Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11981 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11981 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22286/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio lo studio legale e tributario associato , rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentata e difesa
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 484/2023 depositata il 12 aprile 2023
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bologna dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME, a NOME COGNOME e a NOME COGNOME nella qualità di eredi del defunto NOME COGNOME, un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, gli interessi presuntivamente prodotti nell’anno 2008 dalle somme depositate dal «de cuius» presso istituti di credito aventi sede nella Repubblica di San Marino, calcolati al tasso applicabile ex art. 6 del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 225 del 1990, agli investimenti di natura finanziaria trasferiti o costituiti all’estero in violazione delle norme in tema di monitoraggio fiscale.
Le contribuenti impugnavano tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che accoglieva il loro ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, la quale, con sentenza n. 484/2023 del 12 aprile 2023, rigettava l’appello erariale.
Ritenevano i giudici di secondo grado che l’Amministrazione Finanziaria fosse decaduta dall’esercizio del potere impositivo, dovendo escludersi l’applicabilità della disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento introdotta dall’art. 12, commi 2 -bis e 2ter , del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009; e ciò in ragione del fatto che l’Ufficio non si era avvalso della presunzione legale sancita dal comma 2 dello stesso articolo ovvero quella di sottrazione alla tassazione nazionale dei redditi investiti all’estero e non dichiarati al Fisco -, né aveva irrogato alcuna sanzione per l’inosservanza dell’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 4 del D.L. n. 167 del 1990.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
NOME e NOME COGNOME evocate in giudizio anche nella qualità di eredi della defunta NOME COGNOME, hanno resistito con due distinti controricorsi.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 6 del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990, e dell’art. 12, commi 2-bis e 2ter , del D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente ritenuto non operante nella presente fattispecie la disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento contenuta nei commi 2 -bis e 2ter dell’art. 12 del D.L. n. 78 del 2009, sull’erroneo presupposto che la stessa risulterebbe applicabile nelle sole ipotesi in cui l’Amministrazione Finanziaria si avvalga della presunzione legale di cui al comma 2 dello stesso articolo o irroghi al contribuente la sanzione pecuniaria prevista in caso di violazione dell’obbligo di dichiarazione prescritto dall’art. 4 del D.L. n. 167 del 1990.
1.2 Il mezzo è anzitutto ammissibile, non incorrendo nella preclusione da cd. di cui al combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’art. 348 -ter c.p.c..
1.3 Invero, detta preclusione si riferisce ai soli motivi di ricorso per cassazione proposti ai sensi del n. 5) dell’art. 360, comma 1, c.p.c. (omesso esame circa un fatto decisivo e controverso), e non anche a quelli formulati, come nella specie, a norma del n. 3) dello stesso comma (violazione o falsa applicazione di norme di diritto).
1.4 Oltre che ammissibile, la censura in scrutinio è fondata.
1.5 Per giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, la
presunzione di evasione stabilita dall’art. 12, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non ha natura procedimentale, bensì sostanziale, sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, fra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.
Trattasi, pertanto, di presunzione non avente efficacia retroattiva. Hanno, invece, natura procedimentale le disposizioni contenute nei commi 2bis e 2ter dello stesso art. 12, le quali prevedono, rispettivamente: (a)il raddoppio dei termini di decadenza fissati dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 per la notifica degli atti di accertamento del reddito presuntivamente evaso; (b)il raddoppio dei termini (di decadenza e prescrizione) previsti dall’art. 20 del D. Lgs. n. 472 del 1997 per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni comminate dall’art. 5 del D.L. n. 167 del 1990 in caso di violazione dell’obbligo di dichiarazione delle disponibilità finanziarie detenute all’estero.
1.6 È stato, inoltre, precisato che la disposizione di cui al comma 2bis deve essere interpretata nel senso che il raddoppio dei termini ivi stabilito opera sia nel caso in cui l’Ufficio, facendo uso della presunzione legale sancita dalla menzionata norma, accerti che la disponibilità finanziaria detenuta nei cd. «paradisi fiscali» e non dichiarata costituisce il provento di redditi sottratti a tassazione, sia in quello in cui l’Amministrazione Finanziaria, senza ricorrere alla presunzione in oggetto, in quanto non applicabile retroattivamente, contesti comunque la medesima fattispecie servendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici qualificate da gravità, precisione e concordanza ai sensi dell’art. 2729, comma 1,
c.c..
1.7 Giustifica tale equiparazione la «ratio» della disciplina palesata dal comma 1 dell’art. 12 del D.L. n. 78 del 2009, il quale prevede che le norme in oggetto sono dirette a dare attuazione a un’intesa fra gli Stati aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi a regime fiscale privilegiato, fornendo agli uffici finanziari strumenti più efficaci (come il raddoppio dei termini per l’accertamento) per contrastare, con o senza l’ausilio della presunzione legale di cui al comma 2, il fenomeno dell’allocazione nei «paradisi fiscali» di disponibilità finanziarie formate con redditi sottratti alla tassazione nazionale (cfr. Cass. n. 29632/2019, Cass. n. 35840/2022, Cass. n. 5964/2024).
1.8 Per quanto qui più specificamente interessa, non si è poi mancato di puntualizzare che l’art. 6 del D.L. n. 167 del 1990 introduce una presunzione legale relativa di fruttuosità degli investimenti e delle attività di natura finanziaria formati all’estero e non dichiarati in Italia, vale a dire di quelle stesse disponibilità, presuntivamente formate mediante redditi sottratti a imposizione, per il cui accertamento l’art. 12, comma 2 -bis, del D.L. n. 78 del 2009 ha disposto il raddoppio dei termini all’uopo fissati dall’art. 43, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 57, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. Cass. n. 22326/2024).
1.9 Se, quindi, per l’accertamento dei redditi in parola il raddoppio dei termini deve ritenersi operante indipendentemente dal fatto che l’Ufficio si avvalga o meno della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2, del menzionato decreto-legge, non può che pervenirsi ad analoga conclusione anche con riferimento alla ripresa a tassazione degli interessi che per legge si presumono prodotti da quegli stessi redditi.
1.10 Dalle suenunciate «regulae iuris» si è discostata la CGT-2,
onde deve ritenersi sussistente il prospettato «error in iudicando» .
Per le ragioni illustrate, va quindi disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
2.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione