Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8945 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8945 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.24013/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO ed NOME AVV_NOTAIO, presso cui elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso cui è domiciliata ope legis in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
e
RAGIONE_SOCIALE, direzione RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore ;
-intimata-
tributi
avverso la sentenza n.25/01/17 della Commissione tributaria di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE, pronunciata in data 20 febbraio 2017, depositata in data 6 marzo 2017 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE ricorre, con due motivi, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello della contribuente, in controversia concernente l’impugnazione de gli avvisi di accertamento con i quali l’ufficio, per gli anni di imposta dal 2005 al 2010, recuperava a tassazione, ai fini Ires, Irap ed Iva costi indeducibili relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti;
con la sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALEt.rRAGIONE_SOCIALE riteneva legittima la motivazione degli avvisi di accertamento per relationem al p.v.c., che era stato consegnato al legale rappresentante della società contribuente;
il giudice di appello, inoltre, riteneva operante il raddoppio dei termini di cui agli artt.43, comma 3, d.P.R. n.600/1973 e 57 d.P.R. n.633/1972, vigenti ratione temporis , sul presupposto della semplice sussistenza dell’obbligo di denuncia , senza che fosse necessario che la denunzia venisse presentata prima dello spirare dell’ordinario termine di decadenza;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20 marzo 2024, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197;
in prossimità dell’udienza parte contribuente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ. ;
la ricorrente lamenta che la Commissione tributaria di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE non si sarebbe pronunciata sul motivo di appello con il quale RAGIONE_SOCIALE lamentava la mancata pronuncia da parte della C.t.p. circa la denunciata assenza di prova da parte dell’Ufficio sia in relazione al fondamento dell’accertamento fiscale operato sia in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale per gli accertamenti effettuati;
inoltre, sostiene che la Commissione tributaria di secondo grado non si sarebbe pronunciata in merito alla sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia e del fumus della notitia criminis ipotizzata dall’Ente, a cui si ricollega il raddoppio dei termini per l’accertamento da parte dell’Amministrazione;
ancora, denunzia che la Commissione tributaria di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato i principi di cui all’art. 2697 cod.civ. in tema di onere probatorio e valutazione RAGIONE_SOCIALE prove offerte, sia in relazione al fondamento dell’accertamento fiscale operato, sia in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia penale per gli accertamenti effettuati;
1.2. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 43 del d.P.R. n.600/73 e 54 del d.P.R. n. 633/72 con riferimento all’art. 12 del d.l. n. 78/2009, con riferimento all’art. 2 del d.lgs. n. 128/2015 e all’art. 1 della L. n. 208/2015 per avere la CT di Secondo Grado di RAGIONE_SOCIALE, muovendo da una errata valutazione della citata normativa, ritenuto applicabile al caso di specie il raddoppio dei termini di accertamento pur non sussistendone i presupposti di legge di cui alle norme di riferimento, ritenute conseguentemente violate;
2.1. il primo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato e va rigettato;
con riferimento alla prima censura , come rilevato dall’RAGIONE_SOCIALE, non si ravvisa l’omessa pronuncia del giudice di appello in ordine alla contestazione sulla carenza di motivazione e di prova della pretesa tributaria;
in particolare, per quanto riguarda la motivazione, il giudice di secondo grado ha ritenuto che gli atti impositivi fossero adeguatamente motivati per relationem al p.v.c., che risultava consegnato al legale rappresentante della società contribuente;
il giudice di appello, come rilevato dall’amministrazio ne finanziaria, era stato investito dell’impugnazione della sentenza di primo grado sul punto della nullità dell’atto presupposto per la mancata riproduzione del contenuto del p.v.c., che non risultava ad esso allegato;
le contestazioni avanzate in appello dalla contribuente sulla mancata prova dell’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni, posta a base del recupero a tassazione dei costi ritenuti indeducibili, risultano prive di autonomia ed avanzate solo genericamente quale conseguenza dell ‘omessa allegazione del p.v.c. , sulla quale la C.t.r. ha ampiamente motivato;
in relazione alla terza censura, connessa con la prima, con cui la contribuente si duole del fatto che l’accertamento difetterebbe di elementi di prova certi, se ne rileva l’inammissibiltà, non solo perché volta all’impugnazione degli atti impositivi e non della sentenza di secondo grado, ma anche per la sua assoluta genericità e per il riferimento ad elementi fattuali che non vengono in alcun modo rapportati ag li elementi indiziari a base dell’accertamento;
infine la seconda censura del primo motivo è infondata, in quanto, come già chiarito da questa Corte, con indirizzo costante che si condivide,<> (Cass. n. 9322/2017; conf. Cass. n. 27250/2022);
2.2. il secondo motivo è in parte fondato e va accolto per quanto di ragione;
questa Corte, con orientamento ormai consolidato, dal quale non si ha motivo di discostarsi, ha affermato che <> (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016;Cass. n. 11620/2018; Cass. n. 33793/2019);
nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare:
a) che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bens ì di un nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reit à , che è un dato obiettivo non lasciato
alla discrezionalit à del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice;
b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilit à di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, n é dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «n é l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, n é la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)» (Cass. n. 16728/16, cit.);
c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (legge n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonch é d.lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati gi à notificati – come nel caso in esame, in cui gli atti impositivi risultano notificati nel 2014 – si applica la disciplina dettata dall’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), che fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto;
pertanto, con riferimento ad avvisi di accertamento emessi e notificati nell’anno 2014, come nella fattispecie qui vagliata, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato e persino l’omissione di quella comunicazione, perch é quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti;
tuttavia, deve rilevarsi che il raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP posto che, «non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non pu ò operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione ternporis (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016 n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017; n. 10483/2018);
conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IRAP;
la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2024