Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 434 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27401/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA n. 2896/2016 depositata il 10/11/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna ( hinc: CTR), con sentenza n. 2896/2016 depositata in data 10/11/2016, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 28/2012, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, in data 18/01/2012, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, aveva dichiarato la nullità della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA per IVA, IRAP, IRES e ritenute non versate relative all’anno 2007 e disposto la riliquidazione della stessa, tenuto conto della rateizzazione in atto.
La CTR, in particolare, aveva ritenuto:
-infondato il primo motivo d’appello, non ravvisando alcuna contraddittorietà della motivazione: lo stesso giudice tributario aveva ordinato la riliquidazione della cartella oggetto del ricorso, tenendo conto della rateizzazione in atto. Il dispositivo doveva, quindi, essere interpretato nel senso di rettificare la cartella procedendo a conteggiare le somme già versate, sul presupposto che la rateizzazione fosse legittima e andasse riconosciuta;
infondato il secondo motivo, considerato che era incontestato che il contribuente avesse sospeso il pagamento dei ratei avvalendosi dei benefici concessi ai residenti in zone terremotate. Il tema
riguardava, in assenza di contestazioni dell’ufficio, non tanto la prova dell’interruzione dei versamenti rateali, quanto la prova della mancata contestazione della illegittimità di tale interruzione. Tale illegittimità non poteva essere ricondotta neppure alla mancata prestazione della garanzia ostandovi l’ammontare del debito erariale (superiore a Euro 50.000). Ad avviso della CTR la ratio della norma era, infatti, quella di garantire l’erario della somma ancora dovuta al momento della rateizzazione;
era priva di rilievo la questione relativa alla preventiva notifica dell’avviso bonario, trattandosi di argomento di chiusura per l’ipotesi in cui non fossero ritenuti fondati gli altri motivi di ricorso. In ogni caso la CTR ha rilevato che la tesi sostenuta dal contribuente appariva più convincente di quella contraria.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
La parte intimata non si è costituita.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 25 d.P.R. 29/09/1973, n. 602 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente rileva che la sentenza impugnata è errata per aver escluso la contraddittorietà tra la motivazione e il dispositivo, dove era ordinato di procedere alla riliquidazione della cartella annullata. L’ufficio aveva, infatti, dedotto la preclusione all’esercizio dell’attività di riscossione delle imposte liquidate e non versate derivante dal decorso del termine per l’iscrizione a ruolo e la conseguente notifica della cartella.
Con il secondo motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
2.1. La motivazione della sentenza impugnata è errata, anche perché incentrata sulla valorizzazione di una circostanza fattuale (interruzione dei pagamenti rateali, in conseguenza della sospensione dei termini nelle zone terremotate) totalmente estranea al thema decidendum . Quest’ultimo concerneva la decadenza dal beneficio della rateizzazione per inosservanza del relativo piano, quanto alle imposte scaturenti dalla liquidazione del modello 770 (inosservanza, peraltro, ammessa dalla stessa contribuente nell ‘istanza di sgravio) e per mancata prestazione della fideiussione, in merito alla liquidazione di cui al Modello Unico. Con il ricorso introduttivo, peraltro, la ricorrente aveva contestato la decadenza dal beneficio della rateazione, adducendo, con riferimento al modello 770 l’inesistenza della comunicazione di irregolarità e in merito al Modello Unico la non obbligatorietà della prestazione della fideiussione, invocando il diritto al riconoscimento della prosecuzione delle modalità rateali di pagamento. Di conseguenza, la CTR, annullando la cartella di pagamento sull’assunto della legittimità della rateizzazione ha posto a fondamento della decisione delle ragioni di fatto, prima ancora che di diritto, non allegate né addotte dalla parte con la domanda introduttiva.
Con il terzo motivo è stata contestata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3 bis d.lgs. n. 462 del 1997 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. L’opzione interpretativa della CTR che àncora la soglia di Euro 50.000, cui è ricondotto l’obbligo di prestazione della garanzia fideiussoria, all’ammontare del debito fiscale effettivamente sussistente all’atto della rateizzazione non considera che la prestazione della garanzia è una condizione di accesso alla rateizzazione stessa. La corretta lettura della norma non consente l’autoriduzione dell’ammontare del debito in virtù di un pagamento
spontaneo, anche di ammontare simbolico, suscettibile di ricondurlo al disotto della soglia di rischio fissata legislativamente.
Con il quarto motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis d.P.R. 29/09/1973 e 54 bis d.P.R. 26/10/1972, n. 633 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
4.1. La CTR pur ritenendo che la questione relativa alla mancata notifica dell’avviso bonario non avesse rilievo , ha comunque affermato che la tesi esposta dal contribuente nelle proprie controdeduzioni all’appello apparisse più convincente. Rileva, tuttavia, come tale statuizione sia infondata alla luce dell’ormai costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., 05/06/2013, n. 14144; Cass., 04/04/2013, n. 8321).
Passando all’esame dei motivi di ricorso, occorre dare atto, in via preliminare che -secondo quanto correttamente evidenziato dalla parte ricorrente a pag. 2 del ricorso -sussistono i requisiti previsti nell’art. 11, comma 9, d.l. 24/04/2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21/06/2017, n. 96. La norma prevede, infatti, che: « Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017. »
Nella specie la sentenza impugnata risulta depositata in data 10/11/2016, con la conseguenza che il termine di sei mesi – che scadeva in data 10/05/2017 – è stato prorogato di ulteriori sei mesi. Il ricorso in cassazione è stato notificato in data 10/11/2017.
5.1. Ciò premesso, il primo motivo, incentrato sulla violazione degli artt. 13 e 25 d.P.R. n. 602 del 1973, è fondato, in relazione al secondo parametro normativo evocato dalla parte ricorrente
(considerato che l’art. 13 d.P.R. n. 602 del 1973 risulta abrogato dall’art. 37 d.lgs. 26/02/1999, n. 46).
L’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973 pre vede, infatti, che il concessionario (adesso agente per la riscossione) notifica la cartella di pagamento, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della dichiarazione per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973. Di conseguenza, l’esito demolitorio del giudizio di merito, seppure accompagnato da una richiesta di riliquidazione dell’imposta dovuta, implica una riedizione del potere impositivo una volta che siano scaduti i termini di legge per il suo esercizio. Tali termini, peraltro, in assenza di apposita previsione normativa non possono essere prorogati dal giudice che imponesse una nuova attività di liquidaz ione dell’imposta.
Del resto, le disposizioni che calibrano i tempi di esercizio del potere impositivo si ricollegano alla natura del processo tributario come giudizio di «impugnazione-merito». Questa Corte sul punto ha, infatti, affermato che: « Il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia, eventualmente, dell’avviso di accertamento o di rettifica dell’ufficio, sicché il giudice, ove ritenga in tutto o in parte invalido l’atto per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad accertare genericamente la debenza dell’imposta demandandone la sua successiva quantificazione ad una parte del giudizio, sia pure sulla base di alcuni criteri, atteso che l’art. 35, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, come interpretato alla luce degli artt. 111 Cost., 6 CEDU e 47 CDFUE, esclude la pronuncia di condanna indeterminata, rendendo necessario l’esame
nel merito della pretesa, entro i limiti posti dalle domande di parte. » (Cass., 25/11/2022, n. 34723).
6. Anche il secondo motivo, incentrato sulla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. risulta fondato: sebbene ad avviso della CTR « risulti incontestato in atti che il contribuente abbia sospeso il pagamento dei ratei avvalendosi dei benefici concessi ai residenti in zone terremotate », dalla lettura della sentenza impugnata non risulta in quale parte del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado il contribuente avesse fatto di tale circostanza motivo di impugnazione della cartella di pagamento.
7. Il terzo motivo, incentrato sulla violazione dell’art. 3 -bis d.lgs. 18/12/1997, n. 462, è fondato. Nel caso di specie, dalla pag. 2 del ricorso risulta che dal controllo sul Modello Unico 760/2008 (relativo all’anno d’imposta 2007), emergeva l’omesso versamento di imposte regolarmente dichiarate a titolo di IVA, IRES e IRAP. A seguito della comunicazione di irregolarità n. NUMERO_DOCUMENTO del 19/05/2010, riportante un debito di Euro 51.600,72, successivamente ridefinito in Euro 51.328,64, la contribuente aveva eseguito un versamento di Euro 2.500 sulla base di un piano predisposto, per poi chiedere la rateazione del debito residuo di Euro 48.828,64. Proprio in relazione al Modello Unico (v. pag. 5 del ricorso) era scaturita la contestazione relativa alla non necessaria prestazione della garanzia fideiussoria nell’ipotesi in cui il contribuente avesse spontaneamente ridotto l’ammontare del debito al di sotto dell’importo di Euro 50.000.
7.1. La CTR ha ritenuto che la ratio della norma « appare certamente quella di garantire l’Erario in relazione alla somma effettivamente (ancora) dovuta al momento della richiesta di rateizzazione.
Tale interpretazione contrasta con il tenore letterale dell’art. 3 bis d.lgs. n. 462 del 1997 e non può essere condivisa. Difatti, l’incipit
del secondo periodo del primo comma della norma appena richiamata -nella versione applicabile ratione temporis al caso in esame, dove la comunicazione di irregolarità è stata notificata il 19/05/2010 -era « Se le somme dovute sono superiori ». Solo per effetto dell’art. 7 , comma 2, lett. u), d.l. 13/05/2011, n. 70 (entrato in vigore 14 maggio 2011, giorno successivo alla pubblicazione in G.U.), convertito con modificazioni dalla legge 12/07/2011, n. 106 tali parole sono state sostituite dalle seguenti: « Se l’importo complessivo delle rate successive alla prima è superiore ».
Proprio la modifica normativa appena richiamata porta a confermare che, solo successivamente, il legislatore -con apposito intervento normativo -abbia inteso far riferimento, per determinare l’ammontare del debito fiscale che rendeva necessaria la prestazione della polizza, al debito successivo al pagamento della prima rata. Prima delle modifiche apportate all’art. 3 bis , primo comma, d.lgs. n. 462 del 1997 per somme dovute dovevano intendersi quelle riferite all’intero debito fiscale e che la prestazione della garanzia era condizione obbligatoria per l’accesso alla rateizzazione, secondo quanto previsto dalla norma appena richiamata.
7.2. Inoltre, nel caso di specie la decadenza dalla rateizzazione riguardava non solo la mancata prestazione della garanzia ex art. 3 bis d.lgs. n. 467 del 1992 (modello Unico 760 e modello 770), ma anche il mancato corretto adempimento, sia in termini temporali che quantitativi degli importi rateizzati con riferimento al Modello 770. Di conseguenza, non era solo la mancata prestazione della garanzia a determinare l’emissione della cartella impugnata, ma anche il mancato adempimento degli obblighi di pagamento rateizzati assunti dal contribuente.
Il quarto motivo è inammissibile, dal momento che il riferimento alla questione relativa alla notificazione dell’avviso
bonario non è stata affatto decisa dalla CTR, che sul punto ha rilevato che: « una volta affermato che la motivazione della sentenza di primo grado non è contraddittoria, che la rateizzazione era consentita anche in assenza di idonea garanzia e che l’interruzione della stessa era legittima, la questione relativa all’obbligatorietà dell’avviso bonario si scolora e perde di incidenza sulla decisione del merito. Ad abundantiam si può affermare che la tesi esposta dal contribuente nelle proprie controdeduzioni a ll’appello appare più convincente di quella contraria.»
Alla luce di quanto sin qui rilevato devono essere accolti i primi tre motivi di ricorso e dichiarato inammissibile il quarto motivo, con la conseguenza che il ricorso è fondato e deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata con rinvio alla -Romagna che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente
Corte di giustizia di secondo grado dell’Emilia giudizio.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi di ricorso e dichiara inammissibile il quarto motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 08/11/2024.