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Raddoppio dei termini: non vale per l’IRAP

Una società cooperativa ha impugnato avvisi di accertamento per IRES, IVA e IRAP basati su fatture per operazioni inesistenti. La Corte di Cassazione ha analizzato la questione del raddoppio dei termini per l’accertamento, concludendo che tale meccanismo, legittimo per IRES e IVA in presenza di reati tributari, non è applicabile all’IRAP. Le violazioni relative all’IRAP, infatti, non sono presidiate da sanzioni penali. Di conseguenza, gli avvisi di accertamento per l’IRAP sono stati annullati per decorrenza dei termini ordinari.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei Termini Fiscali: la Cassazione Esclude l’IRAP

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di accertamenti fiscali: il cosiddetto raddoppio dei termini, previsto in caso di reati tributari, non si applica all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). Questa decisione ha importanti implicazioni per i contribuenti e per l’azione dell’Amministrazione Finanziaria, distinguendo nettamente la disciplina delle imposte sui redditi e dell’IVA da quella dell’IRAP.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società cooperativa che aveva ricevuto avvisi di accertamento per IRES, IVA e IRAP relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008. L’Agenzia delle Entrate contestava l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, riprendendo a tassazione i costi indebitamente dedotti. La società ha impugnato gli atti, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto i suoi ricorsi. La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Chiave: il Raddoppio dei Termini di Accertamento

Il motivo principale del ricorso si concentrava sulla presunta illegittimità degli avvisi di accertamento perché notificati oltre i termini ordinari di decadenza. L’Agenzia delle Entrate aveva infatti applicato il raddoppio dei termini, una norma che estende il periodo a disposizione del Fisco per effettuare gli accertamenti quando emerge una violazione che comporta l’obbligo di denuncia penale (come nel caso di utilizzo di fatture false).

La difesa della società sosteneva che le modifiche legislative intervenute nel 2015 e 2016 avrebbero dovuto rendere inapplicabile tale raddoppio, in quanto la denuncia penale era stata presentata dopo la scadenza dei termini ordinari. La Corte ha dovuto quindi analizzare la complessa successione di leggi in materia, chiarendo il regime transitorio applicabile agli accertamenti notificati prima delle riforme.

La Decisione della Cassazione sul raddoppio dei termini

La Suprema Corte ha adottato una soluzione differenziata per le diverse imposte contestate.

1. IRES e IVA: Per queste imposte, il ricorso è stato respinto. I giudici hanno chiarito che, sulla base delle norme vigenti al momento della notifica degli avvisi (avvenuta nel 2013), il raddoppio dei termini era legittimo. Le normative successive, pur modificando le condizioni per l’applicazione del termine lungo, contenevano clausole di salvaguardia che rendevano validi gli effetti degli accertamenti già notificati. Pertanto, per IRES e IVA, l’azione dell’Agenzia delle Entrate era da considerarsi tempestiva.

2. IRAP: La conclusione è stata opposta per l’IRAP. La Corte ha affermato un principio consolidato: il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973 non si estende all’IRAP. La ragione è puramente normativa: le violazioni relative all’IRAP non sono presidiate da sanzioni penali. Poiché il presupposto per il raddoppio è proprio la sussistenza di un reato tributario, tale meccanismo non può trovare applicazione per un’imposta le cui infrazioni hanno rilevanza solo amministrativa.

L’Onere della Prova sui Ricavi Fittizi

Un altro motivo di ricorso riguardava la tassazione dei ricavi. La società sosteneva che, a fronte di costi fittizi, anche i ricavi corrispondenti avrebbero dovuto essere considerati fittizi e quindi non imponibili. La Corte ha respinto questa argomentazione, ribadendo che l’onere di provare la fittizietà dei componenti positivi di reddito grava sul contribuente. In assenza di tale prova, l’Amministrazione finanziaria non ha l’obbligo di riconoscere la non imponibilità dei ricavi dichiarati.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su una rigorosa interpretazione della legge e della sua evoluzione nel tempo. Per IRES e IVA, la motivazione risiede nel principio di legalità e nelle norme transitorie che hanno disciplinato il passaggio tra i diversi regimi dei termini di accertamento, salvaguardando gli atti già compiuti. Per l’IRAP, la motivazione è ancora più netta e si basa sulla natura stessa dell’imposta: mancando il presupposto del reato, manca la base giuridica per applicare una norma eccezionale come il raddoppio dei termini. La sentenza sottolinea come l’estensione dei termini di accertamento sia strettamente collegata alla rilevanza penale della condotta, un collegamento che non sussiste per le violazioni in materia di IRAP.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha conseguenze pratiche significative. In primo luogo, conferma che per IRES e IVA, la presenza di indizi di reato legittima l’applicazione del termine di accertamento raddoppiato, secondo le regole vigenti al momento dell’atto. In secondo luogo, e più importante, stabilisce in modo inequivocabile che gli accertamenti IRAP devono sempre rispettare i termini di decadenza ordinari. Per effetto di questa decisione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente all’IRAP e, decidendo nel merito, ha annullato gli avvisi di accertamento relativi a tale imposta, in quanto notificati tardivamente. Questa pronuncia rappresenta un importante punto di riferimento per la gestione del contenzioso tributario legato a operazioni inesistenti.

Quando si applica il ‘raddoppio dei termini’ per l’accertamento fiscale?
Si applica quando viene riscontrata una violazione che comporta l’obbligo di denuncia penale, come l’uso di fatture per operazioni inesistenti. Tuttavia, la sua applicazione dipende dalla normativa vigente al momento dei fatti e della notifica dell’atto.

Perché il raddoppio dei termini non è stato applicato all’IRAP in questo caso?
La Corte ha stabilito che il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP perché le violazioni relative a questa imposta non sono considerate reati e non sono quindi soggette a sanzioni penali. Il presupposto per il raddoppio, ovvero la rilevanza penale della condotta, viene a mancare.

In caso di fatture false, chi deve dimostrare che anche i ricavi collegati sono fittizi?
Secondo la sentenza, l’onere della prova grava sul contribuente. Se il contribuente non riesce a dimostrare che i ricavi dichiarati sono fittizi e direttamente collegati ai costi inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente tassarli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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