LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Raddoppio termini accertamento: basta l’obbligo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18046/2025, ha chiarito che, per la normativa applicabile fino al 2015, il raddoppio dei termini di accertamento fiscale scatta in presenza dell’obbligo di denuncia per reati tributari, a prescindere dall’effettiva presentazione della denuncia stessa. La Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria contro una società, cassando la decisione dei giudici di merito che avevano annullato un avviso di accertamento per decorrenza dei termini. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio termini accertamento: l’obbligo di denuncia penale è sufficiente

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione sul raddoppio dei termini di accertamento fiscale per le annualità antecedenti al 2016. Il principio stabilito è chiaro: per legittimare l’estensione dei tempi a disposizione del Fisco, è sufficiente che sussista l’obbligo di presentare una denuncia penale, anche se questa non viene poi effettivamente trasmessa all’autorità giudiziaria. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per la gestione del contenzioso tributario legato a presunti reati fiscali.

I fatti di causa

Una società si vedeva notificare un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava l’indeducibilità di costi derivanti da operazioni commerciali con imprese residenti in cosiddetti “paradisi fiscali”. Il contribuente impugnava l’atto, eccependo in via principale la decadenza dell’azione accertatrice. Secondo la società, infatti, i termini ordinari per l’accertamento erano ormai scaduti e il Fisco non poteva avvalersi del loro raddoppio, non avendo provato di aver presentato una denuncia penale.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano la tesi del contribuente, annullando l’atto impositivo. I giudici di merito ritenevano che, per applicare il raddoppio dei termini di accertamento, fosse necessaria la prova del deposito di una denuncia penale. L’Amministrazione Finanziaria, non condividendo tale interpretazione, proponeva ricorso per cassazione.

La questione giuridica e il raddoppio dei termini di accertamento

Il cuore della controversia verteva sull’interpretazione della normativa (art. 43 del d.P.R. 600/1973 e art. 57 del d.P.R. 633/1972, nella versione applicabile ratione temporis) che prevedeva il raddoppio dei termini in caso di violazioni fiscali penalmente rilevanti. La questione era se, per attivare tale raddoppio, fosse indispensabile l’effettiva presentazione della notitia criminis entro i termini ordinari di accertamento o se fosse sufficiente la sola sussistenza dell’obbligo di denuncia in capo ai funzionari accertatori.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando con rinvio la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ribadito un principio già affermato in precedenti pronunce e avallato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 247/2011).

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, per la disciplina vigente prima delle modifiche introdotte nel 2015, il presupposto per il raddoppio dei termini di accertamento è unicamente l’esistenza di un obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.lgs. n. 74/2000. Non è invece richiesta, come condizione di operatività, la sua effettiva presentazione.

Il raddoppio, pertanto, si attiva quando emergono seri indizi di reato che fanno sorgere l’obbligo di denuncia, a prescindere dal fatto che questa venga poi presentata, magari tardivamente, o addirittura archiviata. La valutazione del giudice di merito, che aveva richiesto la prova documentale della denuncia, è stata quindi ritenuta erronea in diritto. La Corte ha inoltre specificato un’importante limitazione: il principio del raddoppio non si applica all’IRAP, poiché le violazioni relative a tale imposta non sono presidiate da sanzioni penali.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha stabilito che la decisione della Commissione Tributaria Regionale deve essere annullata. Il caso è stato rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi al seguente principio di diritto: per gli avvisi di accertamento notificati prima del 2 settembre 2015, il raddoppio dei termini di accertamento opera se sussiste l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dalla sua materiale presentazione. Il giudice del rinvio dovrà quindi verificare se, nel caso di specie, ricorrevano le condizioni per cui la denuncia dovesse considerarsi obbligatoria.

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento secondo la normativa analizzata nella sentenza?
Secondo la normativa applicabile agli atti impositivi notificati fino al 2 settembre 2015, il raddoppio dei termini si applica quando sussistono seri indizi di un reato tributario che fanno insorgere l’obbligo di presentazione di una denuncia penale.

È necessario che la denuncia penale sia stata effettivamente presentata affinché operi il raddoppio dei termini?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il presupposto per il raddoppio è unicamente l’obbligo di denuncia penale, e non anche la sua effettiva presentazione. Il raddoppio opera anche se la denuncia è presentata oltre i termini di decadenza ordinari o se viene archiviata.

Il raddoppio dei termini di accertamento vale anche per l’IRAP?
No. La Corte ha specificato che il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 non può trovare applicazione per l’IRAP, poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati