnare l’atto di riscossione presupposto esso stesso decorre dalla presentazione dell’istanza di rateizzazione.
E, nella fattispecie, – per come assume la stessa parte ricorrente -venivano in considerazione tre procedimenti attivati ai fini della rateizzazione del debito, l’ultimo dei quali ascendente ad istanza presentata il 19 marzo 2015, a fronte dell’atto impug nato (un avviso di intimazione) che era stato notificato il 24 marzo 2016.
Né, per l’appunto, risulta che le cartelle di pagamento presupposte abbiamo formato oggetto di (pregresse) impugnazioni nel termine decorrete dalla presentazione di dette istanze di rateizzazione.
5.2.5 -Può, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto: «In tema di rateizzazione del debito, che costituisce istituto tipico del diritto
tributario, sintanto che la richiesta di rateizzazione abbia seguito (con versamenti eseguiti alle previste scadenze) la stessa prescrizione -già interrotta dalla richiesta del contribuente -subisce uno spostamento in avanti del suo decorso in ragione di ciascun adempimento parziale -esso stesso costituendo ulteriore riconoscimento del debito -e rimanendo precluso allo stesso agente della riscossione di procedere ad atti interruttivi della prescrizione che riprenderà il suo decorso (art. 2935 cod. civ.) al momento in cui, secondo la specifica disciplina dell’istituto, avrebbe potuto farsi valere l’inadempimento del contribuente.».
6. L’ottavo motivo di ricorso, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2948, n. 4, cod. civ., ed al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, comma 3, assumendo il ricorrente, da un lato, che le istanze di rateizzazione non potevano incidere sul decorso della prescrizione (non integrando un riconoscimento del debito) e, dall’altro, che in difetto di estinzione dei «carichi di ruolo sub iudicio » a seguito della concessa rateizzazione – i debiti iscritti a ruolo doveva ritenersi estinti, per prescrizione (quinquennale), e senz’altro gli interessi e le sanzioni.
6.1 -Nemmeno questo motivo -che anch’esso prospetta profili di inammissibilità -può trovare accoglimento, salvo che per il profilo che -involgendo anch’esso l’estinzione del debito tributario forma oggetto del rilievo di ufficio di cui in immediato seguito si dirà.
6.1.1 – In disparte che la stessa parte ricorrente non articola -se non in termini del tutto aspecifici -la connotazione tipologica dei tributi posti in riscossione, così precludendo (anche) ogni effettivo riscontro del règime della prescrizione loro applicabile (posto che i diversi tributi, in specie quelli cd. erariali, soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, salva la loro riconduzione un’obbligazione periodica o
di durata; v., ex plurimis , Cass., 29 novembre 2023, n. 33213; Cass., 3 novembre 2020, n. 24278; Cass., 3 luglio 2020, n. 13683; Cass., 26 giugno 2020, n. 12740; Cass., 17 dicembre 2019, n. 33266; Cass., 11 dicembre 2019, n. 32308; Cass., 15 aprile 2019, n. 10547), come si è anticipato, le istanze di rateizzazione (in particolare quelle accolte che lo stesso ricorrente data al 13 giugno 2012 ed al 19 marzo 2015) hanno determinato l’interruzione della prescrizione e – seppur conservata la facoltà di contesta re nell’ an lo stesso titolo di riscossione -di detta facoltà non è stato fatto esercizio.
Ne consegue, pertanto, che la pretesa posta in riscossione si è consolidata, per difetto di detta impugnazione (v. Cass. Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397 cui adde , ex plurimis , Cass., 19 dicembre 2019, n. 33797; Cass., 18 maggio 2018, n. 12200; Cass., 15 maggio 2018, n. 11800), e che lo stesso evocato termine (quinquennale) di prescrizione non si è perfezionato in quanto ha intercettato l’atto interruttivo (in contestazione tra le parti e) notificato il 24 marzo 2016.
6.1.2 Ciò non di meno, l’estinzione dei debiti in contestazione risulta prospettabile -per come emerge dalle specifiche indicazioni di cui al ricorso – a riguardo di quelli cd. sotto soglia (per importo inferiore ad € 1.000,00 «comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni»), debiti oggetto della disciplina speciale posta dal d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 4, conv. in l. 17 dicembre 2018, n. 136 (v., altresì, il d.l. 22 marzo 2021, n. 41, art. 4, commi 4 e ss., conv. in l. 21 maggio 2021, n. 69, ed il d.m. 14 luglio 2021) e dalla 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, commi 222 e ss.
Come, difatti, già rilevato dalla Corte, la disposizione di cui al n. 119 del 2018, art. 4, cit., -che, come reso esplicito dal suo contenuto (art. 4, commi 3 e 4), trova applicazione (anche) ai tributi locali -deve essere interpretata nel senso che
l’annullamento dei debiti tributari inferiori ai mille euro, opera automaticamente ipso iure in presenza dei presupposti di legge e, con riferimento ai debiti litigiosi, determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori (così Cass., 7 giugno 2019, n. 15471; v. altresì, ex plurimis , Cass., 23 gennaio 2024, n. 2267; Cass., 31 ottobre 2019, n. 28072; Cass., 24 settembre 2019, n. 23704).
7. -L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata solo in relazione al rilievo di ufficio appena svolto, con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, procederà al riscontro della ricorrenza dei presupposti per l’estinzione dei citati debiti sottosoglia.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, l’ottavo motivo del ricorso principale, ed il ricorso incidentale; rigetta, nel resto, il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 maggio 2025.