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Raddoppio termini accertamento: i limiti per l’IRAP

Una società di costruzioni ha impugnato diversi avvisi di accertamento per presunti ricavi non dichiarati. La controversia verteva principalmente sulla legittimità del ‘raddoppio termini accertamento’ per la presenza di un procedimento penale e sulla validità delle dichiarazioni di terzi come prova. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso, stabilendo che il raddoppio dei termini è illegittimo per l’IRAP, poiché la sua evasione non costituisce reato. Inoltre, ha chiarito che le dichiarazioni di terzi, quali presunzioni semplici, necessitano di un’attenta valutazione da parte del giudice e non possono, da sole, fondare un accertamento. La sentenza è stata annullata con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini accertamento: la Cassazione fissa i paletti per l’IRAP

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2712 del 29 gennaio 2024, ha fornito chiarimenti cruciali sulla corretta applicazione del raddoppio termini accertamento, un istituto che consente al Fisco di estendere i tempi per le verifiche in presenza di reati tributari. La pronuncia, che ha visto contrapposta una società di costruzioni all’Agenzia delle Entrate, stabilisce limiti precisi, in particolare per quanto riguarda l’IRAP, e ribadisce i requisiti di gravità, precisione e concordanza necessari per le prove presuntive.

I fatti del caso

Una società operante nel settore edile e immobiliare si è vista notificare otto avvisi di accertamento relativi a diverse annualità (dal 2007 al 2011) per II.DD., IVA e accessori. L’Amministrazione Finanziaria contestava operazioni di compravendita parzialmente inesistenti e rettificava il reddito d’impresa dichiarato, imputando per trasparenza i maggiori utili anche ai soci. L’accertamento, di tipo analitico-induttivo, traeva origine da due processi verbali di constatazione e da un procedimento penale scaturito dagli stessi fatti. La contribuente ha impugnato gli atti, sollevando diverse eccezioni, tra cui la decadenza del potere di accertamento per l’annualità 2007, a suo dire illegittimamente esteso tramite il raddoppio dei termini.

La questione del raddoppio termini accertamento e altre doglianze

Il cuore del contenzioso ruotava attorno a diverse questioni giuridiche. In primo luogo, la società contestava la legittimità dell’applicazione del raddoppio termini accertamento, sostenendo che per l’annualità 2007 i termini ordinari fossero già scaduti al momento della notifica. Particolare rilievo assumeva la contestazione relativa all’IRAP, per la quale si deduceva l’inapplicabilità del raddoppio.

Altre censure riguardavano:

* La nullità degli avvisi per difetto di sottoscrizione, dovuta a una presunta delega “in bianco” priva dei requisiti di legge.
* L’illegittimità dell’accertamento basato su prove presuntive, in particolare dichiarazioni di terzi, ritenute prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 del codice civile.
* L’omessa pronuncia da parte del giudice d’appello su specifiche operazioni commerciali contestate.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso della società, offrendo un’analisi dettagliata delle questioni sollevate.

Sul raddoppio termini accertamento per l’IRAP

Il punto più significativo della decisione riguarda l’illegittimità del raddoppio termini accertamento per l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). I giudici hanno affermato un principio consolidato: l’istituto del raddoppio dei termini presuppone l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000. Poiché il mancato versamento dell’IRAP non costituisce reato, a tale imposta non può applicarsi l’estensione dei termini di accertamento. Di conseguenza, il motivo di ricorso relativo all’accertamento IRAP per l’anno 2007 è stato accolto, dichiarando la decadenza del potere impositivo dell’Amministrazione Finanziaria.

Sull’utilizzo delle prove presuntive

La Corte ha accolto anche la censura relativa all’utilizzo delle dichiarazioni di terzi come unica fonte di prova. È stato ribadito che, nel processo tributario, le presunzioni semplici devono rispettare i criteri dell’art. 2729 c.c. Le dichiarazioni di terzi, pur avendo valore indiziario, non sono sufficienti da sole a fondare un accertamento. Spetta al giudice di merito il compito di valutarle nel contesto probatorio complessivo, verificandone la credibilità e riscontrando la presenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. La sentenza impugnata è stata cassata su questo punto perché si era limitata a prendere atto delle dichiarazioni senza compiere questo necessario approfondimento critico.

Sulla validità della delega di firma

Sono state invece respinte le doglianze sulla nullità degli atti per difetto di sottoscrizione. La Cassazione ha confermato che la delega di firma è un atto di natura organizzativa interna. Non è necessaria un’indicazione nominativa del delegato, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita, che permette di verificare la corrispondenza tra il sottoscrittore e il destinatario della delega.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per i contribuenti e i professionisti del settore. In primo luogo, consolida il principio secondo cui il raddoppio termini accertamento è strettamente legato alla rilevanza penale della violazione tributaria, escludendone l’applicazione per tributi come l’IRAP, la cui evasione non integra fattispecie di reato.

In secondo luogo, rafforza le garanzie del contribuente nel processo di accertamento, imponendo al giudice un rigoroso vaglio critico delle prove presuntive. Un accertamento non può reggersi solo su indizi non corroborati, come le dichiarazioni di terzi, ma deve fondarsi su un quadro probatorio che, nel suo complesso, soddisfi i requisiti di gravità, precisione e concordanza. La decisione, cassando con rinvio la sentenza d’appello, impone un nuovo esame del merito che tenga conto di questi fondamentali principi.

Il ‘raddoppio dei termini di accertamento’ è applicabile all’IRAP?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, poiché il mancato versamento dell’IRAP non costituisce un reato penale, non può essere applicato l’istituto del raddoppio dei termini previsto per le violazioni tributarie penalmente rilevanti.

Un avviso di accertamento può basarsi esclusivamente sulle dichiarazioni rese da terzi (es. clienti)?
No. Le dichiarazioni di terzi hanno valore di indizio (presunzione semplice). Secondo la Corte, non sono sufficienti da sole a sostenere un accertamento. È necessario che il giudice le valuti attentamente, insieme a tutti gli altri elementi di prova, per verificare che siano ‘gravi, precise e concordanti’ e quindi idonee a diventare una prova critica.

Cosa si intende per ‘obbligo di denuncia penale’ ai fini del raddoppio dei termini?
Si intende la condizione necessaria per applicare il raddoppio dei termini. L’Amministrazione Finanziaria può estendere il periodo di accertamento solo se i fatti contestati integrano una fattispecie di reato tributario per la quale sussiste l’obbligo di presentare una denuncia penale, indipendentemente dal fatto che questa sia stata effettivamente presentata o meno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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