LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Raddoppio dei termini per sanzioni: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che il raddoppio dei termini di accertamento, in presenza di violazioni penalmente rilevanti, si applica anche all’irrogazione delle sole sanzioni, pure in assenza di un contestuale recupero d’imposta. Il caso riguardava una società sanzionata per l’uso di fatture per operazioni inesistenti in regime di ‘reverse charge’. La Corte ha chiarito che la mera ‘accertabilità’ del tributo (in questo caso l’IVA indetraibile) è sufficiente a giustificare l’applicazione del termine più lungo, creando un parallelismo tra i tempi per l’accertamento del tributo e quelli per la contestazione della sanzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini per sanzioni: legittimo anche senza recupero d’imposta

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia fiscale: l’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento per la sola irrogazione di sanzioni. La Corte ha chiarito che, in presenza di violazioni penalmente rilevanti, l’Amministrazione Finanziaria può beneficiare del termine più lungo anche se non procede a un contestuale recupero d’imposta. Questa decisione consolida un importante principio di parallelismo tra i termini di accertamento del tributo e quelli di contestazione della sanzione.

I fatti di causa: l’origine della controversia

Il caso trae origine da un atto di contestazione notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società a responsabilità limitata in liquidazione. La sanzione era stata irrogata per l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. La particolarità risiedeva nel fatto che le operazioni erano state gestite secondo il meccanismo del ‘reverse charge’ (o inversione contabile). L’Agenzia, ravvisando una fattispecie di reato tributario, aveva applicato il raddoppio dei termini per la notifica dell’atto sanzionatorio.

La società contribuente aveva impugnato l’atto, sostenendo che il termine raddoppiato non potesse applicarsi a un atto di mera irrogazione di sanzioni, ma solo a quelli che comportano un recupero effettivo d’imposta. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano accolto la tesi della società, annullando l’atto per decorrenza dei termini ordinari.

La questione del raddoppio dei termini per le sole sanzioni

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, chiamata a decidere se il ‘diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi’, menzionato dall’art. 20 del D.Lgs. 472/1997, potesse includere anche il termine raddoppiato per reati fiscali e se tale estensione fosse applicabile anche in assenza di un concreto recupero di imposta. La difesa della contribuente si fondava sull’idea che senza un’imposta da accertare, non potesse esistere un termine di accertamento a cui ‘agganciare’ la sanzione.

La decisione della Cassazione e l’applicabilità del raddoppio dei termini

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno affermato un principio fondamentale: il parallelismo tra i termini per l’accertamento e quelli per le sanzioni opera anche in astratto.

Il nesso tra sanzione e tributo nel regime del reverse charge

La Corte ha sottolineato che, nel caso di operazioni inesistenti gestite in ‘reverse charge’, il cessionario (l’acquirente) è il soggetto passivo d’imposta ‘in vece’ del cedente. L’utilizzo di fatture fittizie comporta l’indetraibilità dell’IVA. Di conseguenza, anche se l’Amministrazione Finanziaria sceglie di non recuperare materialmente l’imposta, esiste comunque un presupposto di ‘accertabilità’ del tributo. L’IVA indetraibile è, a tutti gli effetti, un’imposta che potrebbe essere accertata nei confronti del cessionario.

La sufficienza dell’accertabilità astratta del tributo

Il punto centrale della decisione è che non è necessario un concreto ed effettivo recupero del tributo per giustificare il raddoppio dei termini. È sufficiente che esista la ‘previsione’ astratta di un termine più lungo per l’accertamento di un determinato tributo. Poiché le norme vigenti all’epoca dei fatti (art. 43 del DPR 600/73 e art. 57 del DPR 633/72) prevedevano il raddoppio in caso di reato, questo termine più lungo si estende automaticamente alla contestazione delle sanzioni connesse a quelle violazioni, a prescindere dalla scelta dell’Ufficio di recuperare o meno l’imposta.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 20 del D.Lgs. n. 472/1997. La norma, utilizzando la disgiuntiva ‘o’, consente la notifica dell’atto sanzionatorio entro il quinto anno ‘o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi’. Questa formulazione, secondo la Cassazione, stabilisce un collegamento non con l’atto di accertamento concreto, ma con la disciplina astratta dei termini di accertamento. Se per un tributo è previsto un termine raddoppiato, lo stesso termine si applica alle sanzioni collegate a quel tributo. La scelta dell’amministrazione di procedere solo con la sanzione non interrompe questo legame normativo. La Corte ha inoltre richiamato precedenti pronunce (tra cui Cass. n. 23662/2023) che avevano già confermato come i termini per l’accertamento e quelli per l’irrogazione delle sanzioni corrano parallelamente.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce che l’Agenzia delle Entrate può legittimamente avvalersi del raddoppio dei termini per notificare un atto di contestazione di sanzioni derivanti da violazioni penalmente rilevanti, anche quando non procede al recupero dell’imposta evasa. La mera ‘accertabilità’ potenziale del tributo è condizione sufficiente per fondare il termine di decadenza più lungo. Questa interpretazione rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria nel contrasto alle frodi fiscali, garantendo coerenza tra la disciplina dell’accertamento e quella sanzionatoria.

Il raddoppio dei termini si applica anche se viene contestata solo la sanzione e non l’imposta?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio dei termini si applica anche alla notifica del solo atto di irrogazione delle sanzioni, a condizione che la violazione abbia rilevanza penale. La sufficienza dell’astratta ‘accertabilità’ del tributo fonda l’applicazione del termine più lungo.

In un caso di ‘reverse charge’ e fatture false, come si giustifica il raddoppio dei termini per la sanzione?
Si giustifica perché l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti rende l’IVA indetraibile per il cessionario (acquirente). Questo crea il presupposto dell’accertabilità dell’imposta nei suoi confronti, anche se l’Ufficio decide di non recuperarla. Tale accertabilità è sufficiente per applicare il termine raddoppiato sia al tributo che alla sanzione collegata.

Qual è il fondamento normativo di questa estensione dei termini alle sanzioni?
Il fondamento è l’articolo 20 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997. La norma prevede che la notifica dell’atto di contestazione possa avvenire ‘nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi’. Poiché la legge prevedeva termini di accertamento raddoppiati in caso di reato fiscale, tale termine esteso si applica anche, per parallelismo, alla contestazione delle relative sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati