Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21458 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21458 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23048/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di soci della RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimati- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 680/2021, depositata il 10 maggio 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, l’ Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Venezia emetteva per gli anni d’imposta dal 2008 al 2001 distinti avvisi di accertamento con i quali contestava l’illegittima deduzione e detrazione, ai fini delle imposte dirette e dell’I VA, di costi ritenuti inesistenti pari a euro 307.930,00 e relativi a fatture emesse dalla ditta individuale ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE Contestualmente, nei confronti dei soci COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME accertava un maggior reddito di partecipazione ex art. 5 TUIR per euro 406.724,00, con una maggiore ripresa ai fini IRAP per euro 12.657,00.
Con distinti ricorsi la società e i soci impugnavano gli avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Venezia.
La Commissione adita, con sentenza n. 152/2018 depositata in data 19 febbraio 2018, previa riunione dei ricorsi, li rigettava.
-Avverso tale pronuncia, la società e i soci proponevano atto di appello.
La Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n. 680/2021, depositata il 10 maggio 2021, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, annullava gli atti impositivi.
-L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 , commi 1 e 3, d.lgs . 128/2015, dell’art. 43
d.P.R. 600/73 e dell’art. 8 , comma 1, d.l. 16/2012 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto che gli avvisi di accertamento per l’anno 2008 siano stati emessi oltre i termini decadenziali di cui all’art. 43 d.P.R. 600/73, in quanto l’art. 2 , comma 1, d.lgs. 128/2015 secondo cui ‘il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria di cui ai commi precedenti’ avrebbe comportato un’abrogazione implicita del terzo comma dell’art. 2 d.lgs. 128/2015 che faceva salvi gli accertamenti notificati entro la data di entrata in vigore del già menzionato decreto; nonché per aver ritenuto che, nel caso di specie, gli avvisi di accertamento siano illegittimi per violazione dell’art. 8 , comma 1, d.l. 16/2012, poiché emessi prima dell’avvio dell’azione penale.
1.1. -Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione, per le imposte diverse dall’IRAP per gli avvisi relativi all’anno 2008.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa S.C., in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza (Cass., Sez. V, 13 settembre 2018, n. 22337), senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi
introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass., Sez. V, 10 gennaio 2025, n. 666; Cass., Sez. VI-5, 14 maggio 2018, n. 11620; Cass., Sez. V, 16 dicembre 2016, n. 26037).
Dunque, per il raddoppio dei termini ex artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, è sufficiente l’emersione di elementi da cui derivi l’obbligo di presentazione di denuncia penale e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011 (Cass., Sez. VI-5, 28 giugno 2019, n. 17586). Non rilevano i successivi esiti dell’accertamento né il fatto che gli atti impositivi siano fondati su elementi privi di rilevanza penale, salvo che non emerga un uso pretestuoso o strumentale della disposizione, al solo fine di fruire, ingiustificatamente, di un più ampio termine (Cass., Sez. V, 14 luglio 2023, n. 20409; Cass., Sez. VI-5, del 30 giugno 2016, n. 13483), ipotesi peraltro qui non dedotta.
Nel caso di specie, la comunicazione di reato nei confronti del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE è stata trasmessa dalla Guardia di Finanza di Venezia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia in data 5 dicembre 2012, come risulta dal processo verbale di constatazione, e quindi entro i termini di esercizio del potere accertativo per l’anno d’imposta 2008. Tuttavia, il raddoppio dei termini non opera per l’anno d’imposta 2008 riguardo all’IRAP, le cui violazioni non sono presidiate da sanzioni penali (Cass., Sez. V, 10 gennaio 2025, n. 600; Cass., Sez. V, 9 agosto 2022, n. 24576; Cass., Sez. VI-5, 24 febbraio 2020, n. 4742; Cass., Sez. VI-5, 3 maggio 2018, n. 10483).
-Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2729, 2730 e ss. c.c., 42 d.P.R. 600/73 e 56 d.P.R. 633 /72 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto che la mancata allegazione del processo verbale di constatazione relativo alla verifica effettuata nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE abbia comportato una lesione del diritto di difesa della parte di conoscere in modo pieno e puntuale le contestazioni. Invero, affermano i giudici che ‘ nel caso di specie l’accertamento si è basato su dichiarazioni aventi carattere puramente indiziario rilasciate dal COGNOME ‘.
2.1. -Il motivo è fondato.
In tema di avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, non ha l’obbligo di allegare all’atto impositivo i documenti richiamati, potendo limitarsi a riprodurne il contenuto essenziale (Cass., Sez. V, 30 dicembre 2024, n. 34906).
Nel caso di specie, dal tenore dell’avviso di accertamento e dal processo verbale di constatazione emergeva chiaramente il contenuto della contestazione, evidenziandosi che ‘COGNOME NOME‘ aveva dichiarato di aver emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti della società contribuente e che nel processo verbale di constatazione veniva riportata sia la domanda del verbalizzante sia la risposta del COGNOME.
-Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per aver reso la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da motivazione apparente in quanto non parametrata alla concreta fattispecie e, in sostanza, non idonea a far comprendere le ragioni per le quali le presunzioni
dell’Ufficio, non menzionate in motivazione, siano state considerate non gravi, non precise e non concordanti.
Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da motivazione apparente e illogica laddove ha ritenuto effettive le prestazioni indicate nelle fatture, limitandosi sul punto ad affermare in termini generici che ‘ le prestazioni risultano essere allo stato reali ed effettive e non inesistenti come asserito dall’Ufficio e contenuto nella sentenza di primo grado. E pertanto sussiste il diritto alla detrazione dell’lva in rivalsa ‘.
3.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090; Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940).
Nel caso di specie, come evidenziato nei motivi di censura, la motivazione è meramente apparente e stereotipata, non consentendo di cogliere la logica della decisione in merito ai profili
richiamati delle presunzioni dedotte dall’Ufficio e sull’effettività delle prestazioni indicate nelle fatture.
-L’accoglimento del primo, del secondo, del quarto e del sesto motivo determina l’assorbimento dei restanti motivi (con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2732 c.c., 7 d.lgs. 546/92, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto ritrattata la confessione stragiudiziale del Paganuzzi e, per l’effetto, non provata la pretesa tributaria. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. 546/92 e 8 comma 2 dl 16/2012 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da motivazione illogica laddove ha ritenuto che la violazione del comma 1 dell’art. 8 DL 16/2012 comporta necessariamente la violazione anche del secondo comma dello stesso decreto).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione ai motivi accolti, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, il secondo, il quarto e il sesto motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, con riferimento ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.