Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2712 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2712 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
Oggetto: acc. analitico induttivo – regime san- zionatorio – ius super- veniens – preclusioni
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25588/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n.1965/13/2016 depositata il 21 luglio 2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 novembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Viste le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, nel senso dell’accoglimento del secondo motivo con rigetto degli altri.
Fatti di causa
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n.1788/9/2015 di accoglimento parziale, previa riunione, del ricorso proposto dalla contribuente avverso 8 avvisi di accertamento per II.DD. e IVA, oltre accessori, relativamente alle annualità 2007, 2008, 2009, 2010, 2011.
Gli atti impositivi venivano elevati nei confronti della società a seguito della contestazione di operazioni di compravendita parzialmente inesistenti e della corrispondente rettifica del reddito di impresa dichiarato per gli anni di imposta, anche ai fini IVA. Atti impositivi separatamente impugnati investivano anche la società RAGIONE_SOCIALE e, dagli avvisi emessi nei confronti RAGIONE_SOCIALE due società, discendevano ulteriori avvisi di accertamento recanti l’imputazione di reddito da partecipazione per gli anni di imposta suddetti nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali soci RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a ristretta base sociale.
Sulla base di due p.v.c. venivano ricostruiti i ricavi RAGIONE_SOCIALE società, attive nel settore edilizio ed immobiliare, nel quadro di un complessivo accertamento analitico induttivo ex art.39 primo comma lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973; dai fatti scaturiva anche un procedimento penale. Si legge nella sentenza impugnata che il giudice di prime cure rigettava le eccezioni preliminari, inclusa quella sulla legittimità del raddoppio dei termini di esercizio dell’azione impositiva. Nel merito, la CTP riteneva che parte contribuente non avesse fornito prova dell’esistenza dei contratti preliminari dai quali desumere che le somme versate dagli acquirenti fossero state corrisposte a titolo di caparra confirmatoria non assoggettabile ad IVA ex art.15 d.P.R. n.633/72 e che, tuttavia, tali importi fossero tutti stati regolarmente contabilizzati al momento della stipula dei contratti definitivi con conseguente assenza di danno erariale. Le sanzioni erano nondimeno ritenute dovute per la mancata emissione RAGIONE_SOCIALE fatture nell’anno in cui le somme corrispondenti erano state incassate, ed era legittima la presunzione di distribuzione di utili extracontabili tra i soci in presenza di società a ristretta base contabile.
La CTR in via preliminare rigettava l’eccezione di decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento per raddoppio del termine decadenziale, nonché di nullità degli avvisi impugnati perché illegittimamente sottoscritti dall’Amministrazione emittente. Nel merito, riteneva utilizzabili i dati acquisiti dalla Guardia di finanza in sede di verifica e rigettava l’eccezione di nullità degli atti di accertamento nella parte in cui rettificavano i prezzi di compravendita dichiarati nei singoli rogiti in contestazione, ritenendo operante nella fattispecie la presunzione di distribuzione degli utili.
Avverso la decisione del giudice d’appello propone ricorso la contribuente, affidato a nove motivi, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Hanno proposto separatamente ricorso per Cassazione la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
e, all’adunanza camerale del 20.12.2022, è stata dichiarata l’estinzione del ricorso proposto dai soci. La contribuente deposita memoria ex art.378 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
6. Con il primo motivo – in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. – la contribuente deduce, in ordine ai due accertamenti per l’anno d’imposta 2007 (NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO IRES e IRAP e NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE ritenute sui maggiori ricavi omessi) la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, commi 1 e 3, del d.P.R. n.600/1973 per avere il giudice d’appello ritenuto operante il raddoppio dei termini, nonostante la dichiarazione fosse stata presentata nel 2008, con conseguente ritenuta decadenza del potere di rettifica in data 31.12.2012, mentre i suddetti avvisi sono stati notificati l’8.8.2013.
6.1. Il secondo motivo va esaminato unitamente al primo in quanto relativo ai medesimi due atti impositivi e strettamente intrecciato, articolato in riferimento all’art.360, primo comma, n.4 cod. proc. civ., con il quale la contribuente deduce anche l’omessa pronuncia, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto applicabile il raddoppio dei termini con riferimento all’IRAP e alle ritenute sui dividendi extracontabili asseritamente distribuiti ‘ al socio ‘ -rectius ai soci. 7. Le due censure, in ordine alla legittima applicazione del raddoppio dei termini per gli accertamenti 2007, sono fondate nei limiti che seguono.
7.1. Va premesso che in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011 (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17586 del 28/06/2019, Rv. 654733 – 01).
Pertanto, ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 13481 del 02/07/2020, Rv. 658111 – 01).
Nel caso di specie è pacifico addirittura l’inizio del procedimento penale per i fatti alla base RAGIONE_SOCIALE riprese nei confronti della società e non sarebbe in alcun modo rilevante il fatto che questo sia eventualmente intervenuto oltre i termini decadenziali (cfr. Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 36474 del 24/11/2021, Rv. 663058 – 01), dal momento che in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dall’art. 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile “ratione temporis”, può operare anche se la notizia di reato è emersa dopo la scadenza del termine ordinario di decadenza.
9.1. In riferimento ad avvisi di accertamento emessi e notificati nell’anno 2013, come nella fattispecie qui vagliata, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato e persino l’omissione di quella comunicazione in relazione al termine di prescrizione dell’atto impositivo (Cass. sez. 5, 16/12/2016 n. 26037), perché ciò che assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti.
9.2. Discorso diverso riguarda la ripresa IRAP elevata nei confronti della società contribuente, imposta per la quale il raddoppio non vale perché la fattispecie non è prevista come reato. Dal momento che dal mancato versamento dell’IRAP non discendono sanzioni penali, la giurisprudenza della Corte esclude che a detta imposta possa applicarsi
l’istituto del raddoppio dei termini (per tutte Cass., 9314/2000) e, dunque, in parte qua i due motivi sono fondati.
10. Il terzo motivo – ex art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. della contribuente ha ad oggetto gli avvisi: TVS030100824/2013 maggiori ricavi ai fini IRES, IRAP, IVA 2008; TVS030100846/2013 maggiori ricavi ai fini IRES IRAP e costi non deducibili ai fini IRES, IRAP, IVA 2011; TVS030100843/2013 IVA 2009; TVS030100823/2013 IRES e IRAP 2007; TVS030100885/2013 mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE ritenute sui maggiori ricavi omessi 2008 e TVS030100884/2013 mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE ritenute sui maggiori ricavi omessi 2007. Nella censura si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n.600/1973, nonché degli artt. 21-septies della l. n. 241/1990 e 5, comma 2, della l. n. 212/2000, non avendo la CTR rilevato che la delega prodotta in secondo grado dall’Ufficio, rappresentava delega “in bianco”, priva pertanto della specificazione del nome del funzionario delegato, nonché dei poteri ad esso attribuiti, con conseguente nullità degli avvisi. Sostiene la ricorrente che, dopo aver eccepito in sede di gravame, l’illegittimità degli avvisi di accertamento evidenziati in epigrafe, per non avere l’Ufficio fornito evidenza del fatto che il soggetto firmatario degli atti disponesse di idonea delega di poteri da parte del Direttore Provinciale dell’RAGIONE_SOCIALE competente, la CTR avrebbe respinto tale motivo di appello nonostante l’Ufficio avesse prodotto delega interna “in bianco”, ossia priva della specifica indicazione nominale del soggetto delegato.
11. In disparte dall’eccepita novità della questione e conseguente decadenza, eccezione già avanzata in fase di appello, la doglianza è comunque anche infondata.
La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza
esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414 – 01; conforme Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, Rv. 655599 – 01).
12. L’RAGIONE_SOCIALE può ben produrre in giudizio la delega e ordine di servizio o organigramma per assolvere al proprio onere di corretto esercizio del potere (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 27871 del 31/10/2018, Rv. 651222 – 01; conforme a Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24492 del 02/12/2015, Rv. 637837 – 01). L’ adempimento compiuto e ritenuto dalla CTR – con un preciso accertamento in fatto a pag.5 della sentenza censurata – idoneo alla prova. L’ulteriore contestazione di idoneità di tali documenti è poi inammissibile gravemente viziata da difetto di specificità e localizzazione, mancando parte ricorrente di riprodurre o almeno indicare con precisione tali atti, ai fini della valutazione della decisività della censura.
13. Il quarto motivo ha ad oggetto l’avviso NUMERO_DOCUMENTO con il quale è stata disconosciuta ai fini IRES e IRAP 2007 l’operazione economica che ha visto l’acquisto da parte della società di un terreno edificabile ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed un successivo contratto preliminare di vendita del capannone industriale da edificarsi sul medesimo terreno tra la società e la medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. In relazione all’art.360, primo comma, n.4 cod. proc. civ. la contribuente deduce l’omessa pronuncia da parte della CTR in ordine all’esistenza e legittimità della c.d. operazione RAGIONE_SOCIALE.
14. Il motivo è infondato. Premesso che nella sentenza impugnata non v’è esplicit a espressione nella motivazione di una ratio decidendi dedicata alla questione sollevata dalla contribuente, inerente alla esistenza e legittimità della c.d. operazione COGNOME. In proposito va tuttavia rammentato come la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. non sia ravvisabile per il sol fatto che manchi in sentenza una precisa determinazione su una domanda, ben potendosi ravvisare un rigetto implicito della stessa quando il capo della domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia (per tutte Cass., 3 aprile 2019, 9262). Nel caso di specie detta incompatibilità è ravvisabile, tenuto conto che il contenuto della questione devoluta alla cognizione della CTR è riportato con sufficiente precisione a pag.4 della sentenza impugnata (« Avverso della sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello (…) le operazioni commerciali intrattenute con la RAGIONE_SOCIALE sono reali e regolarmente contabilizzate (…) » ) e il complessivo contenuto della pronuncia impugnata di rigetto dell’appello della contribuente porta a ritenere esistente una pronuncia di rigetto implicito anche sulla questione relativa all’operazione in questione.
15. Con il quinto motivo, che si riferisce agli avvisi NUMERO_DOCUMENTO/2013 IVA 2009 e P_IVA/P_IVA IVA 2010 recanti la ripresa a imposizione indiretta al 4% sui maggiori imponibili accertati per le suddette annualità, in relazione all’art.360, primo comma, n.4 cod. proc. civ. la contribuente prospetta l’inesistenza o nullità della sentenza per inidoneità al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo, dovuta al difetto di requisito essenziale di forma-contenuto della motivazione, per violazione degli artt. 132 comma 2 n.4, 156 comma 2 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 36 comma 2 n.4 del d.lgs. n.546/1992.
16. La censura è inammissibile. Essa stessa individua il corretto capo della sentenza impugnata che si è pronunciato relativamente alle riprese IVA, ossia l’ultimo capoverso prima del dispositivo a pag.6, e prospetta vizi della motivazione senza considerare che in sede di legittimità è denunciabile soltanto l’anomalia motivazionale che si traduca in violazione di legge costituzionalmente rilevante. Questa, affincé sia utilmente spesa, dev’essere attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053). Nessuna di tali rigorose ipotesi sussiste nel caso di specie, in cui la CTR ha rigettato la prospettazione della società circa la « non assoggettabilità ad imposizione IVA RAGIONE_SOCIALE somme ricevute dalla contribuente al momento della stipula» dei preliminari, esprimendo una chiara ratio decidendi , in quanto importi « qualificabili alla stregua di caparre» , che la società « ha incluso nella dichiarazione annuale IVA (…) assoggettandole di fatto ad imposizione» (ibidem) . Tale ragione della decisione, logica e adeguatamente motivata, non è revocabile in dubbio in sede di legittimità nei termini proposti dalla censura in disamina, ostandovi il citato insegnamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni unite.
17. Con il sesto motivo in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., la contribuente lamenta -quanto agli avvisi NUMERO_DOCUMENTO per maggiori ricavi ai fini IRES, IRAP, IVA 2008 e NUMERO_DOCUMENTO per maggiori ricavi ai fini IRES IRAP e costi non deducibili ai fini IRES, IRAP e indetraibili ai fini IVA 2011 (limitatamente al rilievo 3) – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. per aver il giudice d’appello ritenuto provata l’esistenza di ricavi non
contabilizzati sulla base di elementi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
17.1. Il settimo motivo, relativo ai medesimi avvisi oggetto della precedente censura, – agli effetti dell’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.42 commi 2 e 3 del d.P.R. n.600/1973, 3 della l. 241/1990, 7 della l. n.212/2000, 24, 53 e 111 Cost. per aver la CTR ritenuto provata l’esistenza di ricavi non contabilizzati sulla base di elementi non allegati agli avvisi.
I due mezzi di impugnazione, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente ed è fondato il sesto con assorbimento del settimo.
18.1. Nel processo tributario in tema di prova per presunzioni semplici, valgono i medesimi criteri di cui all’art. 2729 cod. civ. e, pertanto, non è sufficiente il fatto che le dichiarazioni del terzo sostitutive di atto notorio prodotte nel processo siano plurime e di contenuto analogo (“concordanza”) perché l’indizio in esse contenuto assurga a prova critica, essendo necessario un approfondimento da parte del giudice circa la precisione del fatto storico noto, desunta dalla sua contestualizzazione anche con riferimento agli ulteriori elementi di prova raccolti nel processo, nonché riguardo alla sua gravità riconnessa alla probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola di esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 31588 del 04/11/2021, Rv. 662787 -02; cfr. anche Cass. Sez. 5 -, Sentenza n8221 del 22/03/2023).
18.2. Orbene, la motivazione della CTR nel confermare le riprese oggetto del motivo si sofferma unicamente sulle dichiarazioni di terzi, le quali hanno sì valore indiziario, ma spetta al giudice il potere-dovere di valutare dette dichiarazioni nel contesto probatorio emergente dagli atti, al fine di riscontrare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi oggettivi e soggettivi, ai fini del radicamento di presunzioni gravi
precise e concordanti a sostegno dell’accertamento analitico-induttivo ex art.39 comma 1 d.P.R. 600/1973.
18.3. Il settimo motivo, con cui si censura la mancata allegazione all’avvi so di accertamento RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni degli acquirenti degli appartamenti e dei box, è assorbito dall’accoglimento del precedente, fermo restando che non è contestato quanto si legge a pag.36 del controricorso secondo cui la Guardia RAGIONE_SOCIALE ha consegnato alla società in causa in data 12 dicembre 2013, e quindi in epoca antecedente alla data di introduzione del giudizio (12.02.2014), copia RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dagli acquirenti.
Con l’ottavo motivo – in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. -quanto agli avvisi NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 39, comma 1-bis del d.lgs. n.546/1192 e 295 cod. proc. civ. per non avere il giudice d’appello rilevato la pregiudizialità tra la controversia relativa all’accertamento dei redditi non dichiarati dalla società RAGIONE_SOCIALE e quella avente ad oggetto l’accertamento dei dividendi ai suoi soci dalla distribuzione degli utili extracontabili.
La doglianza non può trovare ingresso. Infatti, nella prospettiva della società partecipata, su di un piano logico non si pone un tema di pregiudizialità in riferimento alle cause introdotte dai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali soci RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE a ristretta base sociale tra cui la ricorrente, cause che oltretutto sono anche state definite all’adunanza camerale del 20.12.2022.
Con il nono motivo, relativo a sette degli otto avvisi di accertamento impugnati ossia tutti tranne quello n. NUMERO_DOCUMENTO, senza indicazione del pertinente paradigma dell’art.360, primo comma, cod. proc. civ. – si prospetta, quanto alle sanzioni irrogate, per l’ ipotesi di rigetto, in tutto o in parte, del ricorso, la necessità di rideterminare le stesse in ragione RAGIONE_SOCIALE ius superveniens di cui al d.lgs. n.158 del
2015 che ha recato modifiche al sistema sanzionatorio di cui all’art.8 comma 1 della l. n.23/2014.
22. La censura è assorbita dall’accoglimento parziale del ricorso e la questione verrà riesaminata in sede di giudizio rescissorio, ove riproposta. Si osserva in ogni caso che alle pagg.38 e 39 del controricorso l’RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato «s i rappresenta che la subordinata richiesta della ricorrente in tema di sanzioni irrogate con gli atti impositivi di ‘ (…) rideterminare le stesse in ragione RAGIONE_SOCIALE ius superveniens ‘ ai sensi e per gli effetti della entrata in vigore del d.lgs. 158/2015 recante ‘revisione del sistema sanzionatorio in attuazione dell’art. 8, comma 1 della legge 11 marzo 2014 n. 23 che ha modificato il d.lgs 471/1197, non può essere presa in considerazione per la risolutiva ragione che l’Ufficio ha già provveduto alla doverosa applicazione del principio generale del favor rei, in sede di notifica dell’intimazione di pagamento conseguente alla liquidazione della sentenza di CTR (28/09/2016). ‘ » .
23. Conclusivamente vanno accolti i motivi primo e secondo, nei limiti di cui in motivazione, nonché il sesto, assorbiti il settimo e il nono, disattesi i restanti e, per l’effetto , la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione in relazione ai profili accolti, a quelli rimasti assorbiti e per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo ricorso, nei limiti di cui in motivazione, nonché il sesto, assorbiti il settimo e il nono, disattesi i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, a quelli rimasti assorbiti e per le spese.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2023