Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1135 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14000/2023 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in BRESCIA INDIRIZZO DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende e quindi ex lege presso la cancelleria della Corte di cassazione (EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente- e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE I DI BRESCIA – UFFICIO CONTROLLI,
Avverso la SENTENZA della CORTE di GIUSTIZIA di SECONDO COGNOME della LOMBARDIA, sez. dist. BRESCIA n. 4876/2022 depositata il 12/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Corte di Giustizia di secondo grado della Lombardia, sez. dist. Brescia ( hinc: CGT), con la sentenza n. 4876/2022 depositata in data 12/12/2022 ha rigettato l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME contro la sentenza n. 295/2020, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, in data 10/09/2020, aveva rigettato il ricorso contro l’atto di contestazione e di irrogazione di sanzioni di Euro 40.135, 93 per le violazioni di cui all’art. 6, commi 8 e 9 -bis, d.lgs. n. 471 del 1997 e di Euro 2.000 per quelle di cui all’art. 9, commi 1 e 3 d.lgs. n. 471 del 1997.
2. La CGT ha evidenziato che la vicenda muove dall’attività istruttoria svolta dall’Ufficio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’an no 2014. In particolare, era stata segnalata l’irregolare tenuta della contabilità, in quanto non risultavano emesse e annotate le autofatture relative alla merce acquistata presso la RAGIONE_SOCIALE e l’omessa regolarizzazione degli acquisti senza fattura o con fattura infedele per operazioni imponibili. 2.1. In merito all’appello proposto dal sig. COGNOME la CGT ha ritenuto infondati i due motivi proposti, evidenziando, in primo luogo, la corretta attribuzione della qualifica di rappresentante fiscale alla parte appellante, con la conseguenza che lo stesso era tenuto ad adempiere alla generalità degli obblighi connessi a tutte le operazioni imponibili, rispondendo in solido con la società rappresentata relativamente a tali obblighi, compresi quelli di imposta.
2.2. Ha poi rilevato come i fatti dedotti dall’Agenzia delle Entrate muovessero dalla ricostruzione analitica dei dati emersi a seguito del PVC redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE In particolare, nei ricavi dell’esercizio del 2014 sono confluiti proventi per la vendita a clienti vari di rottami di materiali ferrosi, alluminio, elettrici, idraulici, di produzione della società e derivanti dall’opera di demolizione presso un cantiere in Aprilia. Nel corso del 2014 RAGIONE_SOCIALE ha ceduto a vari clienti diversi quantitativi di merce e rottami, tra i quali 83.246 tonnellate alla RAGIONE_SOCIALE. Si tratta di cessioni fatturate secondo il meccanismo del cd. reverse charge . Tuttavia, in sede di ricostruzione, sulla base dei documenti reperiti nella contabilità, sono emerse quantità non fatturate da cui sono discese le sanzioni avuto riguardo alle omissioni. Ha ritenuto che la ricostruzione dell’uff icio fosse supportata da elementi dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che la documentazione fornita non fosse sconfessata da alcun elemento dedotto in sede di gravame. In merito alla mancata considerazione dei pagamenti eseguiti dalla ricorrente ha evidenziato che non aggiungono nulla al quadro probatorio delineato, dal momento che sarebbe stato necessario che il contribuente fornisse opportuni elementi a sostegno anche del l’ an dei movimenti per come ricostruiti dall’ufficio.
Contro la sentenza della CGT il sig. COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo è stata contestata la violazione dell’art. 17 d.P.R. 26/10/1972, n. 633 (secondo quanto emerge dalla lettura del motivo di ricorso, nonostante il mero refuso in cui è incorsa la ricorrente nell’intitolazione del motivo di ricorso) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; carenza, contraddittorietà e illogicità
della motivazione in merito all’erronea qualifica attribuita dall’Agenzia delle Entrate al sig. COGNOME
1.1. Il ricorrente rileva che l’avviso di accertamento riguarda l’IRES e l’IVA relative all’anno 2014 , imputate al rappresentante fiscale in Italia di un soggetto estero. Contesta, tuttavia, che la responsabilità di quest’ultimo ai sensi dell’art. 17 d.P.R. n. 633 del 1972 è prevista solamente per l’IVA e non può essere estesa alle imposte dirette.
1.2. Ha poi evidenziato che la RAGIONE_SOCIALE -creata e gestita da un cittadino straniero nella sua qualità di legale rappresentante -solo alla fine del 2013 nominava il sig. COGNOME come rappresentante fiscale. Dalla visura camerale emergono, peraltro, i limitati poteri di rappresentanza per le incombenze presso la pubblica amministrazione, senza alcun potere contrattuale con i terzi.
1.3. Il ricorrente rileva, poi, di aver dimostrato come la LANT OLEX LTD -lungi dal poter essere definita come cartiera -operava nel settore dei rifiuti non pericolosi, con tanto di deposito regolarmente autorizzato dalla Provincia di Brescia e con propri dipendenti e un immobile di riferimento. Risultava, poi, aver tenuto la propria contabilità.
1.4. In via preliminare, occorre evidenziare -anche in relazione all’esame del secondo motivo di ricorso, su cui v. infra, sub 2 -che nel caso in esame l’impugnazione riguarda un atto di contestazione con il quale sono state determinate le sanzioni per la violazione dell’art. 6, commi 8 e 9 bis, d.lgs. 18/12/1997, n. 471 (per l’importo di Euro 40.135,95) e dell’art. 9, commi 1 e 2, d.lgs. n. 471 del 1997 (per l’importo di Euro 2.000). In sostanza, l’atto di contestazione riguarda l’ipotesi in cui il cessionario o il committente, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza
che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente (art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471 del 1997); l’ipotesi in cui siano omessi gli adempimenti inerenti all’inversione contabile (art. 6, comma 9 -bis, d.lgs. n. 471 del 1997); le ipotesi in cui siano violati gli obblighi di tenuta della contabilità previste nell’art. 9, commi 1 e 2, d.lgs. n. 471 del 1997. Tali sanzioni sono state applicate all’odierna parte ricorrente con l’atto impositivo impug nato, quale rappresentante fiscale di società estera.
1.5. Ciò premesso, il motivo di ricorso è inammissibile, per commistione delle censure e perché non è specifico, in quanto non riporta il contenuto dell’atto impositivo contestato. Non si confronta neppure con il contenuto della sentenza impugnata. Quest’ultima pronunciandosi sul motivo di appello avente per oggetto, al pari di quanto discusso davanti al giudice di prime cure, la qualifica dell’odierna parte ricorrente come rappresentante fiscale – ha, infatti, ritenuto che: « la qualifica di rappresentante fiscale del sig. COGNOME sia stata correttamente individuata ed opportunamente argomentata. Dai documenti in atti (visura camerale) emerge che il sig. NOME COGNOME era stato nominato rappresentate fiscale per l’Italia e, quindi, all’epoca dei fatti oggetto di dibattito, lo stesso rivestiva la predetta qualifica. Il rappresentante fiscale ai fini iva in Italia di un soggetto non residente nel territorio dello Stato è tenuto ad adempiere alla generalità degli obblighi connessi a tutte le operazioni imponibili, nessuno escluso, e risponde in solido con la società rappresentata relativamente a tali obblighi, ivi compresi gli obblighi di imposta. Di fatto, il rappresentante fiscale è soggetto dotato di tutti i poteri connessi ai rapporti tributari, proprio al fine di consentirgli di svolgere la propria funzione, conseguono da ciò, dunque, le relative responsabilità. La sentenza impugnata tiene
correttamente conto dei principi in materia espressi anche dalla Suprema Corte, secondo cui il rappresentante fiscale ai fini iva è tenuto ad adempiere alla generalità degli obblighi connessi a tutte le operazioni imponibili, rispondendo in solido con la società. »
Con il secondo motivo è stata contestata la carenza, la contraddittorietà e illogicità della motivazione, la violazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e l’ error in procedendo .
2.1. La ricorrente rileva di aver eccepito – sin dal ricorso introduttivo davanti al giudice di primo grado – che le contestazioni mosse e gli elementi indiziari prodotti dagli agenti accertatori non integravano i requisiti richiesti dal meccanismo delle presunzioni, che dovevano fondarsi su circostanze gravi, precise e concordanti. Nel caso in esame gli elementi addotti, oltre a non integrare il requisito della gravità non sono nemmeno idonei a integrare il presupposto della precisione richiesto dall’art. 2729 c.c., dato che, considerata la complessità e l’estensione degli accertamenti oggetto di singola analisi successiva, non possono essere neppure ritenuti equivoci. Risulta totalmente inesistente anche il requisito della concordanza: oltre a esserci numerosi elementi di discordanza tra le deduzioni degli accertatori non può ritenersi che gli elementi noti in possesso di questi ultimi siano diretti all’unitaria dimostrazione di un fatto ignoto, come l’inesistenza oggettiva delle fatture contestate, portando, al contrario, alla considerazione opposta.
2.2. Il motivo è inammissibile, in quanto introduce, peraltro in modo generico, questioni che esulano dall’applicazione delle sanzioni, mentre le questioni relative all’avviso di accertamento dovevano essere dedotte in un diverso giudizio.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 4.300 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/11/2024.