Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2822 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17000/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 1750/2017 depositata il 07/12/2017.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 12/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;
uditi per l’Amministrazione ricorrente l’AVV_NOTAIO e per la controricorrente e ricorrente incidentale
l’AVV_NOTAIO, che hanno insistito per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE conclusioni rassegnate in atti.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia RAGIONE_SOCIALE ricorre, con unico motivo, nei confronti di NOME avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la CTR, confermando la sentenza della CTP di Torino, ha dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2008, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione un maggior reddito di capitale ai fini Irpef.
L’Ufficio, a seguito RAGIONE_SOCIALE informazioni acquisite presso l’Amministrazione fiscale francese -consistenti nella documentazione bancaria (la c.d. «lista COGNOME») frutto del trafugamento, da parte di un funzionario della HSBC Private Bank di Ginevra, dei dati («scheda-cliente», o «fiche») sulla clientela straniera, poi acquisiti dalle autorità francesi e da questa divulgati ad altri Paesi dell’UE a fini di contrasto dell’evasione fiscale -recuperava a tassazione, ai fini Irpef e relative addizionali, i redditi derivanti dalle disponibilità finanziarie depositate presso detto istituto di credito, non dichiarate nel quadro RW della dichiarazioni dei redditi.
La Commissione regionale, confermata la legittimità del provvedimento impugnato sotto i profili della utilizzabilità RAGIONE_SOCIALE risultanze della ‘lista COGNOME‘ e della compatibilità con i principi costituzionali e comunitari, ha peraltro ritenuto la decadenza del potere accertativo per inapplicabilità retroattiva dell’art. 12 comma 2 bis decreto legge n. 79/2009.
Ha quindi considerato assorbiti gli ulteriori profili di censura sollevati nelle controdeduzioni di parte appellata, in particolare attinenti alla valenza RAGIONE_SOCIALE presunzioni poste a fondamento per l’accertamento ed alla valutazione della prova contraria offerta dalla contribuente.
Resiste la contribuente con controricorso e ricorso incidentale sorretto da sei motivi.
Il Pubblico ministero ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378, comma 1, cod. proc. civ., chiedendo l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione lamenta la «Violazione dell’art. 12, comma 2 -bis del D.L. 78/2009 e dell’art. 6 del d.l. 167/1990, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».
1.1. Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
Nella specifica materia si è, ormai, consolidato l’orientamento di questa Corte (cfr., tra le prime, Cass. n. 29632 del 14/11/2019; da ultimo v. Cass, n. 33965 del 5/12/2023) per il quale «La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio ” tempus regit actum “, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per l’omessa denuncia RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie
detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2».
Nella fattispecie, il raddoppio dei termini per la notifica dell’avviso di accertamento è dunque applicabile alle violazioni in oggetto, accertate ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 167/90, come da motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, richiamata da entrambe le parti nei rispettivi atti difensivi.
Infatti, una volta accertato che i commi 2 bis e 2 ter , avendo natura procedimentale, valgono anche per gli anni anteriori, laddove per tali anni non è applicabile la presunzione legale di evasione fissata dal comma 2 dell’art. 12 decreto legge n. 79/09, ne consegue che per tali anni anteriori si applica la disciplina previgente e dunque all’epoca vigente, ossia l’art. 6 decreto legge n. 167/90 (v. al riguardo Cass. n. 30742/2018; Cass. n. 29632/2019).
Con il primo motivo di ricorso incidentale la contribuente lamenta la «Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.», per non essersi i giudici di appello pronunciati sul motivo con cui è stata eccepita la decadenza dall’azione impositiva, vertendosi in una fattispecie per la quale l’ordinamento non prevede alcun raddoppio dei termini, atteso che l’atto impositivo, relativo al periodo d’imposta 2008 e notificato soltanto nel novembre 2015, aveva accertato presunti redditi di capitali sulla scorta dell’art. 6 del decreto -legge n. 167/1990, fattispecie in relazione alla quale non opererebbe alcun raddoppio dei termini di accertamento.
Con il secondo motivo la contribuente denuncia la «Violazione dell’art. 6 del decreto -legge 28 giugno 1990, n. 167,
dell’art. 43, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.», per avere la sentenza implicitamente respinto il motivo n. 8 dell’atto di controdeduzioni in appello con cui si eccepiva la decadenza, a causa del fatto che la legge non disporrebbe alcun raddoppio dei termini per la fattispecie contestata.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale si denuncia la «Violazione o falsa applicazione dell’art. 70 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in combinato disposto con l’art. 191 c.p.p., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.», per avere la CTR del Piemonte ritenuto che l’illegittima acquisizione dei dati non ne determinasse la inutilizzabilità.
La contribuente censura la conclusione dei Giudici di appello in merito alla legittimità del procedimento per effetto del quale l’Amministrazione finanziaria ha acquisito presunti dati riferiti a correntisti dell’istituto HSBC. Osserva che l’art. 70 del DPR n. 600/1973, nel richiamare le disposizioni contenute nel codice di procedura penale, comporta l’applicazione dell’art. 191 c.p.p. anche al processo tributario e, inoltre, che i presunti dati illecitamente sottratti sono tutelati sia dalla Costituzione italiana sia dalla RAGIONE_SOCIALE europea dei diritti dell’uomo.
Con il quarto motivo si denuncia la «Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.», per avere i Giudici di appello respinto l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 12, comma 2 -bis, del decreto-legge n. 78/2009 in base a motivi diversi da quelli formulati in sede di appello.
Con il quinto motivo si lamenta la «Violazione dell’art. 4 della direttiva 88/361/CEE e dell’art. 63 del T.F.U.E. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c.», per avere i Giudici di appello ritenuto che l’art. 4 del decreto -legge n. 167/1990 sia compatibile con il quadro normativo comunitario.
La contribuente censura la pronuncia di appello per aver respinto la richiesta di rimessione degli atti alla Corte di giustizia UE in base alla considerazione che l’art. 4 della direttiva n. 88/361/CEE, garantendo agli Stati membri il diritto di adottare le misure indispensabili per impedire le infrazioni alle leggi e ai regolamenti o di stabilire procedure di dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, dimostrerebbe la piena legittimità del decreto-legge n. 167/1990.
Con il sesto motivo di ricorso incidentale la contribuente lamenta la «Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4) c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. nonché dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.», a causa dell’omessa motivazione sulla questione di compatibilità comunitaria dell’art. 4 del decreto -legge n. 167/1990.
La ricorrente censura la sentenza per omessa motivazione in ordine alla reiezione della questione di compatibilità comunitaria dell’art. 4 del decreto -legge n. 167/1990 sotto un distinto profilo rispetto a quello censurato con il precedente motivo.
Il primo motivo di ricorso incidentale è infondato.
Non sussiste alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la CTR ha accolto l’eccezione di decadenza sollevata dalla contribuente, e in tale accoglimento resta assorbito ogni profilo dedotto con riguardo alla decadenza dell’Amministrazione dal potere accertativo.
Il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato.
A tale riguardo è sufficiente richiamare quanto già esposto in merito alla fondatezza del motivo di ricorso principale, che rende inconsistente la tesi secondo cui il raddoppio dei termini non varrebbe per le violazioni accertate ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 167/90.
Il terzo motivo di ricorso incidentale è infondato.
In merito all’acquisizione dei dati posti a fondamento dell’atto impositivo impugnato si richiama la giurisprudenza univoca della Corte che, con specifico riguardo alla «lista COGNOME», ha stabilito che, in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da specifica previsione di legge, e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale (Cass. 5/12/2019, n. 31779, Cass. 28/04/2015, n. 8605).
10.1. Questa Corte ha individuato precisi indici normativi dai quali inferire la piena utilizzabilità del materiale del quale qui si discute, individuati nell’art. 39, comma 2, e 41, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, e nell’art. 55, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, che prendono esplicitamente in considerazione l’utilizzo di elementi «comunque» acquisiti e, perciò, anche nell’esercizio di attività istruttorie attuate con modalità diverse da quelle indicate negli artt. 32 e 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 e nell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tali disposizioni individuano, quindi, un principio generale di non tipicità della prova che consente l’utilizzabilità in linea di massima -di qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l’esistenza di un fatto rilevante e non direttamente conosciuto.
10.2. La prova per presunzioni può, pertanto, essere costituita anche da acquisizioni provenienti da un’autorità straniera nell’ambito di direttive comunitarie o di accordi bilaterali.
Nel caso di specie la fonte è costituita dalla direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore RAGIONE_SOCIALE imposte.
Come è stato chiarito dalla Corte di giustizia (Corte giustizia, Grande Sezione, 22 ottobre 2013, causa C- 276/12) la direttiva 77/799 non tratta del diritto del contribuente di contestare l’esattezza dell’informazione trasmessa e non impone alcun obbligo particolare quanto al contenuto di quest’ultima, dato che spetta solo agli ordinamenti nazionali fissare le relative norme; ne discende che il contribuente può contestare le informazioni che lo riguardano, trasmesse all’amministrazione fiscale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO membro richiedente, secondo le norme e le procedure applicabili nello AVV_NOTAIO membro interessato. Spetta al giudice nazionale stabilire il valore probatorio che deve essere riconosciuto, nel caso specifico, all’informazione comunicata da uno AVV_NOTAIO membro in base alla direttiva 77/799. Anche se i dati costituenti il frutto di cooperazione informativa intracomunitaria restano contestabili dal contribuente -il quale può mettere in discussione, nell’ambito di un procedimento tributario nazionale, la correttezza RAGIONE_SOCIALE informazioni fornite da altri Stati membri ai sensi dell’art. 2 della direttiva 77/799 -e pur dovendo negarsi che la mera acquisizione di informazioni mediante lo strumento di cooperazione comunitaria abbia la capacità di «purgare» gli elementi acquisiti da eventuali illegittimità o vizi per la sola derivazione da autorità estere, deve, parimenti, escludersi l’inutilizzabilità degli elementi trasmessi dall’autorità fiscale francese in ragione della loro provenienza illecita, ossia dal trafugamento dei dati bancari da parte di un ex dipendente della banca svizzera HSBC, NOME COGNOME.
10.3. L’indirizzo giurisprudenziale in questione, al quale si intende in questa sede dare ulteriore continuità, si riannoda del resto ad un principio generale, in materia di prova nell’ordinamento civile, che trascende la materia fiscale, avendo questa Corte chiarito, in generale, che ‘La categoria dell’inutilizzabilità prevista ex art. 191 c.p.p. in ambito penale non rileva in quello civile, nel quale le prove atipiche sono comunque ammissibili, nonostante
siano state assunte in un diverso processo in violazione RAGIONE_SOCIALE regole a quello esclusivamente applicabili, poiché il contraddittorio è assicurato dalle modalità tipizzate di introduzione della prova nel giudizio. Resta precluso, invece, anche in sede civile, l’accesso alle prove la cui acquisizione concreti una diretta lesione di interessi costituzionalmente garantiti della parte contro la quale esse siano usate.’ (Cass. 05/05/2020, n. 8459). Non mancano, tuttavia, nella giurisprudenza di legittimità, espresse declinazioni del medesimo principio generale anche in materia tributaria: ‘In tema di accertamento tributario, sia con riguardo alle imposte dirette sia all’IVA, è legittimo l’utilizzo di elementi comunque acquisiti e, quindi, anche di prove atipiche o dati ottenuti con forme diverse da quelle regolamentate, comprese le informazioni scambiate ai sensi della RAGIONE_SOCIALE fra Italia e Svizzera in tema di assistenza giudiziaria in sede penale del 20 aprile 1959, atteso che detta RAGIONE_SOCIALE consente, in seguito al protocollo addizionale del 10 settembre 1998, entrato in vigore il 1° giugno 2003, di fornire tale assistenza anche qualora il procedimento riguardi fatti che costituiscono truffa in materia fiscale, così come definita dal diritto AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO richiesto.’ (Cass. 22/01/2021, n. 1318).
10.4. Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, non può ritenersi illegittima l’attività posta in essere dall’Amministrazione fiscale interna, su impulso di quella francese, in forza della direttiva 77/799, tenuto conto che, alla base della riservatezza dei rapporti tra banche e clienti, non ci sono valori della persona umana da tutelare, ma ci sono solo interessi patrimoniali ed istituzioni economiche, così risultando insussistenti i profili di contrasto con l’art. 15 Cost. e l’art. 8 Cedu lumeggiati dalla contribuente.
11. Il quarto motivo di ricorso incidentale è infondato.
11.1. Va preliminarmente osservato che il mancato esame di una questione di legittimità costituzionale non può formare oggetto di appello e non costituisce, corrispondentemente, vizio di omessa
pronunzia nel giudizio di legittimità (Cass. 19 gennaio 2018 n. 1311; Cass. 3 giugno 2020, n. 10524).
11.2. La questione di legittimità costituzionale, prospettata per contrasto dell’art. 12, comma 2 -bis, del decreto-legge n. 78/2009 con l’art. 3 della Costituzione, è comunque manifestamente infondata, in primo luogo sotto il profilo della denunciata irragionevole disparità di trattamento tra i contribuenti per i quali il maggior termine di decadenza opera per effetto dell’obbligo di denuncia penale e quelli per i quali il maggior termine di decadenza, secondo la prospettazione della contribuente, deriverebbe ‘unicamente dalla mancata compilazione di un quadro del moAVV_NOTAIO di dichiarazione dei redditi’.
La Corte Costituzionale, nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247 ha rilevato che il raddoppio dei termini nelle fattispecie qualificate in cui ricorre l’obbligo di denuncia penale è adeguato ‘a soddisfare la ratio legis di dotare l’amministrazione finanziaria di un maggior lasso di tempo per acquisire e valutare dati utili a contrastare illeciti tributari, i quali, avendo rilevanza penale, sono stati non ingiustificatamente ritenuti dal legislatore particolarmente gravi e, di norma, di complesso accertamento’.
Nella fattispecie in esame è ravvisabile l’analoga finalità di munire l’Amministrazione finanziaria di strumenti idonei per contrastare gli illeciti tributari realizzati mediante l’occultamento di disponibilità finanziarie detenute all’estero, ed in particolare in Paesi Stati o territori a regime fiscale privilegiato, con giurisdizioni che non assicurano un effettivo scambio di informazioni, illeciti anch’essi di particolare gravità e, per loro natura, di difficile accertamento.
La disciplina normativa denunciata non si pone dunque in violazione del principio di eguaglianza, né la misura risulta irragionevolmente sproporzionata rispetti ai fini perseguiti dal legislatore.
Il raddoppio, o più rettamente la previsione di più ampi termini di accertamento, presenta anzi carattere sistematico, come dimostra, ad esempio, la previsione dell’art. 27, comma 16 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 di un termine decadenziale di otto anni per l’emissione dell’atto di recupero per la riscossione dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione, fattispecie anch’essa caratterizzata dal maggiore ostacolo posto all’attività di accertamento, da parte del contribuente, con la propria condotta.
11.3. A maggior ragione, il principio di eguaglianza non risulta violato, sotto il profilo della ragionevolezza, laddove il tertium comparationis viene indicato dalla ricorrente nei «contribuenti il cui reddito è determinato per effetto di presunzioni legali» differenti da quella contemplata dall’art. 12 comma 2 bis cit., costituendo la circostanza della detenzione di disponibilità finanziarie in uno AVV_NOTAIO a regime fiscale privilegiato un chiaro elemento diversificatore RAGIONE_SOCIALE situazioni giuridiche.
11.4. Da tali premesse consegue infine come non sia ravvisabile alcun contrasto con l’art. 24 Cost., profilo già vagliato dalla CTR con responso sfavorevole alla ricorrente, non risultando, a fronte della presunzione (semplice) di evasione stabilita dalla norma, una ingiustificata limitazione del diritto alla difesa del contribuente, esercitabile mediante la libera articolazione di prova contraria.
A tale riguardo si rammenta che questa Corte ha avuto modo di specificare il principio in materia di presunzioni (Cass. n. 33893 del 19/12/2019; Cass. n. 31243 del 29/11/2019) statuendo che: «In tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento agli investimenti e alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata
in vigore (prevista dal 1° luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale RAGIONE_SOCIALE presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice».
Il quinto e sesto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la stretta connessione, sono infondati.
Premesso che anche il mancato esame di un dedotto profilo di incompatibilità di una norma interna con una norma comunitaria non costituisce vizio di omessa pronunzia, nella specie i giudici di appello hanno esaminato e ritenuto infondata, con adeguata motivazione, la questione sollevata.
12.1. A tale riguardo deve rilevarsi come la previsione, da parte dell’art. 4 del d.l. 28/06/1990, dell’obbligo di dichiarazione degli investimenti all’estero ovvero RAGIONE_SOCIALE attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, rientri nelle facoltà consentite dall’art. 65 del TFUE, ove si prevede che i principi dettati dal precedente articolo 63 in tema di libera circolazione dei capitali non pregiudicano il diritto degli Stati membri di «prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e RAGIONE_SOCIALE regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.»
12.2. Non risulta in termini, al contrario, la sentenza 15 febbraio 2017 della Corte di Giustizia UE, procedimento C-317/15, invocata dalla controricorrente, che attiene al diverso profilo dell’ambito di applicazione della deroga al principio di libera circolazione dei capitali prevista, entro i limiti temporali ivi indicati,
dall’art. 64, paragrafo 1, del TFUE, ai sensi del quale «le disposizioni di cui all’articolo 63 lasciano impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù RAGIONE_SOCIALE legislazioni nazionali o della legislazione dell’Unione per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implicano investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari».
12.3. In assenza di un ragionevole dubbio riguardo alla corretta applicazione del diritto dell’Unione nel caso di specie, non si ravvisano i presupposti per il rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE.
Per la giurisprudenza di questa Corte « non v’è diritto della parte all’automatico rinvio pregiudiziale ogniqualvolta la Corte di cassazione non ne condivida le tesi difensive (Cass., S.U., 8.7.2016, n. 14043), bastando che le ragioni siano espresse (Corte EDU, in caso NOME COGNOME e Rezabek c. Belgio), specie quando l’interpretazione della norma e del caso siano evidenti (Cass., S.U., 24.5.2007, n.12067), e la corretta interpretazione della norma di diritto di cui trattasi non lasci spazio a nessun ragionevole dubbio (Raccomandazioni 2016 C-439.01, § 6)» (Cass. Sez. U., 19/06/2018, n. 16157, in motivazione, punto 5.5.; nello stesso senso, ex multis, Cass. 25/02/2022, n. 6332, punto 6.2. -in continuità con Cass. 7/06/2018, n. 14828; Cass. 16/06/2017, n. 15041 – secondo cui il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea presuppone il dubbio interpretativo su una norma comunitaria, che non ricorre allorché l’interpretazione sia auto-evidente oppure il senso della norma sia già stato chiarito da precedenti pronunce della Corte, non rilevando, peraltro, il profilo applicativo di fatto, che è rimesso al giudice nazionale; da ultimo v. Cass. 20/12/2023, n. 35633).
E anche la Corte costituzionale (Corte cost. n. 28 del 2010, in motivazione al punto 6) ha ritenuto che sia da escludere il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, non «necessario quando il significato della norma comunitaria sia evidente, anche per essere stato chiarito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia».
Per la Corte di giustizia (C. Giust., 6.10.1982, C-283/81, Cilfit; cfr. altresì C. Giust. 5/04/2016, C-689/13, RAGIONE_SOCIALE. Cfr., in termini, C. Giust. 28/07/2016, C-379/15, RAGIONE_SOCIALE) viene meno l’obbligo di rinvio pregiudiziale allorquando la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da fornire alla questione sollevata (c.d. teoria dell’ acte clair) che, in base alle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione ed alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione, si imponga anche agli altri giudici nazionali e alla Corte (C. giust.,15/12/2022, C -144/22)
13. In conclusione, rigettato il ricorso incidentale, in accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/01/2024.