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Raddoppio dei termini: quando si applica ai soci?

La Corte di Cassazione ha confermato che il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale, scaturito da reati tributari commessi da una società, si applica anche al socio accomandante per il reddito di partecipazione. È sufficiente la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale a carico della società, a prescindere da una specifica contestazione al socio.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini fiscali: la responsabilità si estende anche al socio accomandante

L’ordinanza in esame affronta un tema di grande rilevanza per i soci di società di persone: l’applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento fiscale anche al socio accomandante, estraneo alla gestione, a seguito di reati tributari commessi dalla società. La Corte di Cassazione, con una pronuncia che consolida il proprio orientamento, chiarisce come l’unitarietà dell’accertamento nei confronti della società e dei soci comporti l’estensione degli effetti anche a chi non ha partecipato attivamente all’illecito.

I Fatti di Causa

Una contribuente, in qualità di socia accomandante di una società in accomandita semplice (s.a.s.), impugnava tre avvisi di accertamento relativi a maggiori redditi da partecipazione per gli anni d’imposta 2007, 2008 e 2009. Tali accertamenti scaturivano da un controllo fiscale eseguito sulla società, dal quale era emerso l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. La società aveva definito la propria posizione con l’accertamento per adesione.

La socia lamentava principalmente la tardività degli avvisi, notificati oltre i termini ordinari di decadenza. Sosteneva, infatti, che il raddoppio dei termini, previsto in caso di reati tributari, non potesse applicarsi nei suoi confronti, in quanto non era stata oggetto di alcuna denuncia penale e si professava completamente estranea alla gestione societaria. La Commissione Tributaria Regionale, pur riducendo parzialmente la pretesa fiscale, aveva confermato la legittimità del raddoppio dei termini, ritenendo sufficiente la sussistenza dell’obbligo di denuncia a carico della società.

La questione giuridica: il raddoppio dei termini per il socio

Il nucleo della controversia risiede nel determinare se il presupposto per il raddoppio dei termini di accertamento (la sussistenza di un reato tributario che impone l’obbligo di denuncia), una volta verificatosi in capo alla società, possa automaticamente estendere i suoi effetti ai soci per i loro redditi di partecipazione. La ricorrente, facendo leva sul principio di personalità della responsabilità penale, riteneva che l’estensione fosse illegittima senza una contestazione penale diretta a suo carico.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della contribuente, basando la propria decisione su principi giurisprudenziali consolidati. I giudici hanno ribadito che, ai fini del raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 (nella versione applicabile ratione temporis), l’unica condizione richiesta è la sussistenza di fatti che comportino l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia stessa o dall’esito del successivo procedimento penale.

Il giudice tributario, se richiesto, deve compiere una valutazione autonoma sulla sussistenza dei presupposti per tale obbligo, senza che l’Amministrazione finanziaria possa farne un uso strumentale.

Il punto cruciale della decisione riguarda l’applicazione di questo principio alle società di persone. La Corte ha affermato che, in virtù del principio di unitarietà dell’accertamento del reddito delle società di persone e della sua imputazione per trasparenza ai soci, la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari determina il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del reddito imputato ai soci accomandanti. Non è necessaria una specifica contestazione indirizzata al singolo socio; è sufficiente che la notizia di reato sia riferibile al legale rappresentante della società.

Conclusioni: implicazioni pratiche

La pronuncia conferma un principio di notevole importanza pratica: la posizione fiscale del socio di una società di persone è strettamente legata a quella della società. Le conseguenze di un illecito tributario penalmente rilevante commesso dagli amministratori, come il raddoppio dei termini di accertamento, si ripercuotono inevitabilmente sui soci, inclusi quelli accomandanti che non hanno poteri di gestione. Questa estensione deriva dal meccanismo di imputazione per trasparenza del reddito. Pertanto, anche il socio ‘silente’ deve essere consapevole che la sua esposizione al controllo fiscale può protrarsi ben oltre i termini ordinari a causa della condotta illecita degli amministratori.

Il raddoppio dei termini per l’accertamento si applica anche se non viene presentata una denuncia penale?
Sì. La Corte ha stabilito che per l’applicazione del raddoppio dei termini è sufficiente la sussistenza di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia, dal suo esito o dall’inizio dell’azione penale.

Un socio accomandante, estraneo alla gestione, è soggetto al raddoppio dei termini per un reato commesso dalla società?
Sì. Secondo la Corte, la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi di una società di persone determina il raddoppio dei termini anche per l’accertamento del reddito imputato ‘per trasparenza’ ai soci accomandanti, anche se a loro non è indirizzata una specifica contestazione penale.

L’archiviazione o l’assoluzione nel procedimento penale impedisce il raddoppio dei termini fiscali?
No. Il raddoppio dei termini non è escluso dall’archiviazione della denuncia né dall’emanazione di una sentenza di assoluzione o proscioglimento in sede penale, data l’autonomia tra il giudizio penale e quello tributario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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