Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18309 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18309 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE sedente in Arcisate, in persona del legale rappresentante, con avv. NOME COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
controricorrente e ricorrente in via incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 5288/2017 depositata il 14 dicembre 2017.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del tre giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento degli ultimi due motivi del ricorso principale, e il rigetto dello stesso nel resto, nonché l’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale.
Dato atto che la difesa erariale ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.
RAGIONAMENTO PRESUNTIVO/DIFETTO DI MOTIVAZIONE
Dato atto che il difensore del ricorrente principale, avv. NOME COGNOME per delega dell’avv. NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale.
RILEVATO CHE
La CTR ha confermato la sentenza con la quale la CTP aveva accolto solo in parte il ricorso del contribuente (relativamente al rilievo riguardante l’agevolazione fiscale per l’acquisto di un macchinario) avverso l’avviso con il quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione ricavi non contabilizzati per l’anno 2009 e altresì disconosciuto l’agevolazione di cui all’art. 6, commi 13 e 19, della legge n. 388 del 2000.
La CTR in particolare, dopo aver condiviso le considerazioni svolte dai primi giudici riguardo all’assenza di un vizio di motivazione nell’atto impositivo e dopo aver rilevato come i primi giudici avessero esposto in modo sufficientemente chiaro le ragioni poste a fondamento del proprio convincimento, ha ritenuto adeguatamente provata la pretesa erariale quanto alla sussistenza di ricavi non contabilizzati, e nel contempo condiviso la pretesa del contribuente relativa al riconoscimento delle agevolazioni previste dall’art. 6 della legge n. 388 del 2000, in quanto il macchinario acquistato dalla società possedeva le caratteristiche per godere delle predette agevolazioni.
Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a cinque censure. L’ufficio resiste mediante controricorso, spiegando altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.
Da ultimo le difese di entrambe le parti hanno depositato ciascuna memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE.
1.Principiando col ricorso principale, con il relativo primo motivo si deduce motivazione parvente.
1.1. Il motivo è infondato, sebbene in gran parte la sentenza contenga un’inutile e ripetitiva sequela di vuoti richiami all’esaustività della sentenza di primo grado.
Invero, tenuto conto del fatto che la pronuncia di primo grado era stata censurata dalla ricorrente laddove aveva ritenuto fondata la pretesa relativa all’occultamento di ricavi, quella d’appello basa il proprio iter argomentativo sulla circostanza per cui ‘La collaboratrice della società, signora COGNOME ha di fatto confermato quanto accertato dai verificatori, ovvero che esisteva una contabilità in nero della società RAGIONE_SOCIALE, nella quale compariva il nominativo della società Manera, non solo, ma ha anche affermato che il sig. COGNOME rappresentante della società, ritirava il contante’.
In ordine poi al denunciato vizio motivazionale dell’atto impositivo, anche sul punto la CTR fornisce una motivazione, aderendo alla giurisprudenza di questa Corte in ordine alla sufficienza della motivazione c.d. ‘per relationem’.
Col secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 42, d.p.r. n. 600/1973 e 7, l. n. 212/2000, per avere la CTR ritenuto sufficientemente motivato l’atto impositivo, sebbene lo stesso facesse riferimento ad un p.v.c. notificato ad altra società (la già ricordata RAGIONE_SOCIALE) e contenere l’atto stesso una rielaborazione del contenuto di files rinvenuti nel p.c. sempre della Cortinovis.
2.1. La censura è infondata, perché pacificamente il p.v.c. dà contezza delle operazioni svolte presso la RAGIONE_SOCIALE (pag. 2, 3, 4 ricorso), riproduce il prospetto della contabilità parallela della RAGIONE_SOCIALE stessa (pag. 20 del ricorso), riporta, pur rielaborato, il contenuto dei files, riporta il riferimento alle dichiarazioni rese dalla dipendente COGNOME.
Vale poi rilevare come in nessuna guisa la parte ricorrente contesta nel merito, o risulta nel corso del giudizio abbia contestato, il contenuto degli accertamenti.
Col terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 2697, 2700 e 2729, cod. civ., in quanto la CTR avrebbe fondato la prova dei ricavi ‘in nero’ sulla base di due soli indizi, e cioè le dichiarazioni della COGNOME e le risultanze estrapolate dai files della contabilità Cortinovis.
3.1. Il motivo è infondato, in quanto anzitutto in nessun punto della motivazione della sentenza di secondo grado viene in rilievo la fidefacenza di un atto pubblico, oggetto della disposizione di cui all’art. 2700 cod. civ.
Emerge invece che tanto sull’ an che sul quantum il giudice ha basato il proprio ragionamento presuntivo su elementi rilevanti ai sensi dell’art. 2729 cod. civ. (e non su accertamenti fidefacenti), e sotto tale profilo da un lato va ricordato che nel processo tributario, le dichiarazioni rese da un terzo, inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione e recepite nell’avviso di accertamento, hanno valore indiziario e possono assurgere a fonte di prova presuntiva, concorrendo a formare il convincimento del giudice anche se non rese in contraddittorio con il contribuente, senza necessità di ulteriori indagini da parte dell’Ufficio (Cass. n. 9316 del 2020); dall’altro il ragionamento inferenziale del giudice di merito è censurabile in sede di legittimità solo allorché questi, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi li ritenga inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. n. 3541 del 2020), vizio che la censura, per come formulata, omette del tutto di rappresentare.
In effetti le presunzioni semplici costituiscono una prova piena alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via
esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione. Spetta, pertanto, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che sfugge al sindacato di legittimità, salvo il controllo della motivazione nei limiti noti della mera apparenza della motivazione o della mancata considerazione di elementi fattuali oggetto di discussione e forniti del requisito della decisività, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.
Inoltre, può essere censurata sotto il profilo della violazione dell’art. 2729 cod. civ. la decisione del giudice che pretenda di desumere in via inferenziale dai fatti noti un fatto ignoto in totale assenza di coerenza, concordanza e connessione tra le premesse e la conclusione del ragionamento presuntivo (cfr. Cass. n. 34248/21) e altrettanto.
Ma neppure sotto tale profilo si incentra la censura in esame.
Col quarto mezzo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non avere il giudice d’appello statuito sulla domanda di rideterminazione delle sanzioni amministrative a seguito di jus superveniens.
Col quinto motivo infine, si richiede la cassazione della sentenza per consentire la rideterminazione delle sanzioni.
I due motivi, da esaminarsi congiuntamente attesa la loro connessione, sono fondati.
Infatti, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio
tributario, introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015 e vigente dal 1° gennaio 2016 a norma dell’art. 32 del medesimo d.lgs., è applicabile retroattivamente in forza del principio del favor rei , a condizione che il processo sia ancora in corso e che perciò non sia ancora definitiva la parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (Cass. n. 8716 del 2021).
Nel caso in esame poi la richiesta di rideterminazione del trattamento sanzionatorio è anche corredata da una specifica deduzione circa l’applicabilità -in concretodi una sanzione tributaria inferiore a quella comminata (Cass. n. 19286 del 2020).
La ricorrente aveva richiesto espressamente in sede d’appello la rideterminazione delle sanzioni e le stesse erano state applicate con l’avviso di accertamento impugnato, risalente al 2014, pertanto formato (quanto alle sanzioni) sulla base della previgente disciplina.
Nonostante quanto indicato dalla difesa erariale sul punto, secondo cui l’Agenzia ‘provvederà’ alla rideterminazione delle sanzioni, non risulta alcun atto di autotutela sul punto e dunque all’accoglimento dei motivi consegue il rinvio al giudice d’appello.
Inoltre, verificato quale sia la corretta sanzione applicabile, in considerazione del disposto di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, occorrerà anche valutare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente in memoria, in relazione alle previsioni di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024.
Venendo ora al ricorso incidentale spiegato dalla difesa erariale, va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità spiegata dal ricorrente principale, basata sulla tardività del ricorso incidentale stesso.
In effetti risulta che il ricorso principale sia stato notificato (cioè ricevuto dall’amministrazione) il 4 giugno 2018, mentre l’Agenzia ha spedito per la notifica il controricorso, contenente il ricorso incidentale, solo in data 23 luglio 2018, laddove il termine ultimo
per la notifica secondo il testo dell’art. 371 c.p.c. applicabile ratione temporis sarebbe scaduto quaranta giorni dopo il ricevimento del ricorso principale, e pertanto il precedente giorno 14 luglio. Sul capo della sentenza di secondo grado favorevole alla società ricorrente si è quindi formato il giudicato interno.
Al postutto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso incidentale, la sentenza dev’essere cassata con riferimento ai motivi quattro e cinque del ricorso principale e due di quello incidentale, nei limiti di cui in motivazione.
Con riferimento al ricorso incidentale, deve rimarcarsi come nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e della Riscossione, in virtù dell’art. 22, d.l. 30 marzo 2023, n. 34, in vigore dal 31 marzo 2023 e di modifica dell’art. 12, comma 5, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte accoglie i motivi quarto e quinto del ricorso principale, respinti gli altri; dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2025