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Raddoppio termini accertamento: escluso per l’IRAP

Una società ha impugnato avvisi di accertamento per IRPEG, IRAP e IVA, basati sull’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32052/2024, ha affrontato la questione del raddoppio termini accertamento in presenza di un’indagine penale. Ha stabilito che tale raddoppio è legittimo per imposte dirette e IVA, ma non per l’IRAP, poiché le violazioni relative a quest’ultima non sono penalmente sanzionate. La Corte ha inoltre negato la deducibilità dei costi e la detrazione IVA, data la mancata prova della certezza dei costi e della buona fede del contribuente. La causa è stata rinviata per una nuova valutazione dell’accertamento IRAP e delle sanzioni.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini accertamento: la Cassazione esclude l’IRAP

La recente sentenza n. 32052/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione sul raddoppio termini accertamento fiscale in presenza di indagini penali. La Corte ha stabilito un principio cruciale: mentre l’estensione dei termini è applicabile a imposte dirette e IVA, essa non vale per l’IRAP. Questa decisione ha implicazioni significative per le imprese e per la gestione del contenzioso tributario.

I Fatti del Caso: Fatture Sospette e Accertamenti Fiscali

Il caso ha origine da due avvisi di accertamento notificati a una società per gli anni d’imposta 2002 e 2003. L’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita deduzione di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da due società estere, ritenute soggettivamente inesistenti. Secondo l’amministrazione finanziaria, sebbene le prestazioni di servizio fossero state effettivamente ricevute, i fornitori indicati nelle fatture erano meri schermi, interposti fittiziamente tra la società contribuente e i reali esecutori delle prestazioni.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione all’Agenzia, sostenendo che la società non aveva provato la certezza e l’inerenza dei costi e che, in presenza di un procedimento penale, il raddoppio termini accertamento era legittimo per tutte le imposte contestate, inclusa l’IRAP.

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la legittimità del raddoppio dei termini e la deducibilità dei costi.

La Questione del Raddoppio Termini Accertamento

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’applicabilità del raddoppio termini accertamento. La normativa (art. 43 del d.P.R. 600/1973 e art. 57 del d.P.R. 633/1972, nella versione applicabile all’epoca) prevede che i termini per la notifica degli avvisi di accertamento siano raddoppiati se sussistono seri indizi di un reato che comportano l’obbligo di denuncia penale.

La società ricorrente sosteneva che il raddoppio fosse illegittimo per diverse ragioni, tra cui la mancata produzione in giudizio della denuncia di reato e l’uso pretestuoso di tale strumento da parte dell’Agenzia.

La Decisione della Cassazione sul Raddoppio Termini Accertamento

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i motivi relativi al raddoppio dei termini, giungendo a una conclusione differenziata per le diverse imposte:

* Imposte sui Redditi (IRPEG) e IVA: La Corte ha confermato la legittimità del raddoppio. Ha ribadito il principio consolidato secondo cui, per attivare il raddoppio, è sufficiente l’esistenza di un obbligo di denuncia penale, a prescindere dall’esito del procedimento penale stesso (che può concludersi anche con archiviazione o prescrizione). Il contribuente che contesta il superamento dei termini ordinari deve dimostrare la carenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia, non potendo il giudice tributario sindacare l’effettiva sussistenza del reato.
* IRAP: Qui la Corte ha accolto il ricorso della società. I giudici hanno specificato che il raddoppio dei termini, previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973, non può trovare applicazione per l’IRAP. La ragione è puramente normativa: le violazioni delle disposizioni relative all’IRAP non sono presidiate da sanzioni penali. Di conseguenza, non può sorgere l’obbligo di denuncia penale che costituisce il presupposto per il raddoppio. L’accertamento relativo all’IRAP, essendo stato notificato oltre i termini ordinari, è stato quindi ritenuto tardivo e illegittimo.

Deducibilità dei Costi e Detrazione IVA

La Corte ha rigettato i motivi relativi alla deducibilità dei costi e alla detrazione dell’IVA.

In merito ai costi, pur riconoscendo che anche in caso di operazioni soggettivamente inesistenti i costi possono essere deducibili, la Cassazione ha sottolineato che l’onere della prova grava interamente sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare non solo l’inerenza del costo all’attività d’impresa, ma anche la sua effettività, certezza e determinabilità. Nel caso di specie, la CTR aveva accertato in fatto che la società non aveva fornito tale prova, una valutazione non sindacabile in sede di legittimità.

Per quanto riguarda l’IVA, la Corte ha confermato l’indetraibilità. In un regime di reverse charge, il diritto alla detrazione è negato se il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in un’evasione fiscale, ad esempio utilizzando una fattura con l’indicazione di un fornitore fittizio. La mancata allegazione e prova della propria buona fede ha precluso alla società la possibilità di detrarre l’imposta.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione delle norme e su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il punto chiave è la distinzione tra i presupposti normativi per il raddoppio termini accertamento relativi alle diverse imposte. La presenza di un presidio penale per le violazioni in materia di imposte dirette e IVA giustifica l’estensione dei termini, in quanto l’accertamento fiscale e quello penale sono legati. Tale legame è invece assente per l’IRAP, le cui violazioni hanno rilevanza esclusivamente amministrativa. Questa distinzione è fondamentale per garantire il principio di legalità e certezza del diritto, evitando un’applicazione estensiva di norme eccezionali come quelle sulla proroga dei termini di accertamento.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il quarto motivo di ricorso, annullando l’accertamento per l’IRAP in quanto tardivo. Ha rigettato gli altri motivi, confermando la legittimità delle riprese per IRPEG e IVA. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che dovrà riesaminare il caso limitatamente all’accertamento IRAP e ricalcolare le sanzioni alla luce della decisione. Questa sentenza ribadisce un importante principio a tutela del contribuente: il raddoppio termini accertamento non è un meccanismo applicabile indiscriminatamente a tutte le imposte, ma è strettamente vincolato alla rilevanza penale delle violazioni contestate.

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento fiscale?
Il raddoppio dei termini si applica quando emergono seri indizi di un reato fiscale che fanno scattare l’obbligo di presentazione di una denuncia penale. È sufficiente la sussistenza di tale obbligo, indipendentemente dall’esito del procedimento penale, e non è necessario che la denuncia sia prodotta nel giudizio tributario.

Perché il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP?
La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP perché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali. Di conseguenza, non può sorgere l’obbligo di denuncia penale, che è il presupposto indispensabile per poter raddoppiare i termini di accertamento.

I costi derivanti da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili?
Sì, i costi possono essere deducibili a condizione che il contribuente fornisca la prova rigorosa non solo della loro inerenza all’attività d’impresa, ma anche della loro effettività, certezza e determinabilità. L’onere della prova è interamente a carico del contribuente e, in assenza di tale prova, i costi sono considerati indeducibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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