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Raddoppio termini accertamento: la Cassazione decide

Un contribuente, sanzionato per false fatturazioni, aveva ottenuto l’annullamento dell’atto in secondo grado. La Corte di giustizia tributaria riteneva illegittimo il raddoppio dei termini di accertamento perché la denuncia penale era successiva alla scadenza ordinaria. La Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che per gli atti notificati prima del 2016, il raddoppio termini accertamento è valido se esistono gravi indizi di reato, a prescindere da quando la denuncia viene formalizzata. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini accertamento: la Cassazione fa chiarezza sulla disciplina transitoria

Il raddoppio termini accertamento in presenza di reati tributari è una delle questioni più complesse e dibattute nel diritto fiscale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per dirimere un dubbio interpretativo legato alla successione di leggi nel tempo, offrendo un’importante chiave di lettura sulla validità degli atti notificati a cavallo delle riforme del 2015 e 2016. La pronuncia chiarisce che la semplice esistenza di gravi indizi di reato può essere sufficiente a giustificare l’estensione dei termini, a determinate condizioni. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti del Caso

Un contribuente, amministratore di fatto e socio di una società a responsabilità limitata, impugnava un atto di irrogazione di sanzioni per violazioni fiscali (false fatturazioni) relative a un’annualità d’imposta pregressa. In primo grado, la sua doglianza sulla decadenza del potere impositivo dell’Agenzia delle Entrate veniva respinta.

Successivamente, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado accoglieva l’appello del contribuente. I giudici regionali ritenevano che, essendo l’atto stato notificato nel 2016, si dovesse applicare la nuova disciplina transitoria introdotta dalla Legge di Stabilità 2016. Secondo tale disciplina, il raddoppio dei termini era possibile solo se la denuncia penale fosse stata presentata entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento. Poiché la denuncia era stata presentata nel giugno 2015, oltre tale scadenza, la Corte regionale aveva annullato l’atto impositivo.

La Decisione della Corte di Cassazione e il raddoppio termini accertamento

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte di merito avesse errato nell’interpretare la normativa applicabile. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa al giudice di secondo grado per un nuovo esame.

Il fulcro della decisione risiede nella corretta individuazione della legge applicabile ratione temporis. La Cassazione ha stabilito che la Corte regionale ha sbagliato a considerare come unico riferimento temporale la data di notifica dell’atto di irrogazione sanzioni del 2016. Infatti, l’Ufficio aveva già notificato al contribuente un precedente atto di contestazione nel giugno 2015, consolidando così l’applicazione della normativa previgente, più favorevole all’amministrazione finanziaria.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui il raddoppio termini accertamento previsto dalla vecchia disciplina non costituisce una mera proroga, ma un termine nuovo e autonomo, che scatta in presenza di seri indizi di reato che comportano l’obbligo di denuncia penale. È la sussistenza di tali indizi a essere rilevante, non la data in cui la denuncia viene effettivamente presentata o trasmessa.

Nella sua analisi, la Corte ha precisato che le modifiche legislative introdotte tra il 2015 e il 2016 non incidono sugli avvisi di accertamento già notificati. In particolare, il d.lgs. n. 128 del 2015 fa espressamente ‘salvi gli effetti degli avvisi già notificati’. Nel caso di specie, essendo stato notificato un primo atto nel 2015, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina più restrittiva, la situazione giuridica si era cristallizzata secondo le vecchie regole. Di conseguenza, era irrilevante che la denuncia penale fosse stata presentata dopo la scadenza del termine ordinario di quattro anni.

La Corte regionale ha quindi errato nel ritenere non applicabile la disciplina sul raddoppio dei termini, basando la sua decisione esclusivamente sulla data di notifica dell’atto finale e ignorando gli atti prodromici che avevano già definito il quadro normativo di riferimento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza pratica perché conferma un principio cruciale nella gestione del contenzioso tributario relativo ad annualità passate. Per i periodi d’imposta antecedenti alla riforma del 2016, l’applicabilità del raddoppio termini accertamento dipende dalla normativa in vigore al momento della notifica del primo atto impositivo. Se un atto è stato notificato prima delle modifiche legislative, l’amministrazione finanziaria può beneficiare del termine più lungo semplicemente dimostrando la sussistenza di gravi indizi di reato, anche se la denuncia formale è tardiva. I contribuenti e i professionisti devono quindi prestare massima attenzione alla cronologia degli atti notificati per determinare correttamente il termine di decadenza del potere di accertamento dell’erario.

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento secondo la disciplina transitoria analizzata dalla Corte?
Si applica la disciplina previgente (più favorevole all’erario) se l’atto impositivo, anche solo un atto di contestazione preliminare, è stato notificato prima dell’entrata in vigore delle nuove leggi del 2015-2016. In tal caso, è sufficiente la presenza di seri indizi di reato per giustificare il raddoppio.

La data di presentazione della denuncia penale è decisiva per legittimare il raddoppio dei termini?
No, secondo l’orientamento confermato dalla Corte e applicabile al caso di specie, ciò che rileva è l’esistenza di gravi indizi di un reato che impongono l’obbligo di denuncia, non il momento in cui la denuncia viene materialmente presentata. La presentazione tardiva non rende illegittimo il raddoppio dei termini se si applica la vecchia normativa.

Cosa ha sbagliato la Corte di giustizia tributaria di secondo grado secondo la Cassazione?
La Corte di merito ha errato nel considerare decisiva unicamente la data di notifica dell’atto di irrogazione sanzioni (avvenuta nel 2016), ignorando un precedente atto di contestazione notificato nel 2015. Quest’ultimo atto aveva ‘bloccato’ l’applicazione della normativa previgente, rendendo irrilevante la successiva entrata in vigore di disposizioni più restrittive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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