Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23600 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
Oggetto: raddoppio ter- mine decadenza – op. sogg. inesistenti – acqui- rente – principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20246/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL);
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n.637/52/2017 depositata in data 25/1/2017, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, veniva rigettato l’appello proposto dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 27587/40/15, che aveva accolto il ricorso introduttivo della società RAGIONE_SOCIALE volto ad ottenere l’annullamento dell ‘avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo ad II.DD. e IVA per l’anno di imposta 2008.
Con tale atto impositivo, nel quadro di un accertamento ex artt.39 comma 2 del d.P.R. n.600/1973 e 54 del d.P.R. n.633/1972 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rideterminava gli imponibili originariamente dichiarati dalla contribuente quantificando induttivamente il reddito imponibile ai fini IRES in euro 575.355,00 e disconoscendo la detraibilità dell’IVA su acquisti effettuati per complessivi euro 952.737,31. Quale conseguenza veniva richiesto alla società il pagamento di complessivi euro 465.397,92, di cui euro 340.094,00 a titolo di imposte e il resto per sanzioni e interessi.
Alla base RAGIONE_SOCIALE riprese vi era la contestazione in capo alla contribuente di partecipazione ad operazioni soggettivamente inesistenti, quale acquirente destinataria di fatture emesse dalla cartiera RAGIONE_SOCIALE di NOME, fatture poi contabilizzate e utilizzate dalla RAGIONE_SOCIALE cui veniva consegnata la merce (articoli medicali). La contabilità della ricorrente veniva considerata nel suo complesso
non attendibile e ciò conduceva anche alla rideterminazione induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n.600/73, del reddito conseguito. Ciò avveniva attraverso l’ applicazione ai ricavi dichiarati di una percentuale di redditività del 20%, così come riscontrato in aziende similari che tenevano regolare contabilità.
Il giudice di prime cure annullava l ‘avviso di accertamento per difetto di sua legittima sottoscrizione, in quanto riteneva violato l’art.42 del d.P.R. n.600 del 1973. Il giudice d’appello riteneva al contrario superabile la questione preliminare del difetto di valida firma, ma dichiarava la decadenza dall’esercizio del potere di accertamento. Secondo la CTR non operava il raddoppio dei termini ex artt.37 del d.l. n.223/2006 e 43 del d.P.R. n.600/1973, in assenza di obbligo di presentazione di denuncia penale nei confronti della contribuente.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, affidato a tre motivi, cui la contribuente replica con controricorso.
Considerato che:
In via pregiudiziale va scrutinata e disattesa l ‘ eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. La notifica del ricorso è tempestiva, dal momento che la sentenza impugnata, non notificata, è stata depositata il 25 gennaio 2017, e il ricorso per cassazione è stato notificato il 28 settembre 2017. Il termine ‘lungo’ per impugnare ex art.38 comma 3 d.lgs. 546/1992 in riferimento all’art.327 cod. proc. civ. applicabile ratione temporis alla fattispecie è semestrale ed è scaduto il 25.7.2017, ossia nel periodo compreso tra il 24.4.2017 e il 30.9.2017. Trova così applicazione l’art.11 comma 9 del d.l. n.50/17, convertito in legge n.96/17, che differisce, per la proroga semestrale ivi prevista, la scadenza del termine per impugnare, allorquando è tempestivamente intervenuta la notifica del ricorso.
Dev’essere altresì rigettata l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per asserita aspecifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui il ricorso si fonda, essendo precisamente
indicati i capi della sentenza impugnati in relazione alle dedotte violazioni di legge.
Il primo motivo di ricorso prospetta, in relazione all’art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 57 d.P.R. n. 633/72 nella versione di cui all’art. 37 d.l. n. 223/06, conv. in L. n. 248/06 e falsa applicazione degli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74/00, nella parte in cui la CTR afferma che l’omessa comunicazione di notizia di reato a carico della società RAGIONE_SOCIALE da parte dell’RAGIONE_SOCIALE “induce a ritenere insussistenti nella specie i presupposti dell’obbligo di denuncia”.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in rapporto all’art.360 comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36 2° comma n. 4 d.lgs. n. 546/92 con riferimento al medesimo capo della decisione impugnata, per aver il giudice d’appello espresso una motivazione apparente con riferimento all’inesistenza di una notizia di reato.
I motivi, connessi in quanto relativi al medesimo capo della sentenza, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.
5.1. È necessaria una breve ricostruzione della regola di diritto applicabile alla fattispecie. L’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis , dispone che «in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione».
In linea generale, in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 (tra le molte, v. Cass. Sez. 6 – 5, n. 17586 del 28/06/2019). Infatti, la giurisprudenza della Sezione è costante nell’affermare, anche sulla scorta dei principi enunciati da
Corte Cost. n. 247 del 2011, che il raddoppio opera in presenza di tale presupposto astratto, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denunzia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo (cfr. anche Cass. Sez.5, n. 22337 del 13.9.2018; Cass. Sez. 6 -5, n. 11171 del 30.5.2016).
Il limite costituzionale all’operatività del raddoppio del termine di cui al citato art.43 è individuato nella Consulta nella sentenza n. 247 del 2011 in un uso pretestuoso e strumentale della disposizione da parte dell’Amministrazione finanziaria che, così facendo, fruirebbe in modo ingiustificato di un pi ù ampio termine di accertamento.
5.2. La Corte ha inoltre già affermato che la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari di una società in accomandita semplice determina il raddoppio dei termini per l’accertamento, previsto dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, anche del reddito imputato “per trasparenza” ai soci accomandanti (Cass. Sez. 5 , n. 15999 del 07/06/2024). Tale estensione si giustifica per l’unitarietà dell’accertamento, il quale comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla societ à riguarda inscindibilmente sia la societ à che tutti i soci (Cass. Sez. Un. n.14815 del 4.6.2008).
Egualmente, la giurisprudenza della Sezione ha già da tempo ritenuto applicabile il raddoppio dei termini di cui all’art.43 ai soci di una societ à di capitali a ristretta base partecipativa (cfr. Cass. Sez. 5, n. 20043 del 7.10.2015).
6. Il Collegio condivide questa necessità di valutare l’accertamento nel suo complesso, in quanto ai fini dell’accertamento, rileva la complessiva operazione economica alla base dell’accertamento , se in tutto o in parte soggetta ad obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 con riferimento alla posizione della contribuente. Il fatto che tale condotta astrattamente rientri nei suddetti parametri determina di
per sé il raddoppio del termine per l’esercizio del potere impositivo, entro il perimetro dell’accertamento fiscale.
6.1. In tal senso depone la stessa ratio legis : attraverso il raddoppio del termine il legislatore ha voluto dare più tempo all’azione impositiva in conseguenza di fatti che nella loro oggettiva materialità destano particolare allarme sociale e per tale ragione sono presidiate dalla legge penale. Per tali fatti di norma le indagini sono particolarmente complesse e possono anche coinvolgere una giurisdizione, quella ordinaria, ulteriore rispetto a quella tributaria con conseguente complicazione per l’operare dell’Amministrazione finanziaria. 6.2. Ragionare diversamente sarebbe particolarmente incongruo nel caso di specie, in cui la contribuente è chi ha materialmente acquistato, ricevendo e utilizzando le fatture emesse in dipendenza di operazioni soggettivamente inesistenti. Nello schema economico seguito nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’ intento pratico dell’illecito perseguito attraverso l’emissione della fattura falsa è proprio consentire all’ acquirente reale di detrarre l’IVA solo nominalmente versata al venditore, ma da questo non versata all’erario e restituita all’acquirente, dietro compenso.
Infatti, nello schema economico-sociale seguito nell’operazione economica oggetto di accertamento (cfr. per un’analisi del meccanismo della detrazione nelle operazioni soggettivamente inesistenti, Cass. Sez. 5, n. 15288 del 17.7.2020), l’ interposta cd. cartiera non ha versato l’IVA che è stata in seguito detratta dall’acquirente reale.
7. Nel caso di specie non è controverso il fatto che il reato ascrivibile alla ‘ cartiera ‘ RAGIONE_SOCIALE di NOME, dante causa della contribuente, fosse di emissione di fatture soggettivamente inesistenti, ex art. 8 d.lgs. n. 74/2000 e procedibile d’ufficio. La condotta materiale di emissione RAGIONE_SOCIALE fatture sanzionate dalla legge penale nei termini suddetti produce effetti di raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, indipendentemente dal fatto che sia stata
promossa o meno l’azione penale nei confronti nei confronti della sua posizione soggettiva.
Con riguardo alla specifica posizione dell’ acquirente reale utilizzatore RAGIONE_SOCIALE fatture false, il raddoppio dei termini per l’accertamento consegue del pari dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale ossia, quantomeno, il reato di dichiarazione infedele di cui all’art.4 del d.lgs. n.74/2000, avendo la contribuente, come dedotto anche in ricorso e controricorso, presentato dichiarazione fiscale per l’annualità 2008 ed essendo ampiamente rispettati i limiti di soglia per la configurabilità astratta del reato.
Alla luce della ricostruzione che precede, d ev’essere così affermato il seguente principio di diritto:
« In tema di accertamento tributario, in caso di emissione di fatture soggettivamente inesistenti ex art. 8 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 da parte della ‘cartiera’ dante causa, opera il raddoppio del termine di accertamento previsto dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, vigente ratione temporis , anche nei confronti del soggetto che ha utilizzato tali fatture, traendone vantaggio economico attraverso il meccanismo della detrazione dell’IVA , avendo posto in essere fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, quantomeno con riferimento alla dichiarazione infedele di cui all’art.4 del medesimo decreto legislativo » .
In applicazione del principio di diritto le due doglianze trovano accoglimento, avendo il giudice d’appello ad un tempo violato il complesso normativo già menzionato e indicato nella prima censura e altresì espresso una motivazione che si colloca al di sotto del minimo costituzionale (cfr. Cass. Sez. Un. n.8053/2014), per non aver colto l’essenza economica e logica della previsione normativa sul raddoppio del termine di accertamento come interpretata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ex art.360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ. e in relazione al capo di decisione in cui il giudice
ragiona sull’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, la violazione degli artt. 2697 cod. civ., 19 e 21 del d.P.R. 633/72.
Il motivo è fondato.
9.1. Va rammentato che in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. Non assumono rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi (Cass. Sez. 5, n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5, n. 27555 del 30/10/2018). Eguali considerazioni valgono quanto al canone di ripar to dell’onere della prova circa la deduzione del costo dalla base imponibile ai fini RAGIONE_SOCIALE II.DD., in presenza di operazioni contestate come soggettivamente inesistenti (Cass. Sez. 6 – 5, n. 5873 del 28/02/2019).
9.2. Nel caso di specie, l’argomentazione della CTR nell’ultima pagina della sentenza non è aderente al canone di riparto dell’onere della prova sopra tracciato, nella parte in cui si limita ad affermare che è l’RAGIONE_SOCIALE a dover dimostrare la consapevole partecipazione della contribuente alla frode, e dev’essere rimeditata in sede di rinvio alla luce RAGIONE_SOCIALE linee guida sopra delineate.
10. La sentenza impugnata va perciò cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione in relazione ai profili accolti, oltre che per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso il 24.4.2024