LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Raddoppio termini IRAP: la Cassazione chiarisce i limiti

Una società ha ricevuto un avviso di accertamento IRAP per il 2005, notificato nel 2012. L’Agenzia delle Entrate ha applicato il cosiddetto ‘raddoppio dei termini’ di accertamento, giustificandolo con la presenza di fatti penalmente rilevanti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo che il raddoppio termini IRAP non è applicabile. La motivazione risiede nel fatto che per l’IRAP non sono previste sanzioni penali specifiche, rendendo illegittimo l’avviso di accertamento perché notificato oltre i termini ordinari di decadenza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini IRAP: la Cassazione esclude l’applicazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1305/2025, ha messo un punto fermo su una questione cruciale per molti contribuenti: l’inapplicabilità del raddoppio termini IRAP. Questa disciplina, che estende i tempi a disposizione del Fisco per gli accertamenti in presenza di reati tributari, non può essere estesa all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. La decisione chiarisce i limiti del potere accertativo dell’amministrazione finanziaria, fornendo maggiore certezza giuridica alle imprese e ai professionisti.

I fatti di causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato nel dicembre 2012 a una società di persone. Con tale atto, l’Agenzia delle Entrate contestava, per l’anno d’imposta 2005, l’indebita deduzione di costi ai fini IRAP per un importo di 90.000 euro, ritenendoli frutto di operazioni oggettivamente inesistenti. Di conseguenza, l’Ufficio recuperava una maggiore imposta e irrogava le relative sanzioni.

La società e i soci impugnavano l’atto, ottenendo un primo accoglimento in Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, riformava parzialmente la decisione, confermando la legittimità del recupero IRAP nei confronti della società. Il punto centrale della controversia era la tempestività dell’accertamento. Secondo il giudice di secondo grado, l’Ufficio non era decaduto dal suo potere, in quanto era applicabile il cosiddetto ‘raddoppio dei termini’ previsto in caso di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale, anche senza un’effettiva denuncia.

La questione del raddoppio termini IRAP

La difesa della società ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando, tra i vari motivi, la violazione di legge proprio in relazione all’applicazione del raddoppio dei termini all’IRAP. Il contribuente ha sostenuto che tale meccanismo non potesse operare per un’imposta per la quale non è previsto un reato tributario specifico.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso del contribuente, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri. I giudici hanno chiarito che la norma sul raddoppio dei termini (contenuta all’epoca nell’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 per le imposte dirette e nell’art. 57 del d.P.R. n. 633/1972 per l’IVA) rappresenta una disciplina eccezionale e più lunga rispetto ai termini ordinari di decadenza. La sua applicazione è strettamente legata alla sussistenza di seri indizi di reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000.

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: l’IRAP non è un’imposta per la quale sono previste sanzioni penali. La disciplina del raddoppio dei termini di accertamento, pertanto, non può operare. La C.T.R. aveva errato nel ritenere che la stessa condotta, potenzialmente penalmente rilevante ai fini delle imposte sui redditi, potesse automaticamente estendere i termini anche per l’accertamento dell’IRAP. Le normative eccezionali, come quella sul raddoppio dei termini, non sono suscettibili di applicazione analogica.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto l’originario ricorso della società, annullando l’avviso di accertamento per l’IRAP. La decisione ha un’importante implicazione pratica: sancisce in modo definitivo che il Fisco non può avvalersi del termine raddoppiato per accertare violazioni relative all’IRAP, anche se le stesse condotte (ad esempio, l’uso di fatture per operazioni inesistenti) siano rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e costituiscano reato. Per l’IRAP, valgono unicamente i termini ordinari di decadenza, offrendo così una garanzia fondamentale per la certezza dei rapporti giuridici tra contribuente e amministrazione finanziaria.

È possibile applicare il raddoppio dei termini di accertamento per l’IRAP?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la disciplina del cosiddetto ‘raddoppio dei termini’, prevista in caso di violazioni fiscali che comportano l’obbligo di denuncia penale, non si applica all’IRAP.

Perché il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP?
La ragione è che l’IRAP non è un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali specifiche dal D.Lgs. n. 74/2000. Poiché il raddoppio dei termini è una norma eccezionale legata alla commissione di reati tributari, non può essere estesa a un tributo escluso da tale ambito.

Cosa succede se un avviso di accertamento IRAP viene notificato dopo la scadenza del termine ordinario, ma entro quello raddoppiato?
L’avviso di accertamento è illegittimo e deve essere annullato. Essendo inapplicabile il raddoppio dei termini, l’Ufficio perde il potere di accertamento (decade) una volta spirato il termine ordinario previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati