Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3789 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3789 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
COGNOME
-intimato – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO, SEZIONE STACCATA PESCARA n. 855/2015, depositata il 21/08/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26
novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME che non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza in
Irpef 2001/2004 termini di decadenzaraddoppio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1913/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-ricorrente – contro
epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Pescara che aveva accolto, previa riunione, i ricorsi spiegati avverso gli atti impositivi con i quali, per gli anni di imposta dal 2001 al 2004, era stato recuperato a tassazione, ai fini Irpef, un maggior reddito.
L’ufficio, a seguito di processo verbale di constatazione notificato il 29 aprile 2010, disconosceva i costi portati da fatture emesse da una terza società in quanto relativi ad operazioni ritenute inesistenti.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nel testo applicabile ratione temporis.
Censura la sentenza impugnata per aver affermato che fosse maturato il termine di decadenza dal potere accertativo, erroneamente ritenendo non applicabile il c.d. raddoppio dei termini di accertamento, non essendo stata dimostrata la proposizione di denuncia penale. Osserva che l’unica condizione affinché operi la normativa sul raddoppio dei termini è la constatazione dell’esistenza di una violazione per la quale sussista l’obbligo di denuncia di un reato tributario e x art. 331 cod. proc. pen. Aggiunge che è onere del giudice tributario accertare l’esistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia sulla s corta degli elementi posti a base dell’atto impositivo .
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 come modific ato dall’art. 8, comma 2, legge 11 marzo 2014, n. 23.
Il motivo è proposto sul presupposto, comunque contestato, che alla fattispecie debba applicarsi l’art. 43 cit. come modificato dall’art. 8, comma 2, legge n. 23 del 2014. Osserva che la modifica ha fatto
salvi gli effetti degli atti già notificati alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, ovvero alla data del 2 settembre 2015, successiva alla stessa sentenza impugnata.
I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto connessi.
3.1. L ‘art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e in materia di Iva, l’art. 57, comma 3, (commi inseriti dal l’art. 37 commi 24, e 25 d.l. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, in vigore dal 4 luglio 2006), stabilivano che, in caso di violazione che comporti obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, i termini di cui ai commi precedenti (cioè, in caso di presentazione della dichiarazione, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, nonché, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata) erano raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui era stata commessa la violazione
3.2. Su detta disciplina è intervenuto dapprima il d.lgs. 5 agosto 2015 n. 128 e successivamente la legge 2 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità del 2016).
L’art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 128 del 2015, modificando le precedenti disposizioni di cui agli artt. 43 cit. e 57 cit., disponeva -a decorrere dalla sua entrata in vigore e, quindi, da 2 settembre 2015 -che il raddoppio dei termini poteva operare solo ove la denuncia fosse stata presentata nei termini ordinari.
Il successivo comma 3, dettava una disciplina transitoria in virtù della quale le nuove regole non si applicavano 1) agli avvisi di accertamento (oltre che agli altri atti ivi contemplati) che fossero stati già notificati alla data di entrata in vigore, ovvero entro il 1° settembre 2015) 2) agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione
notificati o formalmente conosciuti dal contribuente entro la medesima data, sempre che la notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2015.
3.3. Successivamente, l’art. 1, commi 130 e 131, legge n. 208 del 2015 ha sostituito integralmente le disposizioni di cui agli artt. 43 cit e 57 cit., prevedendo un termine di accertamento più lungo rispetto a quello ordinario precedente ed eliminando la previsione del raddoppio in caso di denuncia penale.
Il comma 132 dello stesso art. 1 legge n. 208 del 2015 ha previsto, anch’esso, un regime transitorio secondo il quale la nuova disciplina (con i termini più ampli e l’esclusione del raddoppio) si applicava agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 ed ai periodi successivi; per i periodi d’imposta precedenti, invece, la norma transitoria precisava che gli avvisi di accertamento dovevano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata; che in caso di violazione comportante obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 cod. proc. pen. per alcuno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente erano raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; che il raddoppio, non operava qualora la denuncia fosse stata presentata o trasmessa dall’amministrazione finanziaria oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo.
3.4. Con riferimento al rapporto tra i due regimi transitori, questa Corte ha già precisato che: a) il conflitto tra le due norme è solo apparente e che il regime transitorio di cui alla legge n. 208 del 2015 per i periodi d’imposta anteriori a quello in co rso al 31 dicembre 2016,
riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio; b) la funzione del regime transitorio di cui all’art. 1, comma 132 legge n. 208 del 2015 è solo quella di regolare le fattispecie della lex anterior in considerazione della successione di leggi nel tempo e, quindi, di disciplinare diversamente il precedente regime ordinario (non anche quello transitorio sopra esposto) del raddoppio dei termini di accertamento, previsto dal d.lgs. n. 128 del 2015 (regime ordinario in forza del quale il raddoppio dei termini ordinari (di 4 o 5 anni, a seconda che sia stata presentata o no la dichiarazione) opera solo se la denuncia penale da parte dell’Amministrazione finanziaria -espressione che, a tali fini, deve ritenersi comprensiva anche della Guardia di finanza -sia presentata o trasmessa entro la suddetta scadenza ordinaria dei termini); (Cass.16/12/2016, n. 26037).
3.5. Alla fattispecie in esame, perfezionatasi prima di entrambe le modifiche legislative, si applicano gli art. 43 e 57 citt. nella versione antecedente.
3.6. Il raddoppio dei termini -come detto previsto per l’Irpef dall’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e per l’Iva e dall’art 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 – consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche sopra citate, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen.. La dizione legislativa rende chiaro che il raddoppio è legato all’astratta sussistenza di un reato perseguibile d’ufficio, che fa sorgere l’obbligo di denuncia in capo al pubblico ufficiale e non dipende dal suo accertamento in concreto. L’istituto presuppone la sussistenza dell’obbligo di presentazione denuncia penale, a prescindere dall’esito del procedimento e nonostante l’eventuale estinzione del reato per archiviazione della denuncia, rilevando solo l’astratta configurabilità di un illecito penale, atteso il regime c.d. del doppio binario tra giudizio penale e procedimento tributario (Cass. 15/09/2022 n. 27250). Nello
stesso senso si è aggiunto che il raddoppio dei termini rilevando unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, opera nonostante l’eventuale prescrizione del reato (Cass. 11/04/2017, n. 9322)
3.7. Questa Corte ha chiarito, altresì, che ciò non rende di per sé legittimo qualunque accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria oltre il termine ordinario fissato dalla legge, dovendo, al contrario, essere evitato, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011, un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni in esame al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento. Tuttavia, si è osservato, in proposito che la ratio sottesa all’isti tuto del raddoppio dei termini, di natura essenzialmente procedimentale, è quella di dare all’Ufficio un tempo maggiore per gli accertamenti nei casi più gravi in cui gli elementi emersi presentino rilievo penale; che la possibilità che, proprio ad esito di quegli accertamenti e del contraddittorio endoprocedimentale, le iniziali emergenze vengano ridimensionate e l’atto impositivo si fondi su elementi privi di rilievo penale non può certamente implicare, a posteriori, il venir meno dei presupposti di applicazione del termine più lungo, salvo che non emerga un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un tempo più ampio (Cass. 14/07/2023, n. 20409).
3.8. La C.t.r. ha correttamente individuato la norma applicabile alla fattispecie in quella di cui alla formulazione originaria; ha errato, tuttavia, nella sua applicazione. Infatti, discostandosi dai principi di cui sopra, ha affermato che non essendo dimostrabile la proposizione della denuncia e non essendo noti gli importi, la data di deposito ed il denunciante non potevano applicarsi i termini c.d. raddoppiati.
Ne consegue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio
alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo , sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, oltre che al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruz zo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2024.