Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13936 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13936 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 10939/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Umbria n. 374/02/2018, depositata il 27.09.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La CTP di Perugia rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di marketing e tutoraggio aziendale, avverso un
Oggetto:
Tributi
avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, in relazione all’anno 200 8, con il quale erano stati recuperati a tassazione costi indeducibili e IVA indetraibile, in quanto relativi ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del l’Umbria accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla contribuente, rilevando, per quanto ancora qui interessa, che:
-l’unica condizione per il raddoppio del termine previsto per l’attività di accertamento è costituita dal mero riscontro dei fatti comportanti l’obbligo di presentare la denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorge e dal suo adempimento;
-nella specie detto obbligo risultava dalle puntuali motivazioni dell’avviso di accertamento impugnato e dal fatto che la notizia di reato era stata inoltrata alla Procura della Repubblica nel 2012 entro il termine ordinario;
-era invece fondata l’eccezione sollevata dall’appellante sull ‘inapplicabilità del raddoppio dei termini per l’accertamento in materia di IRAP, non essendo le violazioni riferibili a detta imposta inserite tra le ipotesi delittuose previste dal d.lgs. n. 74 del 2000, in quanto non penalmente rilevanti, sicchè l’appello andava accolto limitatamente all’IRAP ;
nel l’avviso impugnato erano state riportate le risultanze dell’attività svolta dai verificatori, dalle quali emergevano elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti circa l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate;
la società non aveva fornito documentazione probatoria idonea a smentire tale quadro presuntivo, nemmeno per dimostrare l’asserita inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate da COGNOME NOME e COGNOME NOME;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati con memoria;
-l ‘RAGIONE_SOCIALE si costituiva al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente affermato che, ai fini della verifica del legittimo raddoppio del termine dell’accertamento, era sufficiente la sussistenza dell’obbligo di presentare la denuncia penale;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42, comma 1, del d.p.a. n. 600 del 1973, 56, ultimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, 7, comma 1, l. n. 202 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, e 24 Cost., 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, con motivazione apparente e meramente adesiva alle argomentazioni dell’Amministrazione resistente, mediante il mero rinvio per relationem agli atti di accertamento emessi nei confronti di un terzo, mai portati a conoscenza della ricorrente e di cui non era stato riprodotto il contenuto essenziale;
con il terzo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, e 24 Cost., 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod.
proc. civ., per non avere la CTR seguito le regole sul riparto dell’onere probatorio, qualificando, con motivazione apparente, come inesistenti le operazioni oggetto di accertamento, e facendo un indebito utilizzo del meccanismo RAGIONE_SOCIALE presunzioni;
con il quarto motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 e ss. del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR riconosciuto il diritto della contribuente alla detrazione dell’IVA, benchè l’Amministrazione finanziaria non avesse provato l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni e la consapevolezza della contribuente in ordine alla frode perpetrata dal prestatore;
con il quinto motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR disconosciuto la deduzione dei costi riguardanti le fatture contestate, in carenza di prova da parte dell’Amministrazione finanziaria dell’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE relative operazioni;
il primo motivo è fondato nei termini di seguito indicati;
in base all’art. 37, comma 24, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con modificazioni dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato il terzo comma dell’art. 43, del d.P.R. n. 600 del 1973, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen., per uno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione;
come già affermato da questa Corte, «in tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri
indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza» , come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, «senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31.12.2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati» (Cass. n. 16728 del 2016; Cass. n. 26037 del 2016);
nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza », applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che costituisce un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario, ma che deve essere accertato dal giudice;
tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)» (Cass. n. 16728/16, cit.);
-alla predetta disciplina sono state successivamente introdotte alcune modifiche e, segnatamente, la prima, dall’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. 3 agosto 2015, n. 128, che ha limitato il raddoppio dei termini di accertamento per violazioni penali solo ai casi in cui la
denuncia è effettivamente presentata e trasmessa all’autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento, e, in seguito, dall’art. 1, commi da 130 a 132, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che hanno, tra le altre disposizioni, eliminato la fattispecie del raddoppio dei termini ordinari; la prima modifica, in virtù dell’apposita norma di salvaguardia prevista dall’art. 2, d.lgs. n. 128 del 2015, non si applica alle violazioni punibili constatate in processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015 e seguite dalla notifica di atti impositivi entro il 31 dicembre 2015;
– quanto alla seconda modifica, invece, il regime transitorio previsto dalla legge n. 208 del 2015, per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 – secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, quali stabiliti dal secondo periodo del comma 132, opera, nel caso RAGIONE_SOCIALE indicate violazioni penali, solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’Amministrazione finanziaria entro il termine stabilito nel primo periodo del medesimo comma 132 – riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015, in quanto, ai sensi dell’art. 3, secondo comma, del d.lgs. n. 128 del 2015, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto (Cass. 16/12/2016, n. 26037; 9/08/2016, n. 16728);
-ciò premesso, poiché l’avviso di accertamento impugnato risulta notificato nel 2017, la fattispecie in esame rientra nel regime transitorio previsto dalla l. n. 208 del 2015, in quanto riguarda il periodo di imposta 2008 (e, quindi, anteriore a quello in corso al
31.12.2016) e l’atto impositivo non è stato notificato entro il 2.09.2015, sicchè il raddoppio dei termini di accertamento di 4 o 5 anni, quali stabiliti dal secondo periodo del comma 132, opera -nel caso RAGIONE_SOCIALE indicate violazioni penali -solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’amministrazione finanziaria entro il termine stabilito nel «primo periodo» del medesimo comma 132 (cioè entro il termine di 5 o 7 anni, a seconda che la dichiarazione sia stata o meno presentata), non essendo più sufficiente, in questo caso, il mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia;
la CTR ha affermato erroneamente che nel caso in esame, ai fini del raddoppio dei termini di accertamento, era sufficiente il mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, precisando altresì che ‘la notizia di reato è stata inoltrata alla Procura della Repubblica nel 2012 ‘, senza accertare, tuttavia, se l’Amministrazione avesse effettivamente fornito la prova circa la trasmissione della notizia di reato all’Autorità giudiziaria;
-l’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame RAGIONE_SOCIALE altre censure; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado territorialmente competente, in diversa composizione, per nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 22 novembre 2023