Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3613 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3613 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 597/2017 R.G. proposto da:
COGNOME, in persona del legale rappresentante COGNOME anche in proprio quale socio, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato prof. COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENETO- VENEZIA n. 906/2016 depositata il 12/07/2016.
Udita la relazione svolta nell ‘udienza pubblica del 27/11/2024 dal Co: NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del sost. Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi per le parti l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione del prof.
NOME COGNOME e l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
All’esito di verifica fiscale presso la sede della contribuente cantina Fossaluzza Giovanni e figli società semplice, veniva redatto un processo verbale di constatazione in data 17 novembre 2011, dove venivano contestate alla società la violazione del principio della prevalenza con il risultato che il maggior reddito accertato risultava reddito di impresa e non reddito agricolo, in quanto l’attività rilevata non consisteva nella lavorazione di uve proprie ed acquistate e nel raffinamento di vino grezzo, bensì nella mera commercializzazione di vino già raffinato. Altresì veniva constatata omessa contabilizzazione di ricavi relativi alla vendita di vino.
Ne seguiva l’emissione di avvisi di accertamento a carico della società e dei soci per gli anni di imposta 2005, 2006, 2007 e 2008. I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente, donde ricorrono la società ed i soci affidandosi a dieci motivi di doglianza, cui replica l’Agenzia delle entrate con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’udienza, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dottoressa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta in forma di memoria concludendo per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti dieci motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile per nullità della sentenza. Nello specifico, si contesta assenza di motivazione sulla lamentata violazione dell’articolo 43 del DPR numero 600 del 1973 per l’insussistenza dei reati previsti e puniti dal decreto legislativo numero 74 del 2000, tale da legittimare il raddoppio dei termini per l’accertamento. Si lamenta che a fronte della precisa statuizione nell’atto di appello, la sentenza in scrutinio non ne faccia parola.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 del DPR numero 917 del 1986. Nello specifico si contesta il malgoverno dei principi per determinare quale sia il reddito prevalente fra quello d’impresa e quello agrario. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 5 del codice di procedura civile per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, laddove la sentenza in scrutinio ha ritenuto l’inesistenza di attività agricola nel processo di trasformazione del vino grezzo altrui da parte della società contribuente.
Con il quarto motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 5 del codice di procedura civile per assenza o contraddittorietà o mera apparenza della motivazione. La censura riprende quella che precede, lamentando in questo caso non tanto l’omissione d’esame su un fatto decisivo, ma l’insufficienza dell’impianto motivazionale della sentenza in scrutinio.
Con il quinto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 2135 e 2697 del codice civile, lamentando che la sentenza in scrutinio abbia ritenuto applicabile la tassazione per reddito di impresa sul dimostrato presupposto di un’attività meramente di commercializzazione del prodotto finito altrui.
Con il sesto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione dell’articolo 43 del DPR numero 600 del 1973 in relazione all’articolo 2697 del codice civile, per avere il giudice d’appello ritenuto acquisita la prova dell’applicabilità alla cantina, e quindi ai soci, del reddito d’impresa e non agrario sulla base di semplici e non univoche e contestate circostanze di fatto.
Con il settimo motivo si profila censura e sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile ovvero nullità della sentenza per omessa motivazione, con riferimento alla questione circa l’illegittimità della notifica di nuovo avviso dopo la notifica del precedente avviso, poi annullato in sede di autotutela, per il medesimo anno di imposta.
Con l’ottavo motivo si prospetta censura i sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 5 del codice di procedura civile per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento all’illegittimità della notifica di nuovo avviso dopo la notifica del precedente annullato in sede di autotutela per il medesimo anno di imposta.
Con il nono motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione dell’articolo 12 del decreto legislativo numero 472 del 1997. Nello specifico si contesta la sentenza in scrutinio ove, con motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, ha escluso l’applicazione dell’istituto della continuazione in sede di quantificazione delle sanzioni.
Con il decimo motivo si profila ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione degli articoli 7,16 e 17 del decreto legislativo numero 472 del 1997 per non avere la sentenza impugnata dichiarato l’assenza di sostanziale motivazione circa la quantificazione delle sanzioni nell’atto impositivo.
Sono fondati ed assorbenti il primo ed il settimo motivo.
È fondato il primo motivo, laddove si censura omessa motivazione in ordine ai presupposti per il raddoppiamento dei termini per l’emissione dell’atto impositivo in presenza gli elementi indiziari di reato per i quali vi è l’obbligo di presentare denuncia penale.
Dall’esame degli atti processuali e, segnatamente, a pagina 43 del ricorso per Cassazione, emerge come la doglianza fosse stata rappresentata fin dal primo grado e fatta oggetto di specifico motivo di doglianza in grado d’appello.
Dall’esame della sentenza in scrutinio, all’opposto, si individua che la questione sia stata fatta oggetto di impugnazione (cfr. pag. 3, secondo capoverso, quarta riga), ma non si rileva -nella parte narrativa o nella parte della motivazione- alcun riferimento né alcuna statuizione sul punto, integrando così il lamentato vizio di motivazione.
Ed infatti, non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n.2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n.1537). Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e
sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011). Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020).
Nel caso in esame, tuttavia, non si evince alcun argomento, neppure implicito, per cui si possa ritenere giustificato da parte del giudice d’appello l’applicato raddoppio dei termini per l’adozione dell’atto impositivo, fatto salvo l’omessa applicazione del raddoppio dei termini per l’IRAP, altresì oggetto degli atti impositivi, non essendo le violazioni IRAP presidiate da norme penali (cfr. Cass. VI-5, n. 10483/2018).
Fondato è altresì il settimo motivo, laddove si contesta omessa motivazione circa la doglianza in ordine alla legittimità della notifica di nuovo avviso di accertamento dopo la notifica del precedente annullato in sede di autotutela per il medesimo anno d’imposta.
Anche in questo caso, dall’esame degli atti processuali e, segnatamente, a pagina 71 del ricorso, emerge come la questione fosse stata posta già in primo grado e deve ritenersi riproposta anche in appello atteso il carattere devolutivo nell’impugnazione di merito.
Nessuna argomentazione si rileva nella sentenza in scrutinio in ordine a questo profilo che quindi dovrà essere oggetto di nuovo esame da parte del giudice del rinvio.
In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal primo e dal settimo motivo, mentre restano assorbiti gli altri, poiché il secondo, terzo, quarto e quinto attengono ai criteri di prevalenza di reddito agricolo su reddito d’impresa e la sua determinazione, la cui ripresa a tassazione presuppone un ‘ analisi, anno per anno (stante l’autonomia dei periodi di imposta) che presuppone la verifica del raddoppiamento dei termini per la ripresa a tassazione. Altrettanto dicasi per il sesto motivo, con riguardo agli elementi di fatto per cui la ripresa a tassazione dalla cantina si è riflessa sui soci. L ‘ ottavo motivo attiene alla rinotifica di atto impositivo dopo l’annullamento del precedente sul medesimo anno di imposta che presuppone l’applicabilità del raddoppio dei termini, di cui al primo motivo accolto. Il nono e decimo motivo attengono alle sanzioni, dipendenti, a loro volta, dall’accertamento dei termini per la ripresa a tassazione. La sentenza deve essere dunque cassata con rinvio al giudice di merito perché proceda ai conseguenti accertamenti in fatto e regoli le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e settimo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Veneto, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024