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Raddoppio dei termini: vecchie regole per vecchi avvisi

Una società e il suo socio impugnano avvisi di accertamento per gli anni 2005-2006, basati su presunte fatture false. La Corte di Cassazione, riformando la decisione di secondo grado, ha stabilito che il raddoppio dei termini per l’accertamento si applica, poiché le nuove normative più favorevoli non sono retroattive per gli avvisi già notificati prima della loro entrata in vigore.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini di accertamento: la Cassazione applica le vecchie regole agli avvisi già notificati

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i contenziosi tributari: la disciplina applicabile agli avvisi di accertamento notificati prima delle modifiche legislative del 2015. La questione centrale riguarda il raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati fiscali e il principio di irretroattività della legge. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha risolto il caso, fornendo un’interpretazione chiara sull’efficacia temporale delle norme.

Il caso: Fatture per sponsorizzazioni e l’accertamento del Fisco

Una società a responsabilità limitata unipersonale e il suo socio unico ricevevano due avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’utilizzo di fatture per sponsorizzazioni ritenute fittizie. I contribuenti impugnavano gli atti, ma il ricorso veniva respinto in primo grado. In appello, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni dei contribuenti. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo la decisione, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione delle nuove norme sui termini di accertamento.

L’evoluzione normativa sul raddoppio dei termini

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione di una successione di leggi. In particolare, la legge n. 208 del 2015 aveva modificato la disciplina del raddoppio dei termini, stabilendo nuove regole per gli avvisi da notificare a partire dal 1° gennaio 2016. La Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente applicato questa nuova disciplina, più favorevole al contribuente, a un avviso di accertamento che era stato notificato nel 2014, quindi prima della sua entrata in vigore.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio del “tempus regit actum”

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il principio guida della decisione è quello del tempus regit actum, secondo cui un atto giuridico è regolato dalla legge in vigore al momento del suo compimento. Nel caso di specie, l’atto in questione è la notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta nel 2014. Pertanto, ad esso si applicano le norme vigenti in quel momento, non quelle successive.

Le motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno chiarito che le disposizioni della legge n. 208 del 2015 non hanno carattere retroattivo. L’espressione “devono essere notificati” contenuta nella norma indica chiaramente che essa si riferisce solo agli atti futuri, da compiere dopo la sua entrata in vigore. Per gli avvisi già notificati, come quello in esame, continua a valere la disciplina precedente, inclusa quella transitoria del d.lgs. n. 128 del 2015. Quest’ultima faceva salvi gli effetti degli atti impositivi già notificati, per i quali il raddoppio dei termini operava in presenza di una violazione che comportasse l’obbligo di denuncia penale, a prescindere dal momento in cui tale denuncia fosse stata effettivamente trasmessa. Di conseguenza, nel caso specifico, l’Amministrazione Finanziaria aveva legittimamente beneficiato di un termine più lungo per effettuare l’accertamento.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del diritto tributario: le norme che regolano i termini di accertamento non si applicano retroattivamente. Per i contribuenti, ciò significa che la legittimità di un avviso di accertamento deve essere valutata sulla base delle leggi in vigore al momento della sua notifica. La sopravvenienza di norme più favorevoli non può sanare un atto che era legittimo quando è stato emesso. Questa decisione fornisce certezza giuridica e sottolinea come, in materia di raddoppio dei termini, il momento della notifica sia lo spartiacque per individuare la disciplina applicabile.

La nuova legge che ha modificato i termini di accertamento (legge n. 208 del 2015) si applica anche agli avvisi già notificati prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la legge n. 208 del 2015 non ha carattere retroattivo. Si applica solo agli avvisi di accertamento notificati a partire dal 1° gennaio 2016.

In caso di violazioni fiscali che comportano l’obbligo di denuncia penale, il raddoppio dei termini si applicava per gli avvisi notificati prima del 2016?
Sì. Per gli avvisi notificati prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, il raddoppio dei termini operava in presenza di una violazione con obbligo di denuncia, a prescindere dal fatto che la denuncia fosse stata trasmessa entro o oltre il termine ordinario di accertamento.

Quale norma regola gli effetti degli avvisi di accertamento notificati prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni del 2015?
Gli effetti di tali avvisi sono regolati dalla disciplina transitoria dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli atti impositivi già notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto, secondo le regole allora vigenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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