Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20400 Anno 2024
2010
Raddoppio dei termini
Costi da reato-
Art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del
1993, come modif. Relatore: COGNOME NOME
dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., in l. n. 44 del 2012
operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20400 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 5810 del ruolo generale dell’anno 201 8, proposto da
RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine de l ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma INDIRIZZO;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1702/05/2017, depositata in data 10 luglio 2017, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 marzo 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi, per la ricorrente l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, e per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIOto dello AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Facendo seguito a una verifica fiscale condotta nei confronti del RAGIONE_SOCIALE -cui RAGIONE_SOCIALE era consorziata – previo p.v.c. della G.d.F. di Firenze, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE diversi avvisi di accertamento, ai fini Ires, Irap e Iva, relativamente alle annualità 2006-2010, oltre sanzioni, con i quali veniva contestata 1) l’indeducibilità di costi (ai fini Ires e Irap) relativi a fatture emesse da società c.d. cartiere , nell’ambito di fittizi contratti di associazione in partecipazione, in quanto ritenuti ‘ direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come reato ‘ ai sensi dell’art. 14, comma 4 -bis , della legge n. 537/1993 e l’indetraibilità della relativa Iva in quanto afferente ad operazioni soggettivamente inesistenti; 2) l’indeducibilità di costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti o comunque non inerenti.
2.Avverso i suddetti avvisi, la società contribuente proponeva ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze che, previa riunione, li rigettava con sentenza n. 188/04/2016, confermata in sede di appello dalla Commissione tributaria regionale della Toscana con la sentenza indicata in epigrafe.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che:1) quanto alla eccepita decadenza dal potere accertativo dell’RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2006, la censura era infondata atteso che premesso che l’avviso risultava notificato il 27.2.2013 (prima del 2.9.2015 ovvero entro il 31.12.2015) per cui si
applicavano i termini decadenziali vigenti prima del d.lgs. n. 128/2015 – come affermato da Cass. n. 16728/2016, ai fini del raddoppio dei termini, ai sensi degli artt. 43 del d.P.R. n. 600/73 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, era sufficiente la sussistenza di ‘ seri indizi di reato ‘ che facevano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa era presentata oltre i termini di decadenza senza che, con riguardo agli avvisi, per i periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidessero le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132 della legge n. 208 del 2015 attesa la disposizione transitoria ivi introdotta che richiamava l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, facente salvi gli effetti degli avvisi già notificati; la infondatezza di tale censura si estendeva alla dedotta violazione del principio dell’affidamento e alla eccepita compressione del diritto di difesa, nella specie, non violati; 2) nel merito, era legittima la ripresa, ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis , della legge n. 537/1993, dei costi (ai fini Ires e Irap) indebitamente dedotti da RAGIONE_SOCIALE relativamente a fatture emesse da società c.d. cartiere, trattandosi di spese per prestazioni di servizi direttamente utilizzate per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero aveva esercitato l’azione penale; in particolare, secondo il meccanismo fraudolento contestato dall’Ufficio le società reali (tra cui RAGIONE_SOCIALE) creavano le cartiere che assumevano i lavoratori RAGIONE_SOCIALE imprese reali, per poi, in forza di fittizi contratti di associazione in partecipazione tra le cartiere e le aziende reali, essere la manodopera precedentemente assunta dalle associate (società cartiere) fornita agli associanti (imprese reali) dietro riconoscimento mensile da parte di questi ultimi alle associate di un’apparente partecipazione agli utili (essendo le somme versate dagli associanti, in realtà, utilizzate per il pagamento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni nette dei lavoratori) con compensazione da parte RAGIONE_SOCIALE cartiere degli oneri fiscali e contributivi dovuti ai d ipendenti con crediti Iva inesistenti e trasferimento RAGIONE_SOCIALE stesse all’estero per sottrarle a qualunque azione di recupero RAGIONE_SOCIALE imposte evase; ad avviso della CTR, trattavasi di costi indeducibili in quanto direttamente connessi a comportamenti posti in essere per finalità integranti reati non colposi come dimostrato ‘ dalla identità formale dei contratti, dalla mera apparenza della
prevista partecipazione agli utili, dalle tracce informatiche del meccanismo fraudolento posto in essere, suffragato dalle dichiarazioni rese dai lavoratori, e dalla stessa scelta del meccanismo, oggettivamente anomalo, dell’associazione in partecipazione in fattispecie nelle quali l’associato (cartiera) eroga va una prestazione fatturata mensilmente a prescindere dalla non rilevata o quantificata quota di utili ‘; dalle indagini penali era risultato evidente che proprio il carattere strumentale e fittizio dei contratti di associazione in partecipazione escludevano la buona fede del contribuente con conseguente non detraibilità dell’Iva sulle operazioni contestate; 3) ugualmente erano indeducibili i costi per le contestate operazioni inesistenti o comunque non inerenti, trovando nella specie applicazione i principi di Cass. n. 951/2009, secondo cui, in tema di operazioni asseritamente inesistenti, a fronte della prova da parte dell’Amministrazione , anche a mezzo presunzioni semplici, della falsità RAGIONE_SOCIALE fatture rappresentanti le operazioni, ricadeva sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate senza che fosse sufficiente, a tal fine, l’apparente regolarità RAGIONE_SOCIALE annotazioni contabili.
4.Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società con sedici motivi illustrato con successiva memoria.
Resiste con ‘atto di costituzione’ l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600/73 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633/72, come modificati dall’art. 37, commi 24 e 25 del d.l. n. 223/2006 anche in relazione agli artt. 2, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, 1, commi 130, 131 e 132 della l. n. 208 del 2015, alla luce degli artt. 97, 53, 24 e Cost. per avere la CTR erroneamente respinto l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento essendo stato l’avviso, per il 2006, notificato oltre il termine decadenziale previsto ex lege , non potendo trovare applicazione il raddoppio dei termini stante l’inoltro della notitia criminis all’autorità giudiziaria dopo la scadenza del termine ordinario di decadenza ; in particolare, ad avviso della ricorrente, le modifiche apportate agli artt. 43 cit . e
57 cit. prima dall’art. 2, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 128/2015 e poi dall’art. 1, commi 130-132, della legge n. 208/2015, confermavano l’inapplicabilità de l raddoppio dei termini all’avviso di accertamento per il 2006 (riguardante un periodo di imposta antecedente al 2016) per il quale il termine ordinario di decadenza dall’accertamento era già decorso alla data dell’inoltro della notitia criminis .
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo questa Corte, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’ Iva, come modificati dall ‘ art. 37, comma 24, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla L. 248 del 2006, nella versione applicabile ratione temporis , sono raddoppiati in presenza di ‘seri indizi di reato’ che facciano sorgere l’ obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo: Cass. 13 settembre 2018, n. 22337), anche con riferimento alle annualità d’imposta anteriori a quella pendente al momento dell’entrata in vigore (4 luglio 2006) del predetto decreto, tanto derivando non dalla natura retroattiva della novella, ma, secondo la lettura di tali disposizioni data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 247 del 2011, dalla circostanza che, stabilendo il prolungamento dei termini non ancora scaduti alla data dell ‘ entrata in vigore del detto decreto, essa incide necessariamente (protraendoli) sui termini di accertamento RAGIONE_SOCIALE violazioni che si assumono commesse prima di tale data, nel rispetto del principio cristallizzato dall’art. 11, comma 1, disp. prel. al c.c. (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27629; Cass. sez. 6-5, n. 33793 del 2019).
1.3.Inoltre, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte
dall’art. 1, commi da 130 a 132, della I. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass. 14 maggio 2018, n. 11620; Cass. sez. 6-5, n. 33793 del 2019).
1.4. Infatti, secondo l ‘ art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015: «sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Sono, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015 ».
1.5. Dalla giurisprudenza citata si evince un favor del legislatore per il raddoppio dei termini in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l ‘ obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa), in ossequio ai principi costituzionali di cui all ‘ art. 53 Cost. (capacità contributiva) e 112 Cost. (obbligo di esercitare l’azione penale e interesse della collettività al perseguimento dei reati) tutte le volte in cui tale raddoppio del termine non incida su diritti fondamentali del contribuente, quali il diritto di difesa (Cass., sez. V, n. 15922 del 2021; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21698; Cass., Sez. V, 15 luglio 2020, n. 15001; Cass., Sez. VI-V, 19 dicembre 2019, n. 33793; Cass., 5 novembre 2019, n. 28356; Cass., Sez. VI, 14 maggio 2018, n. 11620; Cass., Sez. V, 16 dicembre 2016, n. 26037; da ultimo, Cass., sez. 5, n. 23662 del 2023).
1.6.Al riguardo, l’art. 2, comma 3, cit. va interpretato in maniera costituzionalmente orientata alla luce della suddetta ratio nonché alla luce di una interpretazione piana e lineare della norma, la quale consente – senza alcun distinguo quanto al momento in cui sia sorto l’obbligo della denuncia – il raddoppio del termine ove l’avviso di accertamento sia stato comunque notificat o
entro la data di entrata in vigore del d.lgs. n. 128 del 2015 (ossia il 2 settembre 2015: nella specie la notifica è avvenuta il 27.2.2013). Pertanto, il regime transitorio previsto dalla l. n. 208 cit. per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 – secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, quali stabiliti dal secondo periodo comma 132, opera, nel caso RAGIONE_SOCIALE indicate violazioni penali, solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’Amministrazione Finanziaria entro il termine stabilito nel primo periodo del medesimo comma 132 – riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015, in quanto, ai sensi dell’art. 3 comma 2, del d.lgs. n. 128 del 2015 sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili, con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto (cfr. Cass., 14 maggio 2018, n. 11620; 16 dicembre 2016, n. 26037; 9 agosto 2016, n. 16728; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23662 del 2023).
1.7. Nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere applicabile il raddoppio dei termini con riguardo all’avviso di accertamento per l’anno 2006, notificato il 27.2.2013 (prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 128 del 2015) ancorché l’inoltro della notitia criminis fosse avvenuto dopo il decorso del termine ordinario di decadenza.
2. Con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. per avere la CTR, con una motivazione omessa e/o apparente, respinto i sollevati profili di illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 97, 53, 24 e 3 Cost., dell’istituto d el c.d. raddoppio dei termini, nella disciplina previgente al d.lgs. n. 128/2015, ove interpretato (nella lettura offerta dall’Ufficio e fatta propria dal giudice di appello) nel senso della operatività dello stesso anche con riferimento a quei periodi di imposta per i quali il termine ordinario di decadenza fosse già decorso alla data dell’inoltro della notitia criminis .
2.1.Il motivo è infondato.
2.2.Invero, nella sentenza impugnata la CTR – dopo avere ritenuto infondata l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento con riguardo all’avviso per l’anno 2006 (notificato in data 27.2.2013, prima dell ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 128 del 2015) non incidendo retroattivamente, in relazione agli avvisi già notificati, relativi a periodi d ‘ imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della L. n. 208/2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell ‘ art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui fa salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni e degli inviti a comparire ex art. 5 d. lgs. n. 218 del 1997 già notificati (entro il 2 settembre 2015) – ha disatteso i sollevati profili di illegittimità costituzionale sollevati dalla contribuente, in riferimento agli artt. 3, 24,53 e 97 Cost., con riguardo al detto istituto ove interpretato nel senso dell’applicabilità del raddoppio del termine, nella disciplina previgente al d.lgs. n. 128/2015, anche con riferimento a quei periodi di imposta per i quali il termine ordinario di decadenza fosse già decorso alla data dell’inoltro della notitia criminis, affermando, con una motivazione, sebbene succinta, comprensibile e intellegibile che ‘ la declaratoria di infondatezza si estende, per ovvia conseguenzialità, alla dedotta violazione del principio dell’affidamento e alla compressione del diritto di difesa, certamente non violati nella fattispecie che ci occupa ‘ ; con ciò, ponendo sostanzialmente in rilievo il favor del legislatore per il raddoppio dei termini in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l ‘ obbligo di presentazione di denuncia penale attesa la mancata incisione, nella specie -in base ad un apprezzamento di merito insindacabile in questa sededel raddoppio del termine su diritti fondamentali della contribuente, quali il diritto di difesa.
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600/73 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972 come modificati dall’art. 37, commi 24 e 25 del d.l. n. 223/2006 per avere la CTR ritenuto applicabile all’accertamento , per il 2006, il raddoppio dei termini a prescindere dalla verifica della sussistenza dell’obbligo di denuncia di cui all’art. 331 c.p.p. sebbene, come eccepito nell’atto
di appello, gli elementi raccolti in sede di verifica da parte della G.d.F. non consentissero di ritenere integrati gli estremi di alcuno dei reati previsti dal Dlgs. n. 74/2000 (in particolare, gli asseriti costi indeducibili erano soltanto quelli di cui alla fattura 3/2006 che recava un imponibile di euro 13.446,22 per cui non vi era alcun obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.c. non essendo il reato di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 74/2 000 neanche astrattamente ipotizzabile; con riguardo alla fattura n. 1/2007 emessa da RAGIONE_SOCIALE relativamente al contratto di licenza d’uso del marchio OSM, dalla corrispondenza sociale si evinceva l’effettivo utilizzo del marchio regolarmente registrato, e, a conferma dell’esistenza del contratto di licenza d’uso , sulle somme versate alla società spagnola risultava effettuata la corrispondente ritenuta prevista dalla Convenzione Italia- Spagna per evitare le doppie imposizioni) con conseguente insussistenza di alcun obbligo di denuncia in capo ai verificatori.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2.Va premesso che, secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, il presupposto del raddoppio dei termini per l ‘ accertamento in caso di «violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74» (artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 3, d.P.R. N. 633/1972) è integrato dalla mera sussistenza dell’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, sicché, ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell ‘ obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario (Cass., Sez. V, 2 luglio 2020, n. 13481; Cass., Sez. VI, 4 novembre 2019, n. 28311; Cass., Sez. VI, 28 giugno 2019, n. 17586; Cass., Sez. V, 13 settembre 2018, n. 22337). Il che è conforme all’insegnamento del Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, ove osserva che «la lettera della legge impedisce di interpretare le disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato quest’ultima interpretazione contrasterebbe anche con il vigente regime del cosiddetto “doppio binario” tra
giudizio penale e procedimento e processo tributari» (Corte cost., 25 luglio 2011, n. 247). E’, pertanto, sufficiente ai fini del raddoppio dei termini il riscontro, ex ante , della sussistenza di seri indizi di reato tali da far insorgere l ‘ obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza (Cass., Sez. VI, 14 maggio 2018, n. 11620; Cass. sez. 5, n. 15922 del 2021).
3.3. Nella sentenza impugnata la CTR si è attenuta ai suddetti principi, in quanto nel rigettare, richiama ndo i principi di cui Cass. n. 16728 del 2016, l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere accertativo per il 2006, stante l’applicazione del raddoppio dei termini, nella disciplina previgente al d.lgs. n. 128/2015, anche nell’ipotesi , come nella specie, di inoltro della notizia di reato dopo il decorso del termine ordinario di decadenza, ha implicitamente accertato l’esistenza, nella specie, dei presuppo sti dell’ obbligo di denuncia (ovvero dei ‘ seri indizi di reato ‘) con riguardo ad uno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, essendo invece precluso l’accertamento da parte del giudice tributario -inammissibilmente anche prospettato con il motivo di ricorso nella parte in cui si deduce che ‘ gli elementi raccolti in occasione della verifica da parte della Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza non consentivano integrati gli estremi di alcuno dei reati previsti dal D.lgs. n. 74/2000 ‘ – della sussistenza del reato.
4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto contr overso e decisivo per il giudizio per avere la CTR nel rigettare l’eccezione di decadenza dal potere accertativo dell’Ufficio , per il 2006, stante l’ applicabilità del raddoppio dei termini -omesso di considerare le circostanze fattuali dedotte da ultimo nell’atto di appello ( riportate nel precedente motivo di ricorso) che avrebbero, se debitamente esaminate, condotto il giudice all’accoglimento dell’eccezione per mancanza, nel caso di specie, di elementi istruttori a carico di RAGIONE_SOCIALE tali da comportare l’obbligo di inoltro della notitia criminis per ipotesi di reati ai sensi del d.lgs. n. 74/2000.
4.1. Il motivo si profila inammissibile.
4.2.Va premesso che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, applicabile ratione temporis ), riferisce l’omesso esame ad un preciso
accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (Cass. Sez. U, 8053/2014, Cass. 24035/2018), non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”(Cass. n.n. 12481 del 2022; 2268/2022, 22397/2019, 14802/2017). Affinché una simile censura sia rituale deve quindi trattarsi di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con la conseguenza, tra l’altro, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, tale vizio, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 27415/2018, 7472/2017); rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021).
4.3. Nella specie, la ricorrente, lungi dall’avere indicato specificamente indicato alcun fatto storico, avente le caratteristiche sopra indicate, del quale sia stato omesso l’esame da parte del giudice di merito, sollecita con il mezzo in esame un inammissibile accertamento da parte del giudice tributario, in base agli elementi fattuali asseritamente trascurati, della sussistenza del reato laddove, ai fini della corretta applicazione dell’istituto del raddoppio dei termini era sufficiente il riscontro, ex ante – implicitamente effettuato dal giudice di appello -della sussistenza di ‘seri indizi di reato’ tali da far insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (inviata, per l’annualità 2006, dopo il decorso del termine ordinario di decadenza).
4.4. Peraltro, la doglianza è inammissibile in quanto contravviene al principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nell ‘ ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto
poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528 del 2014); adempimento che la ricorrente, nel caso di specie, non ha svolto, emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
5. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600/73, 57, comma 3, del d.P.R. n. 633/72 come modificati dall’art. 37 commi 24 e 25 del d.l. n. 223/2006 con riferimento all’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, per avere la CTR, nel rigettare integralmente l’appello della contribuente, implicitamente disatteso l’ulteriore eccezione della società in punto di inapplicabilità dell’istituto del ra ddoppio dei termini, ai fini Irap, e relativi recuperi sanzionatori (con riguardo agli anni imposta 2006, 2007 e 2008, avvisi tutti notificati oltre i termini ordinari di accertamento).
5.1.Il motivo è fondato.
5.2.Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, non può trovare applicazione anche per l’IRAP, poiché le violazioni RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali (Cass., Sez. V, 13 gennaio 2021, n. 341; Cass., Sez. VI, 20 maggio 2020, n. 6668; Cass., Sez. VI, 9 marzo 2020, n. 6668; Cass., Sez. VI, 24 febbraio 2020, n. 4742; Cass., Sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10483; Cass., sez. V, n. 12835 del 2022). Nella specie, il giudice si appello non si è attenuto ai suddetti principi nel confermare la legittimità degli avvisi di accertamento (per gli anni 2006, 2007 e 2008) per i quali aveva trovato applicazione l’istituto del raddoppio del termine essendo stati notificati oltre i termini ordinari di accertamento (v. avvisi di accertamento e atti introduttivi allegati al ricorso) anche con riguardo alla ripresa Irap e ai relativi recuperi sanzionatori.
6. Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600/73, 57, comma 3, del d.P.R. n. 633/72, come modificati dall’art. 37 commi 24 e 25 del d.l. n. 223/2006 con riferimento all’art. 20, comma 1, del
d.lgs. n. 472/1997 per avere la CTR erroneamente respinto l’eccezione di nullità degli atti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni contestuali agli avvisi di accertamento ai fini Ires, Irap e Iva, relativi ai periodi di imposta 2006-2008 (avvisi tutti notificati oltre gli ordinari termini di accertamento) sebbene l’istituto del raddoppio dei termini non fosse applicabile con riferimento agli atti di contestazione /irrogazione sanzioni.
6.1. Fatta salva la fondatezza del quinto motivo quanto alla non applicabilità del raddoppio dei termini con riferimento all’Irap (e relative pretese sanzionatorie), il motivo è infondato.
6.2. Il raddoppio dei termini afferisce tanto alle imposte quanto alle sanzioni. È proprio l’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, a richiamare espressamente la materia RAGIONE_SOCIALE sanzioni, tra quelle per le quali si fa addirittura salva la pregressa disciplina, così come introdotta dal D.L. del 2006 n. 223.
6.3. D’altronde, come si desume dall’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997, «l’atto di contestazione di cui all’art. 16, ovvero l’atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione, o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi», da ciò evincendosi, in modo non equivoco, che i termini per l’accertamento e quelli per la irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni corrono parallelamente. Sulle solide basi di questa disciplina questa Corte ha pertanto affermato che i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se archiviata o tardiva, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento già notificati, relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui fa salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni e degli inviti a comparire ex art. 5 d. lgs. n.
218 del 1997 già notificati (Cass., 19 dicembre 2019, n. 33793; Cass., sez. 5, n. 23662 del 2023).
6.4.Il giudice di appello si è pertanto uniformato ai suddetti principi nel ritenere applicabile l’istituto del raddoppio dei termini anche ai provvedimenti sanzionatori contestuali agli avvisi di accertamento ai fini Ires e Iva (per le annualità 2006-2008).
Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la CTR trascurato di esaminare le circostanze fattuali dedotte dalla società, da ultimo nell’atto di appello (stipulazione di contratti di associazione in partecipazione con società effettive che già disponevano di personale specializzato; mancanza di alcun artificioso passaggio di personale da RAGIONE_SOCIALE alle associate pretese cartiere; congruità dei costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni rese dai dipendenti RAGIONE_SOCIALE società associate; effettivo svolgimento da parte dei lavoratori alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE associate presunte cartiere della loro opera presso numerose aziende committenti di importanza nazionale) atte a comprovare la totale estraneità della contribuente all’asserito meccanismo fraudatorio e, dunque, il mancato utilizzo di detti costi direttamente per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo.
8. Con l’ottavo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la CTR trascurato di esaminare le circostanze fattuali dedotte dalla società, da ultimo nell’atto di appello ( contratti di associazione in partecipazione non formali ma distinti e ben specificati; versamento mensile da parte della associante alle associate dei corrispettivi degli apporti di servizi regolarmente fatturati e anticipazioni sulla quota di utile spettante al termine dell’esercizio; inidoneità a costituire strumento di frode dei prospetti di calcolo di corrispettivi da fatturare redatti da professionisti RAGIONE_SOCIALE associate, non allegati agli avvisi né prodotti in giudizio; mancata dipendenza dei lavoratori da RAGIONE_SOCIALE svolgente soltanto funzioni di coordinamento e di organizzazione dei servizi stessi) atte a
comprovare il mancato utilizzo di detti costi direttamente per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo.
Con il nono motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 comma 4 -bis della legge 537/93, in combinato con l’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917/86 anche in riferimento agli artt. 3, 41 e 53 Cost. per avere la CTR ritenuto i costi in questione direttamente connessi a comportamenti posti in essere per finalità integranti reati non colposi al contempo imputando soggettivamente la fattispecie di reato ad altri rispetto a RAGIONE_SOCIALE e prec isamente alle associate asserite cartiere (‘ le cartiere compensavano gli oneri fiscali e contributivi dovuti ai dipendenti con crediti Iva e infine venivano trasferite all’estero sottraendosi così alla possibilità di qualunque azione per il recupero RAGIONE_SOCIALE imposte evase ‘). Una lettura dell’art. 14, comma 14 bis cit. che ammettesse una tassazione al lordo di attività pienamente lecite per la sola ragione – successivamente al loro svolgimento della commissione ad opera di altri di reati delittuosi esporrebbe la norma medesima, ad avviso della ricorrente, a profili di incostituzionalità in riferimento agli artt. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica privata) 53 Cost. (capacità contributiva).
Con il decimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 comma 4 -bis della legge n. 537/93, alla luce della qualificazione dei costi contestati come afferenti ad operazioni soggettivamente inesistenti ai fini Iva per avere la CTR confermato l’indetraibilità dell’Iva configurando l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (evocando, al riguardo, il richiamo operato dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni in appello al procedimento penale RG n. 9499/2012 dinanzi al Tribunale di Firenze che vedeva il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE imputato per utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti) in assoluta estraneità rispetto alla configurazione del rapporto di causalità di cui all’art. 14, comma 4bis cit.
Con l’undicesimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 , in
combinato con gli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c. per avere la CTR confermato l’indetraibilità dell’Iva sull’assunto che afferisse a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti escludendo la buona fede della società; con ciò disconoscendo, in spregio ai criteri di riparto degli oneri probatori, gli elementi circostanziali comprovati documentalmente in giudizio (riportati nell’illustrazione dei motivi settimo, ottavo e nono) e denotanti l’effettività, l’inerenza e l’economicità dei costi sostenuti rispetto all’attività svolta.
12. I motivi dal settimo all’undicesimo da trattarsi congiuntamente per connessione- sono inammissibili il settimo e l’ottavo, in parte inammissibile e , in parte, infondato il nono, infondato il decimo, inammissibile l’undicesimo.
13.Invero, quanto alla possibilità per la società di dedurre i costi o di detrarre l’Iva, con riguardo alla contestazione relativa al compimento di operazioni soggettivamente inesistenti, deve valutarsi l’applicazione dell’art. 14 comma 4bis legge 1993 n. 537 come modificato dal d.l. 16/2012.
13.1.In relazione, alla deducibilità dei costi da attività illecita, l’art. 2, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha inserito il comma 4bis dopo il comma 4 della legge 537/1993, in base al quale “nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi,…. non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti”. Pertanto, con la legge 289/2002 si è prevista la non deducibilità di costi o spese riconducibili a “reati”.
13.2.L’art. 8, comma 1, del d.l. 16 del 2012, sostituendo il comma 4bis della legge 537/1993, ha, invece, reso possibile, a determinate condizioni, la deducibilità di costi collegati a reati, con esclusione però dei costi e RAGIONE_SOCIALE spese “direttamente utilizzati” per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale. In particolare, il nuovo art. 14 comma 4bis legge 537/1993, dopo il d.l. 16/2012, prevede che “nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi…. non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o RAGIONE_SOCIALE prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il
compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il Pubblico Ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”.
13.3.Il comma 3 dell’art. 8 del d.l. 16/2012, poi, detta la disciplina transitoria, con effetto retroattivo RAGIONE_SOCIALE norme se più favorevoli al contribuente (“le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-bis dell’art. 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi”), con rilievo anche d’ufficio da parte del giudice (Cass., 661/2014; Cass., 26461/2014; Cass., 19617/2018).
13.4.Pertanto, l’indeducibilità sostanziale dei costi opera solo per i costi inerenti l’acquisto di beni e servizi direttamente utilizzati per la commissione di delitti non colposi; sicché non è sufficiente per escludere la deducibilità dei costi che gli stessi afferiscano genericamente alla commissione del reato doloso, ma è necessario che siano stati sopportati per acquisire beni direttamente utilizzati per la commissione di reati dolosi.
13.5.L’art. 8, comma 1, del d.l. 16/2012 non concerne i costi relativi ad operazioni in tutto o in parte inesistenti (Cass., sez. 5, 19 dicembre 2019, n. 33915), mentre trova applicazione per i costi relativi a fatture soggettivamente inesistenti, in quanto in tale seconda ipotesi il costo riportato in fattura è effettivo e, di regola, non è utilizzato per la commissione di alcun reato (Cass., sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34727).
13.6.Si è, quindi, chiarito che, in tema di “imposte sui redditi”, ai sensi dell ‘ art. 14, comma 4bis , della L. n. 537 del 1993 (nella formulazione introdotta dall ‘ art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in L. n. 44 del 2012), che opera, in ragione del comma 3 della stessa disposizione, quale “ius superveniens” con efficacia retroattiva “in bonam partem “, sono deducibili i costi RAGIONE_SOCIALE operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il solo fatto che siano sta ti sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni, salvo che detti costi siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (Cass., 6-5, 6 luglio 2018, n. 17788; Cass. sez. 5, n. 19169 del 2021).
13.7.La disciplina dell’art. 8, però, non riguarda la disciplina Iva, sicché con riferimento alle fatture passive soggettivamente inesistenti, permane la indetraibilità di tale imposta ove il contribuente, dopo che l’Amministrazione ha offerto la prova che lo stesso “sapeva” dell’accordo simulatorio o “avrebbe dovuto saperlo”, utilizzando la comune diligenza, non dimostri la sua buona fede e quindi l’estraneità alla frode nel cui ambito tali fatture siano state emesse oltre alle condotte adottate per verificare l’effettiva attività svolta dalla ditte fornitrici (Cass., sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34727, paragrafo 5.5.; Cass., 12 dicembre 2019, n. 32589).
13.8. Pertanto, per questa Corte, a norma dell’art. 14, comma 4-bis, della I. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012 (conv. in I. n. 44 del 2012), poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti i beni acquistati non sono stati utilizzati
direttamente “al fine di commettere il reato”, bensì per essere commercializzati, non è sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da un soggetto diverso dall’effettivo venditore per escludere la deducibilità, ai fini RAGIONE_SOCIALE “imposte dirette”, dei costi relativi a siffatte operazioni anche ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., 24426/2013; Cass. 13803/2014; Cass. 10167/2012; Cass. 12503/2013; Cass. 25249/2016; Cass. 16528/2018). Ne consegue, dunque, che ai soggetti coinvolti nelle frodi carosello non è più contestabile, in relazione alla novella, ai fini RAGIONE_SOCIALE “imposte dirette”, la deducibilità dei costi, in quanto i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente “al fine di commettere il reato”, ma, salvo prova contraria, per essere commercializzati e venduti (Cass., 27566/2018).
13.9.Per questa Corte, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere (in tal senso anche Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, causa C-277/14 PPUK; anche 15 luglio 2015, causa C-159/14 NOME; 15 luglio 2015, causa C123/14 Itales; 13 febbraio 2014′ in causa C -18/13 NOME Pen NOME; 21 giugno 2012, in causa C-80/11 e C-142/11, COGNOME NOME), con l ‘ uso della diligenza media, che l ‘ operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode. La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto (nella specie, di leasing immobiliare), il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il bene al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode (Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873). Pertanto, in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode
carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., 14 marzo 2018, n. 6291; Cass., 28 marzo 2018, n. 7613). L’Amministrazione finanziaria non può limitarsi a dimostrare l’inidoneità operativa del cedente, ma deve dimostrare altresì che il cessionario quantomeno fosse in grado di percepire (“avrebbe dovuto”) tale inidoneità in base alla sua diligenza specifica quale operatore medio del settore (Cass., 6864/2016). Più in generale l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare (in base ad elementi oggettivi, anche presuntivi; Cass., n. 155044 e n. 20059 del 2014) che il cessionario o committente si trovasse di fronte a circostanze indizianti dell’esistenza di irregolarità nell’operazione.
Per questa Corte, poi, in tema di IVA, il diritto del contribuente alla relativa detrazione costituisce principio fondamentale del sistema comune europeo come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 6 luglio 2006, in C-439/04 e C-440/04, 6 dicembre 2012, in C-285/11, 31 gennaio 2013, in C-642/11) – e non è suscettibile, in linea di principio, di limitazioni. Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga che il diritto debba essere negato attenendo la fatturazione ad operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche avvalendosi di presunzioni semplici, che le operazioni non sono state effettuate o, nella seconda ipotesi, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene
od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore, fermo restando che, nelle ipotesi “più semplici” (operazioni soggettivamente inesistente di tipo triangolare), detto onere può esaurirsi, “attesa l’immediatezza dei rapporti”, nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale, mentre in quelle più complesse di “frode carosello” (contraddistinta da una catena di passaggi, in cui sono riscontrabili fatturazioni per operazioni sia oggettivamente che soggettivamente inesistenti, con strumentali interposizioni anche di società “filtro”) occorre dimostrare gli elementi di fatto caratterizzanti la frode e la consapevolezza di essi da parte del contribuente (Cass., 30 ottobre 2013, n. 24426; in tema di frodi carosello vedi Cass., 26464/2018, che richiama Cass. n. 9721/2018 e Cass., 9851/2018; Cass. sez. 5, n. 19169 del 2021).
14. Come si evince dalla sentenza impugnata e dallo stralcio dell’avviso di accertamento (relativo al 2006) riportato, a titolo esemplificativo, in ricorso (pag. 9-10), con riguardo alla contestazione RAGIONE_SOCIALE operazioni soggettivamente inesistenti, il meccanismo fraudolento emerso a seguito RAGIONE_SOCIALE indagini della GdF e posto a fondamento degli atti impositivi in questione, si articolava: 1) nella creazione ad opera di alcuni professionisti, in accordo con i titolari RAGIONE_SOCIALE imprese reali (tra cui RAGIONE_SOCIALE), di società c.d. cartiere intestate a prestanome; 2) nell’assunzione da parte RAGIONE_SOCIALE cartiere dei lavoratori RAGIONE_SOCIALE imprese reali; 3) nella predisposizione di contratti di associazione in partecipazione tra le cartiere e le aziende reali mediante i quali gli associati (società cartiere) fornivano agli associanti (le imprese reali) la manodopera precedentemente assunta e gli associanti, a loro volta, riconoscevano mensilmente agli associati un’anticipazione sugli utili con utilizzo, in realtà, RAGIONE_SOCIALE somme versate per il pagamento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni nette dei lavoratori;4) nella compensazione ad opera RAGIONE_SOCIALE cartiere degli oneri fiscali e contributivi dovuti per i lavoratori dipendenti con crediti Iva inesistenti; 5) nel trasferimento RAGIONE_SOCIALE cartiere all’estero per sottrarle ad eventuali controlli.
15.Nella sentenza impugnata la RAGIONE_SOCIALE ha, in applicazione dei suddetti principi, correttamente ritenuto indeducibili, quanto alle imposte dirette, i costi relativi
alle contestate operazioni soggettivamente inesistenti -secondo lo schema fraudatorio sopra rappresentatoai sensi dell’art. 14, comma 4bis, della legge n. 537/93, nella formulazione novellata dal d.l. n. 16/2012, applicabile retroattivamente in quanto più favorevole rispetto al previgente comma 4bis anche nella parte in cui esclude la detraibilità dei costi soltanto se direttamente utilizzati per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il P.M. abbia esercitato l’azion e penale; in particolare, la CTR -con un accertamento non sindacabile in sede di legittimità – ha ritenuto trattarsi di costi non già afferenti genericamente alla commissione del reato doloso ma ‘ direttamente connessi a comportamenti posti in essere per finalità integranti reati non colposi ‘ come dimostrato ‘ dalla identità formale dei contratti, dalla mera apparenza della prevista partecipazione agli utili, dalle tracce informatiche del meccanismo fraudolento posto in essere, suffragato dalle dichiarazioni rese dai lavoratori, e dalla stessa scelta del meccanismo, oggettivamente anomalo, dell’associazione in partecipazione in fattispecie nelle quali l’associato (cartiera) erogava una prestazione fatturata mensilmente a prescindere dalla non rilevata o quantificata quota di utili ‘.
16.Il nono motivo, peraltro, non è attinente al decisum nella parte in cui assume che la CTR abbia negato la detraibilità dei c.d. costi da reato imputando, al contempo, soggettivamente la fattispecie di reato a terzi (asserite cartiere) rispetto a RAGIONE_SOCIALE Invero, come sopra evidenziato, lo schema fraudatorio emerso si impernia sull’utilizzo da parte di RAGIONE_SOCIALE di fittizi contratti di associazione in partecipazione e sulla mera apparenza della prevista partecipazione agli utili da parte RAGIONE_SOCIALE associate (cartiere) con imputazione -come precisato nello stesso ricorso (pag. 50) attraverso il richiamo al procedimento penale RG n. 9499/2012 avanti il Tribunale di Firenze -del legale rappresentante di NOME per utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Tali considerazioni svuotano, peraltro, i paventati dubbi di costituzionalità quanto alla supposta lettura del comma 4 bis dell’art. 14 cit. nel senso di ammettere una tassazione al lordo di attività lecite per la sola ragione che, successivamente al loro svolgimento, vengono commessi i reati delittuosi da altri.
17. Inammissibili sono il settimo e l’ottavo motivo atteso che non si basano su fatti storici, quanto sulla assunta illegittimità degli avvisi di accertamento giacché la Corte non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALE prove dedotte nel corso dei giudizi merito le quali dimostrerebbero la estraneità di RAGIONE_SOCIALE al meccanismo fraudatorio e il mancato utilizzo di detti costi direttamente per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo. Invero, nel contestare tale soluzione, parte ricorrente denuncia un’errata valutazione del materiale probatorio acquisito nel tentativo di sollecitare una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, certamente inammissibile innanzi a questa Corte. È noto, infatti, che non compete a questa Corte il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, unico depositario del potere-dovere di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (v. tra le tante, Cass. n. 27197 del 2011 e n. 24679 del 2013). Peraltro, le suddette doglianze sono inammissibili anche in quanto contravvengono al principio di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell ‘ art. 348 ter cod. proc. civ. (per le medesime argomentazioni svolte con riguardo al quarto motivo cui si rinvia).
18.I nfondato è il decimo motivo avendo la CTR ritenuto indetraibile l’Iva relativa alle medesime operazioni soggettivamente inesistenti facendo applicazione dei principi giurisprudenziali in materia sopra richiamati, e stimando, a tal propositocon un apprezzamento insindacabile di meritoprovata dall’Amministrazione non solo- in base allo schema fraudatorio sopra delineato- la fittizietà della associate fatturanti -ma anche la consapevolezza da parte della contribuente del carattere illecito del meccani smo praticato atteso che ‘ proprio il carattere strumentale e fittizio dei contratti di associazione in partecipazione escludevano la buona fede ‘ di quest’ultima senza che la stessa avesse addotto validi elementi a contrario.
19. L’undicesimo motivo si profila i nammissibile atteso che, in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato, tutt’al più, attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017 e n. 12634 del 2020); peraltro, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013). In particolare, questa Corte ha precisato che ‘ In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa
consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).Invero, la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5, n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
20.Nella specie, la CTR ha escluso la detraibilità dell’Iva in riferimento alle contestate operazioni soggettivamente inesistenti ritenendo -con un apprezzamento di merito non sindacabile in questa sede – da un lato, che l’Amministrazione avesse assolto all’onere probatorio in ordine non solo alla fittizietà RAGIONE_SOCIALE società associate fatturanti ma anche alla consapevolezza da parte della contribuente (associante) del carattere fraudolento del meccanismo posto in essere a fronte d ell’emerso elemento indiziante dell’esistenza di irregolarità nelle operazioni costituito proprio dal carattere strumentale e fittizio dei contratti di associazione in partecipazione conclusi tra le cartiere e le aziende reali (tra cui RAGIONE_SOCIALE)e, dall’altro, che quest’ultima non avesse assolto a ll’onere probatorio a contrario circa l’uso della diligenza massima esigibile per non essere coinvolta in un’operazione volta ad evadere l’imposta, atteso che, proprio in base alle emerse circostanze del caso concreto (di conclusione da parte di RAGIONE_SOCIALE di fittizi contratti di associazione in partecipazione e di una mera apparenza della prevista partecipazione agli utili da parte RAGIONE_SOCIALE associate) era da escludere la sua buona fede; con ciò, il giudice di appello ha implicitamente disatteso tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, erano logicamente incompatibili con la decisione adottata.
21. Con il dodicesimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. per avere la CTR confermato la legittimità anche degli altri rilievi minori (utilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti e comunque relative a costi non inerenti aventi ad oggetto canoni di sfruttamento del marchio OSM di proprietà della società spagnola RAGIONE_SOCIALE, relativi a contratti di associazione in partecipazione con COGNOME NOME e COGNOME NOME, e concernenti quote di ammortamento di un’auto aziendale ) con una motivazione omessa e/o apparente.
21.1.Il motivo è infondato.
21.2.Come precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021). Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né RAGIONE_SOCIALE modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato (Sez. U, Sentenza n. del 16/01/2015;Sez. 5, Sentenza n. del 08/05/ 2015;Sez. 5, Ord. n. del 06/10/2022). Nella specie, con riguardo alla contestata deducibilità dei costi per le operazioni (oggettivamente) inesistenti o
comunque non inerenti, la CTR ha ritenuto, con una motivazione intellegibile e
scevra da vizi logicigiuridici, applicabili ‘ ai vari costi, tutti legittimamente recuperati ‘ i principi richiamati nella sentenza di questa Corte (Cass., sez. 5, n. 951 del 2009) secondo cui, in tema di operazioni inesistenti, a fronte della prova da parte dell’Amministrazione, anche a mezzo presunzioni semplici, che l’operazione rappresentata dalla fattura non era mai stata posta in essere, ricadeva sul contribuente l’onere di dimostrare -nella specie, ritenuto evidentemente non assolto -l ‘effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni senza che fosse sufficiente, a tal fine, l’apparente regolarità RAGIONE_SOCIALE annotazioni contabili , perché proprio una tale condotta era, di regola, alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di lunga eccedente quello effettivo.
2 3. Con il tredicesimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la CTR confermato la ripresa a tassazione dei costi relativi ai canoni per l’utilizzo del marchio OSM omettendo di considerare gli elementi fattuali documentalmente dimostrati in giudizio dalla contribuente ( l’esistenza del marchio, regolarmente registrato nei pubblici uffici di Monaco il 7 novembre 1997 ; l’effettivo utilizzo del marchio OSM da parte di RAGIONE_SOCIALE; la valenza commerciale di tale marchio stante il suo prestigio nel settore; l’incidenza positiva dell’utilizzo del detto marchio sul fatturato di RAGIONE_SOCIALE; la congruità dei canoni corrisposti da NOME rispetto al valore commerciale del marchio) atti a comprovare l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni e , pertanto, l’inerenza e l’economicità dei relativi costi.
24. Con il quattordicesimo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la CTR confermato la ripresa a tassazione dei costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE relativamente ai contratti di associazione in partecipazione intercorsi con NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento di autovettura aziendale, senza considerare gli elementi fattuali documentalmente dimostrati in giudizio dalla contribuente (le circostanze gestionali che avevano condotto alla stipula dei contratti di associazione in partecipazione; l’assenza di vantaggi fiscali riconnessi alla stipula dei detti contratti; l’effettività e l’incidenza positiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese per effetto di
detti contratti; la congruità dei costi in questione rispetto al volume di affari della società ) atti a comprovare l’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni sottese ai costi in questione.
25.I motivi tredicesimo e quattordicesimo -da trattare congiuntamente per connessione – si profilano inammissibili non avendo, nella specie, la ricorrente dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE quali è preclusa a questa Corte, avendo il giudice di appello, nel ritenere applicabili per ‘ i vari costi, tutti legittimamente recuperati ‘, i principi espressi da Cass. n. 951/2009, sostanzialmente ritenuto – con un apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede – da un lato, assolto l’onere della prova a carico dell’Amministrazione circa la fittizietà della fatturazione, e, dall’altro, non addotte dalla società contribuente, alla luce RAGIONE_SOCIALE argomentazioni difensive svolte, idonee prove a contrario circa l ‘effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. In ogni caso, come sopra già ribadito, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come accaduto nella specie) le ragioni del proprio convincimento, dovendosi, in tal caso, ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse. Peraltro, le suddette doglianze sono inammissibili anche in quanto contravvengono al principio di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ. (per le medesime argomentazioni svolte con riguardo al quarto motivo cui si rinvia).
26 . Con il quindicesimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 del d.P.R. n. 917/86 (TUIR) e 19 del d.P.R. n. 633/72 anche in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e all’art. 2697 c.c. per avere la CTR confermato la ripresa a tassazione dei costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE relativamente ai canoni per l’utilizzo del marchio OSM (che l’Ufficio aveva disconosciuto per la loro asserita inesistenza) sebbene – alla luce degli elementi fattuali documentalmente comprovati dalla contribuente (l’esistenza del marchio regolarmente registrato; l’incidenza positiva sul fatturato di NOME dell’utilizzo di detto marchio; la congruità dei canoni corrisposti
da NOME rispetto al valore commerciale del marchio) – difettassero i presupposti per potere contestare l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE suddette operazioni.
27 . Con il sedicesimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 del d.P.R. n. 917/86 (TUIR) anche in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e all’art. 2697 c.c. per avere la CTR confermato la ripresa a tassazione dei costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE relativamente ai contratti di associazione in partecipazione intercorsi con COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché RAGIONE_SOCIALE quote di ammortamento di autovettura aziendale (ch e l’Ufficio aveva disconosciuto per la loro fittizietà e non inerenza) sebbene -alla luce degli elementi fattuali documentalmente comprovati dalla contribuente (le circostanze gestionali che avevano condotto alla stipula dei contratti di associazione in partecipazione; l’assenza di vantaggi fiscali riconnessi alla stipula dei detti contratti; l’effettività e l’incidenza positiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese per effetto di detti contratti; la congruità dei costi in questione rispetto al volume di affari della società) – difettassero i presupposti per potere contestare l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE suddette operazioni.
28.I motivi quindicesimo e sedicesimo -da trattare congiuntamente per connessione- sono inammissibili atteso che la ricorrente, pur denunciando, apparentemente, una violazione di legge, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 8758/2017; n. 21381/2006; v. da ultimo Cass. Sez. 5, Ord. n. 18721 del 13/07/2018).
29. Nella specie, la CTR – nel fare propri i principi espressi da Cass. n. 951/2009 ritenendoli applicabili a tutte le riprese dei costi per operazioni (oggettivamente) inesistenti o comunque non inerenti -ha sostanzialmente effettuato una valutazione di merito in ordine all’assolvimento da parte dell’Amministrazione
dell’onere probatorio circa la fittizietà della fatturazione e, dall’altro in ordine alla mancanza di prove addotte a contrario idonee a dimostrare l ‘effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni, disattendendo con ciò, implicitamente tutti i rilievi e le circostanze che, non menzionati specificamente, erano logicamente incompatibili con la decisione adottata. Invero, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Ci3ss. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021; Cass. 37623/22).
30.In conclusione, va accolto il quinto motivo respinti i restanti, con cassazione della sentenza impugnata -in relazione al motivo accolto- e rinvio anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 12 marzo 2024