Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29304 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29573/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO (domicilio digitale), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
-controricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
-ricorrente incidentale-
e contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 7161/12/16
depositata il 20/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 7161/12/16 del 20/12/2016, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate (di seguito AE) nonché l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 7315/29/15 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso della società contribuente nei confronti di tre avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2005, 2010 e 2011.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione dell’emissione, da parte di EGS, di fatture per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE).
1.2. La CTR rigettava gli appelli proposti da entrambe le parti evidenziando che: a) l’avviso di accertamento relativo all’anno 2005 era nullo per violazione della disciplina sul raddoppio dei termini, anche in ragione del fatto che la denuncia penale veniva inviata solo a seguito della contestazione da parte della società; b) quanto agli anni d’imposta 2010 e 2011, l’operato dell’Ufficio era corretto, in quanto «le fatture si riferino effettivamente ad operazioni ritenute inesistenti e quindi di nessun fondamento le eccezioni sollevate dalla società ricorrente secondo cui vi una doppia imposizione»; c) anche nel corso del giudizio di appello il ricorrente non aveva «in alcun modo dimostrato l’esistenza delle operazioni indicate in fattura».
NOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
NOME resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale, concernente gli anni d’imposta 2010 e 2011, COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 21, settimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), nonché violazione del divieto di doppia imposizione di cui all’art. 67 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e all’art. 163 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi -TUIR), per avere la CTR erroneamente ritenuto l’insussistenza di una doppia imposizione.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il cedente che abbia emesso fattura per un’operazione inesistente ha diritto al rimborso dell’imposta versata quando sia eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale, come accade qualora l’Amministrazione finanziaria abbia disconosciuto, con provvedimento divenuto definitivo, il diritto alla detrazione del destinatario e quest’ultimo abbia corrisposto al fisco l’intero importo indebitamente detratto, maggiorato delle sanzioni (Cass. n. 7080 del 12/03/2020; si vedano, altresì, tra le tante, Cass. n. 27637 del 12/10/2021; Cass. n. 26515 del 30/09/2021).
1.3. Nel caso di specie, pertanto, legittimamente l’Amministrazione finanziaria ha chiesto il pagamento dell’IVA indicata in fattura al cedente, atteso che non è stata fornita la prova del versamento dell’imposta da parte del cessionario, non essendo sufficiente la semplice notifica dell’atto di accertamento nei confronti di GEA.
1.4. Né vale richiamare il principio del divieto di doppia imposizione, posto che lo stesso riguarda il medesimo soggetto e non già soggetti differenti (Cass. n. 27625 del 30/10/2018; Cass. n. 18917 del 24/09/2015; Cass. n. 16819 del 20/06/2008). Peraltro, anche i presupposti impositivi sono diversi: per GEA il recupero origina da costi indebitamente dedotti, mentre per EGS dagli indebiti profitti conseguiti.
Con il secondo motivo di ricorso principale si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia sull’eccepita violazione degli artt. 39 e 40 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ., concernente l’illegittimo utilizzo, da parte dell’Ufficio, del criterio di verosimiglianza ai fini accertativi, in assenza di qualsivoglia ‘fatto notorio’ ( id quod plerumque accidit ).
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « Non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza » (Cass. n. 25710 del 26/09/2024; conf. Cass. n. 2953 del 06/02/2025).
2.3. Nel caso di specie, la CTR, confermando l’accertamento impugnato, ha rigettato, sia pure implicitamente, il rilievo formulato dalla società contribuente, attinente alla validità delle presunzioni poste alla base dell’atto impositivo; detto rilievo è, dunque, all’evidenza incompatibile con la decisione assunta.
Con il terzo motivo di ricorso principale si chiede la conferma della decisione impugnata con riferimento all’anno d’imposta 2005, argomentandosi sull’inapplicabilità del cd. raddoppio dei termini quadriennali previsti dall’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 per la legittimità dell’accertamento.
3.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale AE deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 57, terzo comma, del decreto IVA (nella versione applicabile ratione temporis ), dell’art. 331 cod. proc. pen. e dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, per avere la CTR erroneamente dichiarato la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’accertamento relativo all’anno d’imposta 2005.
I due motivi riguardando la medesima questione e possono essere congiuntamente esaminati. Il motivo di ricorso incidentale è fondato nei limiti di quanto subito si dirà, mente il terzo motivo di ricorso principale è inammissibile.
4.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati » (Cass. n. 16728 del 09/08/2016; Cass. n. 22337 del 13/09/2018; Cass. n. 11620 del
14/05/2018; Cass. n. 26037 del 16/12/2016; Cass. n. 11171 del 30/05/2016; Cass. n. 22587 del 11/12/2012).
4.2. Il superiore indirizzo giurisprudenziale, ormai consolidato, ha ampiamente tenuto conto di Corte cost. n. 247 del 2011 (richiamata anche da AE); ha, pertanto, errato la CTR nel ritenere l’illegittimità del raddoppio dei termini, posto che l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti implica di per sé la sussistenza degli estremi per la presentazione di una denuncia penale, non avendo alcun rilievo la circostanza che la denuncia non sia stata effettivamente presentata o presentata dopo la scadenza dei termini ordinari di accertamento, né la circostanza che il reato fosse prescritto (questione, quest’ultima, la cui valutazione spetta esclusivamente al giudice penale).
4.3. Peraltro, « il cd. “raddoppio dei termini”, previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non può trovare applicazione anche per l’IRAP, poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali » (Cass. n. 10483 del 03/05/2018; conf. Cass. n. 14204 del 24/05/2019; Cass. n. 10973 del 18/04/2019; Cass. 2862 del 31/01/2019; Cass. n. 28713 del 09/11/2018).
4.4. Ne consegue che il motivo di ricorso incidentale è fondato salvo che per quanto riguarda l’IRAP, come osservato in via subordinata anche dalla ricorrente. Peraltro, il motivo di ricorso principale dalla stessa proposto è inammissibile, essendo risultata la stessa integralmente vincitrice in appello con riferimento all’anno d’imposta 2005.
5. In conclusione, va accolto, nei termini di cui si è detto, il motivo di ricorso incidentale, rigettato il ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in
diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
5.1. Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/09/2025.
La Presidente NOME COGNOME