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Raddoppio termini accertamento: basta l’obbligo di denuncia

Una Srl e i suoi soci contestavano un avviso di accertamento per redditi non dichiarati. La Cassazione chiarisce che il raddoppio dei termini di accertamento si applica quando il fatto ha rilevanza penale, a prescindere dalla tempestiva presentazione della denuncia. La sola sussistenza dell’obbligo di denuncia è sufficiente. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva annullato gli atti impositivi.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio Termini Accertamento: Basta l’Obbligo di Denuncia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11353 del 29 aprile 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sul raddoppio dei termini di accertamento fiscale in presenza di reati tributari. La Suprema Corte ha stabilito che per l’applicazione di tale estensione è sufficiente la mera sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, a prescindere dall’effettiva presentazione della denuncia stessa o dal suo esito. Questa decisione ribalta l’orientamento dei giudici di merito e rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di una S.r.l. a ristretta base partecipativa, che aveva optato per il regime della trasparenza fiscale. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di indagini che avevano rivelato l’esistenza di rapporti commerciali con un’altra società per operazioni oggettivamente inesistenti, notificava avvisi di accertamento sia alla società che ai suoi due soci. Gli atti impositivi contestavano un maggior reddito ai fini Iva, Irap e Irpef per gli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, applicando il raddoppio dei termini di accertamento previsto in caso di violazioni penalmente rilevanti.

La società e i soci impugnavano gli atti, sostenendo, tra le altre cose, la decadenza del potere di accertamento dell’Amministrazione, poiché la denuncia penale non era stata presentata entro i termini ordinari. Le Commissioni Tributarie, sia in primo che in secondo grado, accoglievano le tesi dei contribuenti, annullando gli avvisi di accertamento.

La questione sul raddoppio termini accertamento

Il fulcro della controversia legale era la corretta interpretazione delle condizioni per l’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento. Secondo i giudici di merito, il prolungamento del termine era subordinato alla presentazione della notizia di reato entro la scadenza ordinaria del periodo di accertamento. Poiché l’Ufficio non aveva adempiuto a tale onere, si era verificata la decadenza dal potere impositivo.

Inoltre, i giudici d’appello avevano ritenuto nulli gli atti impositivi anche perché motivati per relationem, ovvero tramite riferimento a un Processo Verbale di Constatazione (PVC) redatto nei confronti di un’altra società e, a loro dire, non integralmente conosciuto dai contribuenti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata e fornendo due principi di diritto cruciali.

In primo luogo, in merito al raddoppio termini accertamento, la Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento. Ciò che rileva non è l’effettiva presentazione della denuncia penale, né l’esito del conseguente procedimento. L’unica condizione richiesta dalla legge (nella versione applicabile ratione temporis) è l’astratta configurabilità di un reato tributario che comporti l’obbligo di denuncia. Il sistema tributario e quello penale operano su un “doppio binario”: la sussistenza di un fatto che integra un’ipotesi di reato (come l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti) è di per sé sufficiente a far scattare sin dall’origine il termine di accertamento più lungo. Affermare il contrario, subordinando il raddoppio alla tempestività della denuncia, sarebbe in contrasto con la ratio della norma. I termini di accertamento prolungati sono fissati direttamente dalla legge per fattispecie “ab origine” diverse e non rappresentano una “riapertura” o una “proroga” dei termini ordinari.

In secondo luogo, riguardo alla motivazione per relationem, la Cassazione ha censurato la decisione della CTR per essere meramente apparente e lacunosa. I giudici di merito si erano limitati a una valutazione quantitativa (poche pagine allegate rispetto al totale del PVC), senza esaminare se l’avviso di accertamento riproducesse i contenuti essenziali del PVC o se le parti rilevanti fossero state comunque messe a disposizione del contribuente. L’atto impositivo è valido se, pur richiamando un documento esterno, ne riporta il contenuto essenziale, permettendo al contribuente di comprendere appieno le ragioni della pretesa fiscale e di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di accertamento fiscale: la presenza di un illecito di natura penale determina automaticamente l’applicazione del termine di accertamento raddoppiato. Per i contribuenti e i professionisti, ciò significa che il rischio di un accertamento si estende notevolmente nel tempo ogni qualvolta una violazione fiscale possa astrattamente configurare un reato. La decisione, inoltre, serve da monito sull’importanza della completezza e chiarezza degli atti impositivi, anche quando motivati per relationem, sottolineando che la validità di tali atti va valutata sotto un profilo sostanziale (comprensibilità della pretesa) e non meramente formale (allegazione integrale dei documenti richiamati).

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento fiscale?
Si applica quando la violazione fiscale contestata integra anche un’ipotesi di reato per la quale sussiste l’obbligo di denuncia penale. Ciò che conta è l’astratta configurabilità del reato, non l’effettivo avvio o esito del procedimento penale.

È necessario che l’Amministrazione finanziaria presenti una denuncia penale entro i termini ordinari per poter usufruire del raddoppio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma sul raddoppio dei termini opera indipendentemente dalla presentazione o dalla tempistica della denuncia penale. La sussistenza dell’obbligo di denuncia è di per sé una condizione sufficiente per l’applicazione del termine più lungo sin dall’origine.

Un avviso di accertamento che si basa su un altro documento (motivazione per relationem) è valido?
Sì, è valido a condizione che riproduca il contenuto essenziale del documento richiamato o che, in ogni caso, permetta al contribuente e al giudice di individuare i punti specifici su cui si fonda la pretesa fiscale. La mancata allegazione integrale del documento non rende l’atto automaticamente nullo se la motivazione è comunque chiara e comprensibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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