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Raddoppio dei termini: escluso per l’IRAP, la Cassazione

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento basato sul raddoppio dei termini per un presunto reato tributario legato a fatture per operazioni inesistenti. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: il raddoppio dei termini è legittimo se sussiste l’obbligo di denuncia penale, anche se questa è tardiva, ma non può essere applicato all’IRAP, poiché le violazioni relative a tale imposta non costituiscono reato. La Corte ha inoltre confermato che, di fronte a seri indizi di inesistenza delle operazioni, l’onere di provare la loro effettività spetta al contribuente.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei Termini Fiscali: la Cassazione Mette un Paletto sull’IRAP

L’istituto del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati tributari è da sempre uno strumento potente nelle mani dell’Amministrazione Finanziaria, ma anche fonte di acceso dibattito legale. Con l’ordinanza n. 34369 del 2024, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sulla questione, offrendo un chiarimento cruciale che limita l’applicazione di questa misura: il raddoppio non vale per l’IRAP. La decisione nasce dal ricorso di un imprenditore individuale, la cui dichiarazione dei redditi era stata rettificata ben oltre i termini ordinari sulla base di fatture ritenute false.

I Fatti del Caso: Fatture Sospette e Accertamento Fiscale

La vicenda riguarda un imprenditore operante nel settore del recupero di cascami e rottami. L’Agenzia delle Entrate, avvalendosi del raddoppio dei termini, aveva emesso un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007, contestando costi per oltre 340.000 euro derivanti da fatture di acquisto emesse da un fornitore. Secondo il Fisco, tali operazioni erano oggettivamente inesistenti, poiché il fornitore era un soggetto sprovvisto di qualsiasi organizzazione imprenditoriale, un evasore totale, una cosiddetta ‘cartiera’.

Il contribuente si era opposto all’accertamento, contestando diversi profili, tra cui: la validità della firma sull’atto, l’illegittimità dell’utilizzo del raddoppio dei termini e l’insussistenza di prove sufficienti a giustificare l’accusa di operazioni inesistenti. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le sue ragioni, spingendolo a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Raddoppio dei Termini

La Suprema Corte ha esaminato i cinque motivi di ricorso, giungendo a una decisione che accoglie parzialmente le tesi del contribuente, ma solo su un punto specifico e di grande rilevanza.

I giudici hanno innanzitutto rigettato le censure sulla validità della firma e sull’onere della prova. Hanno ribadito che la delega di firma a un funzionario è valida anche se generica e che, in caso di operazioni inesistenti, una volta che l’Ufficio fornisce seri indizi (come la natura di ‘cartiera’ del fornitore), spetta al contribuente dimostrare l’effettività delle transazioni, prova che non può essere fornita semplicemente esibendo fatture e pagamenti formalmente regolari.

Il punto cardine della sentenza riguarda però il secondo e terzo motivo, relativi all’applicazione del raddoppio dei termini. La Corte ha confermato il proprio orientamento consolidato (ius receptum) secondo cui il presupposto per il raddoppio è l’esistenza dell’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, e non la sua effettiva presentazione o la sua tempestività. Tuttavia, ha evidenziato una distinzione cruciale.

Le Motivazioni: Analisi sul Raddoppio dei Termini e Onere della Prova

La Corte ha spiegato che il raddoppio dei termini è un meccanismo autonomo che opera in presenza di una ‘condizione obiettiva’: la sussistenza di un illecito penalmente rilevante. Questo giustifica un tempo più lungo per l’accertamento, slegato dai termini ordinari.

L’Esclusione dell’IRAP dal Raddoppio dei Termini

La vera novità e il punto di accoglimento del ricorso risiedono nell’applicazione di questo principio all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). La Cassazione, richiamando precedenti specifici, ha affermato che ‘il cd. raddoppio dei termini non può trovare applicazione anche per l’Irap, poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali’. In altre parole, non esistendo un ‘reato di IRAP’, viene a mancare il presupposto fondamentale per estendere i tempi dell’accertamento. Di conseguenza, per la sola parte relativa a questa imposta, l’accertamento è stato annullato perché notificato oltre i termini ordinari.

Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti

La Corte ha anche colto l’occasione per ribadire le regole sull’onere probatorio. L’Amministrazione Finanziaria deve fornire elementi (anche presuntivi) gravi, precisi e concordanti per dimostrare che le operazioni non sono mai avvenute. Nel caso di specie, il fornitore non aveva beni strumentali, sede, utenze telefoniche aziendali e regolava ingenti importi in contanti. A fronte di un quadro indiziario così solido, l’onere di dimostrare che gli acquisti erano reali si sposta interamente sul contribuente, che non può limitarsi a invocare la regolarità formale dei documenti contabili.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprese e Professionisti

Questa ordinanza della Corte di Cassazione ha due importanti implicazioni pratiche. La prima è un monito per le imprese sull’importanza della due diligence nei confronti dei propri fornitori: operare con soggetti privi di una concreta struttura aziendale espone al rischio di vedersi contestare i costi e l’IVA. La seconda, e più rilevante dal punto di vista giuridico, è la netta linea di demarcazione tracciata sull’applicabilità del raddoppio dei termini. Se da un lato viene confermata la sua legittimità per le imposte sui redditi e l’IVA in presenza di reati tributari, dall’altro viene definitivamente esclusa la sua estensione all’IRAP. Questo principio tutela il contribuente da un’applicazione eccessivamente ampia di una norma eccezionale, riaffermando che l’estensione dei tempi di accertamento deve essere strettamente legata alla sussistenza di una fattispecie penalmente rilevante.

Il raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale si applica all’IRAP?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il raddoppio dei termini non si applica all’IRAP, poiché le violazioni relative a questa imposta non sono sanzionate penalmente e, pertanto, manca il presupposto dell’obbligo di denuncia penale.

Per applicare il raddoppio dei termini, la denuncia penale deve essere presentata entro la scadenza ordinaria dell’accertamento?
No. Secondo la giurisprudenza costante, il presupposto per il raddoppio dei termini è unicamente l’esistenza dell’obbligo di denuncia penale per un reato tributario, non la sua effettiva presentazione o la sua tempestività. Può operare anche se la notizia di reato emerge dopo la scadenza del termine ordinario.

In caso di contestazione di fatture da una ‘cartiera’, chi deve provare che le operazioni sono reali?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi gravi, precisi e concordanti che indicano che il fornitore è una società ‘cartiera’ (cioè fittizia e senza struttura), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, e non è sufficiente presentare fatture e pagamenti formalmente regolari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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