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Rappresentante legale: chi paga le sanzioni?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un avviso di accertamento fiscale per una società deve essere notificato al suo rappresentante legale in carica (pro tempore) e non a chi ricopriva tale ruolo in passato. L’ex amministratore è privo di legittimazione passiva. Inoltre, per le violazioni successive al 2003, la responsabilità per le sanzioni amministrative tributarie ricade esclusivamente sulla persona giuridica e non sul rappresentante legale.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rappresentante legale: chi risponde delle sanzioni fiscali della società?

La figura del rappresentante legale di una società è spesso al centro di complesse questioni fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su due aspetti fondamentali: a chi deve essere notificato un avviso di accertamento e chi è responsabile per il pagamento delle sanzioni tributarie. La pronuncia sottolinea un principio cardine: la responsabilità è della società, e gli atti devono essere indirizzati a chi la rappresenta nel momento in cui vengono emessi, non a chi la rappresentava in passato.

Il caso: notifica all’ex amministratore

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una persona fisica, indicata quale rappresentante legale di una società a responsabilità limitata. L’atto contestava maggiori tributi dovuti dalla società per il proprio reddito. L’interessato impugnava l’avviso, sostenendo di non ricoprire più la carica di amministratore al momento della notifica e, di conseguenza, di non essere il soggetto legittimato a riceverlo.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che quella Regionale (CTR) accoglievano le ragioni del contribuente, confermando il suo difetto di legittimazione passiva. L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta, ricorreva in Cassazione.

La questione delle spese processuali

Un secondo motivo di ricorso riguardava la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali del giudizio di appello. La particolarità risiedeva nel fatto che il contribuente, pur vittorioso in appello, non si era costituito nel primo grado di giudizio, rimanendo contumace.

La decisione della Cassazione sul ruolo del rappresentante legale

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione dei giudici di merito. Ha invece accolto il secondo motivo relativo alle spese legali, cassando la sentenza su quel punto specifico senza necessità di un nuovo processo.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che la qualifica di rappresentante legale deriva da una nomina formale da parte degli organi societari e dalla conseguente pubblicità presso il registro delle imprese. La verifica su chi debba ricevere un atto impositivo per conto della società va compiuta con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della notifica.

Il giudice di merito aveva accertato che, alla data di notifica dell’avviso, il soggetto non rivestiva più la carica di amministratore. Pertanto, era privo della legittimazione passiva a ricevere atti destinati alla società. L’atto avrebbe dovuto essere notificato alla società in persona del suo amministratore in carica pro tempore.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un errore normativo nel ricorso dell’Agenzia. A partire dal 2 ottobre 2003, con l’introduzione dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, il principio in materia di sanzioni amministrative tributarie è cambiato radicalmente. Per le violazioni commesse dopo tale data (nel caso di specie, relative al periodo d’imposta 2008), le sanzioni sono esclusivamente a carico della persona giuridica. La vecchia responsabilità solidale tra società e amministratore non è più applicabile, rendendo irrilevante l’identificazione di chi fosse amministratore all’epoca della violazione ai fini sanzionatori.

Per quanto riguarda le spese processuali, i giudici hanno accolto il ricorso dell’Agenzia, richiamando un principio consolidato: non si può condannare la parte soccombente a rimborsare le spese di un grado di giudizio in cui la controparte vittoriosa non si è difesa, essendo rimasta contumace. Una tale condanna equivarrebbe a una pronuncia resa in assenza di potere.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali di grande importanza pratica:

1. Notifica degli atti: Qualsiasi atto fiscale destinato a una società deve essere notificato al suo rappresentante legale in carica al momento della notifica, non a un ex amministratore.
2. Responsabilità per le sanzioni: Per le violazioni tributarie commesse dopo il 2 ottobre 2003, la responsabilità amministrativa ricade esclusivamente sulla società. L’amministratore, attuale o passato, non può essere chiamato a risponderne personalmente, salvo casi specifici non oggetto della pronuncia.

A chi deve essere notificato un avviso di accertamento fiscale destinato a una società?
L’atto deve essere notificato alla società in persona del suo amministratore in carica al momento della notifica (rappresentante legale pro tempore), e non a chi ricopriva tale carica in passato.

Chi è responsabile per le sanzioni amministrative tributarie relative a violazioni commesse dopo il 2 ottobre 2003?
Per le violazioni commesse dopo tale data, le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica stessa, e non del suo rappresentante legale.

Una parte vittoriosa in appello ha diritto al rimborso delle spese del primo grado di giudizio se in quella fase era rimasta contumace?
No, la Corte ha stabilito che non può essere disposta una condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa nel relativo grado di giudizio, poiché non ha sopportato alcun carico economico per la difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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