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Raddoppio termini accertamento: sì alla retroattività

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28666/2025, interviene sul tema del raddoppio termini accertamento per capitali all’estero. Viene stabilito che la norma che raddoppia i termini ha natura procedimentale e, quindi, si applica retroattivamente anche agli anni d’imposta antecedenti al 2009. Diversamente, la presunzione legale di evasione ha natura sostanziale e non è retroattiva. La Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito, incaricando il giudice di rivalutare il caso alla luce di questi principi.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini accertamento: la Cassazione conferma la retroattività

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di accertamenti fiscali su capitali detenuti all’estero, chiarendo la portata del raddoppio termini accertamento. La decisione distingue nettamente tra la natura delle norme che estendono i tempi per i controlli e quelle che introducono presunzioni di evasione, con importanti conseguenze pratiche per i contribuenti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2003, relativo a capitali investiti in Svizzera, paese all’epoca considerato un paradiso fiscale. Il contribuente aveva ottenuto l’annullamento dell’atto in primo grado, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva successivamente accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta violazione di legge per l’applicazione retroattiva delle norme introdotte dal D.L. 78/2009, che prevedono sia una presunzione di evasione sia il raddoppio dei termini per l’accertamento.

Raddoppio termini accertamento e presunzione di evasione: l’analisi della Corte

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella distinzione tra la natura delle due principali disposizioni contestate contenute nell’art. 12 del D.L. 78/2009.

1. Presunzione legale di evasione (comma 2): Questa norma presume, fino a prova contraria, che gli investimenti e le attività finanziarie detenuti in paradisi fiscali siano costituiti con redditi sottratti a tassazione. La Corte ha ribadito che questa presunzione ha natura sostanziale, poiché incide sull’onere della prova e modifica la posizione del contribuente. In quanto tale, non può essere applicata retroattivamente e vale solo per gli anni d’imposta dal 2009 in poi. Per gli anni precedenti, l’Ufficio può comunque utilizzare le presunzioni semplici, basate su elementi gravi, precisi e concordanti.

2. Raddoppio dei termini per l’accertamento (comma 2-bis): Questa disposizione estende il periodo a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per notificare gli avvisi di accertamento in caso di violazioni relative a capitali detenuti all’estero. La Cassazione ha confermato che questa norma ha natura procedimentale, in quanto regola i tempi dell’azione amministrativa. Di conseguenza, essa si applica anche ai periodi d’imposta precedenti alla sua entrata in vigore (1° luglio 2009), purché i termini ordinari non fossero già scaduti a quella data.

Raddoppio termini accertamento e diritto europeo

Un altro motivo di ricorso respinto dalla Corte riguardava la presunta violazione della libera circolazione dei capitali (art. 63 TFUE). Il contribuente sosteneva che il raddoppio termini accertamento costituisse una restrizione ingiustificata.

La Corte ha rigettato questa tesi, affermando che la norma è giustificata da ragioni di interesse generale, come la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. Non si tratta di una discriminazione arbitraria, ma di una misura proporzionata a contrastare l’evasione fiscale legata a giurisdizioni a fiscalità privilegiata.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue le norme sostanziali da quelle procedurali. Le prime, incidendo sui diritti e obblighi dei cittadini, sottostanno al principio di irretroattività. Le seconde, riguardando le modalità e i tempi dell’azione della pubblica amministrazione, possono invece essere applicate anche a situazioni sorte in precedenza.

Nel caso specifico, concedere più tempo all’amministrazione per effettuare controlli complessi su attività estere non modifica la sostanza del tributo dovuto, ma solo l’arco temporale per la sua verifica. Al contrario, introdurre una presunzione legale di evasione altera l’equilibrio probatorio tra fisco e contribuente, e per questo non può valere per il passato.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso del contribuente. Ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi stabiliti: l’accertamento è tempestivo grazie all’applicazione retroattiva del raddoppio dei termini, ma l’Amministrazione Finanziaria non potrà avvalersi della presunzione legale di evasione introdotta nel 2009. Dovrà invece dimostrare l’esistenza di redditi non dichiarati attraverso altri mezzi di prova, incluse le presunzioni semplici.

Il ‘raddoppio dei termini’ per l’accertamento di capitali all’estero è retroattivo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la norma ha natura procedimentale e non sostanziale, pertanto può essere applicata anche ai periodi d’imposta precedenti alla sua entrata in vigore nel 2009, a condizione che i termini ordinari non fossero già scaduti a quella data.

La presunzione legale di evasione per i capitali in paradisi fiscali si applica agli anni d’imposta precedenti al 2009?
No. La Corte ha stabilito che questa presunzione ha natura sostanziale, in quanto incide sull’onere della prova. Pertanto, non è retroattiva e si applica solo a partire dall’anno d’imposta 2009. Per gli anni precedenti, l’Ufficio deve provare l’evasione con altri mezzi, come le presunzioni semplici.

Il raddoppio dei termini di accertamento viola il diritto dell’Unione Europea sulla libera circolazione dei capitali?
No. La Corte ha escluso la violazione, affermando che la misura è giustificata da ragioni di interesse generale, come la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, e non costituisce una discriminazione arbitraria o una restrizione sproporzionata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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