Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31041/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA n. 500/2019 depositata il 22/03/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Toscana ( hinc: CTR), con la sentenza n. 500/2019 depositata in data 22/03/2019, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 794/2016, con cui la Commissione tributaria provinciale di Firenze aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: RAGIONE_SOCIALE o la contribuente) nei tre ricorsi riuniti con i quali erano stati impugnati gli avvisi di accertamento relativi agli anni 2007, 2008 e 2011 , con i quali era stata recuperata l’IVA indebitamente detratta in merito a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.
La CTR, in sintesi, ha ritenuto -con riferimento alla questione relativa al raddoppio dei termini per gli esercizi 2007 e 2008 e la conseguente tempestività o tardività dell’azione accertativa dell’ufficio che ai sensi dell’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2015 non possono essere sollevati dubbi sull’abrogazione della clausola di salvaguardia e la conseguente nullità degli atti emessi fuori dai termini ordinari, qualora la trasmissione della notitia criminis sia avvenuta oltre i termini previsti pe r l’ accertamento. Nel caso di specie la notizia di reato è stata rubricata nel 2014 e, quindi, tardivamente rispetto agli esercizi 2007 e 2008.
2.1. Con riferimento ai rilievi relativi all’inesistenza soggettiva delle operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e i propri fornitori, ad avviso della CTR, la tesi dell’amministrazione finanziaria si fonda su risultanze riconducibili a soggetti terzi e prive di riscontri nei confronti della
società contribuente. L’amministrazione finanziaria non ha, quindi, dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza delle asserite operazioni in frode alla legge che sarebbero state poste in essere dalle società fornitrici più volte richiamate. Diversamente, negli anni 2007 e 2008, le stesse operazioni di fornitura erano già oggetto di precedenti ver ifiche ad opera dell’amministrazione finanziaria, senza alcun rilievo nei confronti della contribuente. Anche il procedimento penale, cui era stato inizialmente il legale rappresentante di COGNOME non risultava ancora avviato. In merito all’anno 2011 la tesi dell’ufficio non ha trovato conferma neppure nel procedimento penale concluso con il decreto di archiviazione.
2.2. Infine, la CTR ha rilevato come l’amministrazione finanziaria non fosse riuscita a dimostrare alcun beneficio fiscale per la società contribuente che aveva corrisposto correttamente i tributi, mentre il danno definitivo all’erario era imputabile a un’ altra società definitivamente debitrice dell’IVA, che non aveva pagato il suo debito per insolvenza o altre cause.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione dell’art. 57, comma 3, d.P.R. 26/10/1972, n. 633 nel testo applicabile ratione temporis, dell’art. 2, comma 3, d.lgs. 05/08/2015, n. 128; la f alsa applicazione dell’art. 1, comma 132, legge 28/12/2015, n. 208, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente -richiamando C. cost. n. 247/2011 -ha rilevato che ciò che rileva, ai sensi dell’art. 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, ai fini del raddoppio dei termini per l’accertamento tributario è la sussistenza di un obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p. e, quindi, l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato. Nella versione originaria degli artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, il ritardo o l’omissione di denuncia assumevano rilevanza sotto il profilo della responsabilità penale del pubblico ufficiale e non, invece, sotto quello dell’operatività dei termini di prescrizione.
1.2. Gli art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 128 del 2015 -che ha modificato gli artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972 – devono essere, quindi, intesi nel senso che:
gli atti notificati a decorrere dal 02/09/2015 il raddoppio opera solo in presenza di una denuncia presentata o trasmessa entro gli ordinari termini di accertamento;
per gli atti già notificati entro tale data il raddoppio opera in presenza di violazione che comporti l’obbligo di denuncia, anche quando quest’ultima sia trasmessa o presentata oltre il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento.
1.3. Anche l’ultima modifica ad opera dell’art. 1, commi 130, 131 e 132, legge n. 208 del 2015 -con cui sono state abrogate le disposizioni che prevedevano il raddoppio dei termini per l’esercizio del potere di accertamento in caso di presentazione o trasmissione della notizia di un reato tributario entro l’ordinario termine di decadenza -devono essere intese nel senso che:
le nuove disposizioni si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31/12/2016 e ai periodi successivi;
-per i periodi d’imposta precedent i gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, ma in caso di violazione che comporti l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell ‘art. 331 c.p.p. i termini sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione;
-il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’amministrazione finanziaria sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.
La parte ricorrente rileva che è erronea -al punto da essere smentita dalla giurisprudenza di questa Corte – la tesi secondo cui il comma 132 dell’art. 1 legge n. 208 del 2015 avrebbe abrogato, implicitamente, l’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2015. Difatti , l’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2015 con l’espressione « devono essere notificati» si riferisce agli avvisi notificati a decorrere dal 01/01/2016 e non a quelli già notificati. Contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, la legge n. 208 del 2015 ha inteso modificare le precedenti disposizioni solo con riferimento agli atti di controllo relativi ai periodi d’imposta precedenti al 2016 che, al 01/01/2016, non erano stati ancora notificati. Gli avvisi di accertamento già notificati alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni sono, invece, soggetti alla disciplinata di cui all’art. 2 d.lgs. n. 128 del 2016.
1.4. Il motivo di ricorso è fondato. La CTR ha ritenuto che, nel caso di specie, la notizia di reato fosse stata rubricata nel 2014 e, quindi, tardivamente rispetto agli anni d’imposta 2007 e 2008. In relazione ai rapporti tra i termini di accertamento previsti negli artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, d.P.R. n.
633 del 1972 si possono distinguere tre diverse normative (con la conseguente necessità di regolare il relativo regime intertemporale): a) nella versione vigente nei periodi d’imposta interessati (2007 e 2008 ) tanto l’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 che l’art. 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972 facevano riferimento alla violazione che comportasse l’ obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000.
b) l’art. 2 d.lgs. n. 128 del 2015 interviene sia sull’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 che sull’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, prevedendo che il raddoppio dei termini non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria prevista nei commi 1 e 2 degli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 d.P.R. n. 633 del 1973. L’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2015 stabilisce, poi, che: « Sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto. »
Ora, considerato che la stessa sentenza impugnata dà atto che gli avvisi relativi alle annualità 2007 e 2008 sono stati notificati nel 2014, è evidente che tali avvisi, da un lato, sono stati notificati nel vigore di una disposizione che riconosceva il raddoppio dei termini in presenza dell’obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p. e, dall’altro lato, che anche la disposizione di cui all’art. 2 d.lgs. n. 128 del 2015 -entrata in vigore nell’anno successivo a quello della notifica degli avvisi -détta un’appos ita norma transitoria in cui fa salvi gli effetti degli avvisi notificati (regolarmente) nel vigore di una diversa
disposizione normativa che si è andati a modificare proprio con la disciplina del 2015.
c) le previsioni del terzo comma dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972 sono abrogate per effetto della riformulazione delle disposizioni appena richiamate ad opera dell’art. 1, commi 130 e 131, legge n. 208 del 2015, con la conseguente eliminazione della disciplina relativa al raddoppio dei termini.
Il comma 132 dell’art. 1 legge n. 208 del 2015 prevede che: « Le disposizioni di cui all’articolo 57, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e all’articolo 43, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, come sostituiti dai commi 130 e 131 del presente articolo, si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo. Resta fermo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del decreto-
legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni. »
1.5. L’errore in cui è incorsa la CTR è stato quello di sovrapporre l’abrogazione implicita con l’irretroattività della norma. In altre, parole, dalla lettura degli artt. 2 d.lgs. n. 128 2015 e 1 legge n. 208 del 2015 è evidente che in merito ai medesimi periodi di imposta si assista a un fenomeno di successione di leggi nel tempo: nel vigore del d.lgs. n. 128 del 2015 non è sufficiente, ai fini del raddoppio dei termini, l’ obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p., ma è necessario che quest’ultima sia present ata prima dello spirare dei termini per l’accertamento previsti nell’art. 43, commi 1 e 2, d.P.R. n. 600 del 1973 e nell’art. 57, commi 1 e 2, d.P.R. n. 633 del 1972; diversamente, con la legge n. 208 del 2015 non è previsto più il raddoppio dei termini in presenza di una violazione che comporti l’obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p. Nondimeno, l’art. 1, comma 132, legge n. 208 del 2015, nel dettare la disciplina per gli avvisi relativi ai periodi d’imposta anteriori al 2016 non può che regolare senza contravvenire al principio di irretroattività -che gli avvisi non ancora emessi alla data della sua entrata in vigore.
Tale conclusione è, del resto, conforme a quanto precisato da questa Corte, secondo la quale, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130
a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass., 10/01/2025, n. 666).
Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 19, comma 1, e 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, dei principi indicati nelle sentenza della CGUE 12/01/2006 (C-354/03, 355/03 E 484/02) E 06/07/2006 (C-439/04 e 440/04), nonché degli artt. 654 c.p.p. e 20 d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La ricorrente -richiamate a pag. 11 ss. del ricorso in cassazione le censure svolte con il secondo motivo d’appello e, in particolare, gli elementi indiziari emersi per ciascun anno di verifica -ha rilevato che la CTR è giunta alla conclusione del mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’amministrazione finanziaria, per il solo fatto che le presunzioni fossero fondate su risultanze riconducibili a terzi, in violazione dell’art. 2729 c.c. Diversamente, proprio la giurisprudenza di legittimità dà rilievo, anche se riconducibili a terzi, ad elementi come:
la mancanza di una struttura commerciale e di un’effettiva organizzazione aziendale del cedente o prestatore (es. in termini di uffici, personale dipendente o collaboratori, utenze, locali idonei al commercio o al deposito dei beni). Si tratta di fatti accertati e pacifici, nel caso di specie, con riferimento ai fornitori degli anni 2007 e 2008; – le modalità anomale dei rapporti, come ad es. trattative per ingenti quantitativi di merce condotte a mezzo mail con soggetti poco conosciuti o all’inizio della loro attività. Si tratta di fatti accertati e pacifici, nel caso di specie, con riferimento al fornitore del 2008 e ai fornitori del 2011;
la contestualità dei trasferimenti finanziari e commerciali ovvero l’inserimento delle operazioni in una catena di passaggi commerciali in intervalli di tempo ridottissimi. Si tratta di fatti accertati e pacifici, nel caso di specie, con riferimento alle forniture degli anni 2007 e 2008;
-le percentuali di ricarico irrisorie (pari all’1%) accertate e pacifiche con riguardo alle forniture del 2011;
-l’inidoneità della struttura organizzativa della società intimata, per l’anno 2011, a sostenere un volume così ingente di operazioni;
-sempre nell’anno 2011 il mutamento dei prodotti acquistati in concomitanza con l’entrata in vigore del regime del reverse charge; – il coinvolgimento di tutti i fornitori della società intimata in frodi IVA. Anche in questo caso si tratta di un fatto pacifico.
-l’importo e la durata nel tempo delle operazioni intrattenute con soggetti filtro o comunque coinvolte in frodi all’IVA.
2.2. Ad avviso della ricorrente la CTR ha, invece, valorizzato, in contrasto con gli artt. 2697 c.c. e 2727 c.c., dati del tutto irrilevanti o del tutto sprovvisti di contiguità inferenziale con il fatto ignoto da provare e, in particolare:
-l’esito di precedenti verifiche eseguite nel 2007 e nel 2008 in relazione alle medesime operazioni di fornitura. Ad avviso di parte ricorrente la conclusione di una verifiche non preclude l’insorgenza di nuovi e ulteriori elementi di valutazione;
il mancato avvio di un procedimento penale in merito agli anni 2007 e 2008, nonostante la denuncia penale;
il mancato conseguimento di alcun vantaggio personale da parte della società contribuente, che risulterebbe aver pagato regolarmente i tributi dovuti, mentre il danno era imputabile a un’altra società definitivamente debitrice dell’IVA;
-la conclusione del procedimento penale con il decreto di archiviazione, con riferimento all’anno d’imposta 2011.
2.3. Il motivo di ricorso è fondato.
Le coordinate ermeneutiche che precludono il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti sono scolpite nella giurisprudenza unionale, dove è stato precisato che: « occorre ricordare che la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva. Pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v. sentenze COGNOME, C -285/11, EU:C:2012:774, punti 35 e 37 nonché giurisprudenza ivi citata, e Maks Pen, C -18/13, EU:C:2014:69, punto 26). Tale situazione, così come ricorre nel caso di un’evasione fiscale commessa dal soggetto passivo, ricorre pure quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA. In circostanze del genere, il soggetto passivo interessato deve essere considerato, ai fini della sesta direttiva, partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle (v., sentenze COGNOME, C -285/11, EU:C:2012:774, punti 38 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata, e Maks Pen, C -18/13, EU:C:2014:69, punto 27).» (CGUE, 22/10/2015, C-277/14, §§ 47-48).
2.4. In merito alla ripartizione dell’onere probatorio in materia di operazioni soggettivamente inesistenti questa Corte ha precisato che, in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di
provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 20/04/2018, n. 9851).
Nello stesso senso, in tema di detrazione dell’IVA, è stato precisato che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 09/08/2022, n. 24471).
2.5. La prova della conoscenza del contribuente della fittizietà del fornitore può essere data dall’amministrazione finanziaria anche in via presuntiva, ai sensi dell’art. 2729, comma 2, c.c., mediante elementi gravi, precisi e concordanti che, partendo dai fatti noti portino a ritenere provato il fatto ignoto (Cass., 20/07/2020, n. 15369; Cass., 30/10/2018, n. 27566).
Con riferimento al sindacato di legittimità in ordine alla violazione dell’art. 2729 c.c. questa Corte ha precisato che, i n tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si
concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., 21/03/2022, n. 9054). Nel caso di specie la CTR, ha dato rilievo a fatti privi del requisito della gravità, come la circostanza che le risultanze fossero riconducibili a soggetti terzi , le precedenti verifiche dell’amministrazione finanziaria cui era stata sottoposta la contribuente e l’assenza di benefici fiscali per quest’ultima .
In merito alle risultanze riconducibili a soggetti terzi occorre rilevare che, secondo quanto già chiarito da questa Corte (Cass., 04/10/2018, n. 24321), nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’operazione è effettiva ed esistente ma la fattura è stata emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata (e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario): ne deriva che non è, in linea di principio, detraibile perché versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta. Di conseguenza, dal momento che il soggetto emittente la fattura è diverso da quello effettivo e solitamente è un soggetto fittizio, è proprio in relazione alle caratteristiche di quest’ultimo che l’amministrazione finanziaria trae gli elementi necessari a provare il carattere soggettivamente inesistente dell’operazione, come quelli indicati da pag. 11 a pag. 16 del ricorso in cassazione, nell’ill ustrazione del secondo motivo di ricorso (irrisoria percentuale di ricarico, pari all’1%, assenza di strutture organizzative e di personale ecc…). In sostanza, è stato escluso, a monte, il rilievo probatorio in ordine al fatto che le risultanze fossero riferibili a soggetti diversi dalla contribuente, senza verificare se gli elementi prodotti dall’amministrazione finanziaria potessero portare alla pr ova,
anche in via indiziaria, della conoscenza da parte della contribuente del carattere soggettivamente inesistente delle operazioni contestate dall’amministrazione finanziaria.
2.6. Nessuna incidenza può avere, anche alla luce dell’art. 21 bis d.lgs. n. 74 del 2000 recentemente introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024 -considerato il riferimento inequivoco alla sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata in esito a dibattimento -il mancato esercizio dell’azione penale e il decreto di archiviazione cui fa riferimento la sentenza della CTR con riferimento all’anno d’imposta 2011 . Sul punto questa Corte ha precisato che, in tema di processo tributario, il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale ex art. 408 c.p.p. non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice tributario, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, detto decreto ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione, non rientrando nemmeno tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata giusta il disposto dell’art. 654 c.p.p. (Cass., 04/08/2020, n. 16649).
2.7. Infine, nella giurisprudenza di questa Corte, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR -che dà rilievo alla circostanza che non sia stato dimostrato alcun beneficio fiscale in capo al contribuente – è totalmente inconferente l’assenza di vantaggi fisca li in capo al contribuente. È stato, infatti, precisato che, in tema di IVA, nell’ipotesi di frodi carosello, la prova della buona fede del cessionario non può essere fondata sulla sola mancanza di un beneficio economico concreto derivante allo stesso per essere le operazioni commerciali effettuate a prezzi di mercato, trattandosi di elemento esterno alla fattispecie tipica, inidoneo a dimostrare l’estraneità alla frode (Cass., 21/06/2018, n. 16469).
In conclusione, la CTR non si è, quindi, attenuta alla giurisprudenza di questa Corte richiamata sub 2.3, 2.4., 2.5., 2.6. e 2.7. in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e in merito all’interpretazione dell’art. 2729 c.c. Il giudice del rinvio dovrà, quindi, fare una nuova valutazione tenendo conto dei principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e in punto di interpretazione dell’art. 2729 c.c.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto.
4.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025.