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Raddoppio dei termini: non si applica all’IRAP

Una società ha impugnato avvisi di accertamento per costi indeducibili. La Corte di Cassazione ha affrontato la questione del raddoppio dei termini per l’accertamento in presenza di reati tributari. Con l’ordinanza in esame, ha stabilito che, sebbene il raddoppio dei termini sia legittimo per IRES e IVA, non può essere applicato all’IRAP, poiché per tale imposta non sono previste sanzioni penali. La sentenza del giudice di secondo grado è stata quindi parzialmente cassata con rinvio.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini di accertamento: la Cassazione esclude l’IRAP

L’istituto del raddoppio dei termini di accertamento rappresenta uno strumento cruciale per l’Amministrazione Finanziaria nella lotta all’evasione fiscale. Tuttavia, la sua applicazione non è indiscriminata e deve rispettare precisi limiti normativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP, poiché per tale imposta non sono previste sanzioni penali. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le importanti conclusioni dei giudici.

I fatti del caso

Una società operante nel settore media si è vista notificare una serie di avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione, ai fini IRES, IRAP e IVA, costi ritenuti indeducibili perché relativi a operazioni oggettivamente inesistenti. L’ufficio, ravvisando la sussistenza di un illecito penalmente rilevante, aveva applicato il raddoppio dei termini per l’accertamento, superando così i termini ordinari di decadenza.

La società ha impugnato gli atti impositivi, contestando sia la carenza di motivazione e di prova, sia l’illegittima applicazione dell’estensione dei termini di accertamento. Dopo un esito sfavorevole in secondo grado, la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

Il raddoppio dei termini e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, ritenendo che la motivazione degli avvisi di accertamento, basata per relationem sul processo verbale di constatazione (p.v.c.) consegnato alla società, fosse pienamente legittima.

Il cuore della pronuncia riguarda però il secondo motivo, incentrato sulla corretta applicazione del raddoppio dei termini. La Corte ha accolto parzialmente le doglianze della società, operando una distinzione fondamentale tra le diverse imposte oggetto di recupero.

I giudici hanno ribadito il consolidato orientamento secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, nella versione ratione temporis applicabile, scatta in presenza della sola astratta configurabilità di un reato tributario che comporti l’obbligo di denuncia. Non è necessario attendere l’esito del procedimento penale, né che la denuncia sia effettivamente presentata entro i termini ordinari. Questo principio, hanno chiarito i giudici, vale pienamente per le imposte sui redditi (IRES) e per l’IVA.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha però specificato che la stessa logica non può essere estesa all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). La motivazione è netta e si basa su un presupposto normativo: la disciplina del raddoppio dei termini è strettamente connessa all’esistenza di sanzioni penali per la violazione delle norme tributarie. Poiché la normativa vigente non prevede sanzioni penali specifiche per l’evasione dell’IRAP, viene a mancare il presupposto fondamentale per l’applicazione di tale istituto. In altre parole, se non c’è reato, non può esserci raddoppio dei termini.

Concludendo, la Corte ha affermato che “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del ‘raddoppio dei termini’ di accertamento“.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione ha un’importante implicazione pratica. Stabilisce un chiaro limite all’applicazione del raddoppio dei termini, escludendo categoricamente l’IRAP dal suo campo di applicazione. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IRAP, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per una nuova valutazione. Questa pronuncia rafforza il principio di legalità e di stretta interpretazione delle norme che prevedono un’estensione dei poteri di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria, garantendo una maggiore certezza del diritto per i contribuenti.

Quando si applica il raddoppio dei termini di accertamento fiscale?
Si applica quando sussistono seri indizi di un reato tributario che fa insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale. La sua applicazione prescinde dall’esito del procedimento penale e dalla tempestività della denuncia stessa.

Il raddoppio dei termini vale anche per l’IRAP?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la disciplina del raddoppio dei termini non opera con riferimento all’IRAP, poiché per questa imposta non sono previste sanzioni penali che costituiscono il presupposto per l’applicazione di tale istituto.

Un accertamento fiscale può essere motivato facendo riferimento a un altro atto, come un verbale di constatazione?
Sì, è legittima la motivazione ‘per relationem’. Gli atti impositivi sono considerati adeguatamente motivati se rinviano a un processo verbale di constatazione (p.v.c.), a condizione che tale verbale sia stato precedentemente consegnato o reso disponibile al contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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