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Rappresentante Indiretto: Quando scatta la responsabilità

Una società di assistenza doganale, agendo come rappresentante indiretto, è stata ritenuta responsabile per maggiori dazi doganali a causa di una dichiarazione errata. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13174/2024, ha annullato la decisione di secondo grado che aveva escluso la sua responsabilità per buona fede. Gli Ermellini hanno chiarito che il rappresentante indiretto è tenuto a una diligenza professionale qualificata, che non si limita al controllo formale dei documenti ma impone una verifica sostanziale dei dati, come il valore della merce, per escludere la propria responsabilità solidale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rappresentante Indiretto in Dogana: La Cassazione definisce i limiti della responsabilità

La figura del rappresentante indiretto nel diritto doganale è cruciale e fonte di notevoli responsabilità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13174 del 14 maggio 2024, ha fornito chiarimenti fondamentali sui doveri di diligenza che gravano su questi operatori, stabilendo che per liberarsi dalla responsabilità solidale non basta un controllo formale, ma è necessaria una verifica sostanziale e proattiva. Questo principio ha implicazioni dirette per tutti gli spedizionieri e i centri di assistenza doganale.

I Fatti di Causa: una dichiarazione doganale problematica

Una società di assistenza doganale presentava una dichiarazione di importazione per un carico di costumi da bagno per conto di un’azienda importatrice. Successivamente, l’Agenzia delle Dogane contestava il valore dichiarato della merce, ritenendolo inattendibile, ed emetteva un avviso di rettifica per oltre 61.000 euro.

Le indagini rivelavano una serie di anomalie: l’importatore indicato nella dichiarazione iniziale era in realtà estraneo all’operazione, e la fattura presentata era una copia di un’altra intestata al reale importatore. La società di assistenza doganale si era basata su un sub-mandato ricevuto da un’altra agenzia doganale, ma senza aver ricevuto un incarico diretto dall’effettivo importatore al momento della dichiarazione.

La società si difendeva sostenendo di aver agito come rappresentante diretto e, in subordine, in perfetta buona fede. Mentre la Commissione Tributaria Regionale le dava ragione, ritenendo che non potesse essere a conoscenza delle irregolarità, l’Agenzia delle Dogane ricorreva in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e la responsabilità del rappresentante indiretto

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione di merito, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Dogane. I giudici hanno stabilito due punti cardine:

1. La qualifica di rappresentante indiretto: La Corte ha confermato che, in assenza di un mandato diretto e chiaro da parte dell’importatore al momento della presentazione della dichiarazione, la società aveva agito come rappresentante indiretto, agendo in nome proprio ma per conto altrui. Questa qualifica comporta automaticamente una responsabilità solidale per il pagamento dei dazi.

2. L’onere della prova della buona fede: Il punto centrale della sentenza riguarda la diligenza richiesta per essere esonerati dalla responsabilità. La Cassazione ha specificato che non è sufficiente affermare di non essere a conoscenza delle irregolarità. L’operatore professionale ha un dovere di diligenza “qualificata”.

La Corte ha inoltre accolto un motivo del ricorso incidentale della società, affermando il principio per cui è possibile presentare motivi aggiunti a un ricorso già depositato, purché ciò avvenga entro i termini di legge per l’impugnazione.

Le motivazioni: la diligenza professionale non è una formalità

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella definizione di “diligenza qualificata”, prevista dall’art. 1176, comma 2, del codice civile. Per un operatore doganale, questa diligenza non si esaurisce in un mero controllo formale della corrispondenza tra i documenti ricevuti e la dichiarazione da presentare.

Al contrario, essa impone un ruolo attivo:

* Verifica sostanziale: Il rappresentante deve andare oltre la superficie e acquisire tutte le informazioni necessarie per garantire l’esattezza dei dati dichiarati.
* Controllo del valore: Una particolare attenzione deve essere posta sulla reale corrispondenza tra il valore dichiarato e quello effettivo della merce importata.
* Onere probatorio: Spetta al rappresentante indiretto, e non all’amministrazione, dimostrare di aver adottato tutte le cautele e le verifiche necessarie per poter invocare la buona fede. La semplice conformità dei documenti consegnati dal cliente non costituisce, di per sé, prova sufficiente di tale diligenza.

La Corte ha criticato la sentenza di secondo grado per la sua valutazione “sbrigativa e sostanzialmente immotivata”, in quanto non aveva analizzato se la società, in quanto soggetto specializzato, avesse posto in essere tutte le azioni necessarie per acquisire la ragionevole certezza della correttezza dei dati, soprattutto di fronte a un valore della merce che avrebbe potuto destare sospetti.

Conclusioni: cosa cambia per gli operatori doganali

Questa sentenza invia un messaggio chiaro a tutti gli operatori del settore doganale. Agire come rappresentante indiretto comporta un elevato grado di rischio e responsabilità. Per mitigare tale rischio, non è più sufficiente un approccio passivo basato sulla fiducia nei documenti forniti dal mandante. È invece indispensabile adottare un protocollo di verifica proattivo, documentando ogni passaggio e approfondendo eventuali dubbi sulla congruità dei valori o sull’identità dei soggetti coinvolti. In caso di contenzioso, sarà l’operatore a dover dimostrare di aver fatto tutto il possibile per garantire la correttezza della dichiarazione, pena la responsabilità solidale per i maggiori diritti doganali.

Qual è la differenza fondamentale tra rappresentante diretto e indiretto in dogana?
Il rappresentante diretto agisce in nome e per conto di un altro soggetto (l’importatore), e la responsabilità ricade unicamente su quest’ultimo. Il rappresentante indiretto, invece, agisce in nome proprio ma per conto dell’importatore, diventando così personalmente e solidalmente responsabile con lui per il debito doganale.

Come può un rappresentante indiretto dimostrare la propria buona fede per evitare la responsabilità?
Secondo la Cassazione, non è sufficiente non essere a conoscenza delle irregolarità. Deve provare di aver agito con “diligenza professionale qualificata”, che implica un controllo attivo e sostanziale dei dati della dichiarazione (in particolare il valore della merce), andando oltre la mera verifica formale dei documenti ricevuti.

È possibile integrare un ricorso tributario con nuovi motivi dopo averlo già depositato?
Sì, la sentenza conferma che un contribuente può proporre nuovi motivi con un ulteriore atto, notificato nelle stesse forme del primo, a condizione che non sia ancora scaduto il termine legale per l’impugnazione. Il potere di impugnare si esaurisce solo con lo spirare del termine, non con il primo deposito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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