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Raddoppio termini accertamento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13936/2024, ha chiarito le condizioni per il raddoppio dei termini di accertamento fiscale in caso di reati tributari. La Corte ha stabilito che, secondo il regime transitorio applicabile al caso, non è sufficiente la mera sussistenza dell’obbligo di denuncia penale. È necessario che l’Amministrazione Finanziaria fornisca la prova di aver effettivamente trasmesso la notizia di reato all’autorità giudiziaria entro i termini ordinari di accertamento. Poiché il giudice di merito non aveva verificato questa prova, la sentenza è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini Accertamento: La Cassazione Chiarisce le Condizioni

Il rispetto dei termini è un principio cardine del diritto tributario, poiché garantisce la certezza dei rapporti tra Fisco e contribuente. Una delle eccezioni più significative è il raddoppio termini accertamento, una misura che consente all’Amministrazione Finanziaria di estendere il proprio potere di controllo in presenza di reati fiscali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per delineare con precisione i presupposti per la sua applicazione, sottolineando l’importanza della prova della denuncia penale.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Basato su Fatture Inesistenti

Una società operante nel settore del marketing e tutoraggio aziendale ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di alcuni costi e la detraibilità dell’IVA relativa a operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. L’atto impositivo era stato notificato nel 2017, ben oltre i termini ordinari di decadenza. L’Amministrazione giustificava tale ritardo proprio invocando il raddoppio dei termini, legato alla presunta rilevanza penale delle violazioni contestate.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al Fisco, ritenendo sufficiente, per l’applicazione del raddoppio, il semplice riscontro di fatti che comportassero l’obbligo di presentare una denuncia penale. La società, ritenendo errata tale interpretazione, ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sul Raddoppio Termini Accertamento

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, ribaltando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della controversia era l’interpretazione della normativa sul raddoppio termini accertamento, alla luce delle modifiche legislative intervenute nel tempo. I giudici di legittimità hanno chiarito che, per la fattispecie in esame (periodo d’imposta 2008 e atto notificato nel 2017), si applica uno specifico regime transitorio introdotto dalla Legge n. 208 del 2015.

Secondo tale regime, il raddoppio opera a una condizione ben precisa: la denuncia penale deve essere presentata o trasmessa dall’Amministrazione finanziaria all’Autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dell’azione accertatrice. Non è più sufficiente, quindi, la mera esistenza di indizi di reato che farebbero scattare l’obbligo di denuncia.

Le Motivazioni: Non Basta l’Obbligo di Denuncia

La Corte ha specificato che la Commissione Tributaria Regionale ha commesso un errore di diritto nel considerare sufficiente il semplice obbligo di denuncia, senza verificare se l’Amministrazione finanziaria avesse effettivamente fornito la prova della sua tempestiva trasmissione alla Procura della Repubblica. Sebbene nella sentenza di secondo grado si menzionasse che “la notizia di reato è stata inoltrata […] nel 2012”, i giudici non hanno accertato se il Fisco avesse depositato in giudizio la prova di tale trasmissione.

L’onere di provare la sussistenza delle condizioni per avvalersi del termine più lungo grava sull’Ufficio. In assenza di tale prova, il raddoppio dei termini non può essere applicato e l’atto impositivo notificato oltre il termine ordinario deve essere considerato illegittimo. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa a un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza rafforza le garanzie per il contribuente, ponendo un paletto chiaro all’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento. Non è sufficiente che l’Agenzia delle Entrate affermi di aver inoltrato una denuncia penale; deve dimostrarlo in modo inequivocabile in sede processuale. I contribuenti e i loro difensori dovranno quindi sempre verificare, nei casi di accertamenti notificati oltre i termini ordinari, che l’Amministrazione Finanziaria abbia assolto a questo specifico onere probatorio. In caso contrario, si aprono concrete possibilità di annullare l’atto impositivo per decadenza del potere di accertamento.

È sufficiente il solo sospetto di un reato fiscale per il raddoppio dei termini di accertamento?
No. Secondo la disciplina transitoria applicata dalla Corte nel caso di specie, non è sufficiente il mero riscontro di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale. È necessario che la denuncia sia stata effettivamente presentata o trasmessa all’autorità giudiziaria.

Quale prova deve fornire l’Agenzia delle Entrate per giustificare il raddoppio dei termini?
L’Agenzia delle Entrate ha l’onere di provare di aver trasmesso la notizia di reato all’Autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza del potere di accertamento. La semplice affermazione di averlo fatto non è sufficiente.

Cosa succede se la Commissione Tributaria non verifica la prova della trasmissione della denuncia penale?
Se il giudice di merito non accerta che l’Amministrazione finanziaria abbia fornito la prova della tempestiva trasmissione della denuncia, la sua sentenza è viziata per violazione di legge. La Corte di Cassazione, come in questo caso, può cassare la sentenza e rinviare la causa per un nuovo esame che tenga conto di questo principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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