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Raddoppio dei termini: la Cassazione esclude l’IRAP

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6864/2025, ha parzialmente accolto il ricorso di alcuni contribuenti, stabilendo un principio fondamentale: il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale, previsto in presenza di reati tributari, non è applicabile all’IRAP. La Corte ha invece confermato la legittimità della notifica agli ex-soci di società estinte e la corretta ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni inesistenti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei Termini Fiscali: la Cassazione Fa Chiarezza sull’IRAP

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6864 del 2025, interviene su una questione cruciale per contribuenti e professionisti: l’applicazione del raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale. La Corte ha stabilito un principio di grande importanza, affermando che questa misura eccezionale, legata alla presenza di reati tributari, non si estende all’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due ex-soci di una società in nome collettivo, cancellata dal registro delle imprese. L’Agenzia delle Entrate aveva notificato loro un avviso di accertamento per l’anno 2007, disconoscendo la deducibilità di costi e la detraibilità dell’IVA relativi a fatture emesse da una ditta considerata una “società cartiera”. L’accertamento, notificato nel 2014, si basava sull’applicazione del raddoppio dei termini, poiché i fatti contestati integravano ipotesi di reato tributario. I contribuenti avevano impugnato l’atto, contestando diversi profili, tra cui, appunto, la legittimità del prolungamento dei termini di accertamento.

Il Raddoppio dei Termini e l’Esclusione dell’IRAP

Il punto centrale del ricorso, e quello parzialmente accolto dalla Suprema Corte, riguarda il primo motivo: la violazione delle norme sui termini di accertamento. I ricorrenti sostenevano che il raddoppio non fosse applicabile. La Corte di Cassazione ha chiarito la questione in modo definitivo.

La Regola Generale per le Imposte sui Redditi e l’IVA

La Corte ha ribadito che, secondo la normativa applicabile all’epoca dei fatti (ante modifiche del 2015), il raddoppio dei termini era legittimo per le imposte sui redditi (IRPEF/IRES) e l’IVA. La condizione per la sua applicazione era la mera sussistenza dell’obbligo di denuncia penale per uno dei reati tributari previsti, a prescindere dall’effettiva presentazione della denuncia, dal suo esito o dalla sua tempestività. Se i fatti contestati configuravano astrattamente un reato, i termini per l’accertamento raddoppiavano.

L’Eccezione per l’IRAP

La vera novità e il punto cruciale della sentenza è la netta distinzione operata per l’IRAP. Gli Ermellini hanno affermato, in linea con un orientamento ormai consolidato, che il raddoppio dei termini non può trovare applicazione per l’IRAP. La ragione è puramente normativa: le violazioni relative alle disposizioni sull’IRAP non sono presidiate da sanzioni penali. Di conseguenza, mancando il presupposto del reato tributario, non può scattare il meccanismo che estende i tempi per l’azione accertatrice dell’Amministrazione Finanziaria.

Altri Principi Convalidati dalla Corte

La sentenza ha anche rigettato gli altri motivi di ricorso, confermando importanti principi in materia tributaria:

* Notifica agli ex-soci: È stata ritenuta pienamente valida la notifica degli atti fiscali agli ex-soci illimitatamente responsabili di una società cancellata. Dopo l’estinzione, si verifica un fenomeno successorio in cui le obbligazioni della società si trasferiscono ai soci.
* Onere della prova: In caso di operazioni oggettivamente inesistenti, una volta che l’Ufficio fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà delle operazioni (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una “cartiera”), l’onere di provare l’effettiva esistenza delle prestazioni si sposta sul contribuente. La sola esibizione della fattura o la regolarità contabile non sono sufficienti.
* Contraddittorio preventivo: Le garanzie specifiche previste dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente (come il termine di 60 giorni prima di emettere l’atto) si applicano solo in caso di verifiche fiscali in loco (accessi, ispezioni). Non sono richieste per gli “accertamenti a tavolino”, basati sul solo controllo della documentazione in ufficio.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sul raddoppio dei termini per l’IRAP basandosi su un’interpretazione rigorosa della legge. Il presupposto per l’estensione dei termini di accertamento è la configurabilità di un reato previsto dal D.Lgs. 74/2000. Poiché la normativa sull’IRAP non prevede sanzioni penali per le violazioni dichiarative, viene a mancare la base giuridica per applicare una norma eccezionale e derogatoria come quella del raddoppio. Per le altre imposte, invece, la Corte ha sottolineato come la normativa ratione temporis collegasse il raddoppio all’obbligo di denuncia, non al suo effettivo esercizio, rendendo irrilevante che la denuncia fosse stata trasmessa tardivamente.

Conclusioni

Questa sentenza offre un chiarimento fondamentale: il raddoppio dei termini di accertamento è una misura che non può essere estesa analogicamente e si applica solo alle imposte per le quali le violazioni possono integrare fattispecie di reato. L’esclusione dell’IRAP da questo meccanismo rappresenta una garanzia importante per i contribuenti, circoscrivendo l’applicazione di una norma che incide significativamente sui tempi di definizione dei rapporti tributari. La decisione, inoltre, consolida principi chiave in materia di successione nei debiti fiscali delle società estinte e sulla ripartizione dell’onere probatorio nelle controversie su operazioni fittizie.

Il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale si applica anche all’IRAP?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP, poiché le violazioni relative a questa imposta non sono sanzionate penalmente, venendo così a mancare il presupposto normativo per l’estensione dei termini.

È valida la notifica di un atto fiscale agli ex-soci di una società cancellata dal registro delle imprese?
Sì. Secondo la Corte, dopo la cancellazione della società si verifica un fenomeno successorio per cui le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali diventano i legittimi destinatari degli atti di accertamento relativi a periodi d’imposta in cui la società era ancora attiva.

In caso di fatture per operazioni inesistenti, chi deve provare la realtà delle operazioni?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito prove presuntive (gravi, precise e concordanti) che le operazioni sono fittizie, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza e veridicità delle operazioni contestate, e non è sufficiente la sola esibizione delle fatture o la regolarità delle scritture contabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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