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Raddoppio dei termini: quando si applica al socio?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25726/2024, ha stabilito che il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale si applica anche al socio di una società di persone quando emergono fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale a carico della società, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia. La Corte ha inoltre precisato che non sussiste litisconsorzio necessario quando il socio solleva eccezioni di carattere personale, come la decadenza dei termini.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei Termini Fiscali: la Cassazione Chiarisce l’Applicabilità al Socio

L’ordinanza n. 25726/2024 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per i soci di società di persone: in quali circostanze si applica il raddoppio dei termini di accertamento fiscale? La Suprema Corte ha confermato che la presenza di fatti che integrano un reato tributario a livello societario è sufficiente a estendere i termini anche al socio, a prescindere dall’effettiva presentazione di una denuncia penale. Analizziamo la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Una socia accomandante di una società in accomandita semplice (S.a.s.) impugnava un avviso di accertamento relativo a un maggior reddito di partecipazione per l’anno d’imposta 2007. L’atto era stato notificato nel 2013, oltre il termine ordinario di accertamento previsto per il 31 dicembre 2012. La contribuente eccepiva la decadenza del potere accertativo, sostenendo che l’Amministrazione Finanziaria non potesse avvalersi del raddoppio dei termini poiché non aveva provato di aver inoltrato la notizia di reato all’autorità giudiziaria.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglievano le ragioni della contribuente. In particolare, la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate, rilevando che l’ufficio non aveva fornito la prova dell’inoltro della comunicazione di reato, impedendo così al giudice tributario di verificare la sussistenza dell’obbligo di denuncia.

Raddoppio dei termini e Litisconsorzio: i motivi del ricorso

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidandosi a due motivi.

1. Violazione delle norme sul litisconsorzio necessario: L’Agenzia sosteneva che, trattandosi di redditi di una società di persone, il giudizio avrebbe dovuto coinvolgere obbligatoriamente sia la società che tutti i soci. Poiché il processo si era svolto solo nei confronti della socia accomandante, l’intero giudizio doveva considerarsi nullo.
2. Errata applicazione delle norme sul raddoppio dei termini: In via subordinata, l’Agenzia contestava la decisione della CTR, affermando che, secondo l’interpretazione consolidata (supportata anche dalla Corte Costituzionale), il raddoppio dei termini opera per il solo fatto che sussistano elementi che comportano l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo e accolto il secondo, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla CTR.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che il principio del litisconsorzio necessario tra società e soci non è assoluto. Esso non si applica quando il socio solleva eccezioni di carattere puramente personale, che non investono l’accertamento del reddito sociale. Nel caso di specie, l’eccezione di decadenza dal potere di accertamento era una difesa personale della contribuente e non richiedeva la partecipazione al giudizio della società o degli altri soci.

Sul secondo e decisivo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di raddoppio dei termini. La norma (art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nella versione applicabile al caso) va interpretata nel senso che l’estensione del periodo di accertamento è collegata al presupposto astratto dell’obbligo di denuncia. Spetta al giudice tributario, se richiesto, verificare la sussistenza di tale obbligo attraverso una valutazione “ora per allora” (c.d. “prognosi postuma”), controllando che l’Amministrazione non abbia fatto un uso pretestuoso della norma. L’effettiva presentazione della denuncia è irrilevante.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che, in virtù del principio di unitarietà dell’accertamento per le società di persone e del meccanismo di imputazione per trasparenza, il riscontro di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari determina automaticamente il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del reddito imputato al socio.

Le conclusioni

La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per l’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento non è necessaria la prova dell’invio della notizia di reato. È invece sufficiente che sussistano, in astratto, i presupposti fattuali che impongono all’Amministrazione Finanziaria l’obbligo di segnalare un illecito penale. Tale estensione temporale si applica non solo alla società, ma si riverbera inevitabilmente sui singoli soci in ragione del regime di trasparenza fiscale. La sentenza impugnata è stata quindi cassata, e il giudice del rinvio dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio.

Quando scatta il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale?
Il raddoppio dei termini scatta quando si verifica una violazione che comporta l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000. La sua operatività dipende dalla sussistenza astratta di questo obbligo, non dall’effettiva presentazione della denuncia.

Se un socio contesta un avviso di accertamento, è necessario coinvolgere nel processo anche la società e gli altri soci?
Non sempre. La Cassazione ha chiarito che non sussiste litisconsorzio necessario quando il socio svolge una difesa basata su eccezioni personali, come la decadenza dal potere di accertamento, che non mettono in discussione l’esistenza o l’ammontare del reddito accertato in capo alla società.

Il raddoppio dei termini previsto per un reato tributario della società si applica anche al singolo socio?
Sì. In base al principio di unitarietà dell’accertamento e all’imputazione per trasparenza, il riscontro di fatti che obbligano alla denuncia penale nei confronti della società determina automaticamente il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del maggior reddito imputato al socio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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