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Raddoppio termini accertamento: no per IRAP

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8700/2025, ha stabilito che il raddoppio dei termini di accertamento non si applica all’IRAP, in quanto le violazioni relative a tale imposta non sono penalmente rilevanti. Il caso riguardava una complessa frode fiscale basata su fatture per operazioni parzialmente inesistenti. La Corte ha accolto il ricorso del contribuente su questo specifico punto, annullando la pretesa fiscale per l’IRAP per decorrenza dei termini, ma ha confermato la validità degli accertamenti per IRES e IVA, rigettando gli altri motivi di ricorso.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini Accertamento: la Cassazione Dice No per l’IRAP

L’ordinanza n. 8700/2025 della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia fiscale: il raddoppio dei termini di accertamento, previsto in presenza di reati tributari, non è applicabile all’IRAP. Questa decisione, emersa da un complesso caso di frode fiscale basata su operazioni inesistenti, chiarisce i limiti di applicazione di uno strumento potente a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria, offrendo importanti tutele al contribuente.

I Fatti: Una Complessa Frode Fiscale

Il caso nasce da un accertamento fiscale a carico di una società per azioni, la quale aveva ricevuto avvisi di accertamento per maggiori importi dovuti a titolo di Ires, Iva e Irap. L’indagine della Guardia di Finanza aveva svelato un meccanismo fraudolento orchestrato da un amministratore di una società terza, fornitrice di servizi pubblicitari.

Questa società intermediaria acquistava a sua volta le prestazioni da società “cartiere”, tra cui una con sede a San Marino, riconducibili allo stesso amministratore. Le prestazioni erano poi sovrafatturate ai clienti finali, inclusa la società ricorrente. L’Agenzia delle Entrate contestava quindi l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, o meglio, per importi notevolmente superiori a quelli reali.

I Motivi del Ricorso e la Difesa del Contribuente

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, spingendo la società contribuente a ricorrere in Cassazione con ben ventuno motivi. Le censure spaziavano da presunti vizi procedurali della sentenza d’appello a questioni di merito sulla valutazione delle prove.

I punti centrali del ricorso includevano:
La violazione dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, in particolare per la mancata allegazione di tutti i documenti richiamati (motivazione per relationem*).
* La violazione del diritto al contraddittorio preventivo.
* Soprattutto, l’illegittimità degli avvisi notificati oltre i termini ordinari, contestando l’applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento almeno per quanto riguarda l’IRAP.

L’Analisi della Corte sul Raddoppio Termini Accertamento

La Cassazione ha rigettato la maggior parte dei motivi, ritenendo infondate le censure sulla motivazione e sulla valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. Tuttavia, ha accolto i motivi relativi all’illegittimità del raddoppio dei termini di accertamento per l’IRAP.

La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento, confermato anche da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 247/2011). Il principio è chiaro: il raddoppio dei termini, previsto dagli artt. 43 del D.P.R. 600/1973 e 57 del D.P.R. 633/1972, è una misura eccezionale legata all’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000.

Poiché le violazioni relative all’IRAP non sono presidiate da sanzioni penali, non può scattare il presupposto per l’allungamento dei tempi a disposizione del Fisco. Di conseguenza, l’accertamento relativo a tale imposta, notificato oltre il termine ordinario, è stato dichiarato illegittimo per decadenza.

Le Motivazioni della Decisione

Nelle motivazioni, i giudici hanno spiegato che l’applicazione estensiva del raddoppio dei termini all’IRAP sarebbe contraria alla ratio della norma, che è quella di concedere più tempo all’amministrazione quando le indagini si fanno più complesse a causa di implicazioni penali. L’assenza di rilevanza penale per le violazioni IRAP rende quindi ingiustificato tale allungamento.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha ribadito che il giudice di merito ha ampia discrezionalità nel valutare le prove e formare il proprio convincimento, senza essere vincolato a una gerarchia tra le fonti di prova. Ha inoltre confermato la legittimità della motivazione per relationem, a condizione che gli atti richiamati siano conosciuti o facilmente conoscibili dal contribuente, come nel caso di specie. Infine, ha ritenuto rispettato il diritto al contraddittorio, poiché al contribuente era stata data la possibilità di presentare le proprie osservazioni dopo la notifica del processo verbale di constatazione.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione è di fondamentale importanza. Essa non solo cassa la sentenza impugnata, ma decide nel merito accogliendo l’originario ricorso del contribuente limitatamente all’IRAP, compensando le spese dell’intero giudizio.

Il principio affermato ha rilevanti implicazioni pratiche: i contribuenti e i professionisti devono prestare massima attenzione ai termini di notifica degli accertamenti, verificando se sussistono i presupposti per l’applicazione del raddoppio. Questa sentenza conferma che il raddoppio dei termini di accertamento non è automatico e non può essere applicato indiscriminatamente a tutte le imposte, ma solo a quelle (come IRES e IVA) le cui violazioni possono integrare una fattispecie di reato tributario.

Perché il raddoppio dei termini di accertamento non si applica all’IRAP?
Perché il presupposto per l’applicazione del raddoppio dei termini è l’obbligo di presentazione di una denuncia penale per reati tributari. Le violazioni relative alle disposizioni sull’IRAP non sono sanzionate penalmente, pertanto manca il requisito fondamentale previsto dalla legge per estendere i termini di accertamento.

In quali casi un atto di accertamento può fare riferimento ad altri documenti senza allegarli?
Un atto di accertamento può motivare per relationem, cioè facendo riferimento ad altri atti, a condizione che questi ultimi siano già stati notificati in precedenza al contribuente o siano comunque da lui conosciuti o agevolmente conoscibili. Non è necessario allegare un atto se il contribuente ne ha già legale e integrale conoscenza.

La violazione del contraddittorio preventivo rende sempre nullo l’avviso di accertamento?
No. Secondo la Corte, per determinare l’invalidità del provvedimento non basta una generica lamentela. Il contribuente deve dimostrare che, se fosse stato ascoltato prima dell’emissione dell’atto, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso. Deve quindi provare un pregiudizio concreto al proprio diritto di difesa (cd. prova di resistenza).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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