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Rappresentante Fiscale e Fusione: la Cassazione decide

Una società, in qualità di rappresentante fiscale di un’entità estera incorporata da un’altra, ha richiesto un rimborso IVA. L’Agenzia delle Entrate ha negato il rimborso, sostenendo la mancanza di legittimazione a seguito della fusione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che il mandato del rappresentante fiscale prosegue con la società incorporante e che un errore formale nell’istanza non può prevalere sul diritto sostanziale al rimborso, in virtù del principio di neutralità dell’IVA.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rappresentante Fiscale e Fusione: La Cassazione sulla Continuità del Mandato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione per le società estere che operano in Italia: cosa accade al mandato del rappresentante fiscale quando la società che rappresenta viene fusa per incorporazione in un’altra? La pronuncia chiarisce la continuità dei rapporti giuridici e la prevalenza della sostanza sulla forma nelle procedure di rimborso IVA, offrendo preziose indicazioni per gli operatori internazionali.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società di servizi italiana, nominata rappresentante fiscale di una società di diritto tedesco (Società A) priva di stabile organizzazione in Italia. Tale rappresentante aveva presentato un’istanza di rimborso per un’eccedenza di credito IVA maturata dalla Società A. Tuttavia, prima della presentazione dell’istanza, la Società A era stata oggetto di una fusione per incorporazione, venendo assorbita da un’altra società tedesca (Società B).

L’Agenzia delle Entrate ha emesso un provvedimento di diniego del rimborso, eccependo il difetto di legittimazione del rappresentante. Secondo l’Amministrazione finanziaria, con l’estinzione della Società A a seguito della fusione, anche il mandato conferito al rappresentante si sarebbe estinto. Di conseguenza, quest’ultimo non avrebbe più avuto il potere di agire in nome e per conto di una società non più esistente.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società, ma l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione.

La Questione Giuridica e il Ruolo del Rappresentante Fiscale

Il fulcro della controversia era stabilire se il mandato di rappresentanza fiscale sopravviva all’estinzione della società mandante a seguito di fusione per incorporazione. La Corte doveva valutare se il rappresentante fiscale della società incorporata potesse legittimamente agire per conto della società incorporante, succeduta universalmente in tutti i rapporti giuridici.

Un ulteriore elemento di complessità era dato dal fatto che la società incorporante (Società B) aveva, nel frattempo, ottenuto una propria identificazione diretta ai fini IVA in Italia. L’Agenzia sosteneva che ciò creasse un’alternatività che escludeva la possibilità di operare tramite il rappresentante della vecchia società.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, fornendo una serie di argomentazioni chiare e coerenti con i principi del diritto societario e tributario, sia a livello nazionale che europeo.

Estinzione della Società e Successione Universale

Innanzitutto, la Corte ribadisce che la fusione per incorporazione comporta l’estinzione della società incorporata e la successione universale dell’incorporante in tutti i suoi rapporti giuridici, attivi e passivi, compresi quelli processuali. Questo principio, sancito dall’art. 2504-bis del codice civile, è armonizzato a livello europeo. Pertanto, l’affermazione dei giudici di merito secondo cui ‘la persona giuridica è rimasta la stessa’ era giuridicamente imprecisa, ma la conclusione a cui erano giunti era corretta: la Società B era a tutti gli effetti il nuovo titolare del credito IVA.

Continuità del Mandato del Rappresentante Fiscale

Il punto cruciale della decisione risiede nell’inquadramento del rapporto di rappresentanza fiscale come mandato. La Corte richiama l’art. 1722, n. 4, del codice civile, il quale stabilisce che il mandato avente per oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa non si estingue per la morte o l’incapacità del mandante se l’esercizio dell’impresa è continuato. Applicando questo principio per analogia al caso dell’estinzione di una persona giuridica, la Corte afferma che, poiché l’impresa della Società A è continuata attraverso la Società B, il mandato conferito al rappresentante fiscale non si è estinto. Esso è proseguito in capo alla società incorporante, la quale non aveva manifestato la volontà di recedere dal contratto. Di conseguenza, il rappresentante era pienamente legittimato a presentare l’istanza di rimborso per conto del nuovo soggetto giuridico.

Irrilevanza dell’Errore Formale e Principio di Neutralità dell’IVA

La Corte ha inoltre qualificato come mera irregolarità formale la circostanza che l’istanza di rimborso menzionasse la società incorporata anziché l’incorporante. Un simile errore non può inficiare il diritto sostanziale al rimborso del credito IVA. Questo si fonda sul principio fondamentale di neutralità dell’IVA, secondo cui le formalità imposte dagli Stati membri non devono rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto alla detrazione o al rimborso.

Alternatività tra Rappresentanza e Identificazione Diretta

Infine, la Cassazione ha chiarito che l’identificazione diretta ai fini IVA ottenuta dalla società incorporante opera solo per le operazioni future. Per tutte le operazioni compiute in precedenza, per le quali era stato maturato il credito, la legittimazione del rappresentante fiscale permane intatta. Non vi è quindi una violazione del principio di alternatività tra i due regimi.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha conclusivamente rigettato il ricorso, condannando l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali. L’ordinanza rappresenta un importante precedente che rafforza la certezza del diritto per le imprese estere che operano in Italia tramite un rappresentante fiscale. La decisione sottolinea come i fenomeni di riorganizzazione societaria, come le fusioni, non interrompano automaticamente i rapporti di mandato legati all’attività d’impresa e come il principio di prevalenza della sostanza sulla forma debba guidare l’interprete, specialmente in materia di IVA, per garantire la neutralità dell’imposta.

La fusione per incorporazione di una società estera estingue il mandato del suo rappresentante fiscale in Italia?
No. Secondo la Corte, il mandato conferito per l’esercizio di un’impresa non si estingue se l’attività d’impresa continua attraverso la società incorporante. Il rapporto prosegue, salvo il diritto di recesso delle parti.

Un errore formale, come indicare la società incorporata anziché l’incorporante in un’istanza di rimborso IVA, invalida la richiesta?
No, la Corte ha stabilito che si tratta di un’irregolarità meramente formale che non può privare il soggetto passivo del diritto sostanziale al rimborso, in conformità al principio di neutralità dell’IVA.

Se la società incorporante ottiene una propria identificazione diretta ai fini IVA, il rappresentante fiscale perde la sua legittimazione per le operazioni passate?
No. L’identificazione diretta opera solo per le operazioni successive alla sua attivazione. Per tutte le operazioni compiute anteriormente, per le quali è stato maturato il credito, la legittimazione del rappresentante fiscale permane.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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