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Raddoppio termini: sanzioni e reverse charge

Una società operante nel settore dei rottami è stata sanzionata per l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti in un’operazione di reverse charge. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del provvedimento, chiarendo che il raddoppio termini accertamento si applica anche agli atti sanzionatori se la violazione presuppone un reato. La Corte ha inoltre ribadito che, una volta che l’Amministrazione fornisce prove della frode, spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede e la diligenza adottata.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini Accertamento: Legittimo anche per le Sanzioni

Con l’ordinanza n. 534/2024, la Corte di Cassazione torna su un tema cruciale per imprese e professionisti: il raddoppio termini accertamento in presenza di reati tributari. La decisione chiarisce che questa estensione temporale non si applica solo al recupero delle imposte, ma anche all’irrogazione delle relative sanzioni, anche in contesti complessi come le operazioni in reverse charge e le fatture soggettivamente inesistenti. Analizziamo questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Fatture Sospette nel Settore dei Rottami

Il caso ha origine da un atto di contestazione emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società attiva nel commercio di rottami. L’Ufficio contestava l’omessa regolarizzazione di fatture passive relative all’anno d’imposta 2007, ritenute soggettivamente inesistenti. In pratica, la società aveva acquistato beni da un’entità che, a seguito di verifiche, era risultata essere una mera società ‘cartiera’ o ‘interposta’, priva di una reale struttura operativa (dipendenti, sede, attrezzature) e creata al solo scopo di interporsi fittiziamente nella transazione. Le operazioni erano soggette al regime del reverse charge, dove l’IVA è assolta dall’acquirente.

La Questione del Raddoppio Termini Accertamento

Uno dei principali motivi di ricorso della società contribuente riguardava la presunta decadenza del potere sanzionatorio dell’Ufficio. Secondo la difesa, il raddoppio termini accertamento, previsto quando la violazione fiscale comporta l’obbligo di denuncia penale, non poteva applicarsi a un atto di sola irrogazione di sanzioni, specialmente in un contesto di inversione contabile dove non vi era un mancato versamento d’imposta.
La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando un principio fondamentale: i termini per l’accertamento del tributo e quelli per l’irrogazione delle sanzioni corrono parallelamente. Di conseguenza, se sussistono le condizioni per il raddoppio dei termini per l’imposta (ovvero la presenza di indizi di reato), lo stesso raddoppio si applica anche al termine per contestare le sanzioni collegate a quella stessa violazione.

Onere della Prova e Buona Fede dell’Acquirente

Un altro punto centrale del ricorso era l’onere della prova. La società sosteneva che spettasse all’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’esistenza di un rapporto commerciale diretto tra essa e il fornitore originario, bypassando la società interposta. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: quando l’Agenzia delle Entrate fornisce un quadro probatorio solido, basato su elementi gravi, precisi e concordanti, che dimostrano l’esistenza di una frode e il carattere fittizio del fornitore apparente, l’onere della prova si inverte. Spetta quindi al contribuente (l’acquirente) dimostrare di aver agito in totale buona fede e di aver adoperato la massima diligenza richiesta a un operatore del settore per verificare l’affidabilità del proprio fornitore. Pagare il corrispettivo e rivendere la merce non sono, da sole, prove sufficienti a dimostrare tale diligenza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su tre pilastri argomentativi.
In primo luogo, ha stabilito che il raddoppio termini accertamento è una condizione obiettiva legata all’obbligo di denuncia penale, che opera automaticamente e si estende anche al potere sanzionatorio. La violazione relativa a fatture soggettivamente inesistenti non è mai meramente formale, neppure in regime di reverse charge, poiché incide sulla corretta identificazione dei soggetti passivi e mina la struttura del sistema IVA.
In secondo luogo, ha ritenuto inammissibile il motivo relativo all’errata applicazione della sanzione, poiché il ricorrente non si era confrontato con la norma effettivamente applicata dall’Ufficio (art. 6, comma 8, d.lgs. 471/97), ma ne aveva invocata una diversa.
Infine, ha confermato che l’onere di provare la buona fede e l’estraneità alla frode grava sul contribuente, una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro indiziario sufficientemente robusto (inidoneità strutturale del fornitore, assenza di personale, rapporti finanziari anomali, ecc.).

Le Conclusioni: Implicazioni per le Imprese

L’ordinanza ribadisce l’importanza cruciale della due diligence nella scelta dei partner commerciali. Le imprese devono adottare procedure di controllo e verifica dei propri fornitori per non rischiare di essere coinvolte, anche inconsapevolmente, in schemi fraudolenti. La pronuncia conferma che la giustizia tributaria considera la lotta alle frodi IVA una priorità, estendendo gli strumenti a disposizione del Fisco, come il raddoppio termini accertamento, anche all’ambito sanzionatorio. La buona fede non può essere presunta, ma deve essere attivamente dimostrata con comportamenti concreti che attestino la massima diligenza possibile.

Il raddoppio dei termini di accertamento si applica anche alle sole sanzioni, in assenza di un recupero di imposta?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che i termini per l’accertamento dei tributi e quelli per l’irrogazione delle sanzioni corrono parallelamente. Pertanto, se esistono i presupposti per il raddoppio dei termini per l’imposta (come l’obbligo di denuncia penale), questo si estende anche al potere di irrogare le sanzioni collegate.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, chi deve provare la buona fede dell’acquirente?
Inizialmente, l’Amministrazione Finanziaria deve fornire un quadro probatorio basato su indizi gravi, precisi e concordanti che suggeriscano la natura fraudolenta dell’operazione. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza e di essere stato in oggettiva impossibilità di conoscere la frode.

Una violazione in regime di reverse charge è considerata meramente formale se non c’è stata un’evasione diretta di IVA?
No. Secondo la Corte, le violazioni legate all’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non sono mai meramente formali, nemmeno in regime di reverse charge. Esse sono considerate violazioni sostanziali perché compromettono la corretta identificazione dei soggetti dell’operazione e minano l’integrità del sistema fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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