Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23376 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23376 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
COGNOME NOME
– intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 2675/07/2021 depositata in data 22/03/2021;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
Oggetto: responsabilità per sanzioni – legale rappresentante di società
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 24725/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-ricorrente – contro
–COGNOME NOME impugnava l’avviso di accertamento notificatogli con il quale l’Ufficio lo indicava come legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE la quale era richiesta di maggiori tributi sul proprio reddito societario; il contribuente nel proprio ricorso contestava l’attribuzione di tale qualifica;
la CTP rilevava il difetto della carica di legale rappresentante in capo al contribuente e poiché l’atto impugnato era intestato esclusivamente alla ridetta società e dichiarava la sussistenza di difetto di legittimazione passiva in capo a COGNOME;
-appellava l’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria;
la CTR confermava la pronuncia di primo grado, alle ragioni della quale manifestava condivisione;
-ricorre a questa Corte l’RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a due motivi;
il contribuente è rimasto intimato;
Considerato che:
-il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d. Lgs. n. 472 del 1997 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto carente di legittimazione passiva il contribuente;
il motivo è infondato;
-in disparte ogni considerazione in ordine alla rilevanza RAGIONE_SOCIALE ammissioni che si riferiscono esser state manifestate dal contribuente nel corso del giudizio, è evidente che la qualifica di legale rappresentante -salvo il caso, qui non dedotto, di amministratore di fatto -non va desunta da alcun elemento sostanziale ma dalla attribuzione di tale veste derivante dalla nomina da parte degli organi societari e dalla conseguente prescritta pubblicità presso il registro RAGIONE_SOCIALE imprese;
tale accertamento va compiuto con riguardo alla situazione di fatto esistente all’epoca in cui si rende necessaria la notifica dell’atto impositivo, dovendo notificarlo alla società in persona
dell’amministratore in carica pro tempore e non a quello in carica al momento RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate;
-orbene, il giudice del merito ha in fatto accertato che ‘il sig. COGNOME NOME, alla data dell’avviso di accertamento impugnato, non rivestiva più la carica di legale rappresentante della società’;
pertanto, questi era evidentemente privo di legittimazione passiva a ricevere atti destinati alla società, salvo il caso in cui l’Ufficio il che non è avvenuto -avesse ritenuto di attribuirgli la qualità di amministratore di fatto della stessa;
-in ogni caso, del tutto erroneo è il richiamo normativo all’art. 27 del d.lgs. n. 472 del 1997; è ben vero che il d.lgs. n. 472 del 1997 all’art. 11, nel definire il perimetro dei “responsabili per la sanzione amministrativa”, stabiliva che nei casi in cui una violazione che avesse inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo fosse stata commessa dal rappresentante o dall’amministratore di società, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE sue funzioni o incombenze, la società nell’interesse della quale avesse agito l’autore della violazione fosse obbligata solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso; nondimeno a decorrere dal 2 ottobre 2003, tale disciplina è stata modificata dall’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, convertito, , che ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie;
in particolare, il comma 1 della sopradetta disposizione, ha stabilito da quella data che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. La fase transitoria è stata regolata dal comma 2, in base ai quale “le disposizioni del comma 1, si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del presente decreto”;
perché si applichi la vecchia responsabilità solidale tra la persona giuridica e il suo legale rappresentante o amministratore, è necessario quindi che la sanzione sia contestata o irrogata al legale rappresentante o all’amministratore prima del 2 ottobre 2003 (mentre nel presente caso si tratta di accertamento riguardante il periodo d’imposta 2008), a nulla rilevando la notificazione dell’atto di contestazione della sanzione alla società, soprattutto se il legale rappresentante sia già cessato dalla carica e sia quindi comunque soggetto terzo rispetto ad essa, salvo il caso che qui non di verifica dell’amministratore di fatto;
inoltre, nell’avviso di accertamento non sono per nulla esplicitate le ragioni della ritenuta responsabilità del precedente legale rappresentante della società contribuente (nella specie, ex art. 27 ridetto) non certo bastando a tali fini la mera indicazione della qualità rivestita da costui all’epoca;
alla luce della pronuncia in ordine al motivo che precede, il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. va invece accolto non potendo sussistere una condanna dell’Ufficio al ristoro RAGIONE_SOCIALE spese processuali del giudizio di appello nel quale il contribuente non si era ritualmente costituito;
-come questa Corte ha chiarito (in termini la recente Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13253 del 14/05/2024) la statuizione con la quale il giudice liquidi, in favore della parte vittoriosa in appello, le spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’art. 382, comma 3, c.p.c. in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere;
conclusivamente, rigettato il primo motivo di ricorso, il secondo motivo va accolto e la sentenza cassata senza rinvio ex art. 382 c. 3 c.p.c. limitatamente al solo profilo di cui al motivo accolto;
non vi è luogo a pronuncia in ordine alle spese processuali del presente giudizio, stante la mancata costituzione della parte intimata;
p.q.m.
rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente al motivo accolto, ex art. 382 c. 3 c.p.c.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024.