Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16460 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16460 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14936/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 5343/2015 depositata il 9 dicembre 2015
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale de l 17 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE II di Milano notificava a NOME un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione ai fini dell’IRPEF la plusvalenza di 94.953 euro asseritamente conseguita
dal predetto contribuente nell’anno 2005 per effetto della cessione a titolo oneroso della sua quota di partecipazione a , pari al 4,17%.
NOME impugnava l’avviso di accertamento in questione dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di Milano, la quale, in accoglimento del ricorso, annullava l’atto impositivo.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza n. 5343/2015 del 9 dicembre 2015 rigettava l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE.
A fondamento dell ‘adottata pronuncia il giudice regionale osservava quanto segue:
-l’Amministrazione Finanziaria era decaduta dall’esercizio del potere impositivo, non ricorrendo, nel caso di specie, i presupposti per l’operatività del dei termini per l’accertamento stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973;
-invero, l’Ufficio non aveva « dimostrato di aver presentato denuncia penale a carico del contribuente, né indicato i reati di cui lo stesso si e (ra) reso responsabile, al fine di consentire al Collegio di effettuare la prognosi postuma circa l’esistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia» ;
-«di converso, il contribuente a (veva) prodotto due certificati, uno dei carichi pendenti negativo datato 3.11.2014 e l’altro relativo alle iscrizioni nel registro degli indagati alla data del 19.11.2014, anch’esso negativo»;
-alla luce di ciò, l’avviso di accertamento risultava illegittimo, «in quanto notificato oltre i termini di legge» .
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il NOME ha resistito con controricorso, instando, altresì, per la condanna della ricorrente al risarcimento dei danni per lite temeraria.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine fissato dal comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene denunciata la violazione dell’art. 37, commi 24, 25 e 26, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, e dell’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1. Si rimprovera alla CTR di aver erroneamente affermato che, per potersi avvalere del dei termini per l’accertamento fiscale, l’RAGIONE_SOCIALE era tenuta a dimostrare l’avvenuto inoltro all’autorità giudiziaria della denuncia per uno dei reati tributari previsti dal D. Lgs. n. 74 del 2000.
1.2 Viene, in proposito, obiettato;
-che, all’indicato fine, era invece ;
-che, nel caso di specie, le circostanze da cui desumere la sussistenza dell’obbligo di denuncia da parte dell’ufficio finanziario erano evincibili dalla motivazione dell’avviso di accertamento e .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti.
2.1 Si sostiene che, nell’escludere la possibilità di effettuare, sulla scorta della documentazione prodotta in atti, una , la Commissione regionale avrebbe tralasciato di valutare la motivazione dell’avviso di accertamento, che le .
I due motivi, che possono essere esaminati insieme per la loro connessione, appaiono privi di fondamento.
3.1 Per costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio, il dei termini per l’accertamento tributario previsto dall’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo, applicabile ‘ratione temporis’ , vigente anteriormente alle modifiche apportate dapprima dal D. Lgs. n. 128 del 2015 e poi dalla L. n. 208 del 2015, presuppone soltanto l’esistenza dell’obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p. per uno dei reati contemplati dal D. Lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 247/2011 (cfr. Cass. n. 20409/2023, Cass. n. 24576/2022, Cass. n. 12995/2022, Cass. n. 13481/2020).
3.2 Quel che, dunque, unicamente rileva a tal fine è l’astratta configurabilità di un fatto di reato, a prescindere dall’esito del relativo procedimento penale, atteso il regime del cd. ‘doppio binario’ fra giudizio penale e processo tributario (cfr. Cass. n. 27250/2022, Cass. n. 12493/2022, Cass. n. 18451/2021, Cass. n. 28616/2018).
3.3 Il giudice tributario, se richiesto con i motivi di impugnazione, è tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cd. «prognosi postuma») circa la loro ricorrenza e accertando se l’Amministrazione Finanziaria abbia agito con imparzialità o abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale RAGIONE_SOCIALE citate disposizioni normative, al solo fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento (cfr. Cass. n. 23548/2022, Cass. n. 7463/2022, Cass. n. 4205/2019, Cass. n. 409/2018).
3.4 In linea con le indicazioni offerte dal summenzionato
pronunciamento del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, è stato, inoltre, precisato che, in presenza di una contestazione sollevata dal contribuente, l’onere di provare i presupposti dell’obbligo di denuncia penale è a carico dell’Amministrazione Finanziaria, dovendo questa giustificare il suo più ampio potere accertativo (cfr. Cass. n. 20368/2017).
3.5 Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in trattazione, va osservato che la CTR ha anzitutto posto in evidenza come l’RAGIONE_SOCIALE non avesse nemmeno indicato l’ipotesi di reato tributario astrattamente configurabile a carico del NOME, sì da non «consentire al Collegio di effettuare la prognosi postuma circa l’esistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia» .
3.6 Questa fondamentale ratio decidendi rimane insuperata, posto che nemmeno nella presente sede l’Amministrazione Finanziaria è stata in grado di chiarire quale fra i reati previsti dal D. Lgs. n. 74 del 2000 risulterebbe astrattamente ascrivibile al contribuente.
3.7 Essa, infatti, si è limitata a richiamare e ritrascrivere in ricorso la motivazione dell’avviso di accertamento, nella quale, tuttavia, nessuno specifico riferimento veniva fatto a eventuali illeciti tributari imputabili al NOME, avendo l’Ufficio ivi genericamente prospettato l’ .
3.8 Oltretutto, non va dimenticato che i delitti di dichiarazione fraudolenta, infedele od omessa, previsti, rispettivamente, dagli artt. 3, 4 e 5 del D. Lgs. n. 74 del 2000, contemplano RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità, riferite alla sola imposta evasa o, congiuntamente, all’imposta evasa e all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione.
3.9 In particolare, nell’anno 2005, identificabile con il tempus commissi delicti , l’imposta evasa doveva risultare superiore:
(a)a 77.468,53 euro per la dichiarazione fraudolenta mediante artifici diversi da quelli previsti dall’art. 2 («uso di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti») e l’omessa dichiarazione;
(b)a 103.291,38 euro per la dichiarazione infedele.
3.10 Alla luce di ciò, l’individuazione della fattispecie criminosa ipotizzabile a carico del NOME risultava ancor più necessaria nel caso in esame, ove si consideri che, per quanto emergente ex actis , l’imposta rettificata (calcolata mediante l’applicazione dell’aliquota del 12,5% sul corrispettivo della cessione, pari a 94.953 euro) ammontava a 11.869 euro, con una differenza di 9.966 euro rispetto a quella dichiarata dal contribuente (1.903 euro).
3.11 Del resto, se è vero che per l’operatività del dei termini di accertamento è sufficiente la ricorrenza dell’obbligo della denuncia penale, a prescindere dall’effettiva commissione del reato, è nondimeno vero che l’insorgenza di tale obbligo pur sempre presuppone l’astratta configurabilità di una condotta penalmente rilevante.
3.12 Pertanto, ove al contribuente si contesti di aver omesso di presentare la dichiarazione dei redditi o di aver reso una dichiarazione fraudolenta o infedele, comportante un’evasione d’imposta per un importo non superiore alla soglia di punibilità fissata dalla legge, deve escludersi anche in astratto la configurabilità di una fattispecie criminosa, e con essa l’esistenza dell’obbligo della denuncia penale (in analogo ordine di idee vedasi Cass. n. 29988/2022).
3.13 Le suenunciate regulae iuris sono state correttamente applicate nel caso di specie dalla CTR, la quale ha fatto ricadere sull’Amministrazione Finanziaria le conseguenze della mancata dimostrazione dell’esistenza dei presupposti per l’obbligo della denuncia penale nei confronti del contribuente.
3.14 Per le ragioni esposte, il ricorso va respinto.
Non può essere accolta la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. formulata dal controricorrente, non avendo egli assolto
l’onere di allegazione degli elementi di fatto, desumibili dagli atti di causa, necessari a identificare concretamente l’esistenza del danno lamentato e idonei a consentire alla Corte di procedere alla relativa valutazione, pur se equitativa (cfr., in tal senso, Cass. n. 15175/2023, Cass. n. 21798/2015, Cass. n. 25798/2014, Cass. n. 27383/2005, Cass. Sez. Un. n. 7583/2004).
4.1 Giova, al riguardo, rammentare che la facoltà concessa al giudice di liquidare anche d’ufficio il danno in questione non vale a trasformare il risarcimento in una pena pecuniaria o in una misura di carattere sanzionatorio o afflittivo, disancorata da qualsiasi esigenza probatoria (cfr. Cass. n. 17902/2010).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come in dispositivo.
5.1 In proposito, è opportuno sottolineare che, in caso di rigetto sia del ricorso per cassazione che dell’istanza, meramente accessoria, proposta ex art. 96 c.p.c. dal controricorrente, non si realizza un’ipotesi di pluralità di domande effettivamente contrapposte idonea a determinare una situazione di parziale reciproca soccombenza (cfr. Cass. n. 14813/2020).
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n 115 del 2002 (Testo unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), in quanto:
-a norma dell’art. 158, comma 1, del citato decreto, «nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica, sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione: a)il contributo unificato nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario (…)»;
-ai sensi dell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. n. 34 del 2023, convertito in L. n. 56 del 2023, «le disposizioni di cui all’articolo 158 del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, si applicano alle Agenzie RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del demanio».
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; respinge la domanda di risarcimento dei danni proposta dal controricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c.; condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , a rifondere al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 5.200 euro, di cui 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione