Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20060 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20060 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME SALVATORE
Data pubblicazione: 22/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 12510 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t., e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante p.t., rappr. e dif. dall’AVV_NOTAIO, elett. dom. nel suo studio in Roma, INDIRIZZO
-parte ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, è domiciliata
-controricorrente-
per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, n. 5360/2022, depositata il 23 novembre 2022;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza pubblica del 13 marzo 2024;
udito il AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito in ricorso;
udita l’RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE impugnava due avvisi di accertamento in relazione a rilievi Iva e Irap relativi agli anni 2010 e 2011; inoltre, unitamente alla consolidante, RAGIONE_SOCIALE, impugnava due ulteriori avvisi relativi anch’essi relativi -rispettivamente – all’anno 2010 e all’anno 2011 in relazione a rilievi Ires.
Gli atti impositivi erano stati emessi dall’agenzia RAGIONE_SOCIALE entrate con riferimento ad alcune operazioni intervenute, nel contesto di un consolidato fiscale collegato ad un gruppo d’imprese, tra la società capogruppo e consolidante e l’odierna contribuente quale consolidata. Dette operazioni erano state reputate oggettivamente inesistenti per difetto di prove certe specifiche della loro effettività.
La CTP di Roma riteneva tardivi gli avvisi di accertamento concernenti il periodo d’imposta 2010 e, inoltre, sul presupposto della tardività RAGIONE_SOCIALE memorie presentate dall’erario oltre il termine di 20 giorni prima dell’udienza di trattazione, riconosceva la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di deducibilità dei costi oggetto di ripresa, trattandosi di importi dovuti in base ad impegni contrattuali precedentemente assunti dalla consolidata nei confronti della consolidante.
L’appello dell’RAGIONE_SOCIALE veniva successivamente accolto dalla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio.
Il ricorso per Cassazione RAGIONE_SOCIALE contribuenti è affidato a cinque motivi di ricorso.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso la contribuente adduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR ritenuto l’operatività del raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento fiscale, ancorché l’accertamento in
parola non menzionasse la presentazione della denuncia penale utile a tal fine, né allegasse tale denuncia.
Il motivo è infondato.
Osserva questa Corte che il raddoppio dei termini deriva dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p., indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento penale del reato, restando irrilevante, in particolare, che l’azione penale non sia proseguita o sia intervenuta una decisione di proscioglimento, di assoluzione o di condanna (cfr. Cass. n. 22337 del 2018; Cass. n. 11171 del 2016; Cass. n. 13481 del 2020; Cass. n. 29988 del 2022).
Il principio trova riscontro nella sentenza 20 luglio 2011, n. 247, della Corte Costituzionale, secondo cui l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché «il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta «prognosi postuma») circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale RAGIONE_SOCIALE disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento» (cfr. Cass. n. 27629 del 2018). Il raddoppio infatti attiene solo alla commisurazione del termine di accertamento ed i termini raddoppiati sono anch’essi fissati direttamente dalla legge, come tali operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva, senza che all’Ufficio sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro applicazione. Non vi è obbligo pertanto neppure di esternare le ragioni in base alle quali l’RAGIONE_SOCIALE ritenga operante il
raddoppio del termine, esulando l’applicazione da scelte discrezionali.
La pretesa di parte ricorrente di ascrivere una qualche rilevanza tranchant all’allegazione o alla menzione della denuncia non coglie nel segno alla luce del quadro nomofilattico e della puntualizzazione resa dalla Consulta e appena sopra riportata.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., del principio dispositivo stabilito dall’art. 115 c.p.c. e RAGIONE_SOCIALE regole sull’onere probatorio fissate dall’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, all’art. 25 D.Lgs. n. 446 del 1997 e all’art. 54, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, per avere i giudici di secondo grado trascurato di considerare la mancanza di prove da parte dell’Ufficio a sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie pretese, escludendo la rilevanza RAGIONE_SOCIALE prove contrarie addotte da parte ricorrente, ritenendo arbitrariamente che su quest’ultima fosse trasferito l’onere probatorio.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha chiarito che ‘ Il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice di merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1 , n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ‘ (Cass. n. 27847 del 2021). Già in precedenza il giudice nomofilattico aveva affermato che ‘ In tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1, numero 5), c.p.c., e
deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità ‘ (Cass. n. 24434 del 2016 e Cass. 14267 del 2006).
A fronte dell’accertamento in fatto, operato dal giudice d’appello nell’esercizio di un sindacato rientrante nel suo perimetro riservato, parte ricorrente mira ad ottenere una rivisitazione del merito della controversia.
La censura, sotto questo aspetto, trascende il recinto del vizio ex art. 360 n. 3 c.p.c., per risolversi nella richiesta a questa Corte di una diversa e più appagante ricostruzione dei fatti di causa, attraverso un nuovo accertamento senz’altro precluso in questa sede.
L’inammissibilità della censura emerge anche in rapporto alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c.
Nella specie, la CTR non ha violato la norma in parola, in quanto non invertito il riparto degli oneri probatori, piuttosto limitandosi a valorizzare legittimamente taluni elementi presuntivi, escludendo il peso specifico, sul piano probatorio, dei documenti dedotti dalla contribuente e che quest’ultima assume forieri di una diversa e più congrua ricostruzione di merito.
La nomofilachia ha, invero, puntualizzato che ‘ La valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità RAGIONE_SOCIALE fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la
complessiva valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito ‘ (Cass. n. 20553 del 2021).
Del resto, questa Corte ha anche precisato che ‘ La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.’ (Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 19064 del 2006). Questa stessa Corte ha soggiunto che ‘ La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto RAGIONE_SOCIALE prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del ‘nuovo ‘” art. 360 n. 5 c.p.c.) (Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 15107 del 2013).
Con il terzo motivo di ricorso si assume la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 nonché dell’art. 118 disp.att. c.p.c., a causa della motivazione contraddittoria, insufficiente o comunque inadeguata.
Il motivo è infondato.
La sentenza ben lascia cogliere la ratio decidendi.
La censura di parte ricorrente finisce per aspirare ad una diversa ricostruzione del merito della controversia, attraverso la valorizzazione di quella ‘ copiosa documentazione’ che la CTR legittimamente -nell’esercizio del proprio riservato sindacato di merito -ha ritenuto probatoriamente priva di concreta rilevanza.
Con il quarto motivo di ricorso si censura la violazione, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alle norme che regolano la liquidazione dell’IVA di gruppo, ex art. 73, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, e, segnatamente, del d.m. n. 11065 del 13 dicembre 1979 attuativo della disposizione citata e successive integrazioni e modificazioni poiché la Commissione regionale non ha censurato società
l’omessa notifica dell’avviso di accertamento alla capogruppo RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è infondato.
L’adempimento notificatorio non è previsto dal regime opzionato dell”Iva di gruppo’.
Quest’ultimo consente -a determinate condizioni -la compensazione dei debiti e dei crediti periodici IVA di soggetti appartenenti al medesimo gruppo societario (cfr. l’art. 73, u.c. del D.P.R. n. 633/1972 e le disposizioni attuative contenute nel D.M. 13 dicembre 1979 modificato dal D.M. 13 febbraio 2017). Si tratta di una peculiare forma di «tassazione consolidata», in cui i soggetti aderenti mantengono la propria autonomia giuridico-tributaria e le operazioni realizzate tra gli stessi soggetti continuano a rilevare ai fini IVA.
Le società partecipanti al regime dell”RAGIONE_SOCIALE‘ mantengono la propria autonomia ai fini IVA; sono soggette a tutti gli obblighi formali e sostanziali relativamente al tributo (ad eccezione del versamento d’imposta che spetta unicamente alla controllante); partecipano alla compensazione finanziaria RAGIONE_SOCIALE rispettive posizioni creditorie/debitorie IVA prodotte in vigenza della procedura ed alla stessa trasferite.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 91 c.p.c., ‘ ossia della disciplina RAGIONE_SOCIALE spese di lite, in riferimento all’orientamento espresso dall’On.le Corte di Cassazione con l’ordinanza 2744/2020, nel caso qui ricorrente -in cui l’Ufficio stia in giudizio tramite i propri funzionari’.
Il motivo va rigettato.
Nel processo tributario, all’RAGIONE_SOCIALE che si difende coi suoi funzionari spetta la normale refusione RAGIONE_SOCIALE spese.
Giova richiamare l’orientamento espresso da questa Corte a tenore del quale ‘ Nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo ‘ (Cass. n. 1019 del 2024). Già in precedenza questa Corte aveva puntualizzato che ‘ Nel processo tributario, alla parte pubblica … assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, contenuto nell’art. 15, comma 2 bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per
l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo ‘ (Cass. n. 27634 del 2021).
Il ricorso va, in ultima analisi rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura espressa in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna le parti ricorrenti al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in euro 23.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 -bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2024.