Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21780 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
Avv. Acc. 2003 e
2004
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 02667/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
COGNOME NOME E COGNOME NOME , rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO.
–
contro
ricorrenti
–
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. MOLISE n. 325/03/2016, depositata in data 08 giugno 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che la Sostituta Procuratrice Generale, AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, ha depositato requisitoria scritta concludendo per l’accoglimento del ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO Generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha richiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA:
NOME COGNOME ed NOME COGNOME ricevevano notifica di avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2003 e 2004. L’ RAGIONE_SOCIALE rideterminava sinteticamente il reddito complessivo RAGIONE_SOCIALE dette contribuenti ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ritenendo incongruo il reddito dichiarato dalle stesse rispetto agli incrementi patrimoniali realizzati (finanziamenti societari).
Le contribuenti presentavano istanze di accertamento con adesione in ordine ai suddetti atti impositivi e, successivamente, nel corso del contraddittorio, istanze di annullamento parziale in autotutela; l’ufficio, in proposito, emetteva specifici provvedimenti di diniego di autotutela. Le contribuenti impugnavano, quindi, gli avvisi di accertamento con autonomi ricorsi. Successivamente l’ufficio procedeva, ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, all’iscrizione a titolo provvisorio RAGIONE_SOCIALE somme dovute in base ai suddetti atti impositivi, notificando le relative cartelle di pagamento, anch’esse impugnate con autonomi ricorsi dalle contribuenti. L’ufficio si costituiva in tutti i predetti giudizi contestando le eccezioni di controparte.
L’adita RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALEp. di RAGIONE_SOCIALE, previa riunione RAGIONE_SOCIALE controversie, con la sentenza n. 83/01/2012, accoglieva il ricorso RAGIONE_SOCIALE contribuenti.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. del Molise.
Con sentenza n. 325/03/2016, depositata in data 08 giugno 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravam e dell’ufficio, confermando la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Molise, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 21 maggio 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» l’ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi con riferimento a motivi di impugnazione specificatamente dedotti dallo stesso, motivi che attenevano al rispetto dei termini per l’accertamento dell’anno d’imposta 2004, notificato entro dicembre 2009.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in combinato disposto con l’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione» l’ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha respinto l’appello RAGIONE_SOCIALE stesso sulla base dell’apodittica affermazione che risuiterebbe dagli atti di causa l’uso distortivo da parte dell’ufficio della normativa in tema di raddoppio dei termini dell’accertamento, senza indicare quale sarebbe tale documentazione e il motivo per cui sarebbe idonea a rilevare un uso improprio di detta normativa per allungare i termini
dell’accertamento, omettendo così di esporre l’ iter logico argomentativo della decisione adottata.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 43 d.P.R. n. 600/1973 in combinato disposto con l’art. 37 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in Legge 8 novembre 2006, n. 284 e gli artt. 2, comma terzo, del D.L. 5 agosto 2015, n. 128 e 1, comma centotrentadue, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. » l’ufficio lamenta l’ error in udicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha riconosciuto come i termini per gli accertamenti già norificati al 2 settembre 2015 siano raddoppiati laddove la violazione di norme finanziarie integri gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, quale la dichiarazione infedele, per il quale, dunque, sussiste l’obbligo di denuncia, essendo onere del giudice tributario verificare la sussistenza del presupposti per l’obbligo di denuncia, presupposti nel caso di dichiarazione infedele insiti nella presentazione della stessa.
2. Il primo motivo è fondato.
La sentenza della C.t.r. ha respinto l’appello dell’Ufficio ed ha confermato la decisione di primo grado che annullava tutti gli atti impugnati per decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per mancata notifica, nei termini di legge. In realtà, sia nell’atto di appello che nel giudizio di primo grado risultava che per l’anno 2004 erano state notificate alle contribuenti gli avvisi di accertamento in data 12/12/2009 e, quindi, nel termine di quattro anni dalla presentazione della dichiarazione dei redditi del 2005; su tale questione il giudice ha omesso di pronunciarsi così violando l’art. 112 cod proc. civ. secondo cui il giudice si deve pronunciare su tutti i motivi d’appello che il collegio è tenuto a esaminare e valutare, sempre nei limiti dei fatti dedotti e contestati dalla parte.
Il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente stante la stretta connessione e l’ affinità RAGIONE_SOCIALE critiche sollevate afferendo entrambi alla tematica del raddoppio dei termini, sono fondati.
3.1. Sul tema del raddoppio dei termini di decadenza del potere di accertamento fiscale in ipotesi di seri indizi di reato, questa Corte si è più volte pronunciata, individuando i seguenti principi: ( i ) il raddoppio dei termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’Irpef e 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per l’Iva, nella versione applicabile ‘ ratione temporis ‘, in forza RAGIONE_SOCIALE modifiche introdotte con l’art. 37, comma 24, del d.l. 04/07/2003 n. 223, presuppone unicamente l’obbligo di presentazione di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., per uno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , e non anche la sua effettiva presentazione, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, con la conseguenza che ove il contribuente denuncia il superamento dei termini di accertamento da parte del fisco, è tenuto a contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia senza poter mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario ( ex pluribus , Cass. n. 13481/2020; Cass. n. 17586/2019; Cass. n. 22337/2018; Cass. n. 14440/2018); ( ii ) «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 cod. proc. pen., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale,
anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (Cass. n. 9974/2015); ( iii ) su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento ( Legge n. 208/2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonché D.Lgs. n. 128/2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati -come nel caso in esame, in cui gli atti impositivi riguardanti le annualità 2003 e 2004 risultano notificati nel 2009 -si applica la disciplina dettata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), la quale fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto (Cass. n. 16728/2016); ( iv ) qualora si tratti di pretesa fiscale su tributi Irap, giacché le violazioni RAGIONE_SOCIALE disposizioni che prevedono e disciplinano tale tributo non sono presidiate da sanzioni penali, a differenza di quanto accade per l’Irpef e per l’Iva, non è applicabile il raddoppio dei termini di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600/1973 (Cass. n. 27250/2022; Cass. n. 10483/2018; Cass. n. 11552/2022).
3.2. Alla stregua di tali superiori principi risulta evidente l’errore in cui è incorsa la C.t.r. nella fattispecie in esame. L’oggetto del contendere è costituito da avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2003 e 2004, notificati dall’ufficio nel 2009. Le violazioni RAGIONE_SOCIALE disposizoni che riguardano tale tributo sono presidiate da sanzioni penali e, in particolare, il reato di dichiarazione infedele ad esso riferito risulta perseguibile d’ufficio, con obbligo di denuncia, quindi, in capo al pubblico ufficiale; dunque, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto dichiarare decaduto il Fisco dall’azione impositiva e annullare la relativa ripresa a tassazione.
3.3. La semplice affermazione della C.t.r. per la quale risulta «adegutamente motivato» che l’ Ufficio abbia fatto un uso distorto
della normativa sul raddoppio dei termini dell’accertamento per allungare i tempi della verifica fiscale, circostanza individuata dalla Corte Costituzionale (nella sentenza n. 247/2011 citata) quale causa escludente l’applicazione della disciplina sul raddoppio, risulta non sufficiente ad escludere l’operatività della disciplina in parola.
3.4. La sentenza non indica né quali sarebbero questi documenti giustificativi (acquisiti agli atti), né, tantomeno, perché sarebbero idonei a dimostrare l’utilizzo distortivo della disciplina sul raddoppio dei termini, in questo modo eludendo l’obbligo di indicazione dell’ iter logico seguito per pervenire alla propria determinazione.
3.5. Secondo quello che è l’insegnamento di questa Corte, infatti, ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e, in materia di processo tributario, dell’art. 36, comma secondo, n. 4, D.Lgs. n. 546/1992, «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da ‘ error in procedendo ‘, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., SS.UU., n. 22232/2016).
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo e
motivato esame nonché provveda alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella pubblica udienza del 21 maggio 2024.