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Raddoppio dei termini: Cassazione e regime transitorio

Un professionista contesta avvisi di accertamento basati su movimentazioni bancarie, eccependo la decadenza del potere impositivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità del raddoppio dei termini in base al regime transitorio applicabile agli atti notificati nel 2015, anche in presenza di una denuncia penale presentata oltre i termini ordinari.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Raddoppio dei termini per l’accertamento: la Cassazione fa chiarezza sul regime transitorio

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande rilevanza per i contenziosi fiscali: l’applicabilità del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati tributari, con particolare riferimento al complesso regime transitorio introdotto dalle riforme del 2015. La decisione analizza il caso di un avvocato destinatario di avvisi di accertamento per diverse annualità, fondati su indagini finanziarie e sulla presunzione di maggiori ricavi derivanti da movimentazioni bancarie non giustificate.

I Fatti del Caso: Accertamenti Bancari e Contestazioni

Un avvocato si vedeva notificare quattro avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta dal 2007 al 2010. L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di indagini bancarie e di un processo verbale di constatazione (p.v.c.) redatto in contraddittorio, contestava maggiori ricavi ai fini IRPEF e IVA. Tali contestazioni si basavano sulla presunzione legale che gli accrediti non giustificati sui conti correnti, anche intestati a terzi ma riconducibili al professionista, costituissero redditi non dichiarati.

Il contribuente impugnava gli atti, sollevando diverse eccezioni, tra cui la principale verteva sulla decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio. A suo avviso, i termini ordinari erano spirati e non sussistevano i presupposti per l’applicazione del loro raddoppio.

La Questione del Raddoppio dei Termini e le Norme Transitorie

Il cuore della controversia giuridica risiedeva nell’interpretazione delle norme che hanno modificato i termini di accertamento, in particolare il D.Lgs. n. 128/2015 e la Legge n. 208/2015. Queste riforme hanno inciso profondamente sul meccanismo del raddoppio dei termini.

La Difesa del Contribuente

Il professionista sosteneva che, a seguito delle nuove disposizioni, il raddoppio non fosse più applicabile, specialmente nei casi in cui la denuncia per reati fiscali fosse stata presentata dopo la scadenza dei termini ordinari di accertamento. In sostanza, consentire un nuovo decorso del termine dopo la sua scadenza avrebbe violato i principi costituzionali. Inoltre, eccepiva l’insussistenza dei presupposti per la denuncia penale per alcune annualità.

L’Analisi della Corte

La Cassazione ha respinto questa tesi, fornendo una meticolosa ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale. Ha chiarito che il regime transitorio previsto dall’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 128/2015 ha fatto salvi gli effetti degli atti notificati entro determinate scadenze. Nel caso di specie, il p.v.c. era stato notificato a luglio 2015 (prima dell’entrata in vigore del decreto) e gli avvisi di accertamento a dicembre 2015. Questa sequenza temporale rendeva pienamente applicabile il precedente regime, che consentiva il raddoppio dei termini.

Presunzione sui Versamenti Bancari e Diritto di Difesa

Un altro punto contestato dal ricorrente riguardava la presunzione legale secondo cui i versamenti bancari costituiscono ricavi. Egli lamentava un’insufficiente istruttoria da parte dell’Ufficio e una violazione del suo diritto di difesa. Sosteneva che le somme contestate derivassero da prestiti, vincite al gioco o fossero relative a conti non a lui direttamente intestati.

Su questo punto, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza di secondo grado fosse adeguata, rispettando il “minimo costituzionale”. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto non superata dal contribuente la presunzione legale. La documentazione utilizzata, proveniente dagli istituti bancari, era stata considerata sufficiente a garantire il diritto di difesa, anche perché l’accertamento era scaturito da un p.v.c. redatto in contraddittorio con lo stesso contribuente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa delle disposizioni transitorie. Ha stabilito che il legislatore del 2015 ha voluto salvaguardare gli accertamenti già in corso, creando una disciplina specifica per gli atti notificati entro il 31 dicembre 2015. In questi casi, il raddoppio dei termini rimaneva operativo secondo le vecchie regole, a condizione che il p.v.c. o un invito al contraddittorio fosse stato notificato prima dell’entrata in vigore della riforma (2 settembre 2015). La Corte ha sottolineato come questa scelta legislativa fosse orientata a non vanificare l’attività di controllo fiscale già avviata e a tutelare l’interesse collettivo alla persecuzione dei reati tributari.

Per quanto riguarda le censure sulla motivazione e sulla violazione del diritto di difesa, la Cassazione ha ribadito principi consolidati. Ha affermato che la presunzione legale sui versamenti bancari pone a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria sulla natura di tali somme. La motivazione della sentenza impugnata, pur sintetica, è stata giudicata sufficiente in quanto ha dato conto delle ragioni per cui le giustificazioni del contribuente non sono state ritenute idonee a superare la presunzione. Infine, la richiesta di una consulenza tecnica (CTU) è stata considerata una facoltà discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale sull’applicazione del raddoppio dei termini nel periodo di transizione tra la vecchia e la nuova normativa. La decisione chiarisce che per gli avvisi di accertamento notificati entro il 31 dicembre 2015, il raddoppio è legittimo se l’atto presupposto (come il p.v.c.) è stato notificato prima del 2 settembre 2015. Questo principio offre certezza giuridica per la gestione del contenzioso fiscale relativo a quegli anni. Inoltre, la sentenza ribadisce la forza della presunzione legale legata alle movimentazioni bancarie, sottolineando come spetti al contribuente l’onere, non sempre agevole, di dimostrare la natura non imponibile degli accrediti ricevuti sui propri conti correnti.

Quando si applica il raddoppio dei termini per gli accertamenti fiscali secondo le regole transitorie del 2015?
Secondo la Corte, il regime transitorio (art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 128/2015) prevede che il raddoppio dei termini sia applicabile per gli avvisi di accertamento notificati entro il 31 dicembre 2015, a condizione che un atto presupposto, come il processo verbale di constatazione (p.v.c.), sia stato notificato al contribuente prima del 2 settembre 2015.

La presunzione che i versamenti su un conto corrente siano ricavi non dichiarati è assoluta?
No, non è assoluta. Si tratta di una presunzione legale relativa. Ciò significa che l’Amministrazione Finanziaria può basare l’accertamento su questo dato, ma il contribuente ha il diritto di fornire la prova contraria, dimostrando che le somme accreditate non costituiscono reddito imponibile (ad esempio, perché derivano da prestiti, donazioni o altre fonti non tassabili).

L’Amministrazione Finanziaria deve sempre sentire il contribuente prima di utilizzare i dati dei conti correnti per un accertamento?
No. La Corte chiarisce che la normativa (in particolare l’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973) non impone un contraddittorio preventivo obbligatorio prima dell’utilizzo dei dati bancari. Il contraddittorio è previsto come una facoltà dell’amministrazione e il diritto di difesa del contribuente è comunque garantito nella successiva fase di accertamento e in quella eventuale di contenzioso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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