Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9054 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6529 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO -in sostituzione dei precedenti difensori AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME– giusta procura speciale su foglio separato depositato in data 25.5.2020, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC): EMAIL;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
e sul ricorso successivo proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica dei difensori (PEC): EMAIL; EMAIL;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 1690/31/2015, depositata in data 11 novembre 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 febbraio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Con sentenza n. 1690/31/2015, depositata in data 11 novembre 2015, la Commissione tributaria regionale del Veneto accoglieva l’appello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore e rigettava gli appelli riuniti proposti da RAGIONE_SOCIALE e dal socio NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vicenza n. 370/09/2014.
In punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1)previo p.v.c. della RAGIONE_SOCIALE.d.F. di Bassano del Grappa, a seguito di attività ispettiva svolta dalla RAGIONE_SOCIALE.d.F. RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva emesso due avvisi di accertamento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, relativi anni agli 20062007, con i quali veniva ricostruito induttivamente, ai sensi dell’art. 39, comma
2, del d.P.R. n. 600/73, il maggiore reddito di impresa, ai fini Ires, Irap e Iva, considerando una redditività rispetto ai ricavi del 3,60% come desunta da un elenco costituito da un campione significativo di società della Regione Veneto, esercenti la med esima attività economica prevalente di commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi e prodotti semilavorati. In particolare, l’Ufficio aveva ritenuto totalmente inattendibile la contabilità della società essendo emersi costi fatturati da RAGIONE_SOCIALE considerati indeducibili in quanto oggettivamente inesistenti e ‘acquisti in nero’ non regolarizzati per autofatturazione e integrazione, trattandosi di operazioni di reverse charge ; 2) sulla base di tali atti impositivi, l’Amministrazione aveva emesso altresì nei confronti soci (COGNOME NOME e COGNOME NOME e COGNOME NOME) avvisi di accertamento con i quali veniva loro imputato, ai fini Irpef, un maggiore reddito da partecipazione societaria in applicazione della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili contestati nei confronti di RAGIONE_SOCIALE società a ristretta base societaria; 3) avverso i suddetti avvisi la società e i soci avevano proposto ricorso dinanzi alla CTP di Vicenza che, previa riunione, li aveva accolti parzialmente rideterminando il reddito della società sulla base del 2,50% di redditività rispetto ai ricavi, dichiarando, ai fini Irpef, obbligati al pagamento i soci in proporzione RAGIONE_SOCIALE rispettive quote; 3) avverso la sentenza di primo grado avevano proposto separati appelli: 3.1.) RAGIONE_SOCIALE deducendo a) la violazione dell’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 600/73 in merito al raddoppio dei termini, peraltro non applicabile all’Irap; la rilevanza sotto tale aspetto della sentenza penale passata in giudicato con la quale il legale rappresentante era stato assolto perché il fatto non costituiva reato; b) la buona fede della contribuente e la mancata prova della connivenza; c) la violazione dell’art. 14, comma 4 -bis, della legge n. 537/93 per mancato riconoscimento dei costi, essendo stata contestata l’inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni; d) la sproporzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e omessa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 472/97; d) l’erronea applicazione del metodo induttivo essendo stata correttamente tenuta la contabilità e trattandosi di doppia presunzione; e) l’erroneo calcolo del reddito di impresa basato su un dato medio non rispondente alle peculiarità dell’attività della società; 3.2.) il socio NOME COGNOME, deducendo: a) la mancata sospensione da parte della CTP del
processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. finalizzata ad attendere la definitività dell’accertamento in capo alla società RAGIONE_SOCIALE; b) il necessario riconoscimento dei costi sostenuti con riguardo alle fatture emesse per operazioni soggettivamente inesist enti; c) l’illegittima applicazione della presunzione di distribuzione in capo al socio dei ricavi extracontabili della società a ristretta base societaria; 4) aveva controdedotto l’RAGIONE_SOCIALE spiegando appello incidentale.
3.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR, rinviando alla motivazione della CTP, ha ritenuto: 1) nuove e, pertanto, inammissibili le censure relative alla inapplicabilità del raddoppio dei termini per l’accertamento all’Irap e alla assunta spr oporzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni; 2) legittima l’applicazione del raddoppio dei termini (per il 2006) anche se la notizia di reato non era stata inviata (è richiamata Cass. n. 20043 del 2015); 3) legittimo l’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, essendo ‘ le operazioni effettuate anche in nero e poi regolarizzate con fatture per giustificare i costi della società ( le due società con cui corrispondeva RAGIONE_SOCIALE erano cartiere) ‘; 4) non provata dalla società la deducibilità dei costi dovendo essere dimostrata ‘ con scritture diverse dalle fatture false e dalle conseguenti false fatturazioni ‘; 5) fondato l’appello incidentale dell’Ufficio essendo stata la percentuale (del 2.50%) di reddittività applicata dalla CTP frutto di una ‘ valutazione prudenziale’ ed essendo, invece, contenuta nell’avviso una ricostruzione del reddito basata su un campione significativo RAGIONE_SOCIALE aziende del medesimo settore della società contribuente.
4.Avverso la sentenza di appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
5.Avverso la medesima sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso successivo articolato in sette motivi cui resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
1.Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi successivi, il secondo dei quali proposto dalla società, attesa la connessione oggettiva e soggettiva.
2 .Con l’unico motivo del ricorso, NOME COGNOME denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4, 5, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione, non essendo stata presa in considerazione alcuna argomentazione proposta dall’appellante; per violazione dell’art. 295 c.p.c.; per ‘completa omissione dei motivi di impugnazione proposti tutti d ecisivi per il giudizio’.
Con il primo motivo del ricorso successivo RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 1, del DPR n. 600/73 per avere la CTR dichiarato inammissibile, in quanto ritenuta nuova in sede di gravame, la censura con la quale si era dedotta l’inapplicabilità dell’istituto del raddoppio dei termini di accertamento all’Irap, sebbene la società avesse già denunciato nel ricorso introdutt ivo ‘ la violazione dell’art. 43 cit. per erronea applicazione del raddoppio dei termini di accertamento ‘ e la specificazione di tale domanda in sede di appello non costituisse una domanda nuova. Inoltre, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe omesso di pronunciare e motivare sul punto incorrendo anche nei vizi, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 c.p.c.
4 .Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 600/73 (per il 2006) per avere la CTR erroneamente rigettato l’eccezione di erronea applicazione del raddoppio dei termini di accertamento richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 247/2011 e della Corte di cassazione n. 20043 del 2015 sebbene l’RAGIONE_SOCIALE non avesse fornito la prova del deposito o della allegazione della denuncia penale.
5 . Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame da parte del giudice di appello di un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla sentenza penale, passata in giudicato, del Tribunale di Bassano del Grappa di assoluzione di COGNOME NOME dal reato di falsa fatturazione ascrittogli (perché il fatto non costituiva reato), prodotta già in primo grado, che avrebbe dovuto essere valutata sotto il profilo dell’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento e, comunque, nel merito della vicenda sotto il profilo della contestata violazione di inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni. La
sentenza di appello avrebbe del tutto omesso di motivare sul detto motivo di censura ‘con violazione ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. e profili di nullità ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’
6 .Con il quarto si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c. per avere la CTRrichiamando la motivazione della sentenza di primo grado- ritenuto la legittimità degli avvisi in questione sebbene l’Amministrazione non avesse provato, trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti, la conoscenza da parte di RAGIONE_SOCIALE della frode, laddove la contribuente aveva dimostrato la sua buona fede stante la regolarità contabile e la non addebitabilità dell’Iva con riguardo alle operazioni in regime di reverse charge ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. n. 633/72.
7 . Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 14, comma 4bis della legge n. 537/93 e, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la CTR riconosciuto alla società la deducibilità dei costi documentati dalle fatture trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti. Peraltro, ad avviso della ricorrente, su tale motivo di censura la CTR nulla avrebbe motivato omettendo di decidere su di esso.
8 . Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 per avere ritenuto legittimo il metodo induttivo di accertamento sebbene la contabilità fosse regolarmente tenuta, gli atti impositivi fossero fondati su una doppia presunzione (la prima che le operazioni contestate erano soggettivamente inesistenti, la seconda di inattendibilità di tutta la contabilità rappresentando le fatture false il 15% del totale degli acquisti) e fosse errata la determinazione del maggior reddito fondato su un ‘dato medio’ pari alla percentuale del 3,6% desunta da un campione di società della Regione Veneto esercenti l’attività di commercio all’ingrosso di metalli non ferro si, comprendente situazioni non omogenee e non rispondenti alle peculiarità della società contribuente. Sotto questo ultimo profilo, la ricorrente denuncia la mancanza di
motivazione della sentenza impugnata in ordine all’accoglimento dell’appello incidentale.
9 . Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 9-bis del d.lgs. n. 471/97 e 7 del d.lgs. n. 472/1997 per avere la CTR ritenuto inammissibile, in quanto costituen te domanda nuova in sede di gravame, la questione dell’assunta sproporzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate al 100% per mancata autofatturazione degli ‘acquisti in nero’ di merci (rottami) in regime di reverse charge sebbene la contribuente, già nel ricorso introduttivo e nella memoria del 24.4.2014 in primo grado, avesse dedotto la insussistenza dei presupposti per l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni atteso che ‘il valore degli acquisti e dell’Iva equivalente era risultato transitare nei registri Iva e nelle dichiarazioni annuali Iva assolvendo di fatto totalmente alla norma della inversione contabile’ nonché , in via gradata, l’applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 472/97 che consentiva di ridurre le sanzioni fino alla metà de minimo.
10 .Assume carattere pregiudiziale l’esame del ricorso successivo proposto da RAGIONE_SOCIALE– con valenza, all’esito della riunione, di ricorso incidentale (v. Cass. n. 25662 del 2014; Cass., sez. 6-5, Ord. n. 30936 del 2022) essendo stato proposto successivamente a quello di NOME COGNOME – involgendo la verifica della legittimità degli avvisi di accertamento di maggior reddito di impresa emessi, per gli anni 2006-2007, ai fini Ires, Irap e Iva nei confronti alla società sulla cui base è stato poi emesso l’avv iso di accertamento di maggior reddito da partecipazione societaria, ai fini Irpef, nei confronti del socio NOME COGNOME in applicazione della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili contestati nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a ristretta base societaria.
11.Il primo motivo si profila fondato quanto alla dedotta violazione di legge con assorbimento RAGIONE_SOCIALE altre sub censure formulate ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 c.p.c.
12.Il processo tributario è strutturato come giudizio d’impugnazione di un provvedimento contenente la pretesa dell’A.F., nel quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale ed il dibattito processuale è delimitato, da un lato,
dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo e, dall’altro, dalle questioni dedotte dal contribuente nel ricorso introduttivo (cfr. ex multis Cass. 03/02/2021, n. 2413, che menziona Cass. nn. 10779/2007, 15849/2006, 9754/2003). Al fine di accertare quando ricorra una domanda nuova, per autorevole dottrina, occorre fare riferimento agli elementi costitutivi di essa, ossia ai soggetti, al petitum e alla causa petendi , ed infatti a determinare la disuguaglianza (o novità) della domanda è sufficiente che sia diverso anche uno soltanto di tali aspetti giuridici. Considerazioni simmetriche valgono per il divieto (sancito, con riferimento al processo tributario, dal secondo comma dell’articolo 57) di proporre nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio. Nell’ottica della parte resistente, speculare a quella del fisco, è indubbio che il contribuente incorre nel divieto se propone per la prima volta in appello le eccezioni in senso tecnico, ossia gli strumenti processuali diretti a fare valere un fatto giuridico avente efficacia impeditiva, modificativa o estintiva della pretesa fiscale (Cass. sez. 5, Sentenza n. 864 del 2022). Invero, avuto riguardo a quanto dedotto dalla stessa ricorrente in ordine all’avvenuta proposizione nel ricorso intr oduttivo della censura di violazione dell’art. 43 del DPR n. 600/73 per erronea applicazione del raddoppio dei termini, non rappresenta un’eccezione nuova ai sensi dell’art. 57 del d.P.R. n. 633/72 quella con la quale, in sede di gravame, la società ha dedotto l ‘esclusione della applicazione dell’istituto del raddoppio all’Irap, non essendo volta a far valere un fatto giuridico diverso avente efficacia estintiva della pretesa fiscale.
13. Il secondo motivo è fondato limitatamente alla ripresa Irap.
14.Il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e alla I. 31 dicembre 2015, n. 208, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen.; la dizione legislativa rende chiaro che il raddoppio è legato all’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che fa sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 331 citato, e non dipende dal suo accertamento in concreto. Come più volte chiarito da questa S.C., anche sulla
scorta dei principi enunciati da Corte cost. n. 247 del 2011, il raddoppio opera in presenza di tale presupposto astratto, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denunzia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo (Cass. Sez 5, Ordinanza n. 17292 del 2021; Cass., Sez. VI, 28/06/2019, n. 17586, Cass., Sez. V, 13/09/2018, n. 22337; Cass., Sez. VI, 30/05/2016, n. 11171). Si è anche detto che «in tema di accertamento tributario, il cd. raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, attiene solo alla commisurazione del termine di accertamento ed i termini prolungati sono anch’essi fissati direttamente dalla legge, non integrando quindi ipotesi di “riapertura” o proroga di termini scaduti né di reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti, in quanto i termini “brevi” e quelli raddoppiati si riferiscono a fattispecie “ab origine” diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si connettono diversi, unitari e distinti termini di accertamento» (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23628 del 09/10/2017). Ove sia contestato il raddoppio dei termini, rientra nei compiti del giudice tributario l’accertamento dell’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che fa sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 331, quindi anche del raggiungimento della soglia di rilevanza penale di cui all’artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11171 del 30/05/2016; Sez. 6-5, Ordinanza n. 13483 del 30/06/2016; Sez 5, Ordinanza n. 17292 del 2021).
15.La CTR, con riguardo all’avviso di accertamento per l’anno 2006 emesso a termini raddoppiati, quanto alla ripresa ai fini Ires e Iva, ha correttamente respinto la censura di violazione dell’art. 43 cit . richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 247/11 e facendo proprie le conclusioni della sentenza della Corte di cassazione n. 20043 del 2015 in ordine alla legittimità del raddoppio dei termini di accertamento anche se la notizia di reato non era stata inviata, rilevando l’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio. Diversamente, il giudice di appello, nel ritenere applicabile l’istituto del raddoppio del termine, per il 2006, anche alla ripresa Irap non si è attenuto al consolidato principio di diritto di questa Corte secondo cui il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, non può trovare applicazione anche per
l’IRAP, poiché le violazioni RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali (Cass., Sez. V, 13 gennaio 2021, n. 341; Cass., Sez. VI, 20 maggio 2020, n. 6668; Cass., Sez. VI, 9 marzo 2020, n. 6668; Cass., Sez. VI, 24 febbraio 2020, n. 4742; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10483; Cass., sez. V, n. 12835 del 2022) .
16 . Premesso quanto sopra, l’analisi dei motivi dal terzo al sesto motivo rileva con riguardo all’avviso di accertamento per l’anno 2007 , ai fini Ires, Irap e Iva e con riguardo all’avviso di accertamento per l’anno 2006 (con riguardo al quale ha operato il raddoppio dei termini) soltanto ai fini Ires e Iva.
17.Il terzo motivo si profila inammissibile, posto che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base al la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis ), concerne l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo (Cass., sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma peraltro -quanto all’assunta mancata valutazione da
parte del giudice di appello , sia sotto il profilo dell’applicabilità del raddoppio dei termini che sotto quello del merito della vicenda, della sentenza penale di assoluzione di COGNOME NOME – di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE quali è preclusa a questa Corte, avendo la CTR -richiamando, nella parte in fatto della pronuncia, tra le argomentazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE, la sentenza definitiva di assoluzione del legale rappresentante perché il fatto non sussisteva -valutato sostanzialmente la stessa sia sotto il profilo dell’applicazione del raddoppio dei termini per essere, a tal fine, sufficiente ‘un giudizio di prognosi postuma sull’esistenza o meno di validi motivi (indizi di reato)’ che sotto quello del merito della contestazione, ritenendo, in ossequio al principio di autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, legittimo l’ accertamento condotto dall’Ufficio in base alle risultanze del p.v.c. della G.d.F .
18.Il quarto motivo si profila inammissibile in quanto non coglie il decisum atteso che, avuto riguardo alla sentenza impugnata, la ripresa fiscale ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, ritenuta legittima dalla CTR, attraverso un rinvio alla motivazione della CTP, riguardava costi ritenuti indebitamente dedotti, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, e detratti, ai fini Iva, in relazione a fatture emesse dalla cartiera RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente inesistenti utilizzate per giustificar e contabilmente l’acquisto in nero di rottami da terzi venditori (‘ le operazioni erano effettuate anche in nero e poi regolarizzate con fatture per giustificare i costi della società (le due società con cui corrispondeva la RAGIONE_SOCIALE erano cartiere) ‘. Invero, nelle ipotesi, come quella di specie, di operazioni oggettivamente inesistenti, «ove la fattura costituisce in tutto o in parte mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9784/10, 9108/12, 15741/12, 23560/12; 27718/13, 20059/2014, 26486/14, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C-439/04; 21 febbraio 2006, C-255/02; 21 giugno 2012, C-80/11; 6 dicembre 2012, C-285/11; 31 novembre 2013, C-642/11), del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, dopo di che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate; tale prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura
o nella dimostrazione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. nn. 28572 del 2017; 5406 del 2016, 28683 del 2015, 428 del 2015, 12802 del 2011, 15228 del 2001); e comunque, una volta accertata l’assenza dell’operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente , il quale ovviamente sa bene se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo» (Cass. n. 18118 del 2016, in motivazione; Cass. n. 16473 del 2018).
19.Ugualmente non attinente al decisum si profila il quinto motivo nella parte in cui denuncia il mancato riconoscimento dei costi, ai sensi dell’art. 14, comma 4 -bis della legge n. 537/93, peraltro cumulando con il medesimo mezzo anche la denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., in quanto dalla sentenza impugnata si evince che i costi ripresi a tassazione inerivano fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente e non soggettivamente inesistenti al fine di giustificare contabilmen te l’acquisto di rottami, con il sistema del reverse charge , da terzi venditori in nero. Correttamente quanto alla deducibilità dei costi fatturati la CTR ha precisato che la stessa ‘ è subordinata all’esistenza dei requisiti di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità previsti dal TU RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi e che nel caso di specie, essere dimostrato dalla società.. con scritture diverse dalle fatture false e dalle (conseguenti) false registrazioni’.
20.Il sesto motivo è infondato.
21.In tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la ” incompletezza, falsità od inesattezza ” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art.
2729 c.c.; nel secondo caso, invece, ” le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e RAGIONE_SOCIALE scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (Sez. 5, Ordinanza n. 33604 del 18/12/2019).
22.L’accertamento induttivo puro svolto, nella specie, ai sensi dell’art. 39, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, consente all’Amministrazione finanziaria di prescindere del tutto dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di determinare l’imponibile sulla base di elementi meramente indiziari, ancorché inidonei ad assurgere a prova presuntiva ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. (Cass., Sez. V, 8 marzo2019, n. 6861; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33604; Cass., Sez. V, 24 luglio 2013, n. 17952), ma costituenti presunzioni «supersemplici», ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass., Sez. 5, 17/7/2019, n. 19191), quando i dati in esse contenuti siano assolutamente inattendibili e tali da inficiare l’utilizzabilità anche di quelli apparentemente regolari (Cass., Sez. VI, 14 novembre 2014, n. 24278; Cass., Sez. V, 30 settembre 2016, n. 19477; Cass., Sez. V, 9 giugno 2017, n. 14376), ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria, ossia di dimostrare di non avere conseguito il reddito accertato (Cass., Sez. 5, 27/2/2020, n. 20793) ovvero di avere conseguito un reddito inferiore a quello indicato dall’ufficio (Cass., Sez. 5, 2/7/2014, n. 15027; da ultimo, Cass. n. 12127 del 2022).
23.Nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere legittimo il metodo induttivo (puro), ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73, di ricostruzione del maggior reddito di impresa della società, rinviando alle motivazioni de lla sentenza di primo grado (secondo cui ‘ l’ingente contabilizzazione degli acquisti per operazioni inesistenti era sintomo di inevitabile inattendibilità della contabilità ‘, v. pag. 5 del ricorso e 3 -4 del
contro
ricorso). In particolare, come si evince dalla sentenza impugnata, l’ufficio aveva emesso gli avvisi in questione avvalendosi, senza incorrere nella denunciata ‘doppia presunzione’, del metodo induttivo avuto riguardo ai costi fatturati da RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti e agli ‘acquisti in nero’ (in regime di reverse charge ai sensi dell’art. 74, commi 7 e 8 del d.P.R. n. 633/72) non regolarizzati stante la mancata autofatturazione o integrazione, denotanti una totale inattendibilità della contabilità (‘ l’RAGIONE_SOCIALE aveva emesso due avvisi di accertamento nei confronti di NOME: quello relativo all’anno 2006, per il fatto che i costi fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE dovevano ritenersi oggettivamente inesistenti e per il fatto in generale – per gli acquisti in nero, la mancata autofatturazione o mancata integrazione- che la contabilità risultava totalmente inattendibile fatti questi che giustificavano il ricorso alla determinazione del reddito di impresa in modo induttivo, oltre a violazioni in materia di Iva; quello relativo all’anno 2007; per l’anno 2007 perché i costi fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE dovevano ritenersi costi indeducibili in quanto oggettivamente inesistenti e vista la parte di acquisti da soggetti fi ttizi, l’Ufficio aveva proceduto alla rideterminazione del reddito di impresa avvalendosi del metodo induttivo ‘ pag. 1 della sentenza impugnata).
24.Inammissibile è poi, involgendo inammissibilmente una rivisitazione di apprezzamenti di fatto del giudice di merito, la censura contenuta nel sesto motivo concernente l’assunta determinazione da parte della CTR -in accoglimento dell’appello incidentale dell’Ufficio -del reddito d’impresa considerando una redditività rispetto ai ricavi del 3,60% come desunta dai dati rilevati da un elenco costituito da un campione significativo di società della Regione Veneto, esercenti la medesima attività economica prevalente di commercio all’ingrosso di metalli non ferrosi e prodotti semilavorati e con certo volume di affari (‘ l’RAGIONE_SOCIALE ha predisposto nell’avviso di accertamento una ricostruzione dei fatti e RAGIONE_SOCIALE circostanze basata su un campione significativo di aziende del settore -medesima attività economica- che raccoglie elementi e dati concreti ‘ pag. 7 della sentenza impugnata). Una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il
merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. sez. 5, n. 18710 del 2022).
25. Il settimo motivo è fondato.
Premesso che nel processo tributario il divieto di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguardano le eccezioni in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive ( ex multis , Cass. Sez. 5, Ord. n. 2413 del 03/02/2021), è indubbio che il contribuente incorre nel divieto se propone per la prima volta in appello le eccezioni in senso tecnico, ossia gli strumenti processuali diretti a fare valere un fatto giuridico avente efficacia impeditiva, modificativa o estintiva della pretesa fiscale. Nella specie, dall’esame del ricorso introduttivo allegato in atti, si evince come la società RAGIONE_SOCIALE avesse contestato la sproporzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni sin dal primo grado (‘ Ne consegue l’applicazione di una sanzione pari al 100% dell’imposta che non rispetta la norma che regola il principio di valutazione rispetto al danno erariale e che viene applicata pur in presenza nelle liquidazioni Iva e nella dichiarazione annuale Iva di importi comunque comprendenti i valori supposti dall’Ufficio come non fatturati ‘) con conseguente erronea statuizione da parte della CTR della inammissibilità per novità della censura medesima.
26 .L’unico motivo di ricorso di NOME COGNOME si profila inammissibile in quanto contiene un insieme confuso di censure (ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c.), ed è privo di una apposita rubrica (essendo stato peraltro collocato sotto ‘il fatto e svolgimento del giudizio di merito’) nonché di argomentazioni specifiche a sostegno dello stesso. Peraltro, quanto all’assunta violazione dell’art. 295 c.p.c., premesso che, in base all’arresto RAGIONE_SOCIALE SU, nella sentenza n. 21763 del 29/07/2021, la sospensione necessaria per pregiudizialità interna deve essere disposta nel processo tributario se ricorrono le seguenti condizioni: (i) l’oggetto di una causa è dipendente in senso tecnico dalla decisione di un’altra causa; (ii) la dec isione della causa pregiudiziale è suscettibile di esplicare effetti di giudicato nella causa dipendente; (iii) non è possibile la riunione RAGIONE_SOCIALE due cause; (iv) la causa pregiudiziale non è stata ancora decisa con sentenza anche non definitiva (in tal caso dovendosi ritenere,
allo stato attuale dell’elaborazione giurisprudenziale, che la sospensione della causa dipendente sia rimessa alla discrezionalità del giudice ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c.), nella specie, tali condizioni non sussistevano, essendo stata in primo grado, riunita dalla CTP, la causa dipendente (concernente l’impugnativa dell’avviso emesso nei confronti del socio) a quella pregiudiziale (concernente l’impugnativa degli avvisi della società a ristretta base societaria) e, in grado di appello, riuniti dalla CTR, i gravami della società RAGIONE_SOCIALE e del socio COGNOME NOME.
27.In conclusione, riuniti i ricorsi, vanno accolti i motivi primo e secondo, nei termini di cui in motivazione nonché il settimo, respinti i restanti, di quello successivo proposto da RAGIONE_SOCIALE e dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e con cassazione della sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvio anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e accoglie il primo motivo e il secondo motivo nei termini di cui in motivazione nonché il settimo, respinti i restanti del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti – e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale (NOME COGNOME), dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso il 15 febbraio 2024