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Raddoppio termini accertamento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16613/2025, interviene sul tema del raddoppio termini accertamento per capitali detenuti all’estero. Un contribuente era stato accertato per redditi non dichiarati su conti in paradisi fiscali. La Corte ha stabilito che la norma sul raddoppio dei termini ha natura procedurale e, quindi, si applica retroattivamente anche a periodi d’imposta precedenti alla sua entrata in vigore. Al contrario, la presunzione legale di evasione ha natura sostanziale e non è retroattiva. L’Amministrazione Finanziaria può comunque provare l’evasione usando presunzioni semplici, basate sui medesimi fatti.

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Pubblicato il 6 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini Accertamento per Capitali all’Estero: La Cassazione Fa Chiarezza

L’ordinanza n. 16613/2025 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sulla lotta all’evasione fiscale internazionale, in particolare sul raddoppio termini accertamento per attività finanziarie detenute in paradisi fiscali. La decisione distingue nettamente tra norme procedurali, applicabili retroattivamente, e norme sostanziali, che non lo sono, delineando un principio cruciale per i contenziosi tributari.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine della Guardia di Finanza collegata a operazioni transfrontaliere tra l’Italia e San Marino. Durante le investigazioni, emergeva che un contribuente era titolare di sei conti correnti e di gestione titoli presso un istituto di credito sammarinese, sui quali erano presenti disponibilità finanziarie non dichiarate al Fisco italiano. Inoltre, il soggetto aveva conferito mandati fiduciari per la gestione di holding in Lussemburgo, omettendo la compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi e la presentazione della dichiarazione riservata per il cosiddetto ‘scudo fiscale’.

Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008, contestando un maggior reddito e applicando il raddoppio dei termini per l’accertamento previsto dall’art. 12 del D.L. n. 78/2009, in vigore dal 1° luglio 2009.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del contribuente, ritenendo che le norme in questione non fossero applicabili retroattivamente. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: il Raddoppio Termini Accertamento è Legittimo

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la decisione di secondo grado. Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra la natura delle diverse disposizioni contenute nell’art. 12 del D.L. n. 78/2009.

I giudici hanno stabilito che le norme che prevedono il raddoppio termini accertamento (commi 2-bis e 2-ter) hanno natura procedurale. In quanto tali, esse soggiacciono al principio ‘tempus regit actum’ (il tempo regola l’atto), il che significa che si applicano agli atti da compiere al momento della loro entrata in vigore, anche se riferiti a violazioni commesse in periodi d’imposta precedenti.

Di contro, la presunzione legale secondo cui gli investimenti in paradisi fiscali costituiscono redditi evasi (comma 2) ha natura sostanziale, poiché incide direttamente sul diritto di difesa del contribuente e sull’onere della prova. Per questo motivo, non può avere efficacia retroattiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento ormai consolidato. Le norme sulle presunzioni, collocate nel Codice Civile tra le norme sostanziali, modificano l’onere probatorio e influenzano le scelte del contribuente sulla conservazione della documentazione. Applicarle retroattivamente violerebbe il diritto di difesa.

Al contrario, le norme che estendono i termini di decadenza per l’azione accertatrice dello Stato sono di natura puramente procedurale. Non creano nuovi obblighi per il contribuente, ma si limitano a regolare i tempi dell’azione amministrativa. Pertanto, il raddoppio termini accertamento è applicabile a tutti i procedimenti in corso al momento della sua introduzione, a condizione che i termini ordinari non fossero già scaduti.

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte è che, pur non potendo applicare la presunzione legale di evasione retroattivamente, l’Ufficio non è privato del potere di accertamento. L’Amministrazione Finanziaria può infatti ricorrere a presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 2729 c.c., basandosi sui medesimi fatti (la detenzione di capitali non dichiarati in un paradiso fiscale) per dimostrare l’esistenza di redditi sottratti a tassazione. In questo caso, spetterà al giudice di merito valutare se tali presunzioni siano gravi, precise e concordanti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza: il Fisco ha più tempo per contestare le violazioni relative a capitali detenuti all’estero, anche per il passato. Il raddoppio termini accertamento è uno strumento procedurale pienamente legittimo e applicabile retroattivamente.

Per i contribuenti, ciò significa che l’obbligo di trasparenza fiscale ha effetti che si estendono nel tempo. Per l’Amministrazione Finanziaria, la sentenza conferma la possibilità di utilizzare le presunzioni semplici come strumento di accertamento anche quando la presunzione legale non è applicabile, garantendo così l’efficacia dell’azione di contrasto all’evasione fiscale internazionale. La causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso alla luce di questi principi.

La norma sul raddoppio dei termini di accertamento per capitali all’estero è retroattiva?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le norme che raddoppiano i termini per la notifica degli avvisi di accertamento (art. 12, commi 2-bis e 2-ter del D.L. 78/2009) hanno natura procedurale. Di conseguenza, si applicano anche ai periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore, secondo il principio ‘tempus regit actum’.

La presunzione legale che i capitali in paradisi fiscali siano redditi evasi è retroattiva?
No. La presunzione di evasione stabilita dall’art. 12, comma 2, del D.L. 78/2009 ha natura sostanziale, poiché incide sull’onere della prova e sul diritto di difesa del contribuente. Pertanto, non può essere applicata a periodi d’imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (1° luglio 2009).

Se la presunzione legale di evasione non è applicabile, l’accertamento è nullo?
Non necessariamente. Anche se la presunzione legale non è applicabile retroattivamente, l’Amministrazione Finanziaria può comunque provare l’esistenza di redditi non dichiarati utilizzando presunzioni semplici (ai sensi dell’art. 2729 c.c.), basate sugli stessi fatti, a condizione che siano gravi, precise e concordanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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