Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28666 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28666 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12387/2017 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE; -intimata- avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE RAGIONE_SOCIALE n. 5822/2016, depositata l’ 11/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
L’oggetto del giudizio è rappresentato dall’impugnazione della sentenza della C.T.R. di Milano n. 5822, dep ositata l’ 11/11/2016, relativa alla dedotta inapplicabilità dell’art. 12, commi 2 e 2 bis, del d.l. 78/2009 all’accertamento emesso per il 2003 (capitali investiti in paesi esteri, c.d. paradisi fiscali); si controverte, inoltre, sulla natura sostanziale ed irretroattiva della presunzione sancita dal citato comma 2 e del l’ambito applicativo del c.d. “raddoppio” dei termini per l’accertamento previsto al comma 2 bis del menzionato art. 12 del citato d.l. 78/2009.
Il giudizio di primo grado, introdotto dal contribuente COGNOME NOME contro l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno di imposta 2003, veniva definito con la sentenza n. 5357/2015 della CTP di Milano, di accoglimento del ricorso.
L’appello proposto dall’amministrazione finanziaria era, invece, accolto con la decisione richiamata in epigrafe.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il suddetto contribuente.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
Successivamente è stata fissata udienza camerale per il 23 settembre 2025, in vista della quale il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal COGNOME NOME avverso l ‘indicata sentenza della C.T.R. di Milano n. 5822/2016, depositata il 11/11/2016 e non notificata, è affidato a sei motivi, così riassunti:
Nullità della sentenza o del procedimento per “omessa pronuncia” in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, 61 del D.Lgs. 546/1992, 112 e 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.;
in subordine, violazione o falsa applicazione degli artt. 42, comma 2, del D.P.R. 600/1973, 3 della L. 241/1990 e 7 della L. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.;
Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 12, commi 2 e 2 bis, D.L. n. 78/2009 e dell’art. 42, comma 1, del D.P.R. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, commi 2 e 2 bis, del D.L. 78/2009, 3 e 10 della L. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma l, n. 3, c.p.c.;
Violazione e falsa applicazione degli artt. 63, par. 1, e 64, par. 1, del T.F.U.E., in relazione all’art. 360, comma l, n. 3, c.p.c. .
Il primo motivo è infondato.
Con tale censura il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sia nulla per aver omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dal contribuente nei confronti del gravame dell’ufficio.
Diversamente da quanto prospettato, la sentenza impugnata ha trattato e definito direttamente il merito del gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, accogliendolo.
Risulta, pertanto, pienamente applicabile alla fattispecie in esame l’ orientamento costante di questa Corte, secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione
implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (da ultimo, cfr. Cass., Sez. 2, n. 25710 del 26/09/2024; in precedenza v. anche Cass. Sez. 2, n. 20718 del 13/08/2018; Cass. Sez. 5, n. 29191 del 6/12/2017).
Si deve osservare, d’altra parte, che può ravvisarsi una decisione implicita di una questione o di un’eccezione di nullità (o comunque di carattere pregiudiziale) tutte le volte in cui queste siano state superate, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE prime, così come appunto -si verifica là dove una eccezione di inammissibilità dell’appello sia superata (ed implicitamente rigettata) dall’analisi nel merito dello stesso, conclusasi peraltro con una decisione di accoglimento dello stesso.
In tal caso, il rigetto implicito di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento nell’alveo dell’invocato art. 360 n. 4 c.p.c.), bensì come violazione di legge e/o come difetto di motivazione, laddove la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, così da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ai fini del giudizio.
Il che, nel caso di specie, non è avvenuto.
Pregiudiziale rispetto all’esame degli altri motivi di ricorso si profila, a questo punto, la censura veicolata sub n. 3 (per il vero indicata in ricorso sub 2, ma previo sdoppiamento dei primi due
motivi, che si è quindi preferito separatamente indicare), con la quale il ricorrente deduce un omesso esame decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe mancato di esaminare la natura dei recuperi a tassazione contenuti nell’avviso di accertamento.
Il motivo è inammissibile.
Come è noto, infatti, l’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., come riformulato ex art. 54 d.l. n. 83 del 2012, prevede un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); va, peraltro, escluso che tale omesso esame possa riguardare l’argomentazione della parte la quale, svolgendo le proprie tesi difensive, non fa che manifestare il proprio pensiero sulle conseguenze di un certo fatto o di una determinata situazione giuridica (v., ad es., Cass. Sez. 2, n. 2961 del 6/02/2025).
Al contempo, si è pure correttamente affermato che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. 2, ord. n. 17005 del 20/06/2024).
Nel caso di specie, peraltro, manca nel motivo in esame la stessa individuazione di un fatto storico decisivo (ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo), vero essendo che la censura circa la natura di recuperi a tassazione, di cui si protesta l’omissione, implica un’attività di carattere cognitivo consistente nell’espressione di un giudizio e, comunque, nell’adozione di una qualificazione giuridica di cui l’elemento fattuale rappresenta una precondizione, sì che il motivo -in effetti -si limita semplicemente a contestare il mancato accoglimento di proprie argomentazioni difensive che, sotto la lente dell’art. 360 n. 5 c.p.c., appare in questa sede una censura inammissibile.
4. I motivi di ricorso nn. 2, 4 e 5 possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi ed essi risultano parzialmente fondati, nei termini che seguono.
In via preliminare, occorre peraltro rilevare che non appaiono pertinenti le censure relative ai profili motivazionali dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto al di là della completezza dell’elenco RAGIONE_SOCIALE norme citate nell’avviso, resta comunque il fatto che il nucleo dei fatti e le contestazioni dell’ufficio erano pienamente comprensibili. Inoltre, costituisce principio costante da cui questo collegio non intende discostarsi quello in base al quale la motivazione dell’avviso di accertamento deve solo mettere in grado il contribuente di difendersi e comprendere gli addebiti, mentre la prova del credito tributario e RAGIONE_SOCIALE sanzioni può essere data anche in giudizio (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. Sez. 5, n. 16625 del 21/06/2025, secondo cui non è nullo l’avviso di accertamento motivato tramite il rinvio ad atti non allegati, attenendo la mancata allegazione al piano della prova dei fatti posti a fondamento dell’atto e non a quello della sua motivazione, con la conseguenza
che gli atti su cui si fonda la motivazione per relationem possono essere prodotti in giudizio per la prima volta in appello ex art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, ratione temporis vigente; cfr. altresì, Cass. Sez. 5, n. 730 del 11/01/2025 e precedenti conformi, secondo cui in tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento ha carattere di “provocatio ad opponendum”, sicché l’obbligo di sua motivazione è soddisfatto, ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”).
Occorre ora concentrarsi sugli ulteriori profili denunciati con i motivi in esame, che, in termini essenziali, attengono al tema della retroattività (contestata) RAGIONE_SOCIALE disposizioni contenute nell’art. 12, comma 2 e comma 2 bis del d.l. n. 78/2009, in quanto ci si duole della loro applicazione ad un anno di imposta (2003) antecedente, sì che non avrebbe neppure potuto applicarsi il ‘raddoppio’ dei termini per l’accertamento ivi contemplato.
Per quanto riguarda la presunzione di cui all’art. 12 , comma 2, del d.l. n. 78/2009 si deve convenire che, effettivamente, la più recente giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come detta presunzione abbia natura sostanziale e, quindi, risulti applicabile partire dall’anno di imposta 2009 in poi. Infatti, la presunzione legale di evasione si colloca fra le regole probatorie che attengono ai principi sostanziali in tema di prova, contenuti nel codice civile, ed inoltre una differente interpretazione potrebbe -in contrasto con gli artt. 3 e 24 cost. -pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione o meno (si vedano, fra le altre, Cass. n. 5964/2024; Cass. n.2990/2024; Cass. n. 33965/2023; Cass. n. 7957/2021; Cass. n. 31243/2019; Cass. n. 29632/2019; Cass. n. 33233/2018; Cass. n. 3276/2018).
Il che non è però sufficiente ai fini del giudizio, posto che si è ripetutamente affermato che, pur non essendo retroattiva la regola legale presuntiva di cui all’art. 12, comma 2 cit., il ragionamento induttivo e la prova per presunzioni semplici, nell’ambito di quanto previsto dagli artt. 2727 e ss. c.c., risulta pur sempre utilizzabile dall’ufficio.
In particolare, occupandosi di tematiche affini (come il ritrovamento della c.d. lista Falciani) questa Corte ha statuito che seppure non sia possibile far ricorso alla presunzione legale citata, in quanto irretroattiva, nulla vieta il possibile ricorso a presunzioni semplici volte a dimostrare l’occultamento al fisco di redditi attraverso il loro investimento in paese stranieri (cfr. Cass. Sez. 5, n. 33893 del 19/12/2019 e, da ultimo, Cass. Sez. 5 n. 2990 dell’1/02/2024 ).
Nel caso di specie, il nominativo del contribuente ed il conto estero sono sati ritrovati presso un AVV_NOTAIO ed il dato è incontestato, tanto è vero che nella misura in cui il ricorrente afferma che sarebbe stato sottoposto a tassazione non il capitale depositato all’estero, ma il reddito prodotto da tale capitale, implicitamente ma con evidente concludenza il contribuente non contesta -quindi -la riconducibilità a se stesso dei fondi presenti sul conto AVV_NOTAIO.
Pertanto, i motivi di ricorso sono soltanto parzialmente fondati laddove deducono l’applicazione retroattiva della menzionata presunzione legale, risultando applicabile alla fattispecie quanto affermato, più recentemente, anche da Sez. 5, ord. n. 18061 del l’ 1/07/2024, per cui in tema di accertamento tributario, la presunzione legale di evasione, prevista dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 102 del 2009, non è applicabile retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore, ma non preclude all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti
occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, ricorrendo a presunzioni semplici gravi, precise e concordanti, senza fare ricorso a detta presunzione legale.
Il tema di sposta, a questo punto, sul raddoppio dei termini previsto dall’art. 12 comma 2 bis, D.L. n. 78/2009 ai fini dell’accertamento fiscale, sul quale la stessa prevalente giurisprudenza di legittimità distingue fra natura sostanziale della presunzione legale di cui si è detto e natura procedimentale del meccanismo ampliativo dei termini, ammettendo che lo stesso possa applicarsi anche ad anni di imposta procedenti al 2009 (cfr., fra le più recenti, Cass. n. 16613/2025; Cass. n. 18061/2024; Cass. n. 2990/2024), per cui la disposizione che implica il suddetto raddoppio dei termini ha natura processuale, applicandosi perciò anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), ove venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dall’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2, più volte citato.
5. Il sesto motivo di ricorso è, invece, infondato.
Con tale censura il contribuente sostiene che l’applicazione dei termini di accertamento ‘ raddoppiati ‘ di cui al citato art. 12, comma 2 bis del d.l. n. 78/2009, costituirebbe una violazione dell’art. 63, par. 1 , TFUE, in quanto darebbe luogo ad una restrizione nella libertà di movimento dei capitali, non derogabile ex art. 64, par. 1, TFUE.
L’argomento non coglie nel segno.
Come è stato più volte stabilito dalla giurisprudenza della CGUE, tale disposizione dev’essere interpretata in senso ostativo a norme nazionali che si concretizzino in un mezzo di discriminazione arbitraria o in una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63 cit., risultando invece concessiva rispetto a quelle disposizioni interne giustificate da
ragioni di interesse generale o che riguardano situazioni non comparabili, comprendendo le prime anche l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali sui possibili vantaggi tributari (in questo senso, fra le altre, Corte di Giustizia 24 novembre 2016, RAGIONE_SOCIALE, C-464/14).
Orbene, si può senza dubbio escludere che nel caso in esame sussista una violazione dell’art. 63, par. 1, TFUE invocato dal ricorrente, posto che l’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009, fa riferimento alla cd. black list di cui all’art. 1 del d.m. Economia e Finanze del 21 novembre 2001, che all’epoca dei fatti comprendeva anche la Svizzera, nazione in cui si trovavano, per l’appunto, i fondi del contribuente oggetto di accertamento.
6. In definitiva, alla luce di quanto precede, solo i motivi di ricorso nn. 2, 4 e 5 risultano parzialmente fondati, nei limiti in precedenza precisati, mentre gli altri vanno respinti.
La pronuncia impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia-Milano, affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del la vicenda dell’accertamento tributario oggetto di ricorso, attenendosi ai principi enunciati con riferimento ai motivi ritenuti fondati e nei sensi in precedenza spiegati.
Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il secondo, quarto e quinto motivo nei sensi di cui in motivazione; rigetta il primo e sesto motivo e dichiara inammissibile il terzo;
cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e nei limiti indicati in motivazione e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia – Milano, in diversa
composizione, per un nuovo esame e anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME