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Raddoppio termini per reati fiscali: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29304/2025, ha chiarito le condizioni di applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati fiscali. In un caso di fatture per operazioni inesistenti, la Corte ha stabilito che il raddoppio dei termini si applica a IRES e IVA anche se la denuncia penale è tardiva o archiviata, poiché è sufficiente la presenza di seri indizi di reato. Ha tuttavia escluso l’applicazione di tale principio all’IRAP, in quanto le violazioni relative a questa imposta non sono penalmente sanzionate. La Corte ha inoltre respinto la tesi della doppia imposizione sollevata dal contribuente.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini per Reati Fiscali: Chiarimenti dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sul raddoppio dei termini di accertamento in caso di reati fiscali. La decisione analizza in dettaglio le condizioni per l’applicazione di questa norma, distinguendo tra diverse imposte e specificando quando la sola esistenza di indizi di reato sia sufficiente a estendere i poteri dell’Amministrazione Finanziaria. Approfondiamo i fatti, il percorso giudiziario e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa in liquidazione ha impugnato tre avvisi di accertamento relativi a IRES, IRAP e IVA per gli anni d’imposta 2005, 2010 e 2011. L’Agenzia delle Entrate contestava l’emissione di fatture per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti nei confronti di un’altra società. Il contenzioso si è sviluppato attraverso due gradi di giudizio prima di approdare in Cassazione.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva emesso una sentenza complessa. Da un lato, aveva dichiarato nullo l’accertamento per il 2005, ritenendo non applicabile il raddoppio dei termini perché la denuncia penale era stata presentata solo a seguito della contestazione della società. Dall’altro lato, aveva confermato la legittimità degli accertamenti per il 2010 e il 2011, respingendo l’eccezione di doppia imposizione sollevata dalla società e affermando che quest’ultima non aveva fornito alcuna prova dell’effettiva esistenza delle operazioni fatturate.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il Raddoppio dei Termini

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito del ricorso principale della società e di quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate.

Il Ricorso della Società: la Doppia Imposizione

La società contribuente lamentava una presunta violazione del divieto di doppia imposizione, sostenendo che l’Amministrazione finanziaria non potesse richiedere a lei il pagamento dell’IVA su fatture inesistenti se aveva già recuperato l’imposta dal destinatario delle stesse. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che il diritto al rimborso per chi emette la fattura sorge solo quando il rischio di perdita per l’erario è stato eliminato, ovvero quando il destinatario ha definitivamente versato l’imposta indebitamente detratta. Inoltre, il principio di doppia imposizione si applica al medesimo soggetto e non a soggetti diversi (emittente e destinatario della fattura).

Il Ricorso dell’Agenzia e il Principio sul Raddoppio dei Termini

Il punto cruciale della decisione riguarda il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che contestava l’annullamento dell’accertamento per il 2005. La CTR aveva errato nel ritenere illegittimo il raddoppio dei termini. La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, affermando un principio consolidato: i termini di accertamento per IRES e IVA sono raddoppiati in presenza di seri indizi di un reato che obblighino alla denuncia penale. È irrilevante che la denuncia sia stata presentata in ritardo, archiviata o che il reato sia prescritto. La sola esistenza di una ‘notitia criminis’ è sufficiente a giustificare l’estensione del periodo di accertamento.

Tuttavia, la Corte ha specificato che questo principio non si estende all’IRAP. Il raddoppio dei termini, infatti, non può applicarsi a questa imposta perché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio della decisione risiede nella necessità di bilanciare i diritti del contribuente con l’esigenza dell’erario di perseguire le violazioni fiscali più gravi. Per i periodi d’imposta antecedenti al 2016, la legge prevedeva un’estensione dei poteri di accertamento in caso di reati tributari. Secondo la Corte, l’attivazione di questo potere non dipende dall’esito del procedimento penale, ma dalla semplice esistenza di elementi che facciano sorgere l’obbligo di denuncia. L’emissione di fatture per operazioni inesistenti costituisce di per sé un serio indizio di reato. Di conseguenza, l’operato dell’Ufficio che applica il raddoppio dei termini per IRES e IVA è legittimo. La mancata previsione di sanzioni penali per le violazioni in materia di IRAP, invece, esclude a priori l’applicabilità di tale meccanismo a questa imposta.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Per le imprese e i professionisti, la lezione è chiara: la presenza di seri indizi di reati fiscali, come l’emissione di fatture false, può estendere notevolmente il periodo durante il quale l’Amministrazione finanziaria può effettuare accertamenti su IRES e IVA. La decisione di escludere l’IRAP da questo meccanismo offre un punto fermo, limitando l’ambito di applicazione della norma. La sentenza sottolinea l’importanza di una gestione contabile e fiscale trasparente e corretta per evitare non solo sanzioni, ma anche un’esposizione prolungata ai controlli fiscali.

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento?
Secondo la Corte, per i periodi d’imposta antecedenti al 31 dicembre 2016, il raddoppio dei termini si applica in presenza di seri indizi di un reato fiscale che impone l’obbligo di presentazione di denuncia penale. È irrilevante che la denuncia sia stata archiviata, presentata in ritardo o che il reato sia prescritto.

Il raddoppio dei termini si applica anche all’IRAP?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il meccanismo del raddoppio dei termini non può trovare applicazione per l’IRAP, poiché le violazioni relative a questa imposta non sono sanzionate penalmente.

Chi emette una fattura falsa può evitare di pagare l’IVA se anche il destinatario è stato accertato?
No. L’emittente della fattura per un’operazione inesistente ha diritto al rimborso dell’IVA versata solo quando è stato eliminato ogni rischio di perdita per l’erario, cioè quando è provato che il destinatario ha riversato l’imposta indebitamente detratta. Il principio del divieto di doppia imposizione, inoltre, si applica al medesimo soggetto e non a soggetti diversi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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