Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15262 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15262 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27472/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 2368/2021 depositata il 25/06/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione tributaria regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 2368/2021 depositata in data 25/06/2021, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 174/2018, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Cremona aveva parzialmente annullato l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, nella parte concernente la ripresa a titolo di IVA per operazioni soggettivamente inesistenti.
La CTR ha ritenuto fondato il motivo d’appello incentrato sulla tempestività dell’atto impositivo dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2015 . A tal fine ha evidenziato -in senso contrario a quanto affermato dal giudice di prime cure – che la denuncia del 2012 fosse rilevante ai fini del raddoppio dei termini di legge. In particolare, la denuncia (non codificata nel codice di procedura penale, a differenza della notizia di reato ex art. 347 c.p.p.) può definirsi come qualunque atto con il quale chiunque abbia una notizia di un reato perseguibile d’ufficio ne informa il P.M. o un ufficiale di polizia giudiziaria. Nella specie, la notizia di reato del 21/12/2012, sebbene diretta verso soggetti diversi da RAGIONE_SOCIALE (tra cui RAGIONE_SOCIALE e il suo legale rappresentante), faceva comunque riferimento a quest’ultima per il reato di evasione fiscale, dovendosi ritenere che la descrizione dei movimenti finanziari intercorsi con RAGIONE_SOCIALE e altre società coinvolte fosse sufficiente a considerarla notizia di reato.
2.1. La CTR h a poi ritenuto irrilevante l’eccezione di nullità del PVC per l’omessa indicazione degli esiti della rogatoria presso l’autorità di San Marino. Non solo il PVC è adeguatamente motivato nonostante la mancata indicazione degli esiti di tale rogatoria, ma l’onere motivazionale che investe tale atto deve essere distinto dall’one re probatorio dell’Agenzia delle Entrate, nella specie rappresentato non solo da PVC, ma anche dalle notizie di reato del 2012 e del 2014, dove sono analiticamente indicati gli esiti delle indagini svolte con le autorità di San Marino. Neppure la mancata allegazione delle dichiarazioni dei vettori determina la nullità del PVC, considerato che, trattandosi di dichiarazioni rese a pubblici ufficiali, la concordanza tra testo riportato e dichiarazioni assume fede privilegiata, a differenza dei contenuti di tali dichiarazioni, liberamente valutabili dal giudice.
2.2. La CTR -richiamata la giurisprudenza di legittimità -ha poi ricostruito gli elementi probatori che, anche in chiave indiziaria, portavano a ritenere come soggettivamente inesistenti le operazioni documentate nelle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. In particolare, la società cedente non disponeva di alcun magazzino per lo stoccaggio della merce, né di strutture aziendali. La società si riforniva apparentemente di merce dalla RAGIONE_SOCIALE, non più operativa da inizio 2008, come confermato dal suo legale rappresentante . Quest’ultimo non solo ha precisato come la società non si sia mai occupata della commercializzazione di prodotti siderurgici, ma ha anche affermato di non aver mai sentito nominare COGNOME o il suo legale rappresentante (sig. NOME COGNOME, disconoscendo le fatture emesse nei confronti di tale società.
La natura fittizia delle fatture riferibili a RAGIONE_SOCIALE ad avviso della CTR, emerge anche dal considerevole ammontare degli importi
fatturati. Inoltre, i ddt relativi alle fatture riferibili a RAGIONE_SOCIALE prevedevano la consegna in un magazzino di Montichiari, in uso a RAGIONE_SOCIALE, il cui legale rappresentante ha dichiarato alla Guardia di Finanza che la merce di pertinenza della RAGIONE_SOCIALE veniva effettivamente consegnata presso quel magazzino e che lui stesso si occupava di caricare la merce per gli acquirenti che gli venivano indicati dalla RAGIONE_SOCIALE, tra i quali RAGIONE_SOCIALE.
2.3. La CTR ha poi sottolineato l’esistenza di prove che confermavano come COGNOME RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza del fatto che la vendita non avveniva, effettivamente, con Comipar, come risulta dalle dichiarazioni di NOME COGNOME relative alle istruzioni che gli venivano fornite sui trasporti da organizzare con merce da prelevare dai magazzini di Ispandue s.p.a. durante incontri tra il sig. COGNOME NOME e il sig. COGNOME NOME. In conclusione, le dichiarazioni del sig. COGNOME e quelle degli altri vettor i confermano l’esistenza di un quadro generale sistematico in cui la COGNOME acquistava, per il tramite di COGNOME e delle sue società, merce proveniente da altri magazzini, che nulla aveva a che fare con Comipar.
Contro la sentenza della CTR la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., producendo due sentenze penali di assoluzione, invocando l’applicazione dell’art. 21 bis d.lgs. 10/03/2000, n. 74, introdotto dall’art. 1 d.lgs. 14/06/2024, n. 87 .
Considerato che:
Con il primo motivo è stata denunciata , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.
43 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2005 .
1.1. Con riferimento alla denuncia trasmessa dal Nucleo della Guardia di Finanza di Taranto la ricorrente rileva come RAGIONE_SOCIALE non risultasse tra i soggetti denunciati, così come i reati contestati non rientravano tra quelli previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000. Nessun elemento contenuto nell’informativa dava atto che la società contribuente avesse commesso reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 o che fossero state svolte indagini nei suoi confronti per il reato di dichiarazione fraudolenta. Nessuna denuncia è stata, infatti, presentata nei confronti del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE fino al 07/10/2014. La CTR è, quindi, incorsa nella violazione degli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2015, per avere ritenuto che una segnalazione di reato effettuata nei confronti di altri soggetti e per reati differenti da quelli previsti dal d.lgs. n. 74 del 200 legittimasse il raddoppio dei termini nei confronti di un altro soggetto non denunciato.
1.2. Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, dove viene evidenziato come la denuncia contenesse, comunque, un riferimento alla RAGIONE_SOCIALE e all’evasione fiscale connotata da tratti operativi emergenti dalla ricostruzione dei movimenti finanziari intercorsi con la RAGIONE_SOCIALE e le altre società coinvolte.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva con tale motivo di aver evidenziato, sin dal ricorso in primo grado, la mancanza di atti espressamente richiamati e non conosciuti, come le risultanze della rogatoria
effettuata a San Marino, le dichiarazioni dei vettori che la merce non era prelevata presso il magazzino della RAGIONE_SOCIALE (non riportate né nel contenuto del PVC, né in quello dell’avviso di accertamento). Ha rilevato come, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo di motivazione impone l’indicazione di tutti gli elementi che l’ufficio pone alla base della sua pre tesa fiscale. Tali elementi non sono riportati nell’avviso impugnato, i n quanto il richiamo al PVC non implica, automaticamente, anche il riferimento ad atti menzionati in quest’ultimo e non espressamente riprodotti.
2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto le censure svolte dalla società ricorrente non si confrontano con le motivazioni del giudice di seconde cure. In particolare, la ricorrente (v. pag. 21 del ricorso in cassazione), nel riportare le argomentazioni svolte davanti al giudice di prime cure (pag. 7-8 del ricorso in primo grado), richiama la pag. 4 dell’avviso di accertamento che rinvia, per la descrizione del meccanismo fraudolento, ai fogli dal n. 11 al n. 16 del PVC e la censura di nullità, in relazione alla rogatoria svolta a San Marino. La CTR nella sentenza impugnata afferma che: « In primo luogo, infatti, va detto che il PVC risulta adeguatamente motivato e la mancata trasposizione degli esiti di tale rogatoria non inficia in alcun modo l’adeguata e analitica motivazione di tale PVC. In secondo luogo, il riferimento alla realtà fattuale risultante da tale indagine, se anche non assume fede privilegiata, è comunque elemento in fatto che può essere valutato dal Collegio nel suo prudente apprezzamento, senza che la mancata trasposizione degli atti infici di nullità l’intero PVC. Da ultimo, va distinto chiaramente l’onere motivazione che investe il PVC, qui chiaramente raggiunto, dall’onere probatorio che assume l’Agenzia: ai fini della prova dei fatti addebitati, infatti, il materiale probatorio non sarà rappresentato dal solo PVC ma anche dalle notizie di reato del 2012
e del 2014, nelle quali vi sono analiticamente indicati gli esiti dell’attività di indagine svolta con le autorità di San Marino.» Le censure svolte dalla parte ricorrente nell’illustrazione del motivo di ricorso non si confrontano, quindi, con la ratio della sentenza appena richiamata.
Con il terzo motivo è stata denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 19 d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.
3.1. Con tale motivo la ricorrente, richiamata la giurisprudenza di questa Corte in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, ha censurato la sentenza impugnata, rilevando che l’Agenzia non aveva provato la conoscenza o conoscibilità della fittizietà delle operazioni da parte del soggetto che richiede la detrazione, in quanto al destinatario non competeva di conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, attesa la mancanza di indici personali od operativi anomali dell’ operazione commerciale ovvero delle scelte effettuate, tali da evidenziare irregolarità e dubbi di una potenziale evasione.
3.2. Il motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, in conformità agli orientamenti di questa Corte (Cass., 20/04/2018, n. 9851; Cass., 30/10/2018, n. 27566; Cass., 20/07/2020, n. 15369), ha ricostruito il quadro indiziario posto alla base sia della conclusione che le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società contribuente fossero relative a operazioni soggettivamente inesistenti, sia del riscontro dell’elemento soggettivo di conoscenza in capo alla società ricorrente, così come riportato, sinteticamente, in premessa, supra, al punto 2.3.
4. Occorre, infine, dare atto che le sentenze penali di assoluzione prodotte dalla parte ricorrente, in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c., non assumono rilievo, nel caso di specie, ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000. Tale norma prevede, infatti, che: « 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati. »
In particolare, nella sentenza del Tribunale di Taranto n. 977/2023 i capi di imputazione C), D) ed E) non contengono alcun riferimento all’anno di imposta interessato dall’avviso di accertamento impugnato nel presente procedimento (2008). Solo per il capo A) -relativo al reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p.c., in merito al quale è stata pronunciata sentenza di assoluzione nei confronti del sig. COGNOME NOME -risulta indicata, quale data di commissione del delitto contestato, il periodo 2008-2014. Tuttavia, proprio dalla lettura del capo di imputazione risulta che l’associazione per delinquere fosse finalizzata alla commissione dei reati contenuti nei successivi capi di imputazione, tra i quali non è menzionata, con
riferimento a RAGIONE_SOCIALE, l’indicazione di elementi fittizi nella dichiarazione attuata mediante l’impiego di fatture relative a operazioni inesistenti, con specifico riferimento all’anno d’imposta 2008.
Quanto alla sentenza del Tribunale di Taranto n. 3907/2023, occorre evidenziare come il capo d’imputazione, pur menzionando l’ipotesi delittuosa dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, non indica tra le emittenti delle fatture per operazioni inesistenti RAGIONE_SOCIALE e, soprattutto, riguarda una condotta realizzata negli anni 2015-2016, non riferibile, quindi, al l’annualità interessata dall’avviso di accertamento impugnato nella presente sede (2008).
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del/la controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.700,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.