Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22278 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27883/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso unitamente all’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 9693/2016 depositata il 29 dicembre 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
All’esito dell’attività di verifica fiscale condotta dalla RAGIONE_SOCIALE Finanza, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 7) del D.P.R. n. 600 del
1973 e dell’art. 51, comma 2, n. 7) del D.P.R. n. 633 del 1972, sui conti correnti bancari intestati al contribuente e ai suoi prossimi congiunti, in data 13 dicembre 2012 la Direzione Provinciale I di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE notificava al AVV_NOTAIO un avviso di accertamento con il quale rettificava ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA il reddito di lavoro autonomo, il valore della produzione netta e il volume d’affari dallo stesso dichiarati in relazione all’anno 2003, recuperando a tassazione l’imponibile ritenuto evaso.
COGNOME COGNOME impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che con sentenza n. 9693/2016 del 29 dicembre 2016 rigettava l’appello dell’Amministrazione Finanziaria.
A fondamento della pronuncia adottata il RAGIONE_SOCIALE regionale osservava che: la notificazione dell’avviso di accertamento era stata eseguita quando il termine all’uopo fissato, a pena di decadenza, dall’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973 era ormai ampiamente decorso; – rispetto a tale termine risultava intempestiva anche la notifica del processo di verbale di constatazione, avvenuta in data 13 novembre 2009; – non poteva trovare applicazione, nel caso di specie, la disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento recata dal comma 3 del citato art. 43, non avendo l’Amministrazione, anteriormente alla scadenza del termine ordinario, presentato denuncia all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 331 c.p.p.; -ostava, altresì, all’operatività della suddetta disciplina la circostanza che l’avviso di accertamento fosse stato emesso a distanza di oltre due anni dalla pronuncia del decreto di archiviazione del procedimento penale instaurato nei confronti del COGNOME in relazione ai medesimi fatti oggetto di
valutazione nel presente giudizio.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 16203/2019 del 17 giugno 2019, ritenuti insussistenti i presupposti di cui all’art. 375, comma 1, c.p.c., nel testo applicabile anteriormente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 149 del 2022, la Sesta Sezione Civile ha rimesso gli atti a questa Sezione.
La causa è stata, quindi, avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate:
(a) la violazione dell’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile «ratione temporis» , nonché dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 128 del 2005;
(b)la falsa applicazione dell’art. 1, comma 132, della L. n. 208 del 2015.
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto ritenuto inapplicabili alla fattispecie in esame le disposizioni normative richiamate in rubrica, contemplanti il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi e dell’IVA in ipotesi di violazione comportante l’obbligo di denuncia per uno dei reati previsti dal D. Lgs. n. 74 del 2000.
1.2 L’errore commesso dal giudice d’appello sarebbe consistito nell’aver dato rilievo, in contrasto con il tenore testuale RAGIONE_SOCIALE norme e con i princìpi di diritto enunciati «in subiecta materia» dalla giurisprudenza di legittimità, alle seguenti circostanze:
(a)avvenuta presentazione della denuncia dopo la scadenza dei termini ordinari per l’accertamento;
(b)emissione dell’atto impositivo successivamente alla pronuncia del decreto di archiviazione del procedimento penale avviato nei confronti del COGNOME per i medesimi fatti posti a base dell’accertamento tributario.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 53 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
2.1 Si contesta alla Commissione di secondo grado di aver erroneamente affermato che nell’atto di appello dell’RAGIONE_SOCIALE non era stata articolata una specifica censura involgente la questione del raddoppio dei termini.
Nell’ordine logico -giuridico si appalesa prioritario lo scrutinio del secondo motivo.
3.1 Esso è inammissibile per difetto di interesse.
3.2 Nella parte motiva dell’impugnata sentenza la CTR ha osservato, «in via preliminare» , che «l’RAGIONE_SOCIALE si e (ra) limitata a criticare la sentenza di primo grado solo per quanto concerne (va) l’applicazione degli effetti del procedimento penale alla situazione fiscale dedotta, negandone l’automatismo, non esprimendosi invece sulla principale censura del contribuente, relativa alla eccepita decadenza della potestà impositiva per inapplicabilità del raddoppio dei termini per l’accertamento» .
3.3 A tale constatazione non ha tuttavia fatto sèguito una declaratoria di inammissibilità dell’esperito gravame per difetto del requisito di specificità dei motivi di impugnazione prescritto dall’art. 53, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, avendo il giudice di secondo grado esaminato nel merito la cennata questione relativa al raddoppio dei termini per l’accertamento e respinto l’appello erariale in ragione della sua ritenuta infondatezza.
3.4 Si è, pertanto, in presenza di un mero «obiter dictum» , e non di una «ratio decidendi» autonoma, come attestato dal dispositivo finale di rigetto del gravame.
3.5 Di qui la carenza di interesse a impugnare in capo alla ricorrente (cfr. Cass. n. 7955/2022, Cass. n. 22782/2018, Cass. n. 30354/2017).
Deve ora procedersi alla disamina del primo motivo.
4.1 Per una migliore intelligenza RAGIONE_SOCIALE questioni che esso pone, giova ricostruire brevemente i dati normativi di riferimento.
4.2 In tema di imposte dirette, l’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente a sèguito RAGIONE_SOCIALE modifiche introdotte dall’art. 37, comma 24, del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, così recita:
« 1. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla ai sensi RAGIONE_SOCIALE disposizioni del titolo I l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione».
4.3 Analoghe disposizioni sono dettate in materia di IVA dall’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale, nella formulazione vigente dopo le modifiche recate dall’art. 37, comma 25, del D.L. n. 223 del 2006, rilevante in questo giudizio, prevede che:
« 1. Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’art. 54 e nel secondo comma dell’art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
(…)
In caso d’omessa presentazione della dichiarazione, l’avviso d’accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’art. 55 può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione».
4.4 L’art. 2 del D. Lgs. n. 128 del 2015, in vigore dal 2 settembre 2015, con i suoi primi due commi, ha aggiunto all’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 un periodo finale del seguente identico tenore: «Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la RAGIONE_SOCIALE di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti».
4.5 Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo, in via transitoria, ha stabilito che:
(a)«sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto»;
(b)«sono, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data,
sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015».
4.6 In forza RAGIONE_SOCIALE modifiche successivamente apportate dai commi 130 e 131 dell’art. 1 della L. n. 208 del 2015, l’attuale testo dell’art. 57, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 43, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, in vigore dal 1° gennaio 2016, è il seguente:
«Art. 57. – (Termine per gli accertamenti).
Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’articolo 54 e nel secondo comma dell’articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta a norma del primo comma dell’articolo 55 può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata».
«Art. 43. (Termine per l’accertamento).
Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a
quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata».
4.7 Nel definire l’àmbito applicativo della novella, il comma 132 dello stesso art. 1 della citata L. n. 208 del 2015 ha precisato che: (aa)«le disposizioni di cui all’articolo del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, all’articolo
57, commi 1 e 2, del decreto e 43, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, come sostituiti dai commi 130 e 131 del presente articolo, si applicano agli avvisi relativi al
periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi»;
(bb)«per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata»;
(cc)«tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’ articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la RAGIONE_SOCIALE di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo»;
(dd)«resta fermo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni».
4.8 In sede di interpretazione del complesso quadro normativo innanzi descritto, questa Corte ha avuto modo di chiarire che:
-per il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nella versione, applicabile «ratione temporis» , risultante dalle modifiche apportate dal D.L. n. 223 del 2005, è sufficiente l’emersione di elementi da cui derivi l’obbligo di presentazione della denuncia, e cioè l’astratta configurabilità di uno degli illeciti penali contemplati dal D. Lgs. n. 74 del 2000 (cfr. Cass. n. 5246/2024, Cass. n. 27250/2022, Cass. n. 18451/2021), a prescindere
dell’effettiva commissione del reato (cfr. Cass. n. 16460/2024, Cass. n. 20409/2023, Cass. n. 20368/2017);
-all’indicato fine, non rilevano, pertanto, né l’eventuale mancata denuncia, né l’archiviazione della stessa, né il successivo esercizio dell’azione penale, né, ancora, l’eventuale decisione di proscioglimento, assoluzione o condanna, atteso il regime del «doppio binario» fra giudizio penale e procedimento tributario (cfr. Cass. n. 32464/2022, Cass. n. 27250/2022, Cass. n. 12489/2022, Cass. n. 11620/2018);
-se richiesto con i motivi di impugnazione, il giudice tributario deve controllare la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione «ora per allora» (cd. «prognosi postuma») circa la loro ricorrenza e verificando, quindi, se l’Amministrazione Finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale RAGIONE_SOCIALE disposizioni richiamate, al solo fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento (cfr. Cass. n. 7463/2022, Cass. n. 4205/2019, Cass. n. 409/2018, Cass. n. 11195/2017);
-in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione della denuncia penale, quand’anche questa venga proposta oltre i termini di decadenza o successivamente archiviata, i termini per l’accertamento sono raddoppiati, senza che, con riguardo agli atti impositivi notificati in precedenza, relativi a periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016, incidano le modifiche apportate dall’art. 1, commi da 130 a 132, della L. n. 208 del 2015, atteso che la disposizione transitoria contenuta nell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 128 del 2015 fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti irrogativi di sanzioni e degli inviti a comparire ex art. 5 D. Lgs. n. 218 del 1997 già notificati alla data del 2 settembre 2015 (cfr. Cass. n. 992/2024, Cass. n. 33793/2019, Cass. n. 11620/2018, Cass. n. 26037/2016);
-in sintesi: (a)il regime transitorio di cui all’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 128 del 2015, in vigore dal 2 settembre 2015, non è stato abrogato da quello successivamente introdotto dall’art. 1, comma 132, della L. n. 208 del 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016; (b)il primo regime transitorio stabilisce che le disposizioni contenute nell’art. 2, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 128 del 2015 non si applicano agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie, agli altri atti impugnabili con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria e agli inviti a comparire di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 218 del 1997 notificati alla data del 2 settembre 2015, nè ai processi verbali di constatazione ex art. 24 della L. n. 4 del 1929 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la medesima data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015; (c)la L. n. 208 del 2015 detta per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 una specifica normativa transitoria riguardante le sole ipotesi cui non sia applicabile il precedente regime transitorio fissato dal D. Lgs. n. 128 del 2015 (cfr. Cass. n. 13409/2024, Cass. n. 9719/2023, Cass. n. 26037/2016).
4.9 È stato pure puntualizzato che deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 128 del 2015, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 53 e 97 Cost., nella parte in cui circoscrive l’àmbito di operatività RAGIONE_SOCIALE modifiche al regime del raddoppio dei termini per l’accertamento tributario ai soli avvisi notificati dopo il 2 settembre 2015, costituendo espressione del ragionevole esercizio discrezionale del potere del legislatore la conservazione, anche a sèguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 132, della L. n. 208 del 2015, della vigenza della disciplina transitoria risultante dal succitato art. 2, comma 3 (cfr. Cass. n. 12178/2024, Cass. n. 2760/2024, Cass. n.
39416/2021).
4.10 Da tale consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità si è erroneamente discostata la CTR, la quale ha ritenuto inapplicabile al caso di specie la disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento recata dagli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nella formulazione operante «ratione temporis» , sulla scorta dei seguenti rilievi:
-«la facoltà concessa all’Amministrazione finanziaria di avvalersi del raddoppio dei termini per l’accertamento comport (a) la necessità che la denuncia penale sia effettuata nel termine ordinario, quando cioè l’esercizio del diritto sia ancora attuale, e non dopo la sua scadenza, trattandosi di un’ipotesi di decadenza: ciò perché, in caso diverso, da un lato, l’istituto si presterebbe in tutta evidenza ad un utilizzo strumentale, nel tentativo di recuperare una situazione ormai esaurita, dall’altro, in quanto solo dalla verifica effettuata possono trarsi quegli elementi utili a prospettare la rilevanza penale dei fatti accertati» ;
-«anche a voler condividere l’inesistenza dell’automatismo di recepimento RAGIONE_SOCIALE risultanze penali nel contenzioso tributario, è innegabile che la statuizione del giudice penale sui fatti rilevanti davanti a lui dedotti non lascia spazio decisionale per valutare differentemente tali fatti, tanto più quando la motivazione della pronuncia emessa nega (peraltro su conforme richiesta della Procura) proprio quella rilevanza penale indispensabile per consentire il raddoppio» ;
-«non può neppure considerarsi irrilevante la circostanza che l’accertamento fiscale sia stato emesso addirittura a distanza di oltre due anni dalla chiusura della vicenda in sede penale, quando l’Amministrazione finanziaria doveva esserne a conoscenza» .
4.11 Il percorso argomentativo seguìto dal RAGIONE_SOCIALE regionale si espone alle censure sollevate dalla parte ricorrente, dovendo qui
ribadirsi che:
(a)in presenza di un atto impositivo notificato prima del 2 settembre 2015 (nella specie: il 13 dicembre 2012), trova applicazione la disciplina transitoria contenuta nell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. n. 128 del 2015, la quale espressamente esclude che l’operatività della normativa sul raddoppio dei termini per l’accertamento sia subordinata alla presentazione o trasmissione della denuncia da parte dell’Amministrazione Finanziaria entro la scadenza ordinaria dei detti termini;
(b)in base alla normativa in questione, la denuncia penale può anche essere presentata dopo la scadenza del termine ordinario per l’accertamento, o non essere presentata affatto, senza che ciò osti in alcun modo all’applicabilità del raddoppio;
(c)a tal fine, è del tutto irrilevante l’esito del procedimento penale eventualmente avviato a carico del contribuente: ciò che, invece, unicamente conta è che, in base a una prognosi postuma, il giudice tributario accerti la ricorrenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, vale a dire l’astratta configurabilità di uno degli illeciti penali tributari contemplati dal D. Lgs. n. 74 del 2000.
4.12 È bene sottolineare che i surriferiti princìpi di diritto sono stati elaborati con riferimento al contesto normativo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 21 -bis del D. Lgs. n. 74 del 2000 (rubricato «Efficacia RAGIONE_SOCIALE sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione»), inserito dall’art. 1, comma 1, lettera m), del D. Lgs. n. 87 del 2024, secondo il quale:
« 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in sèguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere
depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati».
4.13 Il citato articolo non viene, tuttavia, in rilievo nel caso di specie, non risultando pronunciata nei confronti del COGNOME, in relazione ai fatti di evasione fiscale di cui qui si discute (riguardanti l’anno d’imposta 2003), sentenza dibattimentale di assoluzione con formula piena (per quanto emerge «ex actis» , il procedimento penale a suo carico si è concluso nella fase RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari con provvedimento di archiviazione).
4.14 Un discorso diverso da quello fin qui condotto deve essere fatto per l’IRAP.
4.15 Invero, rispetto a tale imposta va in assoluto esclusa l’operatività dell’istituto del raddoppio dei termini, non essendo presidiata da sanzioni penali l’inosservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni ad essa inerenti (cfr. Cass. n. 19724/2022, Cass. n. 36474/2021, Cass. n. 25330/2020, Cass. n. 33320/2019).
4.16 Sul punto, il dispositivo della decisione di merito risulta, quindi, conforme a diritto, onde la Corte può limitarsi a correggere la motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c..
In definitiva, il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, limitatamente alla censura relativa alle riprese a tassazione ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, svolta con il primo motivo.
5.1 Deve, conseguentemente, disporsi, «in parte qua» , la cassazione dell’impugnata pronuncia con rinvio alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, nei limiti di cui si è detto, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
5.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la statuizione in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, prima parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata, nei limiti precisati, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione