Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18807 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18807 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21254/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ex lege ;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 8863/2019 depositata il 12/11/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per i ricorrenti e l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con separati ricorsi la RAGIONE_SOCIALE e il socio al 50% NOME COGNOME hanno proposto appelli nanti la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania contro le seguenti sentenze di prime cure:
3120/6/18 della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Napoli che aveva respinto il ricorso della società contro avviso di accertamento relativo all’anno 2011 per IRES, IRAP e IVA con cui era stata contestata la contabilizzazione di acquisti fittizi di materiale ferroso;
3121/6/18 della CTP di Napoli che aveva respinto il ricorso della società contro l’atto di contestazione d elle sanzioni IVA per le violazioni relative al 2011;
4098/18 con cui la CTP di Napoli aveva rigettato il ricorso del socio contro il conseguenziale avviso di accertamento emesso nei suoi confronti per il maggior reddito da capitale per il 2011.
La CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato gli appelli riuniti.
I giudici d’appello hanno ritenuto inammissibili, oltre che infondate, le questioni relative alla decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per inapplicabilità del c.d. ‘raddoppio dei termini’, poiché la censura non era stata dedotta in primo grado. Quanto al merito, affermata la legittimità della motivazione per relationem , con riferimento al PVC della Guardia di finanza, la CTR ha ritenuto fondata la ricostruzione dell’Ufficio siccome confermata dalle concordanti dichiarazioni dei terzi, riscontrate dall’esito dei sopralluoghi svolti dai militari della Guardia di Finanza: in particolare, i terzi (soggetti di etnia rom) avevano dichiarato di non sapere chi avesse aperto la partita IVA a loro nome, non
avevano mai visto una fattura o un formulario rifiuti, non avevano una struttura aziendale, non erano titolari di rapporti bancari e postali e all’atto di consegna dei rottami dovevano consegnare al personale della RAGIONE_SOCIALE il timbro relativo alla propria ditta senza avere contezza dell’uso.
La società e il RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza fondato su quattro motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992 laddove la CTR ha dichiarato inammissibile, in quanto nuova, l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo, per insussistenza dei presupposti per il raddoppio dei termini, eccezione che la contribuente aveva potuto far valere soltanto con i motivi d’appello in quanto solo dopo un anno dai fatti si era ottenuta certificazione che attestava l’inesistenza di un procedimento penale in relazione ai fatti contestati.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111 Cost. essendo inesistente o apparente la motivazione sul merito della questione precedente, che la CTR ha ritenuto infondata « atteso il rilievo penale assegnato alla vicenda ».
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 43 comma 3 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 57 comma 3 d.P.R. n. 633/192 nonché dell’art. 2 del d.lgs. n. 128/2015 e dell’art. 1 comma 132 della l. n. 208/2015 laddove la CTR ha ritenuto legittimo il raddoppio dei termini per il rilievo penale della vicenda che, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 128/2016, richiedeva anche la presentazione della denuncia prima della scadenza dei termini.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2729 c.c. e 54 del d.P.R. n. 633/1972, perché la CTR ha svolto un ragionamento presuntivo su fatti ignoti laddove si è desunta l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate non da fatti noti ma da fatti ignoti, utilizzando quindi una ‘doppia presunzione’ vietata: infatti, dalle dichiarazioni dei terzi, valutate unitariamente alle risultanze del sopralluogo effettuato dalla Guardia di Finanza, si è tratto il convincimento che i fornitori non disponessero dei mezzi necessari per gestire traffici di significativa consistenza e da ciò è derivata la « persuasione » che le fatture riportassero operazioni inesistenti.
Il primo motivo è infondato, cosicché il secondo e il terzo restano assorbiti, avendo la CTR correttamente ritenuto come nuova la questione sul raddoppio dei termini sollevata dai ricorrenti in sede di gravame.
5.1. Va premesso che, nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, previsto all’art. 57, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o RAGIONE_SOCIALE censure del contribuente, che restano sempre deducibili. Ciò in quanto il giudizio tributario è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed avente un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo in primo grado (Cass. n. 25756 del 2014). In applicazione di tale principio è stato evidenziato che il
termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità RAGIONE_SOCIALE parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, « sicché è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio, né proponibile per la prima volta in grado d’appello.» (Cass. n. 1291 del 2020) .
5.2. Era onere dei contribuenti, quindi, sollevare la questione della decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo tempestivamente, sin dall’impugnazione dell’avviso; la questione , del resto, era stata affrontata dallo stesso Ufficio nell’avviso di accertamento impugnato, come ammette la stessa ricorrente (v. pagg. 12-13 del ricorso), essendosi giustificata l’emissione dell’atto oltre i termini perché il PVC conteneva, per l’anno 2011, violazioni che comportavano l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000 consistente nella presentazione di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con la conseguenza che era applicabile la normativa sul raddoppio dei termini ordinari di decadenza ai sensi degli artt. 43 comma 3 d.P.R. n. 600/1973 e 57 comma 3 d.P.R. n. 633/1972. Aggiungono i ricorrenti che l’Ufficio non aveva precisato di aver provveduto a presentare la denuncia ex art. 331 c.p.p. (v., in particolare, pag. 13), cosicché vi erano tutte le condizioni per sollevare, sin dal ricorso iniziale, l’eccezione in questione e far valere la necessità della presentazione della denunzia prima della scadenza dei
termini, essendo a carico dell’Ufficio l’onere di dimostrare la ricorrenza dei presupposti per il raddoppio dei termini.
Il quarto motivo è infondato.
6.1. Il principio praesumptum de praesumpto non admittitur («divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena»), nei termini dedotti dai ricorrenti, non sussiste. Quel principio, spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perché non è riconducibile né agli evocati artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 27982 del 2020; Cass. n. 23860 del 2020; Cass. n. 20748 del 2019; Cass. n. 15003 del 2017; Cass. n. 983 del 2015). Questa soluzione è coerente con l’orientamento di questa Corte, secondo cui, ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio dell’Ufficio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza (Cass. n. 23231 del 2022; Cass. n. 13807 del 2019; Cass. n. 4168 del 2018; Cass. n. 17833 del 2017; Cass. n. 25129 del 2016). Ciò che conta, di fronte a una prova inferenziale costituita da una serie lineare di inferenze, è che ciascuna di esse sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, di modo che il fatto “noto” attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto “ignorato” (Cass. n. 27982 del 2020).
6.2. il Giudice d’appello ha seguito queste regole, laddove, dopo aver esaminato nello specifico sia il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei terzi sia l’esito dei controlli nei luoghi di pertinenza dei terzi fornitori (« accampamento con containers e baracche, nel degrado totale (..) senza rilevare la benché minima presenza di tracce, presenti o passate, infrastrutture, attrezzature e mezzi per l’attività di raccolta di rifiuti metalliferi, come piazzali, capannoni o semplici coperture per il ricovero temporaneo del materiale raccolto, pese, gru/piccoli sollevatori e cassoni per la selezione dei vari metalli raccolti, campioni o piccoli cassonati per il trasporto di rottami»), ha svolto « una lettura di insieme RAGIONE_SOCIALE divisate emergenze (..) cementate (..) dalla prova logica » RAGIONE_SOCIALE condizioni di vita degli apparenti terzi fornitori, concludendo che quegli elementi inducevano ad escludere le disponibilità (organizzative, finanziarie ed imprenditoriali) necessarie per gestire la mole di traffici commerciali risultante dalla documentazione contabile esibita dalla società, ciò che deponeva, secondo una comune regola di esperienza, per l ‘inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture contestate.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
p.q.m.
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.650,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, AVV_NOTAIO stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/02/2024.