Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13174 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13174 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26032/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
contro
ricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della RAGIONE_SOCIALE-NAPOLI n. 867/2020 depositata il 28/01/2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 19/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che insta per l’inammissibilità del ricorso; Udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in rappresentanza dell’RAGIONE_SOCIALE, per l’RAGIONE_SOCIALE, che insta per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE UNO
RAGIONE_SOCIALE (brevemente RAGIONE_SOCIALE ) era attinta da avviso di rettifica dell’accertamento prot. n. 44862/RU del 03/10/2018, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE-Ufficio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Napoli 2, relativamente alla dichiarazione RAGIONE_SOCIALE d’importazione IMA Reg. 4T n. 167/W del 25/01/2018, con richiesta del pagamento della somma di euro 61.408,05.
1.1. Gli antefatti sono i seguenti.
In data 25/01/2018, la contribuente, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, aveva presentato alla RAGIONE_SOCIALE Nola, nella veste di spedizioniere RAGIONE_SOCIALE in rappresentanza diretta, su mandato ricevuto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la suddetta dichiarazione, recante come destinatario l’impresa RAGIONE_SOCIALE, in relazione a 324 colli di costumi da bagno , classificati alla V.D. NUMERO_DOCUMENTO, per il valore di euro 12.894,10, dell’esportatore cinese RAGIONE_SOCIALE.
Dall’esame documentale e fisico, oltreché dal raffronto con i dati estrapolati dalla banchedati in uso all’Amministrazione, emergeva l’inattendibilità del valore di transazione dichiarato: inattendibilità che avrebbe seguitato ad essere ritenuta dall’Ufficio anche a seguito della produzione di documenti effettuata da CAD RAGIONE_SOCIALE UNO, per il tramite del COGNOME, con nota del 29/01/2018, in ottemperanza a specifica richiesta.
Con la suddetta nota, veniva prodotta all’Ufficio anche lettera di incarico e conferimento di mandato a RAGIONE_SOCIALE (società diversa da RAGIONE_SOCIALE, dichiarante/rappresentante come da bolletta) da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In data 05.03.2018, la SOT di Nola, invitava l’RAGIONE_SOCIALE ad inviare copia del mandato ricevuto abilitante al sub-mandato.
In data 28 marzo 2018 l’RAGIONE_SOCIALE revocava il mandato conferito a RAGIONE_SOCIALE ‘per il motivo che l’effettivo importatore della merce era la ditta RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e non la ditta RAGIONE_SOCIALE erroneamente indicata nel mandato ricevuto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 18/01/2018. Con l’occasione la citata RAGIONE_SOCIALE provvedeva a far tenere alla scrivente il mandato conferito dall’effettivo importatore NOME e conferiva, in data 23 maggio 2018, ai sensi dell’art. 1717 del c.c., mandato a compiere l’operazione RAGIONE_SOCIALE in regime di rappresentanza diretta al RAGIONE_SOCIALE‘ (controricorso, p. 4).
In data 29.03.2018 detta RAGIONE_SOCIALE trasmetteva all’Ufficio mandato ricevuto dall’impresa RAGIONE_SOCIALE addì 10/01/2018 per lo sdoganamento della merce dichiarata con IMA Reg. 4T n. 167/W del 25/01/2018, ossia la dichiarazione oggetto di revisione originariamente intestata all’impresa RAGIONE_SOCIALE.
Medesimamente in data 29/03/2018 la suddetta impresa RAGIONE_SOCIALE inviava richiesta di revisione dell’accertamento, a mezzo della quale chiedeva la rivalutazione del valore della merce ed altresì la modifica dell’intestatario della bolletta (senza che -specificasi in controricorso, ivi -‘che la Dogana abbia operato la richiesta modifica’), allegando copia della fattura n. ZYZ171213 del 13/12/2017, emessa nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE: fattura identica per grafica, importi, numero e data di emissione a quella intestata all’impresa RAGIONE_SOCIALE, allegata alla bolletta.
In data 16/04/2018, funzionari dell’Ufficio effettuavano un accesso presso le due imprese cinesi, accertando che l’impresa RAGIONE_SOCIALE (indicata nella bolletta presentata in dogana) era estranea all’importazione, come dichiarato dal relativo titolare, mentre l’effettivo importatore si confermava essere l’impresa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
In data 23/05/2018 RAGIONE_SOCIALE comunicava di aver ricevuto mandato dall’RAGIONE_SOCIALE per l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità doganali relative alla dichiarazione di importazione IMA Reg. 4T n. 167/W del 25/01/2018, a nome, tuttavia, dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, trasmettendo ulteriore copia della documentazione integrativa in suo possesso (elencata come segue in controricorso, p. 5: ‘fattura estera per l’importo di USD 15.197,08 emessa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE Fa; copia della bolletta di esportazione cinese nella quale è riportato il valore di USD 15.197,08, che corrisponde all’importo dichiarato all’atto dell’importazione; copia del bonifico per il 30% quale acconto per il pagamento della merce; scheda tecnica dei prodotti importati’).
In data 25.07.2018, l’Ufficio, ai sensi degli artt. 48 Reg. UE 952 del 2013 e 11 D.Lgs. 374 del 1990, emetteva verbale di revisione dell’accertamento ‘nei confronti, questa volta, sia della ditta RAGIONE_SOCIALE, sia del sig. NOME COGNOME (ritenuto responsabile in solido ai sensi dell’articolo 77, 3° paragrafo, del CDU), in quanto, a dire della Dogana, avrebbe agito quale rappresentante indiretto non avendo ricevuto il mandato direttamente dall’importatore’ (controricorso, p. 5).
A seguito di osservazioni di RAGIONE_SOCIALE, in data 03.10.2018, l’Ufficio di Napoli 2 emetteva l’avviso di rettifica dell’accertamento oggetto di giudizio, con cui ‘rettificando implicitamente quanto affermato nel prodromico Processo Verbale, responsabile in solido con l’importatore, non il sig. NOME COGNOME, ma la società RAGIONE_SOCIALE‘ (controricorso, p. 6).
Avverso l’avviso di rettifica dell’accertamento CAD RAGIONE_SOCIALE UNO proponeva ricorso innanzi alla CTP di Napoli, contestando la titolarità passiva d’imposta: ‘in via principale, asser di aver presentato la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE di importazione quale rappresentante diretto dell’importatore, per aver ricevuto mandato ‘ad hoc’ dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; in via subordinata, seppur in ipotesi ritenuta la propria qualità di responsabile indiretto, la condizione di buona fede e l’assolvimento degli obblighi posti a suo carico, con conseguente esonero da responsabilità’ (ricorso, p. 13).
2.1. ‘Successivamente la scrivente , in data 20/11/2018, entro, cioè, il termine per la proposizione del ricorso, un atto di integrazione dei motivi, con il quale : l) la violazione del dettato normativo di cui agli artt. 70 e 74 del CDU ; 2) la violazione dell’obbligo di motivazione di cui
all’art. 7 della Legge 212/2000, degli artt. 3 e 8 della Legge 241/90 e dell’articolo 11 del D.Lgs. 374/90′ (controricorso, p. 6)’.
2.2. La CTP di Napoli, con sentenza n. 1612/19/2019 depositata in data 06.01.2019, rigettava il ricorso, ritenendo non esser stata dimostrata la dedotta qualità di rappresentante diretto.
2.3. Più precisamente (alla stregua di quanto riportato nella sentenza in epigrafe) ‘nel merito i primi giudici ritennero che la società ricorrente avesse agito in qualità di rappresentante indiretto dell’importatore e che in tale veste fosse obbligata in solido al pagamento del dazio all’importazione e dell’IVA nei limiti stabiliti dall’art. 77 c. 3 secondo periodo del CDU ovvero quando il dichiarante ‘era o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della erroneità dei dati dichiarati’ . sentenza si legge, con riferimento alla vicenda in esame, che emergevano una serie di anomalie, costituite da: indicazione nella dichiarazione RAGIONE_SOCIALE del nominativo di un importatore rivelatosi del tutto estraneo ai fatti; deposito ad opera dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di un successivo mandato conferito da un soggetto differente da quello in origine indicato come importatore; presenza di due fatture di acquisto RAGIONE_SOCIALE merci da importare esattamente duplicate, cioè emesse dallo stesso soggetto, con indicazione di uguali numero e data di emissione nonché oggetto ma con la sola differenza in ordine al soggetto acquirente. Tali anomalie, ad avviso dei primi giudici, indicavano che la RAGIONE_SOCIALE nel compimento RAGIONE_SOCIALE operazioni doganali non avesse agito in perfetta buona fede e con assoluta inosservanza della diligenza ordinariamente richiedibile ad un operatore professionale, che avrebbe imposto una doverosa verifica sulla veridicità dei dati dichiarati, in presenza di tutte le anomalie innanzi descritte’.
Proponeva appello CAD RAGIONE_SOCIALE UNO.
3.1. La CTR, con la sentenza in epigrafe, così decideva: ‘Accoglie l’appello e compensa le spese del doppio grado’.
3.2. In motivazione, la CTR così argomentava:
Con il primo motivo di impugnazione viene contestata la decisione nella parte in cui ha ritenuto inammissibili i motivi aggiunti introdotti nel giudizio di primo grado con la memoria integrativa depositata il 20.11.2018.
Sostiene l’appellante che ove la memoria integrativa venga presentata nei 60 giorni previsti per presentare ricorso non vi sarebbe alcun limite alla deduzione di nuovi motivi.
Il motivo di impugnazione non è accoglibile.
Questa Commissione, condividendo le argomentazioni dei primi giudici e seguendo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato ritiene che nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado. Ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti o per ordine della Commissione’.
Il riferimento è al ricorso iniziale, per cui l’eventuale presentazione di memoria integrativa nel termine di 60 giorni previsto per la impugnazione dell’atto non vale a rimettere in termini la parte per dedurre nuovi motivi.
Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante contesta la decisione nella parte in cui ha ritenuto che egli avesse agito come rappresentante indiretto, sostenendo che avrebbe agito in regime di rappresentanza diretta.
Appare opportuno premettere alla valutazione degli elementi di fatto una disamina RAGIONE_SOCIALE nonne che regolano l’attività dei soggetti che espletano le formalità doganali.
La rappresentanza in dogana può essere diretta quando una persona agisce in nome e per conto di un’altra persona di guisa che gli effetti dell’attività si producono nella sfera del rappresentato ed indiretta quando una persona agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.
Nel caso in cui il terzo operi in regime di rappresentanza diretta, il rappresentante RAGIONE_SOCIALE non sarà responsabile dell’obbligazione RAGIONE_SOCIALE. Lo spedizioniere RAGIONE_SOCIALE che ha sottoscritto la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE in regime di rappresentanza diretta è tenuto a controllare solo la corrispondenza tra la dichiarazione fatta alla dogana e la situazione oggettiva della merce risultante dalla documentazione fornita dal suo mandante a meno che dalla lettura della sua documentazione emergano manifeste incongruenze .
Nel caso in cui il terzo operi in regime di rappresentanza indiretta il rappresentante risponderà dell’obbligazione RAGIONE_SOCIALE in solido con l’importatore. In questo caso il soggetto che ha agito in dogana potrà essere esonerato da responsabilità qualora dimostri di aver agito in perfetta buona fede adempiendo agli obblighi posti a suo carico .
In punto di fatto la vicenda può essere così ricostruita sulla base dei documenti prodotti:
il 18.1.2018 l’RAGIONE_SOCIALE conferì alla RAGIONE_SOCIALE il mandato per effettuare con le modalità della rappresentanza diretta le operazioni doganali di importazione per proprio conto della merce oggetto della fattura NUMERO_DOCUMENTO del 13.2.2017, prendendo atto che le operazioni doganali sarebbero state curate dal doganalista COGNOME NOME e/o COGNOME NOME ed indicando come importatore Xin RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
il 25.1.2018 il RAGIONE_SOCIALE, in persona di COGNOME NOME, presentò al Sot di Nola la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE IM4 n. 167/W avente come destinatario la ditta cinese RAGIONE_SOCIALE;
il 28.3.2018 l’RAGIONE_SOCIALE comunicò alla RAGIONE_SOCIALE la revoca della lettera di incarico per le operazioni doganali di importazione;
il 23.5.2018 l’RAGIONE_SOCIALE conferì alla RAGIONE_SOCIALE mandato per l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità doganali con le modalità della rappresentanza diretta al doganalista COGNOME NOME, rappresentando di avere ricevuto mandato dal corretto importatore NOME di NOME COGNOME.
Sulla base di tali elementi non può ritenersi che il RAGIONE_SOCIALE abbia agito come rappresentante diretto.
Non provano tale rapporto né il mandato originario conferito in data 18 gennaio 2018 dall’RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, società differente dalla RAGIONE_SOCIALE che ha effettuato le operazioni in dogana, né il mandato – successivo all’inizio del procedimento di revisione – datato 23 maggio 2018 conferito dall’RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE ma con chiara indicazione dell’affidamento della rappresentanza diretta al doganalista COGNOME NOME, persona fisica.
L’appellante sostiene, per confutare la decisione impugnata, che egli nulla sapeva dell’erronea indicazione dell’importatore, della quale sarebbe venuto a conoscenza solo a seguito della lettera di incarico del 23.5.2018.
Ad avviso di questa Commissione la circostanza non rileva in quanto per valutare l’esistenza di un potere di rappresentanza occorre accertare se il soggetto che ha operato in dogana abbia ricevuto l’incarico dall’importatore.
Nel caso in esame all’atto della presentazione della documentazione in dogana il CAD non aveva ricevuto alcun incarico essendo stato lo stesso conferito alla società RAGIONE_SOCIALE con riferimento ad una importazione effettuata da soggetto diverso da quello reale.
Neanche è possibile qualificare la lettera di incarico del 25.3.2018 come una ratifica dell’attività precedentemente espletata, come sostenuto dall’appellante, in quanto la lettera non conteneva alcuna manifestazione di volontà di fare propri gli effetti dell’attività espletata fino ad allora.
Ne deriva che il RAGIONE_SOCIALE ha agito quale rappresentante indiretto dell’importatore, per cui la sua responsabilità per il pagamento dei dazi doganali è regolata dall’art. 77, c. 3, secondo periodo, del C.D.U., a norma del quale il rappresentante indiretto ne risponde quando “era, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere, a conoscenza della erroneità dei dati dichiarati”.
La responsabilità RAGIONE_SOCIALE spedizioniere quale dichiarante in dogana fonda essa stessa la qualità di soggetto responsabile , gravando sul rappresentante indiretto l’obbligo di vigilare -con la diligenza qualificata da ragguagliare, ex art. 1176, comma 2, c.c., alla natura dell’attività esercitata – sull’esattezza
RAGIONE_SOCIALE informazioni fomite dall’esportatore allo RAGIONE_SOCIALE di esportazione , innanzitutto in punto di effettiva corrispondenza del valore di merce dichiarata a quella importata, gravando su detto dichiarante l’onere, in caso di dichiarazione infedele, di provare la propria buona fede .
Valutando sotto questo profilo il comportamento del RAGIONE_SOCIALE, la Commissione ritiene che al momento della presentazione della dichiarazione RAGIONE_SOCIALE il Cad non avesse elementi per dubitare della correttezza del procedimento di importazione.
Le circostanze di fatto sulla base RAGIONE_SOCIALE quali i primi giudici l’hanno negata a ben vedere attengono tutte ai rapporti tra il COGNOME e l’importatore e non potevano essere conosciute al soggetto che ha presentato la dichiarazione.
Anche valore della merce non era tale da ingenerare legittimi dubbi sulla sua congruità.
Ricorreva per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo, cui resisteva la contribuente con controricorso, altresì spiegando ricorso incidentale condizionato, articolato in quattro paragrafi, da assumersi come altrettanti motivi.
A seguito di ordinanza interlocutoria di questa Sezione n. 24563 del 06/06/2023, volta a far rilevare come il secondo motivo del ricorso incidentale, impregiudicati tutti gli altri motivi del ricorso principale e RAGIONE_SOCIALE stesso ricorso incidentale, involgesse ‘delicate questioni concernenti la consumazione o meno del potere d’azione (declinato ‘sub specie’ del potere d’impugnazione) nello specifico ambito del processo tributario (caratterizzato da un’osmosi non integrale né perfetta di principi e disciplina rispetto all’ordinario giudizio di cognizione), la causa è chiamata all’odierna pubblica, nel
corso della quale il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso questa Suprema Corte in persona del AVV_NOTAIO insta per l’inammissibilità del ricorso principale, mentre la difesa erariale si riporta agli atti, richiamando argomentazioni e conclusioni già versate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via di premessa è da rilevare che, essendo fondato l’unico motivo del ricorso principale, sussistono le condizioni per la disamina altresì dei quattro motivi di ricorso incidentale condizionato.
Nondimeno, poiché il primo motivo del ricorso incidentale condizionato verte, come subito si vedrà, su un profilo preliminare rispetto al ‘thema’ affrontato nell’unico motivo del ricorso principale, si ravvisano ragioni di convenienza espositiva affinché i due motivi che ne occupano -cioè l’unico del ricorso principale ed il primo di quello incidentale condizionato -siano trattati in un unico contesto argomentativo.
Un tanto consente di procedere all’enunciazione, anzitutto, dell’unico motivo del ricorso principale.
Con detto motivo si denuncia: ‘Violazione degli artt. 19 e 77 del CDU, Regolamento n. 952 del 2013, e dell’art. 38 del D.P.R. 43 del1973 e dell’art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
3.1. ‘Il Giudice d’appello, nella sua scarna motivazione, si è limitato a sostenere che il CAD non avesse elementi per dubitare della correttezza del procedimento d’importazione; che le circostanze individuate dal giudice di primo grado attenessero ai rapporti fra l’RAGIONE_SOCIALE e l’importatore e non potevano essere conosciute dal soggetto che ha presentato la dichiarazione; ed anche il valore della merce non ingenerava dubbi’.
La CTR è incorsa nella violazione degli artt. 19 e 77 CDU.
La CTR ha omesso di ‘verificare se il CAD era o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza dell’erroneità dei dati che ha fornito per la stesura della dichiarazione. Così come appaiono violati i normali principi dettati dalle disposizioni in materia di ripartizione dell’onere della prova, atteso che, se anche si volesse ammettere la rilevanza della buona fede, nel caso di specie, incombeva sul CAD, che, invece, non risulta affatto dalla sentenza che abbia assolto a tale onere, provare la sussistenza degli elementi necessari a configurare l’esistenza di uno stato di buona fede tale da escludere la responsabilità per l’inadempimento dell’obbligazione RAGIONE_SOCIALE‘. ‘La CTR ha errato nel non riconoscere la responsabilità in solido con l’importatore del RAGIONE_SOCIALE, quale rappresentante indiretto e dichiarante, essendo evidente che non sussisteva lo stato di buona fede in capo allo stesso a fronte RAGIONE_SOCIALE molteplici anomalie emerse nell’attività di accertamento della dogana’. ‘I RAGIONE_SOCIALECRAGIONE_SOCIALE), essendo soggetti professionalmente competenti, hanno l’obbligo di controllare la serietà dei dati presenti nelle dichiarazioni doganali e nei documenti ad esse collegati. Tale controllo non deve limitarsi al semplice raffronto tra l’importo totale della fattura, il numero della stessa, gli eventuali colli o numero dei container e i dati riportati sulla dichiarazione di importazione’.
Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato si denuncia: ‘Sulla responsabilità del rappresentante diretto’.
4.1. ‘La RAGIONE_SOCIALE non può essere considerata responsabile dei maggiori diritti doganali richiesti, in quanto ha agito in regime di rappresentanza diretta. Infatti , venuta a conoscenza dell’errore, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in data 29/03/2018, ha trasmesso alla Dogana il mandato ricevuto dall’importatore NOME e, in data 23/05/2018, ha conferito, ai sensi dell’art. 1717 del c.c.,
mandato allo scrivente CAD RAGIONE_SOCIALE per l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità doganali con la modalità della rappresentanza diretta’. ‘Nella presente vicenda, in un primo tempo l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha conferito mandato alla società RAGIONE_SOCIALE indicando che le relative operazioni doganali potevano essere curate dallo spedizioniere RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, ovvero dallo spedizioniere RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, in regime di rappresentanza diretta, e dichiarando di aver ricevuto mandato dalla ditta Xin NOME di NOME . Al fine di adempiere all’incarico ricevuto il sig. COGNOME NOME, ha presentato la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE di che trattasi, per il tramite del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui è socio’.
‘In data 28.03.2018 l’RAGIONE_SOCIALE ha revocato il mandato conferito alla RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, il 23.05.2018 ha comunicato alla scrivente che ‘a seguito di errate istruzioni e documentazioni ricevute dal nostro cliente estero e che vi sono state trasmesse per l’esecuzione RAGIONE_SOCIALE operazioni richieste, vi informiamo che in data 29.03.2018 a seguito di richiesta dell’Ufficio RAGIONE_SOCIALE di Napoli 2 Sot Nola abbiamo depositato il mandato ricevuto dal corretto importatore italiano acquirente della merce ditta RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e ha conferito mandato per l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità doganali. Il predetto mandato conferito dall’importatore all’RAGIONE_SOCIALE è stato da quest’ultima trasmesso alla SOT di Nola in data 29.03.2018. Di fatto l’RAGIONE_SOCIALE ha ratificato l’operato della scrivente che aveva presentato, avendone comunque i poteri per quanto ‘supra’ esposto, la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE a proprio nome in regime di rappresentanza diretta. Avendo la scrivente agito in rappresentanza diretta non può essere considerata responsabile dei maggiori diritti richiesti e ciò ai sensi dell’articolo 40 del TULD e dell’articolo 77 del CDU, né
tantomeno RAGIONE_SOCIALE sanzioni per la mancanza di qualsivoglia colpa anche lieve’.
Assume priorità logica il primo motivo del ricorso incidentale condizionato.
5.1. Esso è inammissibile perché non evidenzia alcun vizio di legittimità affliggente la sentenza impugnata né, ‘a priori’, individua alcun paradigma, ai sensi dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., alla stregua del quale le censure sono formulate.
Esso, in realtà, è volto a sollecitare a questa Suprema Corte una nuova e per la contribuente più favorevole rivalutazione dei fatti, obliterando natura e limiti del giudizio di cassazione quale momento di mero controllo della legalità degli atti impugnati.
Esso, viepiù, non si confronta, neppure graficamente, con la motivata ricostruzione in fatto compiuta dalla sentenza impugnata, secondo un incedere coerente con le risultanze documentali e logico nello sviluppo analitico.
Come visto, la CTR esclude che la contribuente abbia agito come rappresentante diretto, giacché il mandato dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE conferito il 18.01.2018 ‘con le modalità della rappresentanza diretta’, ‘indicando come importatore Xin RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘, era in favore di RAGIONE_SOCIALE, ma la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE, ‘avente come destinatario la ditta cinese RAGIONE_SOCIALE‘, sarebbe stata presentata dalla contribuente il 25/01/2018. Solo il 23/05/2018 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE revocato il 28/03/2018 il mandato a RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE -‘conferì alla RAGIONE_SOCIALE mandato per l’espletamento RAGIONE_SOCIALE formalità doganali con le modalità della rappresentanza diretta al doganalista COGNOME NOME, rappresentando di avere ricevuto mandato dal corretto importatore NOME di Liu COGNOME‘. A fronte di ciò, la CTR conclude, ineccepibilmente, che la tesi della rappresentanza diretta,
sostenuta dalla contribuente, non è sostenibile, non solo alla luce del ‘mandato originario conferito in data 18 gennaio 2018 dall’RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, società differente dalla RAGIONE_SOCIALE che ha effettuato le operazioni in dogana’, ma altresì alla luce del mandato ‘datato 23 maggio 2018’, siccome notasi -bensì ‘conferito dall’RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE ma con chiara indicazione dell’affidamento della rappresentanza diretta al doganalista COGNOME NOME, persona fisica’. Proprio quest’ultima affermazione della CTR, ignorata dal motivo in disamina, esclude la condivisibilità dell’allegazione in esso contenuta secondo cui, mediante detto mandato, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe implicitamente ratificato l’operato anteatto della contribuente: infatti, secondo l’incontestato accertamento della CTR, l’affidamento della rappresentanza diretta è in favore della persona fisica del COGNOME e non della contribuente.
Può procedersi, a questo punto, alla disamina dell’unico motivo del ricorso principale.
6.1. Esso -come anticipavasi -è fondato.
Recentemente, Cass. n. 17496 del 2019 (par. 6.1 ss., p. 9 ss.) ha avuto modo di precisare quanto segue:
6.1. Ai sensi dell’art. 5, § 2, CDC (applicabile ratione temporis, in quanto il codice RAGIONE_SOCIALE comunitario è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 952/2013 del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice RAGIONE_SOCIALE dell’Unione) e dell’art. 40, primo comma, TULD, la dichiarazione RAGIONE_SOCIALE può essere fatta personalmente dall’importatore ovvero a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. La rappresentanza è diretta quando il rappresentante agisce a nome e per conto di terzi, indiretta, quando il rappresentante agisce a nome proprio ma per conto di terzi. Mentre la rappresentanza indiretta è libera,
la rappresentanza diretta implica l’iscrizione in un apposito albo professionale istituito con la l. 22 dicembre 1960, n. 1612, ed il rispetto della disciplina prevista dalla legge medesima e dalla successiva I. n. 213 del 2000.
6.2. Dal combinato disposto degli artt. 201, § 3, e 4, punto 18, CDC si evince, poi, che l’obbligazione RAGIONE_SOCIALE sorge in capo a chi fa la dichiarazione a nome proprio ovvero alla persona in nome della quale la dichiarazione è fatta. Conseguentemente, in caso di rappresentanza diretta, la responsabilità grava, in via di principio, sul solo importatore, mentre in caso di rappresentanza indiretta è specificamente prevista la responsabilità sia RAGIONE_SOCIALE spedizioniere che dell’importatore (cfr. Cass. n. 9773 del 23/04/2010; Cass. n. 7720 del 27/03/2013; Cass. n. 9270 del 17/04/2013) .
6.3. Nel caso di specie, è pacifico tra le parti che la CAD sia rappresentante indiretto dell’importatore, sicché lo spedizioniere risponde in solido con quest’ultimo dell’obbligazione RAGIONE_SOCIALE per il semplice fatto di aver presentato la dichiarazione, anche con procedura di domiciliazione, dichiarazione impegnativa con riferimento all’esattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni figuranti nella dichiarazione, all’autenticità dei documenti presentati e all’osservanza di tutti gli obblighi inerenti al vincolo RAGIONE_SOCIALE merci importate al regime considerato (cfr. art. 199 del regolamento (CEE) n. 2454 del 1993).
6.5. nemmeno ritenersi che la responsabilità RAGIONE_SOCIALE spedizioniere rappresentante indiretto integri una forma di responsabilità oggettiva, ben potendo quest’ultimo provare la propria buona fede alle condizioni previste dall’art. 220, § 2,
lett. b, CDC (sulla questione si veda anche Cass. n. 7720 del 27/03/2013).
A sua volta, Cass. n. 7720 del 2013, anzitutto, rileva (par. 5.2, p. 7 s.) che ‘la responsabilità del rappresentante indiretto dichiarante è logica conseguenza della nozione stessa della rappresentanza indiretta’, sul presupposto che ‘la rappresentanza indiretta concerne i rapporti interni fra ausiliario e preponente, di guisa che non comporta, in riferimento ai terzi (compreso l’ufficio RAGIONE_SOCIALE), alcuna sostituzione, neanche limitatamente alla fattispecie: il rappresentante indiretto, agendo in nome proprio, quantunque nell’altrui interesse, diviene parte sia della fattispecie, sia del regolamento che ad esso si connette, assumendo per conseguenza la veste di obbligato nei confronti dei terzi, compreso l’ufficio RAGIONE_SOCIALE‘; indi, specifica che non sussiste alcun contrasto con i principi in tema di responsabilità, giacché (parr. 5.3 s., p. 8),
-per un verso, ‘la Corte di giustizia ha chiarito, con riguardo alla figura dell’intermediario, sia pure con riferimento alla diversa ipotesi contemplata dall’articolo 202, numero 3, del codice RAGIONE_SOCIALE comunitario, che la norma ‘… fa riferimento al comportamento di un operatore diligente ed accorto’ (Corte di giustizia Jestel, punto 22)’;
-per altro verso, ‘la diligenza evocata è una diligenza qualificata , ragguagliata, a norma del 2° comma dell’articolo 1176 del codice civile, ‘alla natura dell’attività esercitata’ non può che implicare un obbligo d’informazione, strumentale rispetto al corretto espletamento dell’incarico conferito ‘.
Alla luce di quanto precede, deve, sinteticamente, ribardirsi (cfr. già, recentissimamente, Cass. n. 25581 del 2023 e Cass. n. 18627 del 2023) che lo spedizioniere rappresentante indiretto, che, in ragione degli artt. 18, par. 1, 77, par. 3, e 84 CDC, risponde
RAGIONE_SOCIALE obbligazioni doganali in solido con l’importatore per il fatto di aver reso la dichiarazione in proprio, ancorché per conto di quest’ultimo, non soggiace ad una forma di responsabilità oggettiva, in quanto è abilitato ad esimersi, in tutto o in parte, dalle obbligazioni fornendo la prova di aver agito in buona fede, alle condizioni previste dall’art. 220, par. 2, lett. b, CDC (‘ratione temporis’ applicabile), nella scrupolosa osservanza dei doveri, segnatamente d’informazione, derivantigli dalla diligenza qualificata cui, a norma dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., soggiace nell’espletamento dell’attività professionale.
Peraltro, a completamento di quanto precede, tenuti presenti approdi comunque già acquisiti in giurisprudenza (cfr., ad es., Cass. n. 1142 del 2018), par d’uopo puntualizzare che, in tema di responsabilità – non oggettiva, ma professionale – del rappresentante indiretto in dogana, solidalmente con l’importatore, per le obbligazioni scaturenti dalla dichiarazione, l a diligenza ‘qualificata’ ex art. 1176, comma 2, cod. civ. dal medesimo esigibile, quale autore in proprio della dichiarazione, non è limitata al controllo dei dati risultanti dalla documentazione consegnatagli dall’importatore per l’espletamento del mandato, ma deve necessariamente estendersi, oltreché al riscontro dell’autenticità e della correttezza formale della documentazione stessa, altresì -eventualmente mediante ricerca ed acquisizione RAGIONE_SOCIALE informazioni necessarie -all’effettiva esattezza dei dati dichiarati, in ragione segnatamente della reale corrispondenza del valore della merce dichiarata a quella importata, con particolare riguardo all’inclusione in detto valore di tutti gli elementi indispensabili o comunque utili all’esatta sua individuazione; per l’effetto, la semplice deduzione, da parte del
rappresentante indiretto, della conformità della dichiarazione ai documenti consegnatigli dall’importatore non costituisce di per sé prova di siffatta diligenza ‘qualificata’ professionalmente richiestagli e, quindi, in difetto degli esiti degli ulteriori accertamenti esperiti, non assurge a circostanza atta ad esimerlo da responsabilità.
La CTR non ha fatto buon governo dei superiori insegnamenti.
7.1. Essa, apoditticamente, afferma ‘che al momento della presentazione della dichiarazione RAGIONE_SOCIALE il Cad non avesse elementi per dubitare della correttezza del procedimento di importazione’, sostenendo che ‘le circostanze di fatto sulla base RAGIONE_SOCIALE quali i primi giudici l’hanno negata’ ossia (come da riassunto nello ‘svolgimento del processo’): ‘indicazione nella dichiarazione RAGIONE_SOCIALE del nominativo di un importatore rivelatosi del tutto estraneo ai fatti; deposito ad opera dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di un successivo mandato conferito da un soggetto differente da quello in origine indicato come importatore; presenza di due fatture di acquisto RAGIONE_SOCIALE merci da importare esattamente duplicate, cioè emesse dallo stesso soggetto, con indicazione di uguali numero e data di emissione nonché oggetto ma con la sola differenza in ordine al soggetto acquirente’ ‘attengono tutte ai rapporti tra il COGNOME e l’importatore e non potevano essere conosciute al soggetto che ha presentato la dichiarazione’.
In tal guisa, la CTR non ha applicato il criterio valutativo della diligenza professionale qualificata ai fini della valutazione della condotta della contribuente, che, viepiù, è un soggetto specializzato nell’attività RAGIONE_SOCIALE.
In altre parole, la CTR non ha scandagliato il ‘thema’ (su cui correttamente impinge il motivo di ricorso in disamina) relativo al
versare o meno la contribuente -comunque tenuta all’acquisizione RAGIONE_SOCIALE informazioni necessarie all’espletamento della pratica, senza limitarsi ad un mero controllo formale di quelle soltanto evincibili dai documenti trasmessile -in condizione di essere o anche solo poter ragionevolmente essere, sulla base proprio degli obblighi informativi professionalmente incombentile, a conoscenza dell’erroneità dei dati che essa medesima ha fornito per la dichiarazione.
In tale ottica, infine, sbrigativa e sostanzialmente immotivata è l’ulteriore asserzione della CTR secondo cui anche il valore della merce ‘non era tale da ingenerare legittimi dubbi sulla sua congruità’: manca una compiuta analisi RAGIONE_SOCIALE differenze dei valori, rispettivamente, dichiarato e determinato, anche, data la peculiarità della fattispecie, in rapporto alla posizione assunta dai soggetti figuranti come importatori, sino all’effettivo.
Proseguendo nell’ordine logico della disamina dei motivi, viene in rilievo il secondo del ricorso incidentale condizionato.
Con esso si denuncia: ‘Sull’ammissibilità dei motivi esposti nell’atto di integrazione dei motivi’.
9.1. ‘a sentenza di secondo grado ritiene inammissibile l’atto di integrazione dei motivi in quanto conterrebbe motivi nuovi rispetto a quelli formulati nel ricorso introduttivo, benché presentati entro il termine per la proposizione del ricorso’. Tuttavia, ‘l’esercizio del diritto alla difesa e allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività processuali è costituzionalmente garantito; pertanto, in virtù della lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 24 del D.lgs. 546/92 è possibile affermare che il potere di impugnazione di un atto impositivo si consuma solo con lo spirare del termine concesso e non prima RAGIONE_SOCIALE spirare di tale termine’; ‘perciò, sempre nell’ambito del termine predetto, il potere ‘de qua’ può essere
esercitato in più riprese’. ‘L’atto integrativo presentato dalla scrivente è stato notificato, nel termine di 60 giorni dalla notifica dell’avviso di rettifica (ipotesi del tutto diversa di quella di cui all’art. 24 del D.Lgs. 546/92) nelle identiche forme previste per la notificazione del ricorso, alla parte resistente, affinché questa ultima sia in grado di valutare l’opportunità di costituirsi in relazione all’ampliamento del thema decidendum’ .
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
10.1. Cass. n. 8234 del 2008 ha già avuto modo di affermare il seguente principio, cui il Collegio intende espressamente dare continuità:
Nel processo tributario, il contribuente che abbia proposto valido ricorso non consuma il potere di impugnazione dell’atto dell’Amministrazione finanziaria e non perde, quindi, la possibilità di proporre, finché non sia scaduto il termine per impugnare, nuovi motivi con un ulteriore atto che abbia i requisiti previsti dall’art. 18 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non potendo ricavarsi, dal sistema in generale e dall’art. 24 del citato decreto, in particolare, il principio di consumazione del potere di impugnazione degli atti dell’autorità finanziaria.
In motivazione (par. relativo ai ‘motivi della decisione’, p. 10), detto precedente, condivisibilmente, osserva:
ornando allo specifico del ricorso tributario, in assenza di una espressa previsione normativa o di particolari caratteristiche dell’atto, non è possibile desumere dal semplice riferimento della norma al ricorso inteso come atto singolo argomenti per affermare l’irripetibilità o l’infrazionabilità, così indirettamente incidendo sull’ampiezza del termine concesso dal legislatore al contribuente per esercitare il diritto di impugnare l’atto dell’autorità finanziaria, e perciò sull’esercizio
di un diritto costituzionalmente presidiato quale quello di azione. È in particolare da escludere che il principio di consumazione del potere di impugnazione dell’atto -pretesa tributaria possa ricavarsi dal disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, richiamato nella sentenza impugnata.
Tale norma, prevedendo null’altro che la possibilità di integrazione dei motivi di ricorso in ipotesi di produzione di documenti non conosciuti (e perciò, indirettamente, il divieto di tale integrazione all’infuori dell’ipotesi considerata), evidentemente non soltanto non fornisce argomenti sui quali fondare il suddetto principio di consumazione, ma pone essa stessa problemi ermeneutici la cui soluzione dipende proprio dalla sussistenza o meno di tale principio. Infatti, dal tenore della norma in esame si ricava con certezza che essa si riferisce alla possibilità di integrazione dei motivi, a fronte della produzione di documenti non conosciuti, oltre lo spirare del termine per ricorrere (e quindi alla impossibilità di integrazione, in assenza della suddetta produzione documentale, oltre tale termine), ma non si ricava con altrettanta certezza che essa si riferisce anche ad una integrazione (consentita solo nell’ipotesi considerata e perciò vietata nelle altre) anteriore allo spirare di tale termine ma successiva alla proposizione del ricorso.
L’art. 24 citato pertanto, come già evidenziato, non solo non costituisce espressione del principio generale di consumazione del potere di ricorrere avverso l’atto -pretesa tributaria, ma esso stesso resta influenzato dalla opzione ermeneutica in ordine alla sussistenza o meno di tale principio, nel senso che, ove si ritenga che il diritto di impugnazione dell’atto dell’autorità finanziaria si consuma con la proposizione di valido ricorso, i motivi successivi a tale proposizione (benché,
in ipotesi, anteriori alla scadenza del termine per ricorrere) sono da considerare aggiunti (e incorrono nelle limitazioni previste dal citato art. 24: proponibilità solo in caso di produzione di documenti non conosciuti), mentre, ove si ritenga che il diritto di impugnazione dell’atto si consuma solo con lo spirare del relativo termine, esclusivamente i motivi proposti oltre tale termine possono essere considerati aggiunti (e perciò vietati dall’art. 24 citato, se non legittimati dalla produzione documentale), non invece quelli proposti prima di tale termine (e ciò a prescindere dal fatto che siano contenuti in un unico o in più atti successivi).
10.2. Il principio di cui innanzi ha peraltro trovato, sotto ulteriore profilo, anche successiva conferma.
Secondo Cass. n. 15441 del 2010, invero, il contribuente che abbia proposto valido ricorso contro un atto dell’Amministrazione finanziaria non consuma il potere di impugnazione, e non perde, quindi, la possibilità di proporre, finché non sia scaduto il termine, un nuovo ricorso contenente anche motivi diversi da quelli espressi nell’atto introduttivo; peraltro, il primo ricorso è inammissibile nel caso in cui, all’atto della presentazione del secondo, lo stesso proponente abbia chiesto l’annullamento o la sostituzione del primo, verificandosi in tal caso una situazione analoga alla rinuncia del ricorso .
11. A detto principio la CTR non si è attenuta.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale condizionato determina l’assorbimento dei restanti due. Questi, infatti, sono intesi a riproporre in via devolutiva (viepiù sotto identiche rubriche: ‘Sulla violazione del dettato normativo di cui agli artt. 70 e 74 del CDU e 140 e 141 del RE’ e ‘Sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 7 della legge 212/2000,
degli artt. 3 e 8 della legge 241/90 e dell’articolo 11 del d.lgs. 374/90′) le doglianze rassegnate dalla contribuente con l’atto integrativo di cui al motivo che precede ed erroneamente, per le anzidette ragioni, non esaminate dalla CTR.
In conclusione: devono accogliersi l’unico motivo del ricorso principale ed il secondo del ricorso incidentale condizionato, rigettato il primo ed assorbiti i restanti due di questo; in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata deve essere annullata e cassata con rinvio al giudice di merito affinché proceda a nuovo esame ed all’esito altresì regoli tra le parti le spese di lite, comprese quelle del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie l’unico motivo del ricorso principale.
Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, rigettato il primo ed assorbiti i restanti due.
In relazione ai motivi accolti, annulla e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della RAGIONE_SOCIALE per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 19 gennaio 2024.