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Raddoppio dei termini: si applica anche al socio?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale, previsto in caso di reati tributari, si applica anche al socio accomandante di una società di persone. Questa estensione opera in virtù del principio di trasparenza fiscale, anche se il socio non è direttamente coinvolto nell’illecito penale commesso dalla società. La decisione si basa sull’unitarietà dell’accertamento del reddito societario, che viene imputato direttamente ai soci.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini: la Cassazione conferma l’estensione al socio accomandante

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse per i soci di società di persone: l’applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento fiscale anche al socio accomandante non direttamente coinvolto nell’illecito tributario. La pronuncia chiarisce che, in presenza di reati fiscali commessi dalla società, l’estensione del periodo di accertamento si applica a tutti i soci in virtù del principio di trasparenza fiscale, indipendentemente dal loro ruolo nella gestione.

I fatti del caso: la controversia del socio

Il caso trae origine da due avvisi di accertamento notificati a una socia accomandante di una società in accomandita semplice (s.a.s.). L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo contabile, aveva contestato alla società l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, recuperando a tassazione un maggior reddito di partecipazione in capo alla socia per gli anni d’imposta 2010 e 2011.

La contribuente ha impugnato gli atti, sostenendo che fossero stati notificati oltre i termini ordinari di decadenza. A suo avviso, il raddoppio dei termini, previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 in caso di reati tributari, non poteva applicarsi a lei, in quanto socia accomandante estranea alla gestione sociale e non destinataria di alcuna denuncia penale.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, ritenendo legittima l’applicazione del termine raddoppiato. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

Il raddoppio dei termini e il principio di unitarietà

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione della norma che prevede il raddoppio dei termini di accertamento. La legge stabilisce che, in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, i termini per l’accertamento sono raddoppiati.

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per attivare questa estensione, è sufficiente il mero riscontro di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale. Non è necessaria né l’effettiva presentazione della denuncia né, tantomeno, un accertamento penale definitivo. Ciò che conta è la sussistenza di seri indizi di reato, la cui valutazione spetta al giudice tributario.

L’estensione automatica al socio per trasparenza fiscale

La vera novità, o meglio la conferma di un orientamento giurisprudenziale, riguarda l’applicazione di questo meccanismo ai soci. Secondo i giudici, il principio di unitarietà dell’accertamento del reddito delle società di persone impone che il maggior reddito accertato in capo alla società venga automaticamente imputato ai soci “per trasparenza”, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

Questa logica comporta che anche le modalità e i termini dell’accertamento debbano essere unitari. Di conseguenza, se sussistono i presupposti per il raddoppio dei termini nei confronti della società (a causa di un illecito commesso dai suoi amministratori), tale estensione si applica inevitabilmente anche agli accertamenti rivolti ai singoli soci, inclusi quelli accomandanti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel rigettare il ricorso della contribuente, la Corte ha affermato che la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari determina il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del reddito imputato “per trasparenza” ai soci accomandanti. I giudici hanno chiarito che non è necessaria una specifica contestazione indirizzata personalmente al socio accomandante, essendo sufficiente che la notizia di reato sia riferita al legale rappresentante della società.

L’estraneità del socio alla gestione o alla commissione dell’illecito non rileva ai fini dell’estensione temporale dell’azione accertativa del Fisco. L’ordinamento tributario, in questo contesto, considera la società e i soci come un’entità unica ai fini della determinazione e imputazione del reddito. Pertanto, la qualifica di socio accomandante e la mancanza di legami di parentela o vicinanza con gli altri soci, argomenti sollevati dalla ricorrente, sono stati ritenuti irrilevanti.

Conclusioni: implicazioni pratiche per i soci di persone

Questa pronuncia consolida un orientamento che aumenta il livello di rischio per i soci di società di persone, in particolare per gli accomandanti. La decisione implica che, anche senza alcuna colpa o coinvolgimento diretto, un socio può subire le conseguenze procedurali (come l’estensione dei termini di accertamento) derivanti da illeciti fiscali commessi dagli amministratori. Per i soci, diventa quindi ancora più cruciale vigilare sulla corretta gestione fiscale della società e dotarsi di adeguati strumenti di controllo interno, per quanto consentito dal proprio ruolo, al fine di mitigare i rischi derivanti dalla condotta altrui.

Il raddoppio dei termini di accertamento si applica anche al socio accomandante che non ha commesso il reato fiscale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sussistenza di presupposti per un reato fiscale in capo alla società determina il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del reddito imputato per trasparenza ai soci accomandanti, anche se questi sono estranei alla gestione e all’illecito.

È necessaria la presentazione di una denuncia penale per giustificare il raddoppio dei termini?
No. Per l’applicazione del raddoppio dei termini è sufficiente il mero riscontro di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia, dall’inizio dell’azione penale o dall’esito del procedimento penale.

Cosa significa che l’accertamento è unitario nei confronti della società e dei soci?
Significa che il maggior reddito accertato nei confronti della società di persone viene direttamente e automaticamente imputato ai soci in base alle loro quote. Di conseguenza, anche le regole procedurali dell’accertamento, come il raddoppio dei termini, si applicano in modo uniforme sia alla società che ai soci.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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