Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8181 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8181 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Oggetto: raddoppio ter- mini – l. n.208/15 – ac- certamento strumentalità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2574/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: avvfpranieriEMAILpec.giuffre.it) elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1833/2/2019, depositata il 10.6.2019 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1833/2/2019, depositata il 10.6.2019, veniva accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari n. 2411/1/2017, la quale aveva rigettato il ricorso della contribuente avente ad oggetto l’avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2009.
Il giudice di prime cure riteneva che l’Amministrazione finanziaria non fosse decaduta dal potere di accertamento in ragione del raddoppio dei termini per l’accertamento, a fronte della denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica per il reato di fatture inesistenti emesse dalla contribuente in favore di NOME COGNOME per pretese prestazioni di elaborazione dati contabili.
Il giudice d’appello osservava che la notizia di reato era stata inoltrata l’ultimo giorno utile (30.12.2014) in relazione al periodo d’imposta 2009 e tale dato, unitamente al previo accertamento riconosciuto dall’Agenzia di costi sostenuti dalla società per l’attività di elaborazione dati contabili, erano ritenuti idonei ad escludere nel caso concreto l’obbligo di presentare la denuncia penale e, comunque, ad attestare la strumentalità della presentazione, intervenuta allo spirare del termine, con conseguente decadenza dal potere accertativo.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’ Agenzia deducendo un unico motivo, cui replica la contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 3, del d.P.R. n.600/1973, nel testo applicabile ratione temporis da parte del giudice d’appello , in relazione all’art.331 c.p.p. Non sarebbe condivisibile il controllo eseguito dal giudice sull’uso pretestuoso e strumentale della previsione del raddoppio del termine nel caso di specie: anziché limitare il sindacato al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale, avrebbe effettuato una valutazione discrezionale e ingiustificata dei fatti di causa, in particolare quanto alla valorizzazione di un precedente accertamento emesso dall’Agenzia nei confronti di diverso consulente contabile per diverso periodo di imposta.
Il motivo è fondato.
2.1. Va premesso che, fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 128/2015, e dunque in base alla previgente disciplina, i termini per l’accertamento della pretesa impositiva previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA erano raddoppiati esclusivamente sulla base de ll’astratta sussistenza dei presupposti in presenza dei quali si configura in capo al pubblico ufficiale l’obbligo della denuncia penale, a mente dell’art. 331, c.p.p., secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 247 del 2011.
2.2. Sulla disciplina del raddoppio dei termini, sia quelli stabiliti in materia d’imposte dirette, di cui all’art. 43, d. P.R. n. 600/1973, sia di quelli stabiliti in materia di IVA , dall’art. 57, d.p.r. n. 633/1972 , sono intervenuti prima il d.lgs. n. 128/2015 e, successivamente, la legge 28 dicembre 2015 n.208.
Il d.lgs. n. 128/2015 ha dettato una disciplina transitoria, facendo salva la previgente disciplina per gli accertamenti notificati entro la data di entrata in vigore della disposizione stessa, ossia il 2 settembre 2015.
2.3. La legge 28 dicembre 2015, n.208 ha quindi espunto definitivamente la previsione del raddoppio dei termini per il futuro, e all’art.1 comma 132, ha previsto che la novella si applica «agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo.».
2.4. È stata così introdotta una seconda disciplina transitoria in base alla quale la nuova disciplina, incentrata sulla previsione di un termine più lungo e specifico per le ipotesi di reato, non ha efficacia retroattiva bensì si applica a decorrere dai periodi di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016. Per i periodi impositivi precedenti, la norma da ultimo citata ha disposto che il raddoppio dei termini si applica nei soli casi in cui la denuncia penale sia stata inviata entro e non oltre la scadenza del termine ordinario non raddoppiato.
La norma transitoria, contenuta nell’art. 1, comma 132, della l. n. 208/2015, non ha innovato rispetto alla applicabilità della precedente norma transitoria di cui all’art.2 comma 3 del d.lgs. n.128 del 2015, la quale fa salvi, a prescindere dalla data di presentazione della denuncia, gli effetti degli avvisi gi à̀ notificati alla data di entrata
in vigore del decreto legislativo (v. Cass. n.16728/2016; Cass. n.33793/2019).
Sulla base di quanto precede, si individua una prima decisiva divaricazione: per gli avvisi di accertamento relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 non ancora notificati si applica la disciplina dettata dal comma 132 dell’art. 1 l. n. 208/15 e, di conseguenza, il termine per l’esercizio del potere di accertamento dev’essere ragguagliato alla data di comunicazione della notitia criminis, per cui ove la stessa non venga effettuata nei termini suddetti non trova applicazione il raddoppio dei termini. Per gli avvisi di accertamento anteriori gi à notificati, si applica invece la disciplina dettata dall’art. 2 del d.lgs. 128/15 e così si deve far riferimento alla pregressa disciplina, per cui il termine viene raddoppiato indipendentemente dalla formale notizia di reato. Nel caso di specie ci si colloca nella prima ipotesi, dal momento che l’avviso di accertamento, si legge in sentenza, è stato notificato il 30.8.2016 per l’anno di imposta 2009 e, quindi, rileva ed è sufficiente il fatto che la notitia criminis è stata tempestivamente comunicata il 30.12.2014.
Alla luce di quanto precede, nella vigenza della novella recata dal comma 132 dell’art. 1, l. n. 208/15, che dà rilevanza al momento di presentazione della notizia di reato, è incongrua la motivazione adottata dal giudice che ha statuito nel senso del l’assenza di presupposti per la stessa e circa la sua strumentalità.
Il sindacato sui presupposti era stato fissato dalla Corte costituzionale in riferimento alla disciplina anteriore alla precedente la legge 208/2015, con la sentenza n.247/2011, sul presupposto che, nel quadro normativo allora vigente, il raddoppio operava in presenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia : « Il giudice tributario (…) dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione ora per allora (cosi ddetta ‘prognosi po-
stuma’) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’ Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento.».
Nel quadro normativo applicabile nella vigenza della norma transitoria di cui al comma 132 dell’art. 1, l. n. 208/15, tale accertamento non rientra nei poteri del giudice tributario, dal momento che per espressa previsione di legge l’effetto del raddoppio del termine di esercizio del potere impositivo è raggiunto per effetto dell’inoltro della denuncia al giudice penale anteriormente alla scadenza del termine originario, così che non vi è spazio in capo al giudice tributario per il controllo della sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia. Nessuna valutazione di strumentalità poteva essere dunque operata.
6. La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per l’ esame delle ulteriori questioni rimaste assorbite, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.1.2025