Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31934 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18428/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ricorrente-
CONTRO
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
sul controricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. BRESCIA n. 194/2017 depositata il 26/01/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia, sez. stac. di Brescia, che ha parzialmente accolto l’appello di NOME Corrado contro la sentenza della C.T.P. di Brescia, con la quale era stato rigettato il ricorso dal medesimo proposto l’annullamento degli avvisi di accertamento rivolti alla rideterminazione, sulla base di verifiche bancarie, del reddito per gli anni di imposta 2006 e 2007, con il conseguente recupero a tassazione di importi corrispondenti a versamenti non giustificati.
La sentenza della C.T.R., respinta l’eccezione di intempestività degli avvisi di accertamento, per mancato rispetto del termine di giorni 60 di cui all’art. 12, comma 7 legge 212/2000, ha ritenuto fondata l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dalla potestà accertativa, per difetto delle condizioni legittimanti il raddoppio del termine di cui all’art. 43 l. 600/1973, limitatamente all’anno 2006 ed ha, infine, ritenuto
non assolto l’onere della prova gravante sul contribuente, circa la riconducibilità delle movimentazioni bancarie contestate all’attività di impresa svolta dalle società di cui il contribuente era amministratore o liquidatore.
NOME NOME resiste con controricorso, formulando tre motivi di ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula un unico motivo di ricorso, con il quale lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. 600/1973, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto la decadenza dell’Amministrazione dal potere accertativo, non avendo l’Ufficio presentato denuncia all’autorità giudiziaria penale entro il termine ordinario, scadente il quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione reddituale (ovverosia il 31 dicembre 2011), al fine di beneficiare del raddoppio dei termini. Ricorda che la disciplina del raddoppio dei termini è stata introdotta dall’art. 37 del d.l. 223/2006 conv. con mod. nella l. 248/2006, che ha novato gli artt. 43 d.P.R. 600/1973 e 57 d.P.R. 633/1972, e che secondo la lettura offerta dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/2011, il raddoppio dei termini consegue alla mera constatazione di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale entro gli ordinari termini di decadenza. Sottolinea che la normativa originaria è stata oggetto di successive riforme. Dapprima è intervenuto il d. lgs. 128/2015, che ha subordinato il raddoppio dei termini alla effettiva trasmissione della notitia criminis entro il decorso degli ordinari termini decadenziali, facendo, nondimeno, salvi gli effetti degli avvisi notificati alla
data di entrata in vigore del decreto legislativo. Indi è intervenuta la l. 208/2015 (legge finanziaria 2016) che ha abrogato il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43 e 57 cit., modificando i termini di rettifica delle dichiarazioni sia delle imposte dirette, che indirette. Sostiene che dal quadro normativo così delineato risulta che: fino al periodo di imposta 2015 (UNICO 2016) trovano applicazione le disposizioni dettate dal d. lgs. 128/2015, fatti salvi gli accertamenti già notificati alla data di entrata in vigore della legge; per i periodi di imposta successivi, invece, trovano applicazione le disposizioni di cui alla L.208//2015. Rileva che, pertanto, essendo l’avviso di accertamento in discussione stato notificato il 5 dicembre 2012, deve ritenersi operante la c.d. ‘clausola salva accertamenti’ di cui all’art. 2 comma 3 d. lgs. 128/2015, con conseguente applicazione della disciplina dell’art. 43 cit. previgente., che fa derivare il raddoppio dei termini dalla mera constatazione di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale. Ne consegue che, nel caso di specie, deve ritenersi errato il ragionamento della C.T.R. che ha considerato decaduta l’Amministrazione finanziaria per non avere presentato denuncia entro il termine decadenziale ordinario.
Il contribuente, costituitosi con controricorso, introduce ricorso incidentale formulando tre motivi.
Con il primo, subordinatamente all’accoglimento del ricorso di controparte, fa valere, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma d.P.R. 600/1973 nella formulazione ritenuta applicabile, sia con riguardo al d. lgs. 128/2015, che alla l. 208/2015. Sottolinea che, anche ove dovesse condividersi la lettura della disciplina come rappresentata dall’Agenzia delle entrate, il raddoppio dei termini dovrebbe comunque considerarsi illegittimo, avuto riguardo al fatto che la denuncia fu presentata dalla Direzione
alla Procura di Bergamo -competente territorialmente per le società coinvolte- e non a quella di Brescia -competente territorialmente in considerazione del domicilio del contribuentee che nella medesima erano riportate unicamente violazioni riferibili a soggetti tenuti all’obbligo delle scritture contabili. Osserva che -essendo incontestato che NOME COGNOME avesse presentato la dichiarazione reddituale per gli anni di imposta 2006 e 2007non può assumere rilievo l’accenno, contenuto nell’avviso di accertamento, della presentazione di una denuncia a carico del contribuente, posto che la violazione contestagli non attiene né all’art. 5 del d. lgs. 74/2000, che presuppone l’omessa dichiarazione dei redditi, né all’art. 10 del medesimo d. lgs., riferibile alla tenuta delle scritture contabili. Non si vertendosi, dunque, in un’ipotesi di violazione comportante l’obbligo di denuncia imposto dall’art. 43 cit., non potrebbe applicarsi il raddoppio dei termini. Evidenzia che l’errore della C.T.R. sul punto non può essere qualificato come errore di interpretazione del dato fattuale, in quanto esso inerisce alla sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta.
4. Con il secondo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 5), sempre in via subordinata e condizionata all’accoglimento del ricorso principale, l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla contestata idoneità della violazione accertata ad imporre obbligo di denuncia ex art. 331 cod. proc. pen. per i reati di cui al d. lgs. 74/2000. Rileva che l’eccezione di cui al motivo che precede era stata sollevata con il ricorso introduttivo e che né la sentenza di primo grado, né la sentenza di appello hanno preso posizione sul punto. Ed infatti, la C.T.R. si è limitata ad osservare che la denuncia era stata presentata alla Procura della Repubblica di Bergamo in data 3 dicembre 2012, oltre al termine decadenziale ordinario, senza considerare che la
questione dell’effettiva sussistenza dell’obbligo di denuncia era dibattuta fra le parti, avendo l’Ufficio precisato con la comparsa di risposta in primo grado, che la denuncia cui doveva farsi riferimento era quella presentata in data 29 aprile 2013, inerente alla violazione dell’art. 4 d. lgs. 74/2000. Quest’ultima, peraltro, era del tutto inconferente, non solo perché non contenente alcun riferimento agli avvisi di accertamento, a quell’epoca già notificati al ricorrente, ma perché riguardante la rideterminazione del reddito al di sotto del valore soglia previsto dalla norma. Osserva che, dunque, neppure sull’assenza di conseguenzialità fra avviso di accertamento e denuncia la C.T.R. si è pronunciata, benché il punto fosse decisivo e controverso fra le parti.
Con il terzo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7 l. 212/2000. Sostiene che la C.T.R. erra laddove ritiene l’inapplicabilità dell’art. 12 cit. alle ipotesi in cui le indagini siano integrate essenzialmente dalla verifica dei conti correnti bancari, non essendo siffatta limitazione prevista dalla disposizione, che, al contrario, ha portata generale e deve trovare applicazione in tutti i casi in cui il contribuente sia sottoposto a verifica fiscale, anche semplicemente a mezzo controllo della documentazione richiesta al contribuente. Osserva che la violazione del termine dilatorio di cui alla disposizione comporta la nullità degli avvisi di accertamento.
Va preliminarmente affrontata la questione proposta dal terzo motivo del ricorso incidentale, in quanto astrattamente idonea a risolvere la controversia. Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti, ‘In tema di ricorso per cassazione, il principio di salvaguardia dell’ordine logico nella trattazione delle questioni, secondo il criterio di graduazione che impone prima lo scrutinio di quelle introdotte con il ricorso principale e poi di
quelle di cui al ricorso incidentale, può cedere al cospetto delle esigenze sottese al principio della ragionevole durata del processo, sicché le questioni pregiudiziali sollevate a mezzo del ricorso incidentale dalla parte totalmente vittoriosa possono formare oggetto di esame prioritario quando la loro definizione, rendendo ultroneo l’esame delle questioni sollevate con il ricorso principale, consenta una più sollecita definizione della vicenda in giudizio in base al principio della ragione più liquida. (Sez. 1, Ordinanza n. 14039 del 21/05/2021; Conf. successiva: Sez. 6 5, Ordinanza n. 2805 del 31/01/2022; in precedenza: Sentenza n. 23531 del 18/11/2016; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9671 del 19/04/2018; cfr. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 363 del 09/01/2019)
6.1 Laddove, infatti, l’eccezione ex art. 12 comma 7 . 212/2000 sia fondata, l’atto di accertamento(in questo caso gli atti) deve essere ritenuto nullo, dovendosi, pertanto, prescindere dal merito della pretesa tributaria e dalle censure dell’Ufficio che investono la sentenza impugnata, il cui esame si rivela ultroneo.
6.2 Il controricorrente, ripercorrendo la vicenda, ricorda che l’eccezione, proposta sin dall’atto introduttivo del giudizio, fu respinta dalla C.T.P., la quale, facendo riferimento al processo verbale redatto in data 16 gennaio 2012, aveva ritenuto tempestivi gli accertamenti impugnati, datati 5 e 7 dicembre 2012. A ciò il primo giudice aveva aggiunto che l’art. 12 L. 212/2000, non prevede alcuna nullità, in caso di mancato rispetto del termine ivi previsto. Rileva che, in ogni caso, come dedotto con l’atto di appello, l’individuazione del dies a quo nella data del 16 gennaio 2012, era da ritenersi errata, posto che la verifica compiuta dagli operanti, consacrata del P.V.C., era stata compiuta non nei confronti del contribuente, ma di enti societari, tanto è vero che negli avvisi impugnati non si fa menzione di
quella attività. Al contrario, gli avvisi di accertamento davano atto che l’indagine nei confronti di NOME COGNOME era stata intrapresa sulla base dell’autorizzazione rilasciata dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate in data 11 aprile 2012, mentre la convocazione del ricorrente presso l’Ufficio di Bergamo, era avvenuta il 22 ottobre 2012. Sostiene che, pertanto, è a detta ultima data che occorre fare riferimento per la decorrenza del termine di cui all’art. 12, comma 7 cit., posto che solo allora venne rilasciato al contribuente il P.V.C.. Lamenta che anche la C.T.R., nel rigettare l’appello sul punto, sia incorsa in plurimi errori. Da un lato, infatti, ha ritenuto corretta l’individuazione del dies a quo nella data del 12 gennaio 2016, sulla base della considerazione che l’indagine nel confronti di NOME COGNOME aveva preso le mosse da quella effettuata nei confronti di società di cui egli era socio amministratore o liquidatore. Dall’altro, mal interpretando l’art. 12, comma 7 cit. ha ritenuto non spettante il termine dilatorio, avuto riguardo al fatto che l’indagine sviluppata nei confronti del contribuente -appellante si era risolta nella mera verifica dei conti correnti bancari, senza effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche. Infine, adottando un’interpretazione sostanzialmente abrogante, la C.T.R. ha ritenuto non spettante al ricorrente il termine dilatorio, neppure laddove il dies a quo fosse collocato, come preteso, al 22 ottobre 2012, per non avere egli formulato osservazioni e richieste né in sede di verifica, né in sede di ricorso introduttivo (come era invece accaduto, senza che le richieste e osservazioni fossero state prese in considerazione dagli avvisi di accertamento). Gli avvisi di accertamento -secondo il contribuentedebbono, dunque, ritenersi nulli perché emessi prima dello spirare del termine di cui all’art. 12, comma 7 l. 212/2000, in assenza di ragioni di urgenza.
6.3 Ora, per dare soluzione alla questione proposta va, in primo luogo, tenuto in considerazione il principio enunciato da questa Corte, secondo cui ‘In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’accesso, ispezione e verifica dei locali destinati all’esercizio di una attività e la successiva autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 costituiscono procedimenti distinti, sicché la questione del se l’accertamento sia fondato sulle sole risultanze bancarie o sia misto, ossia fondato anche sulla documentazione acquisita in sede di accesso, ispezione o verifica, deve essere prioritariamente accertata dal giudice di merito, dal momento che il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente trova applicazione solo nel secondo caso, ferma restando, per il tributo armonizzato, la valutazione del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, alla luce della cd. prova di resistenza. (Sez. 5, Ordinanza n. 18413 del 30/06/2021, Rv. 661796 – 01).
6.4 Va altresì considerato che ‘Il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell’impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell’ente impositore. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17818 del 01/06/2022, Rv. 664744 – 01).
6.5 Nel caso di specie il contribuente assume che l’accesso effettuato presso le società di cui egli era amministratore (e segnatamente, secondo la sentenza impugnata, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) o liquidatore (RAGIONE_SOCIALE) debba considerarsi controllo distinto da quello svolto nei suoi confronti, consistito in verifiche bancarie, autorizzate in data posteriore del Direttore dell’Agenzia alla conclusione di quello svolto nei confronti delle prime. E ciò anche perché gli avvisi di accertamento che lo riguardano nulla viene riportato in ordine all’operato degli accertatori in sede dell’accesso svolto nei confronti delle società.
6.6 Ora, anche a voler accedere alla prospettazione del ricorrente, non può che ritenersi infondata la censura alla sentenza impugnata, posto che il termine dilatorio non trova applicazione nelle ipotesi in cui l’accertamento si risolva in mere verifiche bancarie, come supra chiarito, sicché diviene ininfluente stabilire se l’accertamento sia unico o meno.
6.7 Adottando, invece, la soluzione della sentenza impugnata, secondo la quale l’accertamento svolto nei confronti del contribuente altro non sarebbe che uno sviluppo di quello svolto nei confronti delle società, corretta dovrebbe ritenersi la collocazione temporale del dies a quo , ai fini dell’art. 12, comma 7 l. 212/2000, alla data del 16 gennaio 2012, da riferirsi alla conclusione dell’accesso presso le sedi societarie, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell’ente impositore.
6.8 D’altro canto, quanto sostenuto dal ricorrente ovverosia che l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale riveste valenza generale estendendosi a tutte le modalità di verifica fiscale, è stato smentito dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui va escluso ‘che, sulla base della normativa nazionale, possa, in via interpretativa, postularsi l’esistenza di un principio generale, per il quale l’Amministrazione finanziaria, anche in assenza di specifica disposizione, sia tenuta ad attivare,
pena la nullità dell’atto, il contraddittorio endoprocedimentale ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente’. Perché ravvisare nell’art. 12 l. 212/2000, la cui disciplina è limitata alle ipotesi gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali aziendali ai soli accessi, ispezioni e verifiche ‘la fonte di un generalizzato diritto del contribuente al contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale comporterebbe un’inammissibile interpretazione abrogans di parte qualificante del dato normativo. Ciò tanto più in considerazione del fatto che non irragionevole proiezione teleologica del riportato dato testuale univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contraddittorio procedimentale di cui all’art. 12, comma 7, 1. 212/00 alle sole verifiche in loco- è riscontrabile nella peculiarità stessa di tali verifiche, caratterizzate dall’autoritativa dell’Amministrazione nei luoghi di contribuente alla diretta ricerca, quivi, in quanto intromissione pertinenza del di elementi peculiarità stessa di tali verifiche, valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali’ (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, in motivazione).
6.9 La censura deve essere, pertanto, rigettata.
L’unico motivo di doglianza proposto dall’Agenzia delle Entrate è fondato.
7.1 Sulla questione del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 d.P.R. 600/1973, nella versione ratione temporis applicabile, per periodi di imposta precedenti il 31 dicembre 2016 e già notificati a quella data, si è formato, infatti, un consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale ‘In tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del
d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati’ (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11620 del 14/05/2018, Rv. 648527; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 33793 del 19/12/2019, Rv. 656433-01; in precedenza: Sez. 5 , Sentenza n. 26037 del 16/12/2016, Rv. 641949 -01 ; Sez.
6 – 5, Ordinanza n. 11620 del 14/05/2018, Rv. 648527 – 01).
7.2 Sul punto, in sede di controricorso, con i primi due motivi dell’impugnazione incidentale condizionata, da un lato, si critica l’errore -commesso dalla C.T.R.- di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, posto che la denuncia in data 3 dicembre 2012, richiamata in sentenza ed a cui fa riferimento l’avviso di accertamento, riguarda reati ascrivibili a soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili e non è quindi riferibile a NOME COGNOME. Dall’altro, si denuncia che il giudice di seconda cura ha omesso la decisione sulla stessa sussistenza dell’obbligo di denuncia, avuto riguardo al fatto che -a fronte della contestazione del ricorrentel’Ufficio nella comparsa di risposta, aveva fatto riferimento ad una denuncia presentata il 29 aprile 2013 nei confronti di NOME COGNOME non richiamata dagli avvisi di accertamento ed inerente alla violazione di cui
all’art. 4 d. lgs. 74/2000, ciò rendendo il punto controverso in giudizio.
7.3 Ora, sotto il primo profilo, vi è che, in ogni caso, anche qualora la denuncia cui fare riferimento fosse quella presentata dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di NOME COGNOME in data 29 aprile 2013, egualmente il raddoppio dei termini dovrebbe considerarsi legittimo, avuto riguardo a quanto chiarito dalle sentenze supra richiamate in relazione alla denuncia presentata oltre i termini di decadenza ordinarii, stante la disciplina prevista dall’art. 43 d.P.R. 600/1973 nella formulazione ratione temporis applicabile.
7.4 In relazione a quanto dedotto con il secondo profilo, è assorbente il rilievo della non autosufficienza del ricorso (non essendo richiamato, né esposto il contenuto della denuncia, ma solo indicata la collocazione dell’avviso di accertamento nel fascicolo di primo grado cfr., ex plurimis, Cass. 6055/2003; S.U. 15781/2005; 16752/2006; 5344/2013; 7525/2015), il che non consente il vaglio della doglianza.
Il ricorso incidentale condizionato, formulato dal controricorrente, deve essere, pertanto, rigettato.
All’accoglimento del ricorso della Agenzia delle Entrate consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sez. stac. di Brescia, cui è demandata la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso della Agenzia delle Entrate e rigetta il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME in relazione all’accoglimento del ricorso principale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sez. stac. di Brescia, in diversa
composizione, cui demanda la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024