Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22902 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22902 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28842/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (BRNGLC60A12H501N), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 3093/2021 depositata il 18/08/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con tre distinti atti di contestazione aventi fondamento in PVC della Guardia di Finanza, erano irrogate sanzioni ai sensi dell’art. 6, comma 9 -bis.3, D.Lgs. n. 471 del 1997 a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE sul presupposto dell’uso di fatture per operazioni inesistenti in qualità di cessionaria in regime di inversione contabile (‘reverse charge’), essendo risultato che nessuno dei fornitori formali aveva avuto la disponibilità della merce indicata in fattura).
Ai fini della notifica, l’Ufficio si avvaleva del raddoppio dei termini ex artt. 43, comma 3, DPR n. 600 del 1973 e 57, comma 3, DPR n. 633 del 1972, nel testo vigente con riferimento agli anni d’imposta in questione (2008, 2009 e 2010).
La contribuente proponeva impugnazione.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 424 del 2020, accoglieva il ricorso, ritenendo non prodotta dall’Ufficio comunicazione di notizia di reato.
Proponeva appello l’Ufficio.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello dell’Ufficio, osservando in particolare che questo, limitatosi a produrre un’informativa della GdF
diretta alla Procura della Repubblica di Brescia, non aveva prodotto prova dell’inoltro, da parte dell’Ufficio medesimo, di alcuna notizia di reato alla competente A.G.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; resiste la contribuente con controricorso, insistito ulteriormente con ampia memoria telematica.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, introdotto dall’art. 37, comma 24, del decreto -legge 4 luglio 2006 n. 223; dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128; e dell’art 57, comma 3, DPR 633/72 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’. Secondo la ricorrente Agenzia, ‘nel caso in esame, la prova richiesta dai giudici è stata fornita dall’Ufficio in corso di causa. Infatti, come emerge dal p.v.c. (allegato da controparte in primo grado e nelle controdeduzioni in secondo grado sub n. 6), cfr. pag. 1 e segg.), l’attività istruttoria tributaria è inserita in ‘articolate e complesse indagini’ del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brescia, delegate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia nell’ambito del procedimento penale n. 4256/2011 R.G.N.R. Il 10 luglio 2012 veniva redatta e trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia l’informativa della Guardia di Finanza -Nucleo di Polizia Tributaria di Brescia riguardante le risultanze delle indagini di cui al procedimento penale n. 4256/2011 R.G.N.R. (come risulta accertato con la sentenza della CTP di Firenze n. 39/2/2020). Successivamente, l’esito di tali indagini, come risulta dal p.v.c., è stato comunicato il 16/01/2015 alla Guardia di Finanza di Massa Carrara che il 10 marzo 2016 redigeva il verbale relativo alla verifica effettuata presso l’odierna appellata. Contrariamente a
quanto affermato dalla C.T.R., l’esistenza di un procedimento penale già avviato e, successivamente, la trasmissione dell’informativa di polizia giudiziaria il 10 luglio 2012, ha consentito all’Ufficio di poter ‘attendere’ lo sviluppo del procedimento penale oltre gli ordinari termini di decadenza, al fine di poter acquisire elementi utili all’attività accertativa e di poter usufruire della disciplina del raddoppio dei termini sugli anni d’imposta 2008, 2009 e 2010′.
Preliminarmente deve rilevarsi che il motivo, a differenza di quanto opinato in controricorso, non è inammissibile.
Esso, invero, ben lungi dall’impingere sul profilo dell’inadeguatezza motivazionale della sentenza impugnata, non richiede affatto alcuna rivisitazione dell’accertamento di fatto compiuto dalla CTR in adesione alla CTP, bensì enuclea una precisa violazione di legge, individuando, con pertinente illustrazione della medesima, il vizio affliggente ‘in diritto’ detta sentenza.
Constatata dunque l’ammissibilità del motivo, ritiene il Collegio che esso sia altresì fondato e meriti accoglimento.
Non v’è dubbio -come osservato dalla contribuente in controricorso – che la disciplina in tema di raddoppio dei termini dell’accertamento di cui all’art. 43 DPR n. 660 del 1973 e all’art. 57 DPR n. 633 del 1972 sia stata modificata dalle disposizioni introdotte dall’art. 1, commi 130, 131 e 132, l.n. 208 del 2015.
Ad esito di tali modifiche, in ragione di quanto previsto dalla cosiddetta ‘seconda normativa transitoria’ ex comma 132 cit., applicabile agli atti notificati successivamente al 2 settembre 2015 per i periodi d’imposta precedenti al 31 dicembre 2016 (quali quelli di cui si discute nel caso di specie: l’atto di contestazione di sanzioni n. TMBC04R00187/2017, per l’anno di imposta 2008, è stato notificato
in data 29 dicembre 2017; ii) gli atti di contestazione di sanzioni n. TMBC06J00041/2018 e n. TMBC06J00042/2018, rispettivamente relativi agli anni di imposta 2009 e 2010, sono stati entrambi notificati in data 4 luglio 2018), la proroga dei termini di accertamento è consentita a condizione che sussista una violazione comportante l’obbligo di denuncia per alcuno dei reati di cui al D.lgs. n. 74 del 2000 e che la denuncia sia stata presentata o trasmessa, da parte dell’A.F. o della GdF, entro e non oltre gli ordinari termini di accertamento (per un ampio riepilogo della disciplina, cfr. Cass. n. 8181 del 2025).
Fermo quanto precede, è tuttavia a rilevarsi che l’Agenzia ha dato conto, già nei gradi di merito, dell’essere ‘già’ pendente un procedimento penale (‘sub’ n. 4256/2011 R.G.N.R. presso la Procura della Repubblica di Brescia), proprio in seno al quale la GdF era delegata di indagini, confluite nell’informativa del 10 luglio 2012, citata anche dalla CTR nella sentenza impugnata.
In siffatto quadro fattuale, caratterizzato dalla pendenza di un procedimento penale previamente aperto, entro cui, d’ordinario, trovano spazio le relative indagini delegate alla p.g. e la conseguente comunicazione degli esiti da questa all’A.G. delegante, è priva di fondamento la pretesa della contribuente, nondimeno condivisa dalla CTP, prima, e dalla CTR, poi, della necessaria prova, da parte dell’Agenzia, di un’ulteriore formale comunicazione di notizia di reato, quantunque proprio su quest’ultima riposino i susseguenti atti di p.g.: più nel dettaglio, da un lato, una tale c.n.r. non sortirebbe alcun esito concreto, men che meno in punto di apertura di un procedimento con avvio delle indagini ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen., poiché un procedimento già pende ed anzi si sviluppa proprio in funzione delle acquisizioni rilevanti ‘medio tempore’ raccolte dalla p.g.; dall’altro
lato, le informative di p.g., a misura che, tipicamente, rendono conto (degli esiti) delle indagini scaturite dalla c.n.r., confermano quest’ultima nella sua valenza di atto di avvio del procedimento e di conseguenza – al cospetto della disciplina tributaria sul raddoppio dei termini, segnatamente con riguardo alla ‘seconda normativa transitoria’, che ne occupa – ne rinnovano (o, se si preferisce, ribadiscono) gli effetti.
Da quanto precede discende che la CTR, in uno alla CTP, ha compiuto un duplice ordine di errori:
-per un verso, non ha tenuto in considerazione la pendenza in sé del procedimento penale;
-per altro verso, ad esito dell’attività di p.g. delegata alla GdF in seno ad esso, pur avendone fatto menzione, ha omesso di valutare l’annotazione del 10 luglio 2012, in guisa di conferma dell’originaria ‘notitia criminis’.
Per mera completezza mette solo conto di rilevare che, ricorrendo i presupposti del raddoppio dei termini, la relativa disciplina trova applicazione in relazione alla notificazione, non solo degli avvisi di accertamento propriamente detti, ma altresì degli atti di contestazione di sanzioni (Cass. nn. 534 del 2024, 23662 del 2023, cui ‘adde’ l’ordinanza da resa da questo medesimo Collegio a questa medesima udienza tra le medesime parti nel proc. n. 8055 -23 r.g.).
In definitiva, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per esame delle ulteriori questioni vertite in causa e rimaste assorbite, nonché per la definitiva regolazione tra le parti delle spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per esame delle questioni assorbite e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 giugno 2025.