Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6192 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2025
D’INNOCENZO NOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, n. 325/2024, depositata il 3.4.2024 e notificata il 5.4.2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Oggetto: Accertamento Sanzioni tributarie – Raddoppio dei termini ex art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 – Disciplina intertemporale.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12568/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Pesaro-Urbino, COGNOME Giorgio impugnava l ‘a tto di contestazione, con cui l’Agenzia delle entrate aveva esteso nei suoi confronti la sanzione, irrogata ex art. 16, comma 7, del d.lgs. n. 472 del 1997, alla società RAGIONE_SOCIALE di cui il predetto era amministratore di fatto e socio, per false fatturazioni.
In primo grado, la C.t.p. rigettava l’impugnazione del contribuente, ritenendo infondata la doglianza relativa alla violazione del termine di decadenza dal potere impositivo previsto dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, per essere stata la notitia criminis denunziata successivamente alla scadenza del predetto.
Avverso tale decisione, proponeva appello il contribuente, sostenendo che il regime transitorio introdotto dalla l. n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) consentiva ancora la possibilità del raddoppio dei termini, purché ricorressero le condizioni di seguito indicate.
La C.t.r., ritenendo fondata tale doglianza, osservava che l’avviso in questione era stato notificato in data 4.3.2016 e, dunque, successivamente al 2.9.2015. Sicché, trovando applicazione il secondo regime transitorio previsto dalla l. n. 208 del 2015, a mente del quale il raddoppio dei termini di accertamento di 4 o 5 anni operava purché la denuncia penale fosse stata presentata o trasmessa dall’amministrazione finanziaria entro i suddetti termini , la denuncia presentata nel giugno 2015 (quindi oltre la scadenza del quarto anno successivo a quello di trasmissione della dichiarazione) rendeva illegittimo il raddoppio dei termini applicato dall’ amministrazione finanziaria, con conseguente annullamento dell’atto impositivo.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate , sulla base di un motivo. Rimaneva intimato il contribuente.
CONSIDERATO CHE:
Con l’ unico motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, dell’art. 1, comma 132, della l. 208 del 2015, dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 20 e 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel ritenere che, ai fini dell’applicazione della disciplina transitoria in materia di raddoppio dei termini a seguito di fatti di rilievo penale, doveva tenersi conto esclusivamente della data del 4.3.2016, in cui l’Ufficio aveva notificato al contribuente l’atto di irrogazione della sanzione. Doveva, infatti, valutarsi che l’Ufficio, nella precedente data del 26 giugno 2015, aveva già notificato al contribuente un atto di contestazione di sanzione, riferita all’anno 2007 e che, per gli avvisi di accertamento già notificati prima del 1° gennaio 2016, restavano in vigore le precedenti disposizioni, come modificate dal d.lgs. n. 218 del 2015 , che faceva salva l’originaria disciplina del raddoppio per gli avvisi di accertamento notificati prima del 2 settembre 2015.
Il motivo di doglianza è fondato, limitatamente alle sanzioni irrogate per tributi diversi dall’Irap .
Con riferimento alla questione del raddoppio dei termini per l’attività di accertamento tributario , la Suprema Corte ha costantemente affermato che i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile ratione temporis , sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza», come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, «senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione
dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati» (Cass. n. 16728/2016, Rv. 640966-01; conf. Cass. n. 26037/2016, Rv. 641949-01; Cass. n. 11620/2018, Rv. 648527-01; Cass. n. 666/2025, in corso di massimazione).
Nelle pronunce suindicate, questa Corte ha avuto cura di precisare: a) che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una 3 sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. n. 9974/2015)» (Cass. n. 16728/2016, cit.); c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (l. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonché d.lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati, si applica la disciplina dettata dall’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), che fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto; ; d) che, in relazione a pretesa fiscale su tributi Irap, non è applicabile il raddoppio dei termini di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, giacché le violazioni delle disposizioni che prevedono e disciplinano tale tributo non sono presidiate da sanzioni penali, a differenza di quanto accade
per l’Irpef e per l’Iva (Cass. n. 27250/2022; Cass. n. 10483/2018; Cass. n. 11552/2022).
Ciò posto, nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate ha notificato a COGNOME , nel giugno 2015, un atto di contestazione della sanzione, relativa a violazioni tributarie commesse nell’anno d’imposta 200 7. Dal successivo atto di irrogazione delle sanzioni, risulta che il contribuente, in data 21.9.2015, ha presentato deduzioni difensive, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione al precedente atto di contestazione, ciò confer mandone l’avvenuta ricezione.
Di conseguenza, trattandosi di atto impositivo emesso e notificato prima del 2.9.2015 e riferito ad annualità antecedenti, è del tutto indifferente, alla luce dei principi di diritto suindicati, la data in cui è stata effettuata la comunicazione di notizia di reato e persino l’omissione di quella comunicazione, perché quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti. La C.t.r. ha, pertanto, errato nel ritenere non applicabile la disciplina sul raddoppio dei termini al caso in esame.
In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo , affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa in detti limiti la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione