Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1305 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1305 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
Irap -avviso di accertamento termine di decadenza -c.d. raddoppio
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29324/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rapprese ntata e difesa dall’Avvocatura g enerale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata ex lege,
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. MILANO, N. 2787/2016, depositata il 12/05/2016;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto accogliersi il secondo motivo di ricorso, assorbito il sesto, rigettati gli altri;
sentiti l’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’ Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle entrate .
FATTI DI CAUSA
L’Ufficio , in data 19 dicembre 2012, notificava alla FRAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2005, disconosceva, ai fini Irap, costi per euro 90.000,00 (rettificandoli da euro 145.787,00 ad euro 55.787,00) che riteneva frutto di operazioni oggettivamente inesistenti; per l’effetto recuperava una maggiore imposta e irrogava le conseguenti sanzioni.
Con separati avvisi di accertamento l’Ufficio recuperava . Altresì, nei confronti dei soci, ed in ragione dei medesimi fatti, maggiore Irpef.
La società e i soci proponevano separati ricorsi innanzi alla C.t.p. di Milano che, previa riunione, li accoglieva.
La C.t.r. della Lombardia, previa riunione dei separati appelli, proposti entrambi dall ‘Agenzia delle entrate, confermava la sentenza nei confronti dei soci, ritenendo illegittimi gli atti impositivi, e lo accoglieva, invece, nei confronti della società, quanto al recupero dell’Irap. Per quanto ancora di rilievo, il giudice di secondo grado riteneva che l’Ufficio non fosse decaduto, per decorrenza dei termini, dall’accertamento dell’Irap dovendosi applicare il. c.d. «raddoppio» dei medesimi che presupponeva il mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale e non l’effettiva present azione della stessa. Nel merito confermava la legittimità dell’accertamento.
Avverso la sentenza della C.t.r., come indicata in epigrafe, la società ricorre per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resiste con controricorso.
La società ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 d.lgs . 15 dicembre 2017, n. 46, dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 57 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso la decadenza dell’U fficio dal potere accertativo ritenendo che la medesima si fosse legittimamente avvalsa del termine c.d. raddoppiato in presenza di obbligo di denuncia penale, pur in mancanza di effettiva presentazione della stessa.
2 . Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 d.lgs. 15 dicembre 2017, n. 44 6, dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 57 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il termine c.d. raddoppiato opera sse anche per l’accertamento dell’Irap, pur non esistendo un reato tributario relativo a detta imposta.
3 Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 42, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso il vizio di motivazione dell’atto impositivo, sebbene al medesimo non fossero stati allegati tutti gli atti menzionati né ne fosse stato riprodotto il contenuto essenziale.
4 . Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittima la pretesa tributaria sebbene fondata su presunzioni prive dei requisiti di legge e violando il divieto della c.d. doppia presunzione.
5 . Con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Afferma che alla fattispecie si applica l’art. 14 -comma 4bis , cit. come sostituito dall’art. 8, comma 2, d.l. n. 16 del 2012 e d assume che la C.t.r. avrebbe reso statuizione incomprensibile affermando che non sarebbe stata provata l’effettività del costo, laddove il suo sostenimento era «fuori discussione».
6 . Con il sesto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Censura l’omessa pronuncia della C.t.r. sul motivo con il quale aveva eccepito che non era possibile contestare l’indeducibilità dei costi ai fini Irap ai sensi dell’art. 14, comma 4 -bis legge n. 537 del 1997 cit.
7 . Con il settimo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza per aver ritenuto legittimo l’atto impositivo sebbene l’Uffic io non avesse precisato il tipo di accertamento eseguito, stante il generico richiamato all’art. 39 cit.
8 . Con l’ottavo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la falsa applicazione degli artt. 19 e 21 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Censura la sentenza per aver rigettato la richiesta di dichiarare ineseguibili le sanzioni erroneamente assumendo che, non essendo pervenuto a sentenza il procedimento penale in corso, la loro esecuzione non comportava cumulo e non ledeva il principio di specialità. Rileva che le sanzioni, se pure irrogabili, non erano eseguibili, in quanto non vi era stata né archiviazione né proscioglimento ed assume che la C.t.r. ha confuso il principio di specialità con il principio del ne bis in idem
Il secondo motivo, logicamente preliminare in quanto prospetta la decadenza dal potere impositivo per scadenza del termine di legge, è fondato, restando assorbiti gli ulteriori.
9.1. La questione controversa è l’applicabilità del c.d. raddoppio dei termini di accertamento anche a ll’Irap.
Il riferimento è a quanto previsto dall ‘art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e dal l’art. 57, comma 3, (commi inseriti dal l’art. 37 commi 24, e 25 d.l.. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, in vigore dal 4 luglio 2006) i quali prevedono che, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, i termini di cui ai commi precedenti (cioè, in caso di presentazione della dichiarazione, il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, nonché, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata) sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione.
Va precisato per chiarezza che su detta disposizioni è successivamente intervenuto dapprima il d.lgs. 5 agosto 2015 n. 128 e successivamente la legge 2 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità
del 2016), che dettano entrambi una disciplina transitoria, ma che non si applicano ratione temporis alla fattispecie in esame.
9.2. Ciò posto, va in primo luogo ribadito che in virtù delle disposizioni in esame non si è in presenza di un raddoppio dei termini in senso proprio; si tratta, infatti, di un diverso e più lungo termine di decadenza, applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità.
Quanto all’Irap, tuttavia, p er costante giurisprudenza di legittimità, poiché la stessa non è un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali, la disciplina del c.d. «raddoppio» dei termini di accertamento non può operare (Cass. 03/05/2018, n. 10483, Cass. 24/02/2020, n. 4742).
9.3. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi in quanto ha ritenuto che anche per l’Irap l’applicazione del termine lungo (ovvero pari al doppio rispetto a quello ordinario) fosse conseguenza della medesima condotta che lo rendeva applicabile per le imposte sui redditi.
In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e la sentenza impugnata va cassata; inoltre, poiché non vi sono ulteriori accertamenti di fatto da demandare al giudice di secondo grado, in quanto l’unica questione ancora controversa attiene al recupero dell’Irap, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 484 cod. proc. civ. accogliendo, con riferimento a detta imposta, l’originario ricorso della società contribuente.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Le spese dei gradi di merito, invece, restano compensate in ragione del complessivo andamento del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 cod.
proc. civ., accoglie, nei limiti di cui in motivazione, l’originario ricorso della società contribuente; dichiara interamente compensate le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite che si liquidano in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi, oltre al 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge. Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.